Lifestyle
IT Wallet: arriva il portafoglio digitale
Con IT Wallet, l’Italia si prepara a una rivoluzione digitale che semplificherà la gestione dei documenti e dei servizi, avvicinandosi all’obiettivo di una completa integrazione digitale a livello europeo.
Evidentemente luglio è considerato il mese ideale per introdurre novità tecnologiche, organizzative e pratiche per pianificare un vita più organizzata e sicura. A partire da prossimo mese di luglio, infatti, prenderà il via la sperimentazione del IT Wallet. Ovvero un sistema di portafoglio digitale che ci permetterà di conservare documenti digitali importanti come patente e tessera sanitaria direttamente sull’app IO dello smartphone. Il progetto è stato sviluppato dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri insieme all’Agid (Agenzia per l’Italia Digitale) e rappresenta un passo importante verso la digitalizzazione dei servizi pubblici e privati.
Per ora verrà coinvolto solo un campione della popolazione
La fase iniziale di test, che partirà tra qualche giorno, coinvolgerà un campione rappresentativo della popolazione, selezionato per età, regione di provenienza e professione. Durante questa fase, gli utenti dell’app IO riceveranno notifiche che li informeranno dell’attivazione del portafoglio digitale per i documenti principali.
Quali sono gli obiettivi
Da settembre-ottobre 2024, la sperimentazione si amplierà, rendendo IT Wallet accessibile a un numero maggiore di persone. Questi potranno richiedere gratuitamente documenti come patente, tessera sanitaria e carta europea della disabilità sull’app IO, insieme a certificati con firma elettronica. L’obiettivo è che, entro l’inizio del 2025, il portafoglio digitale diventi disponibile per tutti i cittadini italiani, integrando anche la carta d’identità elettronica.
Diventare più europei con l’European Digital Identity (EUDI) Wallet
Il progetto IT Wallet rappresenta il primo passo verso il European Digital Identity (EUDI) Wallet, un sistema di riconoscimento digitale europeo che dovrebbe entrare in vigore nel 2026. Questo sistema consentirà ai cittadini dell’UE di utilizzare servizi online, condividere documenti digitali, aprire conti bancari e effettuare pagamenti in modo sicuro, riducendo il rischio di truffe, frodi e furti d’identità.
Cosa sarà possibile fare
Con lìIT Wallet sarà possibile acquistare farmaci con ricetta medica e SIM per smartphone, noleggiare auto senza presentare documenti fisici, conservare perizie, titoli e attestati tecnici in formato digitale. E ancora ricevere attestazioni elettroniche per bandi pubblici e titoli professionali.
Coinvolte anche le aziende private
Le aziende private potranno accreditarsi su un’infrastruttura web dedicata, sviluppando soluzioni di portafoglio digitale alternative a IT Wallet. Dopo un percorso di qualifica e certificazione, potranno proporre nuovi e-wallet sul mercato, in partnership con lo Stato.
Come si integrerà con i sistemi di pagamento
Nei prossimi mesi l’IT Wallet studierà l’integrazione di sistemi di pagamento come Bancomat, Postepay e Satispay, consentendo nuovi metodi di pagamento verso la Pa e i privati. Questa integrazione sarà fondamentale per garantire la piena operatività del portafoglio digitale italiano in collaborazione con il EUDI Wallet europeo.
Attivare il servizio è facile
Per attivare IT Wallet, sarà necessario scaricare l’app IO e accedere con la Carta d’Identità Elettronica (CIE) o con lo SPID. L’Italia ha destinato oltre 300 milioni di euro nel triennio corrente, parte dei quali provenienti dai fondi PNRR, per garantire il successo di questa operazione entro i tempi previsti dall’Europa.
Chi mi garantisce la sua sicurezza?
La sicurezza dei dati sarà garantita da due livelli di validazione dei documenti, senza intermediari, permettendo ai cittadini di controllare quali informazioni condividere. Tuttavia, un potenziale ostacolo è rappresentato dal fatto che molti cittadini, soprattutto anziani, potrebbero non avere ancora la CIE o lo SPID necessari per accedere all’app IO.
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Cucina
Il budino viola che profuma d’autunno: il budino di uva nera, due ingredienti e tanta poesia per un dessert leggero e irresistibile
Dalla tradizione contadina arriva un dessert scenografico e leggero. Il budino di uva nera Solarelli conquista per il suo colore intenso, la texture vellutata e il gusto pulito. Una ricetta essenziale che trasforma la frutta di stagione in una dolcezza viola brillante, perfetta dopo cena e impossibile da dimenticare.
Il dolce che nasce dalla terra
In un panorama di dessert elaborati, creme ricche e glassature lucide, il budino di uva nera è una carezza. È la prova che a volte bastano due ingredienti e un po’ di pazienza per ottenere qualcosa di unico. Il segreto è tutto nella frutta: uva nera senza semi Solarelli, raccolta al giusto grado di maturazione, succosa, profumata e naturalmente dolce. È un dolce della tradizione rurale, nato quando in cucina si lavorava con ciò che la natura offriva, senza sprechi e con lentezza. Il risultato è un budino che non chiede zucchero, panna o gelatine: solo il succo dell’uva e una piccola quantità di farina per addensare. Novembre lo accoglie alla perfezione: è viola profondo, ricorda il vino novello e profuma di vendemmia.
L’arte della semplicità: la cottura lenta dell’uva
La prima fase è quasi meditativa. I grappoli si lavano, si sgrana l’uva e si raccolgono gli acini in un tegame capiente. La fiamma è bassa, il tempo è lento: due ore circa perché gli acini rilascino lentamente tutto il loro succo. Durante la cottura si schiacciano con cura, così ogni goccia diventa parte del dolce. Il passaggio successivo è il più importante: filtrare il succo con un colino per eliminare bucce e residui, lasciando soltanto un liquido liscio e intenso, che ritorna in casseruola per la trasformazione finale. Il profumo che invade la cucina è già dessert: dolce, vinoso, leggermente floreale.
Dal fuoco allo stampo: nasce il budino
Quando il succo è pronto, si aggiunge gradualmente la farina, mescolando fino a ottenere una consistenza densa ma ancora scorrevole. La miscela torna sul fuoco, dove ribolle appena per due o tre minuti, mescolata senza sosta con una frusta. È una danza breve ma essenziale: il liquido prende corpo, si addensa, brilla. Poi arriva la parte più bella, quella domestica e affettiva: versarlo in uno stampo e lasciarlo raffreddare, prima a temperatura ambiente e poi in frigorifero per circa tre ore. Quando si sforma, il budino appare lucido, morbido, con una tonalità viola che sembra rubata a un cielo d’autunno al tramonto. Fresco, leggero, naturalmente dolce. Perfetto da solo, magnifico con una cucchiaiata di yogurt bianco o un filo di miele di castagno per chi vuole una nota più golosa.
È un dolce che parla piano. E proprio per questo conquista.
TikTok Star
Niente cellulari a scuola? Non per i prof: esplode il caso dei “TeachTokers”, i docenti-influencer che filmano le lezioni per i social
C’è chi li accusa di trasformare gli alunni in “oggetti di scena” e chi invece li considera pionieri di un nuovo modo di insegnare. “Non è show, è ludodidattica”, spiega la professoressa Rosita Barbella. Ma l’avvocata Castagnola avverte: “In Italia filmare e diffondere immagini di studenti non è legittimo”.
Benvenuti nelle aule 2.0, dove si impara e si “posta”. Smartphone in mano, musica in sottofondo e bambini che sorridono davanti all’obiettivo: è il nuovo mondo dei TeachTokers, i docenti-influencer che filmano lezioni, verifiche e momenti di classe per condividerli su TikTok o Instagram.
Un fenomeno che divide. Da una parte chi applaude questi insegnanti per la loro capacità di rendere virale la scuola e avvicinare i ragazzi al sapere; dall’altra chi denuncia una deriva pericolosa che trasforma l’aula in un set e gli alunni in comparse inconsapevoli.
Tra i volti più seguiti c’è la professoressa Rosita Barbella, docente di spagnolo in una scuola media della Campania. Nei suoi video, balla con gli studenti o spiega i verbi con giochi e canzoni. «Siamo autorizzati dai dirigenti e dai genitori – chiarisce –. Alcuni video vengono girati nel pomeriggio durante progetti sull’educazione digitale. Il mio non è spettacolo, è ludodidattica. Divulgo un metodo che può aiutare altri docenti».
Sulla stessa linea Gabriele Camelo, maestro in una scuola primaria di Palermo, ex autore televisivo e oggi star dei social. I suoi video mostrano quaderni pieni di cuori, sorrisi e frasi motivazionali come “Fiero di te” o “Stai crescendo splendida”. «Uso i social per far fiorire il seme che c’è in ogni bambino», spiega. «Raccontare le emozioni è terapeutico. I miei alunni imparano a essere protagonisti, non oggetti».
Ma il web si infiamma. “Serve un intervento del ministro Valditara”, scrivono molti colleghi, chiedendo regole chiare e una social media policy per le scuole. “I social svuotano l’autenticità educativa”, sostengono i critici. “Questi insegnanti costruiscono un personal brand, non un percorso formativo”.
A prendere posizione è anche Cristina Gallo, professoressa seguitissima online come “La prof Spettinata”. Pur difendendo l’uso educativo dei social, invita alla cautela: «È un attimo e l’algoritmo condiziona anche i buoni propositi. Serve deontologia, decoro e rispetto dell’istituzione che rappresentiamo».
Decisa, invece, la posizione di Iside Castagnola, avvocata esperta in tutela dei minori: «Trasformare bambini e ragazzi in strumenti di produzione di contenuti per aumentare i follower è inaccettabile. Anche con l’autorizzazione dei genitori, filmare gli alunni e diffondere i video sui social non è legittimo. È lecito solo in casi eccezionali».
E così, mentre agli studenti viene chiesto di tenere i cellulari spenti, i loro insegnanti diventano protagonisti online. Tra chi parla di “scuola del futuro” e chi di “spettacolo dell’educazione”, resta aperta una domanda: dove finisce la lezione, e dove comincia lo show?
Lifestyle
Acido citrico: il segreto green per un bagno pulito, brillante e senza sprechi
Derivato dal limone ma più potente, scioglie il calcare, elimina i residui di sapone e fa splendere acciaio, vetro e ceramica. Una soluzione semplice, efficace e sostenibile che conquista sempre più case.
Negli scaffali dei supermercati è sempre più comune trovare bottiglie di acido citrico accanto ai detersivi tradizionali. Un tempo conosciuto solo in ambito alimentare o cosmetico, oggi questo composto naturale è diventato uno dei protagonisti della pulizia ecologica. La sua efficacia, unita al basso impatto ambientale e al costo contenuto, lo rende una scelta ideale per chi desidera ridurre l’uso di prodotti chimici aggressivi in casa.
Chimicamente parlando, l’acido citrico è un acido organico debole presente in molti agrumi, in particolare nel limone, dal quale spesso viene estratto per fermentazione naturale. La sua principale qualità è quella di sciogliere il calcare e i residui minerali, rendendolo perfetto per la manutenzione di bagni e cucine. A differenza dell’aceto, non lascia odori persistenti e non corrode le superfici metalliche se usato correttamente.
Secondo i dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, i detergenti tradizionali contengono spesso tensioattivi e additivi che, una volta finiti negli scarichi, possono inquinare corsi d’acqua e danneggiare gli ecosistemi marini. L’acido citrico, invece, è biodegradabile al 100% e non lascia residui nocivi.
Come preparare la soluzione perfetta
La ricetta per ottenere un detergente naturale è alla portata di tutti: basta sciogliere 150 grammi di acido citrico in un litro d’acqua tiepida, meglio se demineralizzata. Questa soluzione al 15% è adatta per la maggior parte delle superfici domestiche. Per un uso quotidiano o su materiali più delicati, si può ridurre la concentrazione al 10%, mentre per incrostazioni particolarmente resistenti è possibile arrivare al 20%.
Una volta preparata, la miscela va conservata in una bottiglia con spruzzino e lontano dalla luce diretta. Si mantiene per diversi mesi e può essere personalizzata aggiungendo poche gocce di oli essenziali di limone, menta o eucalipto, per un effetto rinfrescante e deodorante.
Come usarlo in bagno
Nel bagno l’acido citrico si rivela un alleato versatile.
- Doccia e vetri: spruzzare la soluzione al 15%, lasciare agire per 5-10 minuti e passare con una spugna morbida. Risultato: superfici lucide e senza aloni.
- Sanitari e wc: per il water, versare circa 200 ml di soluzione al 20% e lasciare agire almeno mezz’ora (o tutta la notte in caso di calcare ostinato), poi strofinare e risciacquare.
- Rubinetti e acciaio: per un effetto specchio, basta lasciar agire la soluzione per pochi minuti e poi asciugare con un panno in microfibra. In caso di incrostazioni, si può avvolgere il rubinetto con un panno imbevuto di acido citrico e lasciarlo in posa per 15-20 minuti.
Le precauzioni da seguire
Pur essendo naturale, l’acido citrico non è adatto a tutte le superfici. Va evitato su marmo, pietra naturale, legno e materiali porosi, che potrebbero opacizzarsi. Inoltre, non deve essere miscelato con bicarbonato o candeggina: reagendo, i due prodotti si neutralizzano o possono sviluppare gas indesiderati.
Per sicurezza, è sempre consigliabile testare la soluzione su una piccola area nascosta prima di procedere con la pulizia completa.
Una scelta sostenibile e intelligente
Semplice da preparare, economico e privo di sostanze tossiche, l’acido citrico rappresenta una soluzione concreta per ridurre l’impatto ambientale delle pulizie domestiche. Secondo l’associazione ambientalista Legambiente, l’adozione di detergenti naturali come questo può diminuire fino al 30% le sostanze inquinanti disperse nell’acqua domestica.
In un’epoca in cui la sostenibilità è diventata una priorità, ogni piccolo gesto conta. Sostituire l’anticalcare industriale con una bottiglia di acido citrico è uno di quei gesti semplici che unisce efficacia e rispetto per l’ambiente.
Pulire non è mai stato così naturale: bastano pochi ingredienti, un po’ di consapevolezza e la voglia di cambiare abitudini. E la casa — lucida, profumata e senza tracce di calcare — ringrazia.
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