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Società

Coppie separate: anche con l’affidamento condiviso, il mantenimento è dovuto

I figli hanno diritto a essere mantenuti, istruiti ed educati in modo da subire il meno possibile i cambiamenti dovuti alla separazione dei genitori. L’assegno di mantenimento serve proprio a garantire che le loro esigenze siano soddisfatte in modo proporzionato alle risorse economiche di ciascun genitore.

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    Nel caso di coppie separate per cui il Tribunale con sentenza ha deciso l’affidamento condiviso, l’assegno di mantenimento può essere dovuto. L’affidamento condiviso non implica necessariamente che i figli trascorrano esattamente metà del tempo con ciascun genitore. Spesso, uno dei genitori viene designato come “collocatario prevalente“, ossia il genitore presso cui i figli risiedono principalmente. Questo genitore affronta spese maggiori per i bisogni quotidiani dei figli (vestiti, libri, ecc.), quindi l’altro genitore potrebbe essere tenuto a contribuire finanziariamente.

    Come calcolare l’assegno di mantenimento

    La legge italiana prevede che i figli abbiano diritto a mantenere il tenore di vita goduto durante la convivenza dei genitori (art. 337-ter c.c.). Anche se il tenore di vita non è più un parametro per l’assegno di divorzio tra coniugi, resta comunque un criterio importante per determinare l’assegno di mantenimento dei figli. L’assegno di mantenimento viene calcolato considerando: le esigenze attuali dei figli ovvero include bisogni alimentari, abitativi, scolastici, sportivi, sanitari, sociali e la necessità di una stabile organizzazione domestica. Deve tenere conto del tenore di vita precedente. Il mantenimento infatti deve riflettere lo stile di vita che i figli avevano durante la convivenza dei genitori.

    Quando cambiano le disponibilità economiche

    Ma la cosa più importante è considerare le risorse economiche dei due genitori. Ogni genitore deve poter contribuire in proporzione al proprio reddito e alle proprie capacità lavorative, sia professionali che casalinghe. Se ai tempi della separazione il genitore che deve contribuire al mantenimento ha un reddito che nel corso del tempo scende oppure non è più in essere (nel caso di disoccupazione) il Tribunale può abbassare l’importo stabilito in precedenza.

    Due giorni e il week end con te il resto con me

    La durata della permanenza dei figli presso ciascun genitore influisce sulla misura dell’assegno.
    Notizie come quella su Chiara Ferragni con richieste di assegni molto alti possono sembrare sorprendenti, ma riflettono il principio che i figli devono mantenere un tenore di vita simile a quello goduto durante la convivenza dei genitori. Gli importi elevati sono solitamente legati a redditi e stili di vita molto alti dei genitori.

    Un contributo anche per l’ex compagna

    Anche se si contribuisce direttamente alle spese dei figli quando si potrebbe comunque essere tenuto a versare un assegno all’ ex moglie. Questo perché il genitore collocatario affronta una quota maggiore delle spese quotidiane e continuative.

    Cosa dice la Corte di Cassazione

    La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 2536/2024 conferma che il mantenimento dei figli deve essere sostenuto in proporzione alle risorse economiche di ciascun genitore. Il contributo non è solo finanziario, ma anche in termini di tempo e impegno nelle attività quotidiane e nella cura dei figli.

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      Italiani, popolo di collezionisti. Da Barbie Dreamhouse alle scarpe “brutte”

      Dagli orologi alle sneakers, dalle figurine alle borse, dalle monete alle bambole, dai fumetti ai gioielli: gli italiani sono un popolo di collezionisti.

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        Gli italiani sono noti per la loro passione per il collezionismo. Intervistati sei persone su dieci si definiscono collezionisti, un dato che si traduce in circa 33 milioni di italiani che inseguono la propria passione raccogliendo oggetti di vario tipo. Dai classici orologi alle sneakers, dalle figurine alle borse, monete, bambole, fumetti e gioielli, il collezionismo non solo rappresenta un hobby. Sono anche un modo per conservare ricordi, investire e persino guadagnare. Ogni anno, in media, gli italiani spendono 1.381 euro per alimentare questa passione, superando la spesa media per le vacanze estive, che si aggira intorno ai 1.130 euro.

        Oggetti iconici e un fenomeno in crescita

        Il rapporto sui 100 oggetti iconici del 21° secolo, realizzato da Catawiki in collaborazione con Hypebeast, ha evidenziato quanto sia ampio il mondo dei collezionisti. Tra gli oggetti che hanno attirato maggior attenzione figurano la casa giocattolo Malibu di Barbie, il whisky giapponese Yoichi Nikka, la Tesla Roadster elettrica prodotta in soli 2.450 esemplari e la carta Charizard della prima edizione dei Pokémon. Non mancano curiosità come il tappeto che riproduce uno scontrino di Ikea o la maglietta DHL firmata dal brand elitario Vetements. Questi oggetti, in alcuni casi, sono diventati veri e propri simboli di un’epoca.

        Lombardi e giovani tra i più spendaccioni

        Il collezionismo in Italia vede particolarmente attivi i lombardi, seguiti da campani, siciliani, laziali e veneti, con una spesa che nei prossimi 3-5 anni potrebbe crescere del 37%, raggiungendo i 1.892 euro a persona. In particolare, la Generazione X potrebbe arrivare a spendere fino a 2.092 euro all’anno per alimentare le proprie collezioni.

        I più collezionati: libri, orologi, gioielli…

        Tra gli oggetti più amati dai collezionisti italiani ci sono i libri (49%), seguiti da orologi (33%), gioielli (32%), fotografie (32%) e le tradizionali banconote e monete (32%). L’Italia, in particolare, si distingue come il primo paese per acquisto di borse e il secondo per la loro vendita. Questo riflette quanto il mercato del collezionismo nel Paese sia vivace e dinamico.

        L’impatto del web e dei social media

        Il 96% dei collezionisti italiani si aggiorna regolarmente tramite il web e frequenta fiere per essere al passo con le ultime novità. Il 22% segue influencer o esperti sui social media per arricchire la propria conoscenza, mentre un altro 22% preferisce condurre ricerche approfondite per diventare un vero esperto del proprio settore di collezionismo.

        Collezionisti: passione o investimento?

        Per molti italiani, il collezionismo non è solo un hobby, ma anche un modo per preservare e tramandare oggetti di valore. Il 36% lo fa per mantenere un’eredità per le future generazioni, mentre il 68% controlla regolarmente il valore della propria collezione. Il 32% degli intervistati ha dichiarato di voler rivendere parte della collezione per aumentare il proprio reddito, percentuale che sale al 42% tra la Generazione Z, segno di una crescente consapevolezza del valore economico dietro questa passione.

        Il boom di alcuni oggetti iconici: Barbie e Sneakers

        Cecilia Vicini Ronchetti, esperta di bambole per Catawiki, ha evidenziato come il fenomeno Barbie, soprattutto dopo il successo del film, abbia visto un aumento del 20% dei prezzi di vendita. Anche il mondo delle sneakers è in continua evoluzione. Mirco Castagnoli, esperto di questo settore, ha raccontato come il boom del 2016 abbia portato a una vera e propria corsa all’acquisto di alcune scarpe particolari. Ma oggi l’attenzione si è spostata verso prodotti di design e qualità superiore. Iconiche, ma non sempre indossabili, le Salomon Cross Low e i Big Red Boot di Mschf sono esempi perfetti di come alcuni oggetti diventino simboli culturali più che pratici.

        Collezionisti di tutte le età, ma per i Boomers è un affare privato

        Il modo in cui le diverse generazioni approcciano il collezionismo varia significativamente. La Generazione Z lo vede come un’opportunità per interagire e socializzare, mentre i Millennials sono quelli che spendono di più, con una media di 1.450 euro l’anno. I Boomers, invece, lo vivono più come un affare privato e sono meno inclini a vendere gli oggetti collezionati: solo il 15% di loro sarebbe disposto a farlo.

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          Società

          Frutta di vetro e altre sfide assurde su TikTok: l’allarme ustioni tra i più piccoli

          La preparazione della frutta vetrificata nasconde il rischio di gravi ustioni, soprattutto tra i più piccoli.

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            Il mondo dei social, e in particolare di TikTok, è una continua evoluzione di trend e sfide. Tra le ultime tendenze virali, la preparazione della frutta vetrificata, o Tanghulu, ha attirato l’attenzione di milioni di utenti. Tuttavia, dietro l’apparenza allettante di questa specialità cinese si nasconde un pericolo inaspettato C’è il rischio di gravi ustioni, soprattutto tra i più piccoli.

            L’allarme dagli ospedali

            Lo Shriners Children’s Hospital di Boston ha lanciato un allarme a livello internazionale segnalando un preoccupante aumento di casi di ustioni causate dalla preparazione fai-da-te del Tanghulu. La dottoressa Colleen Ryan, specializzata in ustioni, ha spiegato che lo zucchero sciolto al microonde immagazzina una grande quantità di calore, provocando ustioni profonde e dolorose se a contatto con la pelle.

            Non solo Tanghulu: le sfide pericolose che impazzano sui social

            Il fenomeno del Tanghulu non è isolato. Sui social media – TikTok in particolare – proliferano numerose challenge, spesso pericolose e inappropriate per i più giovani. La sfida del pepe di Cayenna che consiste nell’inalare o ingerire grandi quantità di pepe di Cayenna, provocando irritazioni alle mucose e difficoltà respiratorie. La sfida del blackout challenge nella quale i partecipanti si sfidano a trattenere il respiro fino allo svenimento, mettendo a rischio la salute e, in alcuni casi, la vita. La sfida della cannella che è molto simile a quella del pepe di Cayenna, prevede l’ingestione di grandi quantità di cannella, causando irritazioni alla gola e problemi respiratori.

            I rischi per i bambini? Altissimi

            Queste sfide, condivise e replicate da milioni di utenti, soprattutto adolescenti, rappresentano un rischio concreto per la salute. In particolare per i più giovani, che spesso imitano ciecamente i comportamenti visti online senza valutarne le conseguenze.

            Una maggiore consapevolezza non basta servono sanzioni

            È fondamentale che genitori, insegnanti e istituzioni promuovano una maggiore consapevolezza dei rischi legati all’utilizzo dei social media. E soprattutto incoraggino i giovani a un uso critico e responsabile di queste piattaforme. Inoltre, è importante che i creatori di contenuti online siano responsabili delle sfide che promuovono, evitando di diffondere comportamenti pericolosi e dannosi. Ma queste lo sappiamo sono solo buone intenzioni e resteranno tali fino a che qualche Istituzione nazionale o super partes oscuri definitivamente i siti che li propongono. E soprattutto sanzionino pesantemente chi li propone.

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              Società

              Tata a domicilio: tra cuore e portafoglio la babysitter si fa strada

              Il profilo delle babysitter in Italia è quello di giovani donne italiane, spesso studentesse, ma c’è un’apertura crescente verso persone più anziane e di origine straniera.

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                Ammettiamolo quasi tutti abbiamo utilizzato almeno una volta come babysitter, la figlia della vicina di casa, la sorella di una amica o la cugina della sorella. Per carità tutte persone conosciute, di fiducia che abbiamo liquidato con qualche decina di euro. Le babysitter sono una risorsa essenziale per milioni di famiglie, quando scuole e asili chiudono, quando abbiamo un bimbo piccolo in casa e siamo costretti a lasciarlo per andare a lavorare. Oppure per una serata di svago una pausa di qualche ora fuori casa. Secondo le ultime rilevazioni Inps, in Italia ci sarebbero quasi 300 mila babysitter, ma solo una su tre (il 36%) lavora con un contratto regolare, come emerge da una recente ricerca condotta dall’associazione Nuova Collaborazione e dall’istituto SWG. Le collaborazioni informali e saltuarie risultano ancora prevalenti.

                Solo il 36% è in regola

                La scarsa contrattualizzazione si spiega con la natura personale del rapporto, spesso basato su conoscenze dirette, o con il limitato numero di ore di lavoro richieste. Tuttavia, quando il servizio diventa più continuativo, la percentuale di babysitter assunte con contratto sale al 63%.

                Quali sono le competenze richieste a una babysitter

                Secondo il vicepresidente dell’associazione Nuova Collaborazione nonostante l’importanza di questa figura, il lavoro delle babysitter non è ancora adeguatamente riconosciuto. Le famiglie, dal canto loro, richiedono sempre più competenze specializzate. Come per esempio la capacità di prestare primo soccorso e la conoscenza della lingua inglese, a dimostrazione della crescente professionalizzazione di questo ruolo.

                Costi, orari e lavoro “in nero”

                Il costo medio per una babysitter si aggira tra 250 e 370 euro al mese. La spesa varia a seconda della tipologia di collaborazione. Un contratto regolare comporta un costo medio di 380 euro al mese, mentre per rapporti informali il costo si attesta intorno ai 368 euro. Chi non regolarizza il rapporto tende a pagare circa 50 centesimi in più all’ora, con una retribuzione media “in nero” di 10,22 euro contro i 9,71 euro per chi viene assunto con contratto.

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