Società
L’Italia al 49° posto per libertà di stampa: peggio di noi, solo chi arresta i giornalisti
L’Italia sprofonda al 49° posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa, l’ultima in Europa occidentale. Le colpe? Mafia, gruppi estremisti, leggi bavaglio e una classe politica che vede l’informazione come una minaccia da zittire. Ma non preoccupatevi: secondo loro, va tutto bene.
Se vi capita di dire che “in Italia c’è libertà di stampa”, prendetela con le pinze. Meglio ancora: nascondetevi la classifica globale 2025 di Reporters Sans Frontières. Perché l’Italia, patria dei talk show, delle risse nei salotti televisivi e degli editoriali urlati su X, è scivolata al 49° posto nella lista mondiale che misura la libertà d’espressione giornalistica. Peggio di noi, tra i Paesi cosiddetti sviluppati, non c’è nessuno. E no, non è un dettaglio. È un’umiliazione istituzionalizzata.
In testa, come da tradizione, brillano Norvegia, Estonia e Paesi Bassi: piccoli Stati con grandi anticorpi democratici. In coda, il solito club degli incubi: Cina, Corea del Nord ed Eritrea, dove la stampa è libera solo di adorare il leader. Ma il punto non è chi sta peggio. Il punto è che l’Italia, membro del G7, culla della Costituzione antifascista, modello (si fa per dire) dell’Occidente, oggi si trova in compagnia di nazioni dove fare i giornalisti è quasi un atto suicida.
Secondo RSF, “più della metà della popolazione mondiale vive in Paesi dove la libertà di stampa è considerata molto grave”, e anche l’Italia contribuisce, nel suo piccolo, al declino. I motivi sono noti e ormai ripetuti fino allo sfinimento: le minacce delle mafie, soprattutto nel sud, gli attacchi di gruppi estremisti, ma soprattutto l’ostilità sistemica della classe politica, che continua a trattare la stampa non come un cane da guardia della democrazia, ma come un fastidio da neutralizzare. E così arrivano le leggi bavaglio, le cause temerarie, gli avvertimenti “a mezzo querela” e i comunicati indignati di chi non gradisce le domande.
Il problema, come spesso accade in Italia, non è solo legale o strutturale. È culturale. È l’idea, insinuata in profondità, che il giornalismo debba essere “responsabile” (cioè accondiscendente), che i cronisti debbano “collaborare” (cioè allinearsi), che raccontare una verità scomoda sia un atto di inimicizia. Ed è in questo contesto che i governi – passati e presenti – hanno contribuito a creare un clima di delegittimazione nei confronti di chi fa domande, investiga, denuncia. Spesso bollati come disturbatori, faziosi o peggio ancora: nemici.
Negli Stati Uniti, intanto, non va meglio. L’America di nuovo trumpiana è scesa al 57° posto, con quello che RSF definisce “il primo significativo e prolungato declino della libertà di stampa nella storia moderna”. Ma almeno lì, una parte dell’opinione pubblica si indigna ancora. Da noi, si tende a sorridere con superiorità e cambiare canale.
Eppure basterebbe aprire gli occhi: la libertà di stampa non sparisce in un colpo solo, ma viene rosicchiata un centimetro alla volta. Un decreto alla volta. Una denuncia alla volta. Fino a diventare una parodia di se stessa: una libertà teorica, buona per i manuali scolastici e per le conferenze stampa in cui le domande sono solo retorica.
Ma in fondo, tutto questo non interessa. Finché c’è un conduttore urlante in prima serata e un influencer pronto a “dire la sua”, l’illusione regge. Il mondo va a fuoco, ma l’Italia ha il suo talk show. E guai a chi lo spegne.
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Lifestyle
Nuove truffe in agguato con l’uso delle prenotazioni non confermate…
L’Unione nazionale consumatori sul proprio sito denuncia nuovi meccanismi telefonici per truffare e rubare dati e soldi.
“C’è un problema con la prenotazione”. La frase utilizzata è sempre la stessa. Sembra che la prenotazione non sia andata a buon fine. C’è qualche impedimento che ostacola la chiusura del contratto. Sembra tutto vero ma la truffa è in agguato.
La truffa che sfrutta Booking
In questi mesi estivi, con molti italiani in cerca di una destinazione per le vacanze, si sta diffondendo una truffa pericolosa che sfrutta Booking.com per rubare i dati delle carte di credito. L’Unione Nazionale Consumatori ha segnalato questa frode, che combina phishing e spoofing per ingannare le vittime.
Come accorgersi della truffa
Si capisce subito che il messaggio che riceviamo è ingannevole. Dopo aver prenotato una struttura su Booking.com, i clienti ricevono un messaggio che sembra provenire dall’hotel. Il messaggio informa che il pagamento non è andato a buon fine e chiede di reinserire i dati della carta di credito tramite un link fornito.
Il sito clone in agguato
Il link porta a una pagina che sembra identica a quella di Booking, completa di tutti i dettagli della prenotazione. Inserendo i dati della carta su questo sito, i clienti pagano di nuovo, ma questa volta il denaro va ai truffatori.
Phishing e Spoofing cosa sono
Il Phishing è semplice da individuare perché la truffa si basa sull’inganno, facendo credere alla vittima di essere su un sito affidabile. Lo spoofing è ancora più grave perché viene manipolata l’identità del mittente, così il messaggio sembra provenire da Booking o da un’altra istituzione fidata. I truffatori spesso ottengono i dati di prenotazione hackerando i profili degli hotel su Booking, per rendere la truffa ancora più convincente.
E quindi come facciamo a difenderci?
Il primo consiglio è quello di non cliccare mai su link o allegati ricevuti via email, SMS o WhatsApp da fonti non verificate. Booking e le banche non chiedono mai dati sensibili tramite questi canali. Secondo consiglio se si riceve un messaggio sospetto, contattare direttamente l’hotel o Booking per verificare la veridicità della comunicazione. Terzo consiglio chi cade nella trappola deve immediatamente contattare la propria banca per bloccare la carta e denunciare l’accaduto alla Polizia Postale e a Booking.
Come fare prevenzione
Naturalmente essere informati sulle tecniche di phishing e spoofing è fondamentale per riconoscere i tentativi di truffa. Inoltre è consigliabile adottare una navigazione prudente, evitando di fornire dati sensibili tramite link sospetti, è una misura di prevenzione efficace.
L’Unione Nazionale Consumatori consiglia sempre di verificare l’affidabilità delle comunicazioni e di essere prudenti con i dati personali per evitare di cadere in trappole come queste.
Società
Natale finito? Non buttiamo tutto via! Guida pratica allo smaltimento degli addobbi natalizi e a come smaltirli
Dopo le feste, arriva il momento di fare pulizia. Ma come smaltire correttamente l’albero di Natale, le palline rotte, le luci e tutti gli altri addobbi? Ecco come differenziare i rifiuti natalizi e dare una seconda vita a ciò che è possibile riciclare.
Le feste sono finite e la casa è piena di avanzi, imballaggi e addobbi natalizi. Ma come smaltire tutto questo senza inquinare? Differenziare i rifiuti prodotti durante le festività è un gesto semplice ma fondamentale per proteggere l’ambiente. Vi spiegheremo come fare correttamente a smaltire, dall’albero di Natale alle palline rotte, passando per le luci, le decorazioni e gli addobbi.
L’albero di Natale: un gigante verde da smaltire
Se il vostro albero è naturale può essere conferito nei centri di raccolta comunali, spesso insieme al verde. Alcune città organizzano raccolte specifiche. Nel caso fosse artificiale può essere riutilizzato. Altrimenti, va nell’indifferenziato. Se ha luci o decorazioni incorporate, è meglio rimuoverli prima di smaltirlo.
Addobbi e decorazioni: un mondo di materiali
Per le palline di vetro da smaltire è semplice trovare una soluzione per disfarsene: possono andare nel vetro, ma è sempre meglio controllare l’etichetta perchè sono in vendita anche palline costruire con materiale sintetico. I materiali misti vanno nell’indifferenziato.
Le decorazioni in legno, carta e cartone se sono pulite, seguono la raccolta specifica (carta, legno). Se sono dipinte o incollate, vanno nell’indifferenziato. E per le decorazioni in stoffa? Possono essere riutilizzate o portate nei contenitori per il tessile, ma solo se pulite. Le statuine del presepe rotte se sono di terracotta o ceramica vanno senza alcun dubbio nell’indifferenziato. Invece se contengono parti metalliche o elettroniche sono considerate RAEE così come le luci natalizie (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche).
Per smaltire gli imballaggi dei regali e dei giocatoli bisogna seguire le regole generali della raccolta differenziata (carta, plastica, ecc.).
Non solo addobbi. Attenti ai rifiuti nascosti sulla tavola imbandita
La tavola di Natale dopo i pranzi e le cene è sempre un campo di battaglia. Non si sa mai come procedere, da dove iniziare. I tovaglioli colorati e le candele vanno gettati nell’indifferenziato.
Cos’ì come e stoviglie rotte. Mentre è sempre meglio ribadirlo gli avanzi di cibo vanno gettati nell’organico.
Fuochi d’artificio e petardi: un capitolo a parte
Qui iniziano le dolenti note. I fuochi completamente esplosi vanno nell’indifferenziato (assicurarsi che siano completamente spenti). Quelli inexplosi o scaduti, andrebbero restituiti al punto vendita.
Società
Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare
Sempre più famiglie scelgono un Natale “leggero”: meno sprechi, regali utili o riciclati, addobbi ridotti e maggiore cura per ciò che conta davvero. Una tendenza che racconta il bisogno di dare valore a gesti e relazioni, più che agli acquisti.
Quest’anno, il Natale sembra avere un volto nuovo. Da un lato, le luci e le offerte, dall’altro un sentimento crescente di sobrietà. Tra scenari di instabilità globale — dalle difficoltà economiche all’incertezza generata dalle numerose tensioni internazionali — molte persone stanno rivedendo il modo di vivere le festività. Non si tratta di un cambiamento di moda, ma di una presa di coscienza: celebrare sì, ma senza eccessi.
Dopo anni di spesa sfrenata, anche sotto la spinta commerciale, cresce l’idea che il Natale debba tornare alla sua natura originale: tempo di condivisione, famiglia, intimità. E a raccontarlo sono i dati sui consumi più prudenti e l’aumento di iniziative sostenibili in tutta Europa. Secondo analisi di mercato pubblicate negli ultimi mesi, le famiglie italiane valutano con più attenzione i costi, prediligono acquisti utili e puntano su ciò che dura nel tempo, invece di oggetti superflui destinati a essere dimenticati.
Addobbi minimal e luci meno invadenti
A cambiare è anche l’estetica delle feste. Se fino a qualche anno fa la corsa era a chi illuminava di più balconi e giardini, ora subentra una consapevolezza energetica: consumare meno, ma farlo con gusto. Molte città hanno ridotto gli allestimenti luminosi, privilegiando led a basso impatto e iniziative condivise. Anche nelle case, si riscopre il valore del “fatto a mano”: ghirlande create con materiali naturali, riutilizzo di vecchie decorazioni, creatività invece di acquisti compulsivi.
Regali pensati, riciclati o solidali
Il concetto del dono si rinnova: non più “cosa compro?”, ma “cosa può servire davvero?”. Cresce la pratica del regalo circolare — libri già letti, oggetti recuperati e restaurati, abiti vintage — ma anche dei doni immateriali, come esperienze, corsi, biglietti per eventi. Ai tradizionali pacchetti luccicanti si affiancano donazioni a enti benefici: un modo per trasformare il Natale in un gesto collettivo di solidarietà.
Una risposta psicologica alla complessità del presente
Questa sobrietà non è tristezza, ma un nuovo equilibrio. L’incertezza globale produce un bisogno di sicurezza emotiva: le persone cercano calore nei rapporti più che negli acquisti. Le feste diventano occasione per fare spazio a ciò che conta: tempo di qualità, convivialità, tradizioni genuine — magari attorno a una tavola meno opulenta, ma più autentica.
Un Natale che guarda al futuro
La tendenza si inserisce in un contesto più ampio: attenzione all’impatto ambientale, riduzione degli sprechi, economia circolare. Anche i più giovani, sensibili ai temi climatici, spingono verso scelte consapevoli: packaging riciclabili, prodotti artigianali locali, alimenti a filiera corta.
Sembra quindi che il Natale stia trovando un nuovo significato: non rinuncia alla magia, ma la declina in modo più responsabile. Meno frenesia, più cuore. Meno oggetti che riempiono gli scaffali, più gesti che riempiono le giornate.
Perché, in fondo, lo spirito natalizio non si misura dal numero di pacchi sotto l’albero, ma dalla qualità dei sorrisi attorno ad esso.
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