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Lifestyle

Salone del Mobile, il palinsesto mondiale del design italiano

Dal 1961, il Salone del Mobile di Milano è il catalizzatore fondamentale per promuovere le esportazioni italiane nel settore dell’arredamento e del design, insieme ai suoi complementi. Ogni anno, si conferma come il principale punto di riferimento per il settore, attrarre espositori, designer, acquirenti e appassionati da tutto il mondo.

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    Questo evento annuale offre una piattaforma unica per presentare le ultime tendenze, innovazioni e creazioni nel campo dell’arredamento e del design. Gli espositori includono aziende leader nel settore, che mostrano una vasta gamma di prodotti, dalle mobili d’arredo agli accessori per la casa, dall’illuminazione ai complementi d’arredo.
    Appuntamento dal 16 al 21 aprile.

    Non solo arredi e complementi
    Durante l’evento si tengono anche conferenze, workshop, presentazioni e altri eventi collaterali che arricchiscono ulteriormente l’esperienza dei visitatori.
    Inoltre, continua a contribuire in modo significativo a consolidare la reputazione di Milano come capitale mondiale del design e dell’arredamento. La sua influenza e il suo prestigio continuano a crescere, rendendolo un appuntamento imprescindibile per chiunque sia interessato al mondo della creatività e dell’innovazione nel settore dell’arredamento.

    Qualche consiglio per godersi al meglio l’esperienza
    Prima di recarsi al Salone, è importante pianificare la propria visita. Consultate il programma dell’evento, identificate gli espositori che volete visitare e stabilite un piano dettagliato per massimizzare il vostro tempo.
    Dedicate del tempo all’esplorazione di ciascun padiglione per scoprire le ultime tendenze e le innovazioni nel settore dell’arredamento e del design.
    Osservate gli arredi, gli accessori e le decorazioni con cura per individuare le soluzioni più creative e innovative.
    Il Salone del Mobile offre un’ottima opportunità per fare networking con professionisti del settore, designer, produttori e altri appassionati di design. Approfittate degli incontri per scambiare idee, conoscenze e contatti utili per il vostro lavoro o i vostri progetti futuri.

    Marva Griffin fondatrice del SaloneSatellite e i nuovi prototipi

    Il SaloneSatellite compie 25 anni e la Creatrice e curatrice da sempre è Marva Griffin, responsabile di molti dei prototipi presentati nelle edizioni precedenti e di molti partecipanti, under 35, i quali sono diventati nomi importanti nel panorama del design dando l’opportunità di presentare le proprie creazioni e ottenere visibilità a livello internazionale.
    Ogni anno, il SaloneSatellite premia i progetti più meritevoli con il SaloneSatellite Award e assegna menzioni d’onore. I prototipi candidati vengono valutati da una giuria internazionale e presentati in una mostra collettiva.
    Appuntamento dal 16 al 28 aprile.

    La fabbrica del Vapore e il Museo dell’Adi

    Il Fuorisalone e le nuove location
    Ricco di eventi, feste, installazioni e mostre da non perdere, tra i quali l’apertura dei palazzi storici al grande pubblico e la riattivazione di ex architetture industriali per ospitare spazi espositivi e installazioni, il Fuorisalone è una manifestazione che marcia assieme al Salone del Mobile e quest’anno ha oltre 600 appuntamenti in programma. Alla mappa del Fuorisalone si aggiungono nuovi distretti: Zona Sarpi, il museo dell’ADI e la Fabbrica del Vapore.

    La riorganizzazione dei padiglioni
    Per migliorare l’esperienza dei visitatori e rendere l’esperienza di visita più gradevole e significativa, è stato tracciato un percorso più intuitivo, semplice da seguire e da ricordare: sono stati posizionati gli stand lungo le pareti del perimetro esterno ottenendo una visione simmetrica che facilita l’orientamento. La significativa riduzione della lunghezza totale del percorso, da 1,2 chilometri passa a soli 640 metri, rendendo più praticabile e accessibile la visita a tutti gli stand.

    Dettagli unici e accostamenti armoniosi

    Le tendenze e le costanti
    Al Salone del Mobile i visitatori avranno l’opportunità di scoprire una vasta gamma di mobili e oggetti progettati per adattarsi perfettamente a ogni tipo di location. Saranno presentate soluzioni che seguono le ultime tendenze del settore, caratterizzate da un design innovativo e all’avanguardia, senza compromettere l’eccellenza e la qualità artigianale che contraddistinguono il made in Italy.

    Stile e comodita con materiali pregiati

    Dalle reinterpretazioni moderne di classici del design alle creazioni audaci e avanguardistiche, il Salone del Mobile sarà il luogo ideale per immergersi nell’ispirazione e nella creatività che caratterizzano il mondo dell’arredamento. Sia che siate appassionati di design tradizionale che di innovazioni futuristiche, c’è qualcosa di speciale in serbo per tutti coloro che parteciperanno a questo evento straordinario.

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      Società

      Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare

      Sempre più famiglie scelgono un Natale “leggero”: meno sprechi, regali utili o riciclati, addobbi ridotti e maggiore cura per ciò che conta davvero. Una tendenza che racconta il bisogno di dare valore a gesti e relazioni, più che agli acquisti.

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      Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare

        Quest’anno, il Natale sembra avere un volto nuovo. Da un lato, le luci e le offerte, dall’altro un sentimento crescente di sobrietà. Tra scenari di instabilità globale — dalle difficoltà economiche all’incertezza generata dalle numerose tensioni internazionali — molte persone stanno rivedendo il modo di vivere le festività. Non si tratta di un cambiamento di moda, ma di una presa di coscienza: celebrare sì, ma senza eccessi.

        Dopo anni di spesa sfrenata, anche sotto la spinta commerciale, cresce l’idea che il Natale debba tornare alla sua natura originale: tempo di condivisione, famiglia, intimità. E a raccontarlo sono i dati sui consumi più prudenti e l’aumento di iniziative sostenibili in tutta Europa. Secondo analisi di mercato pubblicate negli ultimi mesi, le famiglie italiane valutano con più attenzione i costi, prediligono acquisti utili e puntano su ciò che dura nel tempo, invece di oggetti superflui destinati a essere dimenticati.

        Addobbi minimal e luci meno invadenti

        A cambiare è anche l’estetica delle feste. Se fino a qualche anno fa la corsa era a chi illuminava di più balconi e giardini, ora subentra una consapevolezza energetica: consumare meno, ma farlo con gusto. Molte città hanno ridotto gli allestimenti luminosi, privilegiando led a basso impatto e iniziative condivise. Anche nelle case, si riscopre il valore del “fatto a mano”: ghirlande create con materiali naturali, riutilizzo di vecchie decorazioni, creatività invece di acquisti compulsivi.

        Regali pensati, riciclati o solidali

        Il concetto del dono si rinnova: non più “cosa compro?”, ma “cosa può servire davvero?”. Cresce la pratica del regalo circolare — libri già letti, oggetti recuperati e restaurati, abiti vintage — ma anche dei doni immateriali, come esperienze, corsi, biglietti per eventi. Ai tradizionali pacchetti luccicanti si affiancano donazioni a enti benefici: un modo per trasformare il Natale in un gesto collettivo di solidarietà.

        Una risposta psicologica alla complessità del presente

        Questa sobrietà non è tristezza, ma un nuovo equilibrio. L’incertezza globale produce un bisogno di sicurezza emotiva: le persone cercano calore nei rapporti più che negli acquisti. Le feste diventano occasione per fare spazio a ciò che conta: tempo di qualità, convivialità, tradizioni genuine — magari attorno a una tavola meno opulenta, ma più autentica.

        Un Natale che guarda al futuro

        La tendenza si inserisce in un contesto più ampio: attenzione all’impatto ambientale, riduzione degli sprechi, economia circolare. Anche i più giovani, sensibili ai temi climatici, spingono verso scelte consapevoli: packaging riciclabili, prodotti artigianali locali, alimenti a filiera corta.

        Sembra quindi che il Natale stia trovando un nuovo significato: non rinuncia alla magia, ma la declina in modo più responsabile. Meno frenesia, più cuore. Meno oggetti che riempiono gli scaffali, più gesti che riempiono le giornate.

        Perché, in fondo, lo spirito natalizio non si misura dal numero di pacchi sotto l’albero, ma dalla qualità dei sorrisi attorno ad esso.

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          Animali

          Quando lanciare la palla non basta più: i cani “dipendenti da gioco” esistono davvero

          Studio su oltre 100 cani mostra che alcuni sviluppano un attaccamento patologico a giocattoli o palline, ignorando cibo e contatti sociali. Cosa significa per chi ha un cane e come intervenire per non sbagliare.

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          Quando lanciare la palla non basta più

            Un gesto ormai familiare per tantissimi proprietari: lanciare una palla, vederla rincorsa con gioia e ricevere in cambio un coraggioso riporto. È una scena che definisce l’amicizia tra cane e padrone. Ma secondo una ricerca pubblicata di recente, in alcuni casi quell’entusiasmo può trasformarsi in qualcosa di molto diverso: un attaccamento esasperato al gioco, addirittura paragonabile a una forma di dipendenza.

            Lo studio, condotto da ricercatori della Vetmeduni Vienna e dell’Università di Berna, e pubblicato su Scientific Reports, ha coinvolto 105 cani — di varie razze, età e sesso — considerati fortemente motivati al gioco.

            Cosa hanno scoperto i ricercatori

            Attraverso una serie di prove — chiamata “Addictive-like Behaviour Test” (AB-Test) — gli scienziati hanno osservato come i cani reagivano quando il loro giocattolo preferito veniva reso inaccessibile (posto su uno scaffale, dentro una scatola, tolto momentaneamente). Risultato: 33 su 105 hanno mostrato comportamenti riconducibili a una “dipendenza da gioco”, con caratteristiche simili a quelle delle dipendenze comportamentali negli esseri umani.

            Tra questi segnali:

            • ossessione per il giocattolo: fissazione sull’oggetto anche se indisponibile;
            • ignorare altri stimoli: cibo, coccole o distrazioni non intervenivano come alternative;
            • tentativi persistenti di recupero: abbai, piagnucolii, agitazione, anche a fronte della privazione;
            • difficoltà a calmarsi dopo la rimozione del giocattolo, con ansia o agitazione protratta.

            Non si tratta però di una condanna universale: molti cani amano giocare senza sviluppare queste tendenze “compulsive”. Secondo gli autori, la casistica indica che solo una minoranza — ma significativa — può essere definita “a rischio”.

            Le razze più rappresentate nel gruppo con comportamenti “addict-like” sono state quelle selezionate per lavoro, resistenza e “drive” elevato: pastori (soprattutto) e terrier.

            Da dove nasce il fenomeno

            Secondo i ricercatori, alla base ci sarebbe una combinazione di fattori genetici e ambientali. Alcune razze — per istinto selezionato nei secoli — sono predisposte a un forte impulso a inseguire, catturare e riportare: caratteristiche utili per la caccia, la guardia o il lavoro agricolo. In una famiglia moderna, senza pecore da rincorrere né prede da stanare, quella spinta può concentrarsi su una palla o un giocattolo, trasformando un’attività sana in un’ossessione.

            Inoltre, la natura stessa del gioco per il cane — attivazione, rincorsa, stimolo motorio — può innescare una reazione neurochimica che stimola un circolo di ricerca continua di piacere, simile al meccanismo delle dipendenze comportamentali.

            Quando “gioco” diventa un problema

            Non tutti i cani che adorano giocare hanno un disturbo, ma chi lo sviluppa rischia conseguenze concrete:

            • stress cronico, agitazione, incapacità di rilassarsi;
            • trascurare bisogni fondamentali come cibo, riposo o interazione sociale;
            • difficoltà nell’obbedienza e nell’apprendimento, perché la fissazione sul giocattolo prevale su ogni cosa;
            • potenziale aumento di comportamenti distruttivi se l’oggetto è inaccessibile.

            Gli esperti avvertono: è sbagliato demonizzare il gioco, ma è importante riconoscere quando il gioco non è più un piacere, ma una compulsione.

            Cosa può fare un proprietario responsabile

            La buona notizia è che il comportamento può essere gestito o mitigato. Alcuni consigli pratici suggeriti dagli stessi autori dello studio:

            • alternare il gioco con altri tipi di attività: passeggiate, esercizi di obbedienza, giochi di ricerca o masticazione;
            • evitare di usare la palla in modo esclusivo come “ricompensa” continua: giochi cooperativi e variegati aiutano a diversificare gli stimoli.
            • stabilire un rituale chiaro di “inizio–fine gioco”: quando il giocattolo torna in borsa o in armadio, il cane capisce che è terminato.
            • in caso di stress, ansia o difficoltà evidenti (rifiuto del cibo, agitazione, distruttività), consultare un educatore cinofilo o un comportamentalista: potrebbe essere necessario un percorso personalizzato.

            Una scoperta che apre interrogativi

            Lo studio rappresenta il primo passo verso la comprensione scientifica di un fenomeno lungo tempo solo aneddotico. I ricercatori sottolineano però che non è ancora corretto parlare di “dipendenza patologica” nel senso clinico del termine. Serve ulteriore lavoro per capire quanto questi comportamenti incidano a lungo termine sul benessere psicofisico dei cani, e per verificare se certe razze o condizioni particolari siano più vulnerabili.

            Ciononostante, la scoperta offre nuovi strumenti e consapevolezza ai proprietari: un invito a guardare con attenzione non solo al comportamento felice e affettuoso del cane, ma anche ai suoi momenti di fissazione, stress o ansia. Perché l’amore per il proprio compagno a quattro zampe significa anche saper riconoscere quando un gioco non è più sano.

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              Lifestyle

              Il peso della vergogna dopo una truffa: come rialzarsi e tornare a fidarsi

              Come reagire quando si cade in una truffa: a chi rivolgersi, quali strumenti legali esistono e perché smettere di sentirsi responsabili dell’inganno.

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              Il peso della vergogna dopo una truffa: come rialzarsi e tornare a fidarsi

                Quando si finisce nella rete di un truffatore, la prima reazione spesso non è la rabbia. È la vergogna. Il pensiero è sempre lo stesso: “Come ho potuto cascarci?”. Una domanda che blocca molti dall’agire, e che trasforma chi ha subito un reato in una vittima silenziosa.

                Eppure le truffe in Italia sono un fenomeno enorme e in costante crescita, soprattutto online: secondo i dati del Ministero dell’Interno, negli ultimi anni le frodi telematiche hanno superato stabilmente le 150mila denunce annuali. Reati diffusi, reati “intelligenti”, pensati proprio per aggirare la diffidenza di persone attente e normali. Non “sprovveduti”.

                Prima regola: denunciare subito

                La truffa è un reato previsto dall’articolo 640 del Codice Penale. Questo significa che la vittima ha sempre il diritto di sporgere denuncia, anche se ha perso poco denaro o se il colpevole sembra irrintracciabile. Le opzioni sono due:

                Carabinieri o Polizia di Stato: di persona
                Denuncia online: tramite il portale della Polizia Postale per i reati informatici

                La denuncia non serve solo a recuperare — se possibile — ciò che è stato sottratto: contribuisce a bloccare organizzazioni criminali che spesso operano su larga scala e mietono decine o centinaia di vittime.

                Se ci hai rimesso soldi: contatta subito la banca

                Se la truffa è avvenuta via carta o bonifico, è fondamentale segnalare immediatamente l’operazione all’istituto di credito.
                La normativa europea sui pagamenti (PSD2) tutela i consumatori: in molti casi la banca può rimborsare le transazioni non autorizzate, soprattutto quando viene dimostrata la frode. I tempi contano: prima si interviene, più alte sono le possibilità di bloccare l’importo.

                Associazioni e sportelli per non restare soli

                In Italia esistono diversi organismi che supportano chi ha subito una truffa:

                Polizia Postale — assistenza e prevenzione reati online
                Sportelli delle associazioni dei consumatori (come Altroconsumo, Adiconsum, Codacons) — aiuto legale e pratico
                Sportelli comunali o regionali per vittime di reato — supporto psicologico e burocratico

                Rivolgersi a chi se ne occupa ogni giorno aiuta a ritrovare lucidità e a capire i propri diritti.

                Il macigno emotivo: la colpa che non ti appartiene

                Il problema non è solo economico. Il meccanismo psicologico più velenoso è il victim blaming: l’abitudine sociale (e personale) a ritenere la vittima in parte responsabile di ciò che è successo.

                I truffatori studiano accuratamente fragilità, distrazioni, bisogni. Lavorano sulla fiducia, sul desiderio o sull’urgenza:

                • il finto tecnico che “deve cambiare il contatore subito”
                • il falso operatore bancario che ti chiede “solo un codice SMS”
                • l’amico che scrive su WhatsApp “Sto male, mandami 200 euro”
                • l’annuncio online con prezzo perfetto e foto rubate

                Non è ingenuità: è un attacco costruito per sfruttare la parte migliore delle persone — la fiducia.

                Gli psicologi lo confermano: la vergogna blocca, isola e impedisce di cercare aiuto. Chi viene truffato tende a chiudersi, proprio quando avrebbe bisogno dell’esatto contrario.

                Parlane, non nasconderlo

                Raccontare ciò che è accaduto — a parenti, amici, professionisti — è un passo fondamentale per uscire dalla spirale emotiva. Non è debolezza, ma consapevolezza: condividere l’accaduto riduce il senso di solitudine e aumenta la possibilità che il truffatore venga identificato.

                Anche perché ogni truffa svelata è una truffa in meno per qualcun altro.

                La dignità non te l’ha portata via nessuno

                Chi truffa sceglie con cura i bersagli: non i “più stupidi”, ma i più umani. Quelli che credono nella parola, nell’aiuto reciproco, nella buona fede. Per questo smettere di sentirsi colpevoli è un atto di difesa, ma anche di coraggio.

                Se sei stato truffato, hai subito un reato.
                La responsabilità è al 100% di chi lo ha commesso.

                Rivolgerti alle autorità, alle associazioni e ai professionisti non è solo un modo per ricostruire ciò che hai perso: è un passo per riprenderti ciò che non ti verrà mai tolto — il tuo valore.

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