Lifestyle
Avete voglia di un ristorante erotico a Milano? C’è e si chiama Voglia
In fondo il concetto è semplice, al di là dell’idea imprenditoriale: portare l’eros in tavola utilizzando un linguaggio ironico, provocatorio ma anche elegante. E’ nato il primo ristorante erotico a Milano.
Per appagare la voglia di un ristorante piccante e con qualche piatto erotico a Milano ci sono voluti due giovani siciliani che hanno sdoganato imbarazzi e tabù. Il locale si chiama Voglia ed è il primo ristorante erotico in città. “Ma da noi solo preliminari“, ridono di gusto i due ragazzi planati alcuni anni fa nel capoluogo lombardo ma con alle spalle già una discreta esperienza nel settore della ristorazione.
Voglia, il rifugio dell’estasi
Voglia è uno spazio, un luogo in cui fare convivere arte ed eros. Aperto in Porta Venezia, quartiere diventato centrale per la città soprattutto per la sua movida serale, Voglia ambisce a giocare sul doppio senso un po’ come tutto al suo interno. “Voglia è qui per farti venire, e poi, tornare“, recita uno dei suoi slogan. L’architettura, la disposizione dei mobili e la scelta dei colori di base, rosa salmone e rosso bordeaux, accoglie gli ‘avventori’ in un ambiente confortevole fin dall’entrata. Un bancone con linee sinuose e morbidi divanetti stile sala d’attesa di un certo tipo di ‘case’ di una volta, rendono l’ambiente super accogliente e di gusto.
E il menù? Un orgasmo culinario di prima qualità
Anche il menù punta all’orgasmo culinario: spaghettoni all’aglio, olio e peperoncini “Too Hot to Handle“, il filetto di manzo con gremolada e tartufo nero “Meat Me” e la finta mela di ananas e cioccolato “La Mela del Peccato“. Pur essendo ancora molto giovani Claudia Mangano, 30 anni, e Stefano Vaccaro, 27 sono due imprenditori del settore con locali in Italia, Spagna e Gran Bretagna. “A Milano un locale di questo tipo mancava. Quando lo abbiamo pensato puntavamo a un luogo che celebrasse l’erotismo in tutte le sue possibili e variegate forme“.
In fondo il concetto è semplice, al di là dell’idea imprenditoriale: portare l’eros in tavola utilizzando un linguaggio ironico, provocatorio ma anche elegante. Sdoganare l’erotismo servendo piatti gourmet sembra proprio una idea originale anche se Milano, così come altre città capoluogo, ma soprattutto delle provincie più ricche, pullula di locali per adulti in cerca di avventure erotiche di ogni genere.
C’è da spostare…un tabù
Il ristorante vuole essere una galleria di proposte artistico-culinarie con una cucina raffinata non troppo formale e un prezzo medio che per il capoluogo lombardo non è poi così eclatante e alla portata di molte giovani coppie: 100 euro. I piatti sono affidati alle cure dei giovani chef freschi freschi della Scuola di alta cucina Alma e provenienti anche da ristoranti stellati.
L’arma segreta di Voglia: la secret room
Il locale, aperto solo la sera (sabato e domenica fino all’una di notte) è sempre pieno. Sarà per la novità, che per Milano – città capace di anticipare ma anche bruciare in fretta le nuove mode – assume sempre una particolare attrazione, ma per cenare al Voglia il sabato sera biosgna prenotare mesi prima. Il suo successo sarà anche dovuto all’esistenza di una stanza dell’amore. o secret room… Si tratta di una sala privata con tavolo da gioco con roulette e carte personalizzate a tema. Se si risolve un rebus, si ha diritto a entrare attraverso una porticina creata a misura, in un piccolo museo, dedicato al bondage, con tanti oggetti erotici. Ma solo in visione. Mi raccomando.
“Solo gioco niente sesso. I preliminari da noi, il resto fatelo a casa“, specificano bene i proprietari. Se volete passare alla pratica altri locali vi aspettano un po’ ovunque… Serata a tema ne abbiamo? Il calendario è fitto di eventi a tema Moulin Rouge, Eyes Wide Shut, burlesque, con la partecipazione di artisti professionisti internazionali. Insomma un locale dove fare crescere quella certa Voglia da soddisfare altrove.
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Tech
La casa intelligente non dorme mai: la tecnologia che semplifica la vita (senza rubarci l’anima)
La smart home non è più un lusso da visionari, ma una realtà accessibile. Parla con noi, si adatta alle abitudini, regola la luce, la musica, la temperatura. Eppure, tra comfort e controllo, resta una domanda sospesa: fino a che punto la tecnologia può anticipare i nostri desideri senza sostituirli?
Non serve più dire “accendi la luce”: oggi basta entrare in casa e tutto si sistema da solo. Le tapparelle si abbassano, il riscaldamento sale di due gradi, parte la playlist del venerdì. È la smart home, l’evoluzione silenziosa che ha trasformato le abitazioni in organismi intelligenti, capaci di adattarsi a noi — o forse il contrario.
Secondo le ultime stime, oltre un italiano su tre possiede almeno un dispositivo connesso: termostati digitali, serrature smart, assistenti vocali, lampadine Wi-Fi. Oggetti che una volta sembravano futuristici e oggi sono la normalità di un’abitudine che si chiama automazione domestica.
Il fascino è comprensibile: risparmio energetico, sicurezza, comodità. Un solo comando — o meglio, un algoritmo — decide tutto. I sistemi di illuminazione gestiscono la luce naturale durante il giorno, i frigoriferi segnalano quando manca il latte, le lavatrici dosano da sole il detersivo. È il sogno della semplicità, finalmente realizzato.
Eppure, la tecnologia che ci semplifica la vita rischia anche di addormentarci. Gli esperti di digitale parlano di “dipendenza da comfort”: più una casa è intelligente, meno lo è chi la abita. Gli assistenti vocali imparano le nostre abitudini, ci ascoltano, prevedono. E se da un lato ci sollevano da mille microgesti, dall’altro riducono il nostro margine di scelta.
Ma la verità, come sempre, sta nel mezzo. La nuova frontiera non è scegliere tra uomo o macchina, ma trovare equilibrio. Una casa che collabora con chi la vive, senza sostituirne l’intelligenza. Perché il bello della tecnologia non è la perfezione, ma la possibilità di usarla per ciò che è: un alleato, non un padrone.
Così, quando torniamo la sera e la luce si accende da sola, il termostato ci accoglie alla temperatura giusta e la voce dell’assistente ci augura il bentornato, il vero lusso non è la domotica. È sentirsi ancora, finalmente, a casa.
Moda
Maglioni, calore e stile: la maglieria torna protagonista dell’autunno con un’eleganza rilassata
Dal pull norvegese al dolcevita minimal, la maglieria torna al centro del guardaroba autunnale. I filati naturali si mescolano con fibre innovative, le texture diventano protagoniste e i colori evocano la terra. È il trionfo del comfort chic: morbido, avvolgente e irresistibilmente contemporaneo.
C’è un momento, a fine ottobre, in cui l’aria cambia odore. L’estate si ritira e il primo istinto è quello di cercare qualcosa che scaldi. Non solo il corpo, ma anche l’anima. È il momento dei maglioni, dei cardigan lunghi, delle lane che accarezzano. E mai come quest’anno la maglieria è tornata al centro della scena della moda.
Dimenticate i pull tristi da mezza stagione: la nuova generazione di maglioni è sofisticata, sensuale, urbana. Lo dimostrano le passerelle di Chloé, Max Mara, The Row e Prada, dove le modelle sfilano avvolte da lane pregiate e cashmere in tonalità neutre: avorio, caramello, moka, grigio fumo. La regola è una sola: il comfort diventa un’arte.
Le linee si fanno fluide, i volumi oversize ma mai sciatte. Il dolcevita, un tempo simbolo di rigore intellettuale, torna reinterpretato in chiave femminile con tagli che lasciano scoperte spalle e clavicole. I cardigan diventano abiti, stretti in vita da cinture sottili. La lana grossa convive con il mohair vaporoso, mentre il merino più sottile sostituisce le camicie sotto i blazer.
È la stagione del soft power: il potere morbido di chi sceglie la comodità senza rinunciare allo stile. Gli stilisti parlano di “knitwear therapy”: vestirsi di maglia come gesto di benessere, una carezza contro la frenesia. Anche i colori raccontano questa esigenza di calore: le palette della terra — ocra, ruggine, zucca, borgogna — sostituiscono i toni accesi dell’estate e invitano a un’eleganza naturale.
Nei negozi si moltiplicano le capsule dedicate al knitwear sostenibile: lane rigenerate, cashmere riciclato, filati certificati. La moda guarda alla morbidezza, ma anche alla responsabilità.
Perché in fondo, l’autunno è la stagione del ritorno a sé. E indossare un maglione non è solo una scelta estetica: è una dichiarazione d’intenti. Significa concedersi lentezza, protezione, intimità. Come una coperta che ci accompagna nel mondo, ricordandoci che anche la moda — quando vuole — può essere un abbraccio.
Lifestyle
Il piacere di tornare a casa: profumi, luci e piccoli gesti che rendono l’autunno un lusso quotidiano
Ci sono stagioni che invitano all’avventura, e altre che sussurrano il contrario: “rientra, fermati, respira”. Ottobre appartiene alla seconda categoria. È il mese in cui il mondo fuori rallenta e la casa riprende il suo posto al centro della scena, come un teatro intimo fatto di luci morbide e gesti lenti.
Il nuovo lifestyle d’autunno parla di ritorni: alla calma, alla cura, al silenzio. Dopo mesi di estroversione, è tempo di riscoprire il valore delle piccole cose: un plaid di lana, un tè fumante, una candela che profuma di vaniglia e legno di cedro.
Gli interior designer lo chiamano “cocooning”, letteralmente “stare nel bozzolo”. È la tendenza che sta riscrivendo le regole dell’abitare contemporaneo: non più case perfette per essere fotografate, ma ambienti in cui si sta bene davvero. I colori si fanno caldi — terracotta, ocra, verde bosco — mentre le luci si ammorbidiscono, con lampade a intensità regolabile e abat-jour che accarezzano più che illuminare.
Il comfort passa anche dai sensi. Gli esperti di aromaterapia consigliano di profumare gli ambienti con essenze naturali di ambra o sandalo, ideali per creare un’atmosfera accogliente e stimolare la serenità. E non servono grandi spese: basta un diffusore o un bruciatore d’olio per trasformare un soggiorno qualunque in un piccolo rifugio zen.
Ma il vero lusso, oggi, è il tempo per sé. Un bagno caldo, una playlist di jazz, un libro lasciato aperto sul divano: rituali semplici che restituiscono ritmo alle giornate frenetiche. Persino la cucina cambia spirito: si riaccendono i fornelli, tornano le zuppe e i risotti, il vino rosso trova di nuovo posto sulla tavola.
Alla fine, il lifestyle d’autunno non è questione di tendenze ma di consapevolezza. La casa non è solo il luogo dove si vive: è dove ci si ritrova. E in un’epoca di velocità e rumore, imparare a restare — con stile — è il gesto più moderno che ci sia.
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