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Lifestyle

Scopri i tuoi superpoteri: abilità nascoste che usi ogni giorno senza saperlo

Dall’intuizione alla resilienza, dall’empatia alla creatività: tutti possediamo abilità straordinarie che ci rendono unici. Conoscerle e allenarle significa trasformare la quotidianità in un’avventura straordinaria.

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    Ti sei mai fermato a pensare di avere poteri nascosti, come un supereroe del mondo reale? Non servono mantelli o sieri magici: i tuoi superpoteri sono già in te, pronti per essere risvegliati. La differenza rispetto a un film Marvel? Non c’è bisogno di effetti speciali: bastano consapevolezza e un pizzico di fiducia in più.

    L’intuizione: la tua bussola interiore

    Quella vocina dentro di te che ti avverte quando qualcosa non quadra? È il tuo potere di intuizione, un radar infallibile. Se ti è mai capitato di prendere una decisione senza sapere bene perché, ma rivelatasi perfetta, hai già attivato questo superpotere. Fidati di quel sesto senso: più lo ascolti, più diventa potente.

    La resilienza: cadere sette volte, rialzarsi otto

    Hai mai fallito in qualcosa per poi trovare la forza di riprovarci? Complimenti, sei un maestro di resilienza! Questo superpotere invisibile ti aiuta a ricostruirti dopo le difficoltà, rendendoti più forte e consapevole. Ogni volta che superi un ostacolo, la tua resilienza cresce, pronta a sostenerti nella prossima sfida.

    Il radar invisibile: la percezione subliminale

    Ti è mai capitato di “sentire” che un amico stava per chiamarti o di cogliere il malumore di qualcuno senza che parlasse? Questo è il tuo radar subliminale in azione. Il tuo cervello raccoglie segnali impercettibili, dai micro-movimenti del viso ai cambi di tono di voce, per aiutarti a decifrare le emozioni degli altri. Con un po’ di pratica, potresti diventare lo Sherlock Holmes del tuo gruppo!

    Autoguarigione: il tuo sistema di riparazione interno

    Il tuo corpo è una macchina rigenerativa straordinaria: ripara ferite, combatte infezioni e ti tiene in vita ogni giorno. Ma il vero superpotere è la tua capacità di autoguarigione emotiva. Dopo una caduta psicologica, trovi sempre un modo per rialzarti, più forte di prima.

    Empatia: leggere tra le righe del cuore

    Immagina di riuscire a capire i sentimenti di qualcuno prima ancora che parli. Questo è il potere dell’empatia, una capacità che ti permette di connetterti profondamente con gli altri. Non è solo un dono: è anche una risorsa per costruire legami più forti e risolvere conflitti.

    Il silenzio: il potere dell’ascolto attivo

    Può sembrare banale, ma saper ascoltare è un’abilità straordinaria. In un mondo pieno di rumore, chi sa stare in silenzio e osservare guadagna un vantaggio: cattura ciò che gli altri non dicono, capisce prima di rispondere e reagisce con precisione.

    La memoria episodica: il tuo viaggio nel tempo personale

    Hai mai chiuso gli occhi e rivissuto un momento del passato così vividamente da sembrarti reale? Questo è il tuo superpotere di memoria episodica. È una risorsa potente per imparare dai ricordi e alimentare la tua crescita personale.

    La creatività: la tua arma segreta

    Credi che la creatività sia solo per artisti e scrittori? Sbagliato. Ogni volta che trovi una soluzione ingegnosa a un problema o inventi un modo nuovo di fare le cose, stai usando il tuo genio creativo. È il potere di trasformare l’ordinario in straordinario, e non conosce limiti.

    La prossima volta che dubiti di te stesso, ricordati che sei già un supereroe. Dentro di te si nascondono abilità incredibili che aspettano solo di essere scoperte. Forse non salverai il mondo con un mantello, ma hai già tutti gli strumenti per rendere la tua vita straordinaria.

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      Lifestyle

      Il ghosting ferisce più di un addio: lo conferma la scienza

      Il ghosting, ormai diffuso nelle relazioni sentimentali e di amicizia, provoca un dolore più duraturo e complesso rispetto a una separazione esplicita. Ecco perché lascia ferite profonde nella psiche di chi lo subisce.

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      ghosting

        Non è solo una sensazione: il ghosting, quella pratica sempre più comune di interrompere ogni comunicazione senza spiegazioni, fa realmente più male di un addio detto in faccia. A dirlo è una nuova ricerca scientifica intitolata The Phantom Pain of Ghosting: Multi-day experiments comparing the reactions to ghosting and rejection, la prima a esaminare in tempo reale gli effetti psicologici del fenomeno.

        Finora gli studi sul ghosting si basavano principalmente su testimonianze o ricordi retrospettivi, ma questa nuova indagine — condotta da un team di psicologi e ricercatori internazionali — ha seguito giorno per giorno le emozioni dei partecipanti, restituendo una fotografia più realistica e precisa del suo impatto emotivo.

        Nel dettaglio, i volontari hanno partecipato a brevi conversazioni quotidiane via chat con un interlocutore (in realtà un collaboratore dello studio). Monitorando costantemente il proprio stato d’animo attraverso questionari giornalieri. A un certo punto dell’esperimento, alcuni partecipanti sono stati improvvisamente ignorati — simulando quindi un episodio di ghosting —, altri hanno ricevuto invece un messaggio di rifiuto chiaro e diretto, mentre un terzo gruppo ha continuato la conversazione normalmente.

        I risultati sono stati sorprendenti. Il ghosting si è rivelato più doloroso e prolungato nel tempo rispetto al rifiuto esplicito. Se quest’ultimo genera una reazione emotiva più intensa ma di breve durata. L’assenza totale di spiegazioni lascia le persone in una condizione di incertezza persistente, fatta di domande senza risposta, dubbi e senso di colpa.

        “La differenza principale – spiega la ricercatrice Alessia Telari, una delle autrici dello studio – è che il ghosting priva la persona della possibilità di chiudere emotivamente la relazione. Entrambe le esperienze mettono in crisi bisogni psicologici fondamentali, come la connessione e l’autostima, ma il silenzio lascia sospesi, impedendo la guarigione.”

        I ricercatori hanno osservato che le persone “ghostate” continuano per giorni a rimuginare sull’accaduto, cercando di dare un senso al silenzio dell’altro. Questo prolungamento dell’incertezza mantiene alto il livello di stress e può incidere negativamente sull’umore, sull’autostima e persino sulla capacità di fidarsi di nuovi partner o amici.

        Un altro aspetto emerso riguarda la percezione morale. Chi subisce il ghosting tende a considerare l’altra persona meno empatica e meno corretta. Mentre chi riceve un rifiuto diretto, pur soffrendo, riconosce più facilmente il rispetto implicito nella sincerità. In altre parole, la franchezza, anche quando fa male, è preferibile all’indifferenza.

        “I dati dimostrano che anche nelle relazioni superficiali la comunicazione conta,” conclude Telari. “Saper gestire la chiusura, anche in ambito digitale, ci rende più consapevoli e rispettosi. Parlare, spiegare e assumersi la responsabilità di dire ‘non voglio continuare’ è un atto di maturità che può evitare molto dolore inutile.”

        Nel mondo iperconnesso dei social e delle app di dating, dove ogni rapporto sembra effimero e sostituibile, il ghosting è diventato quasi una norma. Ma questa ricerca scientifica ricorda che dietro a ogni silenzio c’è una persona reale, con emozioni vere.

        Perciò, la prossima volta che ci si sente tentati di “sparire”, forse vale la pena ricordare che un messaggio di addio. Per quanto difficile da scrivere, può fare meno male di un silenzio che non finisce mai.

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          Lifestyle

          Quando le favole non erano per bambini: l’origine più oscura dei racconti classici

          Dalla Sirenetta di Andersen alla Cenerentola dei Grimm, molte narrazioni oggi edulcorate avevano finali tragici e contenuti crudi. Un viaggio nelle versioni originali che la modernità ha trasformato per renderle più innocue.

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          Quando le favole non erano per bambini

            Oggi le favole popolano libri illustrati e cartoni animati, ma le loro radici affondano in un mondo ben diverso. Prima dell’Ottocento, questi racconti circolavano oralmente tra adulti e servivano a trasmettere regole sociali, paure collettive e avvertimenti sul pericolo. Solo più tardi sono diventati storie destinate ai più piccoli, spesso depurate da sangue, morte e crudeltà.

            Un esempio noto è quello dei fratelli Jacob e Wilhelm Grimm, che nel 1812 pubblicarono la prima raccolta delle Fiabe del focolare. In quell’edizione molte storie erano più violente rispetto alle versioni moderne. In Cenerentola, le sorellastre si tagliano parti del piede per far entrare la scarpetta e, alla fine, vengono punite da uccelli che le accecano. Nel corso delle edizioni successive, i Grimm attenuarono diversi passaggi per adeguarsi alla nascente idea dell’infanzia come fase protetta, un concetto che nel XIX secolo si stava affermando in Europa.

            Un’altra fiaba entrata nell’immaginario collettivo è Cappuccetto Rosso. Nella versione di Charles Perrault del 1697 non arriva alcun cacciatore a salvare la bambina: il lupo la uccide, e la storia si chiude con una morale esplicita rivolta alle giovani, avvertendole dei “lupi” travestiti da gentiluomini. Solo più tardi vari adattamenti introdussero un lieto fine, trasformando un monito sociale in un racconto rassicurante.

            La storia de La bella addormentata contiene elementi ancora più disturbanti nelle sue origini. Nel Pentamerone di Giambattista Basile (1634), la protagonista — chiamata Talia — non viene svegliata da un bacio, ma partorisce due gemelli dopo essere stata violata mentre dorme. Solo in seguito si risveglia, dando vita a una trama molto lontana dall’immagine romantica diffusa nell’Ottocento e poi consolidata dalle versioni più celebri.

            Anche Hans Christian Andersen scrisse finali più tragici di quelli che oggi si raccontano ai bambini. Nella Sirenetta del 1837, la protagonista non sposa il principe: dopo aver rinunciato alla propria voce e sofferto dolori lancinanti per ottenere le gambe umane, si dissolve in schiuma di mare quando il suo amore non viene ricambiato. Andersen non intendeva punire la protagonista, ma raccontare il prezzo del desiderio e del sacrificio.

            Queste trasformazioni non sono casuali. Tra XIX e XX secolo, editori, educatori e successivamente l’industria culturale hanno ripulito le fiabe per adattarle a un pubblico infantile e a valori più rassicuranti. Tuttavia, le versioni originali ricordano che le favole non nascono per addormentare i bambini. Ma per svegliare gli adulti di un tempo: parlavano di morte, abbandono, pericolo e desideri proibiti. Riscoprirle oggi significa capire che, dietro mondi incantati, si celano storie pensate per insegnare a sopravvivere, non solo a sognare.

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              Animali

              Come accarezzare un gatto (senza farsi graffiare): il linguaggio segreto delle fusa

              Capire quando, dove e come accarezzare un gatto è fondamentale per costruire un legame autentico e sereno con lui. Gli esperti spiegano come interpretare i segnali felini e cosa evitare per non trasformare un momento di coccole in una fonte di stress.

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              Come accarezzare un gatto

                Il contatto, una questione di fiducia reciproca

                Posare la mano sul dorso di un gatto può sembrare un gesto spontaneo, ma in realtà racchiude una complessa dinamica relazionale. Non tutti i gatti amano essere toccati e, come per gli esseri umani, la fiducia si conquista nel tempo.

                «Il primo passo è lasciare che sia il gatto a decidere se avvicinarsi – spiega Andrea Mancino, ingegnere biomedico e divulgatore esperto di comportamento felino –. Restare fermi, parlargli con tono calmo e offrirgli la mano perché la annusi è il modo migliore per fargli capire che non rappresentiamo una minaccia».

                Quando il micio ci sfiora con il muso o si strofina contro di noi, significa che ci ha accettati nel suo spazio personale. Ma questo non vuol dire che possiamo toccarlo ovunque o in qualunque momento.

                Le zone “sicure” e quelle off-limits

                I gatti amano le carezze sotto il mento, dietro le orecchie, lungo il dorso e sui fianchi. Queste aree sono ricche di terminazioni nervose e ghiandole odorose, che rilasciano feromoni legati al piacere e al riconoscimento.

                «Meglio evitare la pancia, le zampe e la coda – avverte Mancino – perché sono zone molto sensibili, spesso percepite come vulnerabili. Anche le carezze troppo vigorose sulla testa possono infastidirli».

                Il segreto sta nella delicatezza: accarezzare sempre nel verso del pelo, con movimenti lenti e regolari. Se il gatto chiude gli occhi, fa le fusa o si rilassa, è un segnale positivo. Se invece irrigidisce il corpo, muove nervosamente la coda o si allontana, è meglio fermarsi subito.

                Ogni gatto ha il suo carattere (e i suoi limiti)

                Non esiste un modo universale di accarezzare un gatto: ogni animale ha la propria personalità. Ci sono mici che cercano costantemente il contatto fisico, e altri che lo evitano quasi del tutto. L’importante è rispettare i confini che ci impongono.

                «Osservare il linguaggio del corpo è fondamentale – sottolinea Mancino –. Un gatto che si irrigidisce o abbassa le orecchie ci sta dicendo di smettere. Insistere può compromettere la fiducia».

                La pazienza è una virtù chiave, soprattutto con gatti timidi o poco socializzati. In questi casi, l’esperto consiglia di lasciare che l’animale ci osservi da lontano, imparando gradualmente a riconoscerci tramite la voce e l’odore.

                Creare un ambiente sicuro e rispettoso

                Per far sentire il gatto a proprio agio, è importante che abbia un luogo “sacro” dove rifugiarsi: una cuccia chiusa, una scatola o una mensola sopraelevata. «Mai disturbarlo quando si nasconde – spiega Mancino –. Deve sapere che quello spazio è inviolabile, solo così potrà sentirsi al sicuro».

                Con il tempo, quando la fiducia si sarà consolidata, il gatto potrebbe decidere di mostrare la pancia: un segno di completa apertura. Tuttavia, non sempre significa che desidera essere accarezzato in quella zona. In realtà, nella maggior parte dei casi è solo un gesto di rilassamento.

                Dalle carezze alla relazione: quando il legame è completo

                Riconoscere i segnali di piacere e di disagio del gatto permette di costruire una relazione empatica e rispettosa. Quando il micio si lascia accarezzare con tranquillità, chiude gli occhi e fa le fusa, significa che il legame è saldo e basato sulla fiducia.

                «Ogni carezza è una forma di comunicazione – conclude Mancino –. Non serve imporsi o forzare l’interazione: basta imparare ad ascoltare il gatto, perché sarà lui a dirci quando è il momento giusto».

                Un’occasione per incontrare i gatti

                Chi vuole conoscere da vicino il mondo felino potrà farlo al SuperCat Show 2025, in programma alla Fiera di Roma il 15 e 16 novembre. L’evento ospiterà oltre 600 gatti di razze diverse, dagli eleganti Maine Coon ai curiosi Cornish Rex, e un’area adozioni curata dall’associazione Arca – Gatti della Piramide.

                Oltre alle competizioni e alle esposizioni, ci saranno incontri con esperti del comportamento felino, tra cui lo stesso Andrea Mancino, pronti a svelare i segreti per migliorare la convivenza con i nostri amici a quattro zampe.

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