Società
Perché le donne vivono più degli uomini? Perchè sono donne!
La genetica, gli ormoni e il sistema immunitario giocano un ruolo chiave nella maggiore aspettativa di vita delle donne. Ma vivere più a lungo significa anche vivere meglio?

Perché le donne vivono più a lungo degli uomini? Semplice, perchè sono femmine! Secondo gli ultimi studi, la risposta risiede in una combinazione di fattori genetici, ormonali e immunitari, che rendono le femmine più resilienti rispetto ai loro coetanei maschi.
La genetica fa la differenza
Uno degli elementi fondamentali che contribuisce alla maggiore longevità femminile è la presenza di due cromosomi X, a differenza degli uomini, che hanno un solo X e un Y. Per lungo tempo si è creduto che il secondo cromosoma X fosse dormiente, ma un recente studio condotto dall’Università della California di San Francisco (UCSF) ha svelato che, con l’avanzare dell’età, il cromosoma X attiva una serie di geni che favoriscono una maggiore resistenza al declino cognitivo e, in generale, una vita più lunga. Un altro fattore chiave è rappresentato dagli estrogeni, ormoni sessuali femminili che rafforzano il sistema immunitario e aiutano il corpo a combattere infezioni e malattie. Gli estrogeni proteggono cuore e arterie, migliorano la risposta del sistema immunitario e contribuiscono alla salute generale.
Tuttavia, con la menopausa, il livello di estrogeni diminuisce e il sistema immunitario si indebolisce. Per questo motivo, sebbene le donne vivano più a lungo, non necessariamente vivono più anni in salute. Studi dimostrano infatti che le donne tendono a sviluppare più malattie croniche rispetto agli uomini, il che le porta a trascorrere meno anni in buona salute nonostante l’aspettativa di vita più alta.
Il ruolo del gene PLP1
Un’altra scoperta rivoluzionaria riguarda il gene PLP1, che sembra giocare un ruolo centrale nella longevità femminile. Gli scienziati della UCSF, analizzando topi geneticamente modificati e campioni di tessuto cerebrale umano, hanno notato che nelle femmine anziane vi è una maggiore espressione di questo gene, che favorisce la formazione delle guaine mieliniche intorno ai neuroni. Questa caratteristica aiuta a proteggere il cervello dall’invecchiamento, rendendo le donne meno vulnerabili al declino cognitivo.
Verso nuove terapie?
Gli esperti sostengono che in futuro si potrebbero sviluppare trattamenti mirati per amplificare l’espressione del gene PLP1, creando nuove strategie per contrastare l’invecchiamento cerebrale e migliorare la qualità della vita sia per uomini che per donne. La longevità femminile non è un caso, ma il risultato di un equilibrio genetico e biologico complesso. Tuttavia, vivere più a lungo non significa necessariamente vivere meglio, e la sfida della medicina moderna sarà quella di garantire non solo più anni di vita, ma più anni di vita in salute.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Società
TecheTour, il cielo in una stanza: il turismo solidale che unisce cultura e tecnologia
Dai malati agli anziani, dai detenuti agli oriundi italiani: con la piattaforma TecheTour, la bellezza del patrimonio culturale italiano diventa un viaggio accessibile a tutti. Una nuova frontiera del turismo solidale e sostenibile, pronta a debuttare a We Make Future 2025 a Bologna.

Mario è un uomo che ha sempre amato viaggiare. Da giovane aveva l’abitudine di partire con uno zaino leggero e una mappa ingiallita, pronto a scoprire ogni angolo nascosto del suo paese. Oggi, invece, è costretto in un letto d’ospedale. Eppure, ieri ha potuto salire di nuovo sul Vesuvio, passeggiare tra i vicoli di Napoli e osservare la magia di una bottega di cartapesta. Senza spostarsi, senza stancarsi: semplicemente indossando un visore e lasciandosi trasportare da un’app che regala emozioni e paesaggi.
Anna, nella sua casa di riposo, ricorda i viaggi di un tempo e la bellezza dell’Italia più vera. E stamattina, grazie a quella stessa tecnologia, ha potuto assistere alla raccolta delle olive in un frantoio sannita e imparare a intrecciare i cesti di Amalfi, come facevano le donne di un tempo. Poi c’è Manuel, un oriundo italiano che vive in Sudamerica. Non è mai stato in Italia, ma sente un legame profondo con le terre dove i suoi nonni coltivavano ulivi e costruivano piccoli capolavori artigianali. Ora, con un semplice tocco, può attraversare quelle strade e riscoprire le sue radici. E infine c’è Piero, un detenuto che dal carcere riesce a fuggire almeno per un momento: tra le mura grigie, un visore lo porta a camminare per sentieri di pietra, a guardare chiese affrescate e coste baciate dal sole.







Sono storie diverse, ma tutte hanno in comune una scintilla: la voglia di viaggiare e di continuare a sognare. Ed è proprio per queste storie – e per tutte le altre che aspettano di essere raccontate – che nasce TecheTour, un progetto che unisce la forza della tecnologia all’anima della cultura italiana. È un turismo solidale e inclusivo, un “cielo in una stanza” per dirla con le parole di una canzone immortale. Un ponte tra chi può partire e chi resta fermo, ma non smette di desiderare.
Alla base di TecheTour c’è una piattaforma e un’App chiamata “Stream Immersion”: una tecnologia che combina streaming e immersione in realtà aumentata (AR), realtà virtuale (VR) e contenuti NFT. Il viaggio diventa così un’esperienza accessibile in più lingue e da ogni angolo del mondo, personalizzabile e su misura. È la possibilità di scegliere, di esplorare, di farsi sorprendere dalle bellezze autentiche dell’Italia, anche a distanza.
La presentazione ufficiale avverrà dal 4 al 6 giugno a Bologna, durante l’evento fieristico We Make Future 2025. EmozionArt s.r.l., l’azienda ideatrice e promotrice, porterà la demo allo stand D31: sarà un momento per toccare con mano – o meglio, con occhi e cuore – il futuro di un turismo che non esclude nessuno.
«Sono molto emozionata per il lancio di questa DEMO. È un progetto senza eguali, che nasconde un lavoro pluriennale e finalmente vedrà la luce», racconta Carmela Romano, CEO di EmozionArti e project manager. «La partecipazione a un evento che esplora le frontiere dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie è motivo di orgoglio, ma anche una grande sfida per chi vuole investire in un mercato culturale che guarda al futuro».
Ma TecheTour non è solo una vetrina di innovazione. È un modo per ridare valore ai territori nascosti, lontani dalle rotte del turismo di massa. Per contrastare l’overtourism e distribuire i flussi verso luoghi poco conosciuti ma ricchi di storie da raccontare. È la riscoperta dei vecchi mestieri e delle tradizioni che rischiano di scomparire. Come i tour dedicati alla cartapesta e al Giglio UNESCO, al profumo dell’olio sannita e ai cavatelli melizzanesi e ndunderi amalfitani: viaggi che parlano di mani sapienti e di radici profonde, di cultura materiale e di un sapere che non vuole morire.
Cinque categorie culturali tematiche guidano il percorso: arte e artigianato, natura e paesaggio, gastronomia e antichi sapori, tradizioni e memorie, innovazione e futuro. Tutto curato da un team di storici dell’arte, informatici, esperti in tecnologie immersive e blockchain-NFT.
Un intreccio di competenze che rende TecheTour un progetto multidimensionale e universale: un abbraccio digitale che supera ogni barriera, offrendo esperienze turistiche sostenibili e personalizzate a chiunque lo desideri.
Il viaggio, oggi più che mai, è un diritto per tutti. Con TecheTour, il mondo è davvero a portata di mano. E non servono valigie per partire.
Società
Abitare su un albero? Si può fare, a patto che…
Tra burocrazia e vincoli edilizi, l’esperienza di Gabriele Ghio racconta le difficoltà di chi vuole trasformare un rifugio tra i rami in una vera residenza.

Diciamolo chi non ha mai sognato di vivere in una casa sull’albero? Tutti ci abbiamo pensato primo o poi. Quando eravamo bambini o da adulti quando sono arrivati i bambini. Un rifugio sospeso nel verde, lontano dal caos, immerso nella natura e nel silenzio. All’apparenza sembra facile basta aver un buon progetto e individuare un albero all’altezza. Ma c’è di più. Bisogna tenere conto di molte avvertenze, cavilli, permessi… Fare diventare questo sogno in realtà permanente è tutt’altro che semplice.
Le leggi urbanistiche trattano le case sugli alberi come normali costruzioni al suolo, imponendo vincoli, autorizzazioni e permessi che spesso scoraggiano chi vorrebbe sperimentare questo stile di vita. Quindi addio Tarzan…? No, c’è chi ce l’ha fatta. E’ il caso di Gabriele Ghio. Scrittore e appassionato di vita nei boschi, ha vissuto per cinque anni in una casa costruita su un ciliegio. Poi ha dovuto smontarla, e da allora cerca disperatamente un terreno dove costruire una nuova abitazione tra i rami, con un vero riconoscimento residenziale. Il problema? La burocrazia, che cambia da Comune a Comune e lascia spesso senza risposte chi tenta di ottenere l’autorizzazione.
Vuoi costruire una casa su un albero…? Ecco come fare
Quali permessi servono per abitare su un albero? In Italia, costruire una casa sull’albero non è illegale, ma richiede il rispetto di una serie di regole. Per la legge, una casa sospesa tra i rami è comunque un edificio e, come tale, deve sottostare alle normative urbanistiche ed edilizie. Per costruirla è spesso necessario ottenere il permesso di costruire oppure presentare una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA). Inoltre, bisogna verificare eventuali vincoli paesaggistici, ambientali, sismici o archeologici, che potrebbero bloccare il progetto. Il progettista ha anche la responsabilità della sicurezza: l’incastro tra la casa e l’albero deve essere studiato con attenzione, evitando di danneggiare la pianta e garantendo la stabilità della struttura.
…ma così ci passa la fantasia!
Se Gabriele Ghio ha dovuto ripiegare su una casa in campagna, c’è chi ha già trovato il modo di abitare tra i rami. In Piemonte esiste un villaggio segreto di case sull’albero, sospese a sei metri dal suolo e costruite con tecniche di bioedilizia. Si trova nel canavese tra i monti Pelati e Castellamonte in provincia di Torino. Le abitazioni hanno tutti i comfort, dal Wi-Fi alla televisione, e sono collegate da ponticelli e passerelle di legno. Gli abitanti sono persone comuni, lavorano in città ma preferiscono trascorrere le notti immersi nella natura, lontano dal caos urbano.
Società
Pensione integrativa: come puoi raggiungere l’80% dell’ultimo stipendio
La pensione dell’INPS già oggi non è più sufficiente per garantire un assegno pari all’80% dell’ultimo stipendio. Per questo è fondamentale considerare la pensione integrativa, soprattutto per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996.

Ma perché farsi una pensione integrativa? La risposta è sotto i nostri occhi. Il debito pubblico tra poco raggiungerà i 3.000 miliardi di euro e l’INPS nei prossimi anni dovrà affrontare un numero sempre più elevato di pensioni grazie all’innalzamento della durata media della vita. Per gli uomini oggi è 81,1 anni (nel 2050 si prevede sarà di 83,4), mentre per le donne l’età media è di 85,2 anni (nel 2050 sarà di 86.8). La pensione dell’INPS già oggi non è più sufficiente per garantire un assegno pari all’80% dell’ultimo stipendio. Per questo è fondamentale considerare la pensione integrativa, soprattutto per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996.
Nonno tu sì che stai ancora bene…
I nostri nonni e forse anche molti dei nostri genitori spesso hanno goduto di una pensione che rappresentava almeno l’80% del loro stipendio finale. Dell’ultimo anno di lavoro, insomma. Oggi, invece, per arrivare a quella cifra, è necessario investire quasi obbligatoriamente, in una “pensione di scorta” attraverso la previdenza integrativa.
Già, e come si fa a raggiungere l’80%?
La quantità di risparmio mensile necessaria per raggiungere l’80% della retribuzione dipende da vari fattori: il percorso professionale (dipendente o autonomo), l’età e il profilo di rischio scelto. Per i dipendenti la pensione di base oggi copre circa il 70% della retribuzione. Per gli autonomi la pensione di base copre circa il 60% della retribuzione.
Quanto si dovrebbe versare a secondo dell’età
Un 30enne dipendente oggi dovrebbe versare tra 91 e 152 euro al mese, mentre un 30enne autonomo dovrebbe versare tra 155 e 258 euro.
Un 50enne dipendente dovrebbe versare tra 318 e 395 euro al mese, mentre un 50enne autonomo avrebbe bisogno di versare tra 693 e 845 euro.
Quale profilo di rischio scegliere?
Il profilo Basso Rischio (Obbligazionaria) richiede versamenti più alti ma è più sicuro.
Il profilo Alto Rischio (Azionaria) richiede versamenti inferiori ma ha un rischio maggiore.
Quali sono i benefici fiscali e qual è il contributo del datore di lavoro
Per i dipendenti, è possibile utilizzare il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) e ottenere contributi dall’azienda, che possono raddoppiare l’importo versato individualmente. Inoltre, esistono benefici fiscali significativi: i versamenti fino a 430 euro al mese (5.164 euro l’anno) sono completamente deducibili dalle tasse.
Qual è la percentuale del reddito da investire se si è autonomi
Per i lavoratori autonomi, la percentuale delle entrate da conferire alla previdenza integrativa va dal 9% per un 30enne con un profilo ad alto rischio fino al 38% per un 50enne con un profilo a basso rischio. Per i dipendenti, invece, considerando il TFR e i contributi aziendali, la percentuale varia tra il 5% e il 18% a seconda dell’età e del profilo di rischio.
-
Gossip1 anno fa
Elisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Cronaca Nera11 mesi fa
Bossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Sex and La City1 anno fa
Dick Rating: che voto mi dai se te lo posto?
-
Speciale Olimpiadi 202410 mesi fa
Fact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Speciale Grande Fratello9 mesi fa
Helena Prestes, chi è la concorrente vip del Grande Fratello? Età, carriera, vita privata e curiosità
-
Speciale Grande Fratello9 mesi fa
Shaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset
-
Gossip12 mesi fa
È crisi tra Stefano Rosso e Francesca Chillemi? Colpa di Can?
-
Gossip10 mesi fa
La De Filippi beccata con lui: la strana coppia a cavallo si rilassa in vacanza