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Italian Tech Week 2025, l’onda dell’innovazione travolge Torino: Bezos protagonista alle OGR

AI, investimenti, startup e il futuro del tech europeo: la nuova edizione dell’Italian Tech Week porta a Torino nomi globali come Kevin Scott (Microsoft), David Solomon (Goldman Sachs) e Nico Rosberg, con il fondatore di Amazon in dialogo con John Elkann.

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    “The Wave Ahead”: l’onda che arriva. È questo il claim scelto per l’Italian Tech Week 2025, in programma dall’1 al 3 ottobre alle OGR di Torino. Tre giorni che si annunciano come la più grande celebrazione italiana di tecnologia e innovazione, con oltre 180 speaker, 45 masterclass, più di 70 side events e 15mila visitatori attesi.

    L’ospite più atteso è Jeff Bezos. Il fondatore di Amazon e Blue Origin, oggi anche alla guida del Bezos Earth Fund da 10 miliardi di dollari, salirà sul palco venerdì 3 ottobre per una fireside chat con John Elkann, presidente di Stellantis, Ferrari e Ceo di Exor. Sarà il momento clou di una kermesse che conferma la centralità dell’Italia nella mappa europea del tech.

    Il programma si apre mercoledì 1° ottobre con l’Intelligenza Artificiale, ormai entrata stabilmente nella vita quotidiana. Tra gli ospiti spicca Kevin Scott, Cto di Microsoft. Nel pomeriggio riflettori puntati sull’ecosistema italiano: “È un settore in crescita che merita attenzione e sostegno”, sottolinea Diyala D’Aveni, Head of Vento, la piattaforma di investimento che organizza ITW.

    Giovedì 2 ottobre si guarda alla tecnologia applicata all’healthcare, dall’analisi dei dati alla medicina personalizzata. Nel pomeriggio focus sull’Europa, non più periferia ma terreno fertile per colossi del tech: a dimostrarlo le storie di founder e investitori internazionali.

    Venerdì, oltre a Bezos, il palco ospiterà Nico Rosberg, ex campione di Formula 1 diventato investitore e fondatore di startup green, e personalità come David Solomon (Goldman Sachs), Luciana Lixandru (Sequoia Capital), Alex Morgan (Khosla Ventures) e Mette Lykke (Too Good To Go).

    Non mancano le sorprese: dal corto Love at first sight, vincitore del Reply AI Film Festival, alla startup Lexroom.ai, nuovo assistente legale basato su IA. “Abbiamo ancora slot da annunciare, saranno belle sorprese”, promette D’Aveni.

    Torino sarà protagonista anche fuori dalle OGR: eventi diffusi nel centro cittadino, serate speciali e il logo proiettato sulla Mole Antonelliana. Un modo per celebrare il riconoscimento come Capitale europea dell’Innovazione 2024/2025 e ribadire il legame tra la città e il futuro digitale.

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      Tech

      In che modo la tecnologia che abbiamo in casa ci spia e come fare a difendersi

      Le tecnologie intelligenti hanno senza dubbio semplificato le nostre vite, migliorando la comunicazione e l’accesso alle informazioni. Tuttavia, è essenziale essere consapevoli dei rischi che comportano per la nostra privacy e sicurezza. Proteggere i dati personali e comprendere come funzionano questi dispositivi è fondamentale per mantenere le nostre case al sicuro in un mondo sempre più connesso.

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        La casa, un tempo considerata un rifugio sicuro, oggi si trova sotto minaccia a causa delle tecnologie intelligenti che utilizziamo quotidianamente. Dispositivi come telefoni cellulari, televisori e sistemi di sicurezza intelligenti, tutti connessi a Internet, raccolgono costantemente dati personali. Questi dati includono informazioni su posizione, interessi e interazioni, creando una dettagliata “impronta digitale della casa” che mette a rischio la privacy e la sicurezza delle famiglie.

        La sorveglianza domestica

        Secondo un gruppo di ricercatori provenienti da varie università, queste tecnologie permettono agli aggressori di accedere a dati sensibili come messaggi, conversazioni telefoniche, posizioni e ricerche online. David Choffnes, professore della Northeastern University, avverte che “chi viola può avere un’idea chiara di cosa c’è in ogni casa, di chi c’è, di quando e dove si sta muovendo”. Questo mette a rischio la sicurezza domestica, trasformando le case intelligenti in potenziali obiettivi per attacchi mirati.

        Dispositivi connessi e interazioni a rischio

        Juan Tapiador, professore dell’Università Carlos III, sottolinea che molte persone non sono consapevoli del fatto che tutti i dispositivi connessi al Wi-Fi comunicano tra loro, aumentando le vulnerabilità. Le tecnologie di spionaggio possono monitorare le attività domestiche attraverso Internet, esponendo ulteriormente gli utenti a potenziali minacce.

        Il problema dei dispositivi Android

        Gli utenti di dispositivi Android sono particolarmente a rischio. Molte applicazioni su Android contengono software che raccolgono dati privati senza il consenso adeguato degli utenti, violando il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). Nonostante gli sforzi di Google per migliorare la sicurezza di Android, queste pratiche continuano a rappresentare una minaccia significativa per la privacy degli utenti.

        La macchina del marketing globale

        La raccolta di dati personali alimenta una vasta macchina del marketing e della pubblicità globale. Questa sorveglianza si manifesta nella pubblicità personalizzata che riceviamo sui nostri dispositivi mobili ogni giorno. Narseo Vallina-Rodríguez, ricercatore presso Imdea Networks, spiega che “l’esposizione di queste informazioni senza alcun controllo permette ai servizi pubblicitari o alle applicazioni spia di creare un’impronta digitale di ogni casa”. Questa pratica viola la privacy delle famiglie, deducendo il loro livello di reddito e le abitudini quotidiane.

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          Tech

          Sam Altman: “L’intelligenza artificiale ha già superato quella umana”

          Secondo Altman, il punto di singolarità – quando l’IA supera l’intelligenza umana – è stato superato. I sistemi attuali sarebbero già più intelligenti delle persone sotto molti aspetti. Nel 2027 arriveranno robot per la vita quotidiana. Ma non tutti ci credono.

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            Sam Altman non usa mezzi termini: “Siamo oltre l’orizzonte degli eventi, il decollo è iniziato”. Tradotto: l’intelligenza artificiale ha già oltrepassato il punto di singolarità, ovvero quel momento immaginato da decenni nei film e nei romanzi di fantascienza in cui le macchine superano la nostra intelligenza. Solo che, per il CEO di OpenAI – la società che sviluppa ChatGPT – quel momento non è nel futuro. È già qui.

            Nel suo ultimo post sul blog aziendale, pubblicato mercoledì scorso, Altman afferma senza esitazioni che siamo già entrati in una nuova era. Certo, ammette, “finora è molto meno strano di quanto sembri”. Non vediamo robot per le strade, non parliamo ancora per ore con l’IA (o almeno, non tutti), non siamo diventati immortali e non abbiamo colonie su Marte. Però, qualcosa è cambiato in profondità.

            Secondo Altman, i sistemi di intelligenza artificiale oggi in uso sono già più intelligenti degli esseri umani in molte attività specifiche. “Centinaia di milioni di persone vi fanno affidamento ogni giorno – scrive – e per compiti sempre più importanti. Una piccola funzione può creare un impatto positivo enorme. Un piccolo errore, al contrario, può diventare una catastrofe se moltiplicato per milioni di utenti”.

            È un concetto cruciale: l’IA è già ovunque, anche se spesso non ce ne accorgiamo. Scrive email, compila documenti, traduce, genera codici, riassume, corregge bozze. E secondo Altman, nei prossimi anni sarà sempre più autonoma. Già nel 2025 – sostiene – vedremo sistemi capaci di formulare intuizioni originali, non solo di rielaborare dati. E nel 2027 potrebbero arrivare robot in grado di svolgere compiti nel mondo reale, sostituendo l’essere umano nelle mansioni quotidiane.

            Il vero salto, però, avverrà entro il 2030. In quell’orizzonte, dice Altman, “intelligenza ed energia – cioè idee e capacità di realizzarle – diventeranno estremamente abbondanti”. Uno scenario che suona come l’utopia transumanista: la creatività infinita combinata con la forza per attuarla. Una rivoluzione industriale, cognitiva ed esistenziale.

            Certo, non manca chi storce il naso. Altman, ricordiamolo, è il capo della società che ha più da guadagnare nel convincerci che l’IA sia la nuova divinità del XXI secolo. Apple, ad esempio, ha da poco sottolineato come i principali chatbot (ChatGPT incluso) falliscano ancora nei compiti di ragionamento logico complesso. E resta il nodo del cosiddetto “disallineamento”: ossia, il rischio che un’IA, pur intelligente, non faccia ciò che ci aspettiamo. O che lo faccia troppo bene.

            L’unico punto su cui sembrano concordare tutti, è che il mondo sta cambiando più in fretta di quanto immaginiamo. L’uso dell’intelligenza artificiale nella vita quotidiana non è più un’ipotesi, è realtà. E anche se i robot non stanno ancora invadendo le strade, i nostri smartphone, computer e assistenti vocali sono già pieni di algoritmi che imparano, decidono, prevedono.

            Il problema, semmai, è un altro: siamo pronti?
            Oppure, come nei migliori film di fantascienza, ci accorgeremo troppo tardi di aver dato alle macchine più potere di quanto il nostro cervello potesse contenere?

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              Tech

              Cina, in arrivo il robot che “partorisce”: tra speranze e timori etici

              L’idea promette di aiutare le coppie sterili e superare la maternità surrogata, ma gli esperti mettono in guardia: replicare la complessità di una gestazione umana potrebbe rivelarsi impossibile.

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              robot incinto

                Potrebbe sembrare il copione di un film di fantascienza, e invece è realtà. In Cina, la startup Kaiwa Technology, fondata dal ricercatore Zhang Qifeng – dottore di ricerca alla Nanyang Technological University di Singapore. Ha annunciato di lavorare a un robot umanoide dotato di utero artificiale. L’obiettivo è ambizioso: permettere a un feto di crescere per nove mesi in un ambiente completamente artificiale e nascere in salute, senza bisogno del corpo materno.

                Il funzionamento, secondo i primi dettagli diffusi, prevede un “grembo” riempito di liquido amniotico sintetico. Nel quale il feto riceverebbe nutrienti attraverso un tubo collegato al cordone ombelicale. Il robot monitorerebbe costantemente i parametri vitali, fino al “parto”. Il primo prototipo, assicurano i promotori, potrebbe essere pronto già nel 2026, con un costo stimato di circa 100.000 yuan (12.000 euro).

                Il precedente scientifico non manca. Nel 2017, un team del Children’s Hospital di Philadelphia aveva fatto scalpore con la cosiddetta biobag, una sacca artificiale che permise a un agnello prematuro di sopravvivere e svilupparsi per alcune settimane. Quella tecnologia, però, si comportava come un’incubatrice avanzata: non era in grado di sostenere una gravidanza dall’inizio alla fine. Il progetto cinese punta invece a colmare proprio questa lacuna.

                La notizia ha scatenato un acceso dibattito sui social cinesi. Su Weibo l’hashtag dedicato al “primo robot che partorisce” è balzato in cima ai trend, tra entusiasmi e critiche. Alcuni commentatori hanno parlato di “svolta storica” per le coppie infertili e di una possibile emancipazione femminile, liberata dai rischi della gravidanza. Altri, invece, hanno definito l’idea “disumana” e contraria alla natura, sottolineando l’assenza del legame madre-figlio.

                Il contesto in cui nasce l’innovazione è significativo: in Cina l’infertilità è in aumento. Uno studio pubblicato su The Lancet nel 2022 ha rilevato che la percentuale di coppie senza figli è salita dall’11,9% nel 2007 al 18% nel 2020. Per molte famiglie, i costi elevati e i fallimenti frequenti della fecondazione assistita restano un ostacolo. In questo scenario, l’utero artificiale viene presentato come una possibile alternativa alla discussa maternità surrogata, vietata o limitata in molti Paesi, Italia compresa.

                Eppure, gli esperti invitano alla cautela. Replicare la gestazione umana non significa soltanto fornire nutrienti: ormoni, interazioni biologiche e legame psicologico tra madre e feto sono elementi impossibili da riprodurre in laboratorio. Il quotidiano britannico Telegraph ha raccolto l’opinione di medici che vedono nel progetto il rischio di “medicalizzare” un processo naturale, trasformandolo in un evento tecnologico e commerciale.

                Nonostante i dubbi, Zhang Qifeng e il suo team restano convinti: “Non vogliamo sostituire la maternità, ma offrire un’opzione a chi non può avere figli”. Se davvero l’utero artificiale integrato in un robot vedrà la luce, il confine tra progresso e inquietudine si farà sempre più sottile, aprendo scenari che finora appartenevano solo alla fantascienza.

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