Tendenze
Il Magico Natale di MD in via Hoepli, il brand apre un temporary store nel pieno centro di Milano.
L’iniziativa dell’insegna leader GDO per far scoprire i suoi prodotti nel cuore della movida meneghina: la
sfida del Cavalier Podini e la campagna di comunicazione nei luoghi più iconici del centro lombardo

Un temporary shop nel cuore di Milano e un’importante campagna di comunicazione a sostegno di un’iniziativa dal claim rivoluzionario e irriverente: “Il primo MD per chi non pensava di entrare da MD”. Dal 28 novembre fino a natale, l’insegna della GDO ha aperto il suo primo Temporary Store in via Hoepli, un progetto nato e pensato per far scoprire MD ad un nuovo pubblico, mettendo l’accento su un assortimento fatto non solo di qualità e convenienza, da sempre binomio vincente del marchio, ma anche su cura dei dettagli, attenzione alle emozioni e gusto per le feste.
L’iniziativa, ospitata negli spazi del concept store Ravizza 1871, storico locale della movida milanese in via Hoepli 3, mette a disposizione alcune delle più importanti marche premium, quali i prodotti certificati DOC, IGP e DOCG “Lettere dall’Italia”, i dolci tipici della catena “Pasticcerie del Centro” la selezione dei prodotti a marchio “Buona Spesa”. L’innovativo progetto è sostenuto da un’importante campagna di comunicazione in alcuni dei più importanti e visibili spazi pubblicitari del centro meneghino.
Un’iniziativa importante che segna un preciso cambio di rotta nella strategia del brand e un’opportunità per dialogare con chi non conosce la filosofia del brand MD, in un’esperienza immersiva tra decorazioni, idee regalo e prodotti food di alta gamma nel cuore della mondanità italiana.
“Siamo entusiasti di portare l’esperienza MD in centro a Milano, nel cuore pulsante dello shopping natalizio– ha affermato Maurizio Podini, presidente di MD – Questo temporary store è l’occasione perfetta per far scoprire a chi ancora non ci conosce la qualità dei nostri prodotti e il nostro impegno a rendere accessibili a tutti le eccellenze italiane”.
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Tendenze
Una zucchina in tangenziale? No grazie
Coltivare un orto urbano per autoconsumo? Romantico, risparmioso ma coltivare zucchine e patate ai confini della tangenziale può essere anche molto inquinante.

E’ tempo di semina per chi desidera coltivare un orto urbano per autoconsumo. Un idea romantica, risparmiosa ma spesso coltivare sulla tangenziale può essere anche molto inquinante. Mantenere un orto sul terrazzo o in un piccolo appezzamento di terra a ridosso della città da sempre è stato considerato un passatempo ecologico. Un’importante risorsa per l’autoconsumo a chilometro zero. Inoltre l’auto produzione potrebbe essere una scelta che privilegia la sostenibilità ambientale. Tuttavia, questa pratica, presenta sia vantaggi che svantaggi.
Pregi e difetti della coltivazione cittadina
Tra i pregi, va sottolineato il suo ruolo nel favorire l’autoapprovvigionamento alimentare, riducendo la dipendenza da filiere lunghe. E in più contribuisce all’adozione di uno stile di vita più sano e sostenibile. Inoltre, l’orto urbano può fungere da spazio di socializzazione e aggregazione, promuovendo il senso di comunità e il coinvolgimento dei cittadini nella cura dell’ambiente.
Non tutti sono d’accordo
Come evidenziato da uno studio americano, l’orto urbano può comportare un’impronta ecologica più elevata rispetto all’agricoltura tradizionale. Uno dei pochi ortaggi e frutti a salvarsi è il pomodoro. Se cresce in città produce meno anidride carbonica rispetto a quello di campagna. Ma la frutta e la verdura coltivata all’interno degli spazi delimitati dalle tangenziali cittadine, può rilasciare una quantità di emissioni fino a sei volte superiore a quella dell’agricoltura convenzionale.
Ma chi lo dice?
Lo dice uno studio della Michigan University che ha calcolato come una porzione di prodotti della terra coltivati in città ha un’impronta ecologica di 0,42 chilogrammi di anidride carbonica contro gli 0,07 di quelli di quelli che arrivano dai campi tradizionali. Un divario ecologico calcolato sulla base dei diari di ortolani urbani reclutati come citizen scientist in 73 tra aziende agricole. L’indagine ha riguardato orti privati e collettivi di Francia, Germania, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti.
I principali motivi dei possibili inquinamenti sono determinati soprattutto dalle infrastrutture necessarie per la produzione di materiali, che possono generare un rilascio maggiore di emissioni di anidride carbonica. E’ importante considerare che tale impatto può essere mitigato attraverso l’adozione di pratiche agricole sostenibili e l’ottimizzazione delle infrastrutture.
Tra una zucchina e un peperone la crescita è del 18%
Sebbene manchino dati specifici sull’impatto ambientale degli orti urbani, nel nostro Paese si sta assistendo a un crescente interesse e diffusione di pratiche agricole sostenibili. Come confermato dall’aumento del 18% degli orti urbani negli ultimi anni. Le regole e le tecniche agronomiche che promuovono la sostenibilità ambientale, come il ricorso al metodo biologico, l’utilizzo di materiali riciclati. E inoltre la limitazione di fertilizzanti e pesticidi, contribuiscono a ridurre l’impatto ambientale di queste coltivazioni fai da te.
Inoltre, in Italia, l’orto urbano è spesso gestito dalle autorità locali o da associazioni di cittadini, il che favorisce la promozione di pratiche sostenibili e il rispetto delle normative ambientali. Le limitazioni rigide sull’uso di prodotti chimici e l’adozione di tecniche come il controllo biologico dei parassiti contribuiscono a ridurre l’impatto ambientale degli orti urbani.
Compost e paciamatura per rispettare l’ambiente
In tutte le città italiane ci sono limiti molto rigidi sui prodotti che si possono utilizzare negli orti urbani. Si coltiva solo con metodo biologico e sarebbero banditi fertilizzanti, pesticidi e diserbanti consentiti per legge nell’agricoltura tradizionale. Per l’autoconsumo come fertilizzante si dovrebbero utilizzare il compost (scarti organici) e pacciamature (un misto di foglie e stecchetti di albero). Un sistema che rispetta l’ambiente e la biodiversità vegetale molto più di una monocoltura intensiva.
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Rock e inchiostro: le band più tatuate secondo la pelle dei fan
Scopriamo insieme quali gruppi rock dominano la scena… dei tatuaggi! Tra icone immortali e loghi leggendari, ecco i re del tattoo.

Tatuarsi la propria band preferita è una delle dichiarazioni d’amore più rock che si possano fare. Che sia per ricordare un momento speciale o per onorare la musica che ci ha salvati nei giorni bui, ci ha dato la carica giusta quando serviva, un tattoo ispirato ai grandi della musica non è solo un’opera d’arte, ma un pezzo di cuore inciso sulla pelle.
In testa i Pink Floyd a seguire tutto il resto…
E a quanto pare, c’è una band che regna incontrastata quando si parla di tatuaggi: i Pink Floyd. Con 13.000 ricerche mensili globali per tattoo ispirati alla loro musica e alle loro copertine, il leggendario prisma di The Dark Side of the Moon è un must per i fan di tutto il mondo.
Secondi classificati i Guns N’ Roses (10.675 ricerche), grazie al loro iconico logo con la croce di Appetite for Destruction. La cosa è singolare se si pensa che il disegno originale venne realizzato proprio da Billy White Jr., un tatuatore. Medaglia di bronzo invece per i tedeschi Rammstein (10.558 ricerche), con il loro potente simbolo industrial rock. La classifica si chiude, a sorpresa, con i Twenty One Pilots, gli Iron Maiden e i Tool. Questi ultimi ricercati da 6.200 utenti mensili.
La Top 10 dal quarto al decimo posto
Metallica – 9.367 ricerche
Nirvana – 9.150 ricerche
Linkin Park – 8.425 ricerche
Slipknot – 7.900 ricerche
Twenty One Pilots – 7.775 ricerche
Iron Maiden – 7.125 ricerche
Tool – 6.200 ricerche
Mentor Dedaj, proprietario dello studio di tatuaggi con sede in Svizzera, a Berna, LLTattoo, che ha realizzato l’indagine conferma “La musica rock e l’inchiostro sono inseparabili. È incredibile vedere quante persone vogliono portare con sé per sempre un pezzo dei loro artisti preferiti”.
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OnlyFans? Si guadagnano un sacco di soldi… ma ci si fa anche un “mazzo” così! (gallery)
Se pensate che lavorare su OnlyFans sia una passeggiata, Hayley Davies è probabilmente la persona giusta per farvi cambiare idea. La modella australiana ha dichiarato che il suo impegno è totale, che lavora il doppio delle ore di una persona normale e che, anche quando si “disconnette”, la sua mente rimane sempre connessa al business. Insomma, tra un selfie e l’altro, c’è un vero e proprio sacrificio.

Hayley, che guadagna dieci volte il suo stipendio precedente in una sola settimana, ha raccontato al Daily Star che il suo lavoro la prosciuga mentalmente e fisicamente. Chi l’avrebbe mai detto? Non basta semplicemente scattare qualche foto audace e incassare? No, signori miei! Ci vogliono strategia, marketing, creatività e una capacità di engagement che manco il miglior social media manager di una multinazionale!





Il mito da sfatare: fare soldi facili? Magari…
Molti credono che su OnlyFans basti postare qualche foto e aspettare che i soldi piovano dal cielo. Ma Hayley ci tiene a precisare che dietro ogni immagine c’è una pianificazione meticolosa. Orari da rispettare, contenuti da differenziare, clienti da intrattenere… praticamente un CEO di se stessa, ma con meno cravatte e più lingerie.
Routine? Quale routine?
“Faccio fatica a dormire e sto lavorando con dei life coach per trovare un equilibrio”, confessa Hayley. Perché quando il tuo business è il tuo corpo, la pressione è costante. E tra un set fotografico e una strategia di marketing, trovare il tempo per una vita privata diventa complicato. Alla faccia di chi dice che gli influencer non fanno niente!
Il nuovo sogno di gloria
Che piaccia o no, il successo di Hayley dimostra che OnlyFans è una piattaforma che premia chi sa mettersi in gioco (letteralmente). Ma dietro le quinte c’è molto di più: strategia, lavoro h24 e una dedizione che farebbe impallidire chiunque. Quindi, se pensate di buttare tutto all’aria per aprire un account, sappiate che non è così facile come sembra… a meno che non abbiate la stessa etica del lavoro di Hayley!
Ma chi l’ha detto che vendere il proprio corpo online sia semplice?
Tra battute ironiche e riflessioni più serie, la storia di Hayley Davies mostra un lato inaspettato dell’industria di OnlyFans: non è solo questione di selfie piccanti, ma di strategia, dedizione e molto lavoro. E, come in ogni settore, chi si impegna di più, guadagna di più. Chapeau, Hayley!
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