Connect with us

TikTok Star

L’assurda sfida di Rita De Crescenzo: l’Appennino ostaggio dei TikToker e delle orde da social

Influencer e turismo di massa stanno devastando una delle perle dell’Appennino. Roccaraso e Ovindoli assediate dai pullman, tra immondizia, traffico e delirio organizzativo.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Sessanta bus turistici pronti a scaricare frotte di gitanti armati di selfie stick e panini avvolti nella stagnola. A Roccaraso e Ovindoli, la neve non è più bianca, ma macchiata dal caos e dai rifiuti lasciati da orde di turisti mordi e fuggi, attirati da qualche influencer in cerca di visualizzazioni facili. L’effetto è devastante: gli impianti sciistici trasformati in baracconi, i sentieri ridotti a pattumiere, la viabilità impazzita sotto il peso di un’invasione che ha più in comune con una sagra di paese che con una tranquilla giornata sulla neve.

    Una montagna sotto assedio

    Non bastavano i 40 bus della settimana scorsa: questa domenica saranno almeno 60. Più della metà provenienti dalla Campania, con viaggi organizzati che promettono una giornata di “divertimento” tra la neve e la ressa. Il sindaco di Roccaraso, Francesco Di Donato, assicura che “la guardia non si abbassa” e che il modello organizzativo adottato si ispira a quello di Belluno. Ma la verità è che il paese è ostaggio di un turismo senza criterio, pronto a fagocitare ogni spazio disponibile senza la minima consapevolezza dell’ambiente circostante.

    Ovindoli, nel frattempo, cerca di evitare il peggio dopo la discutibile iniziativa della tiktoker Rita De Crescenzo, che ha lanciato una vera e propria “sfida” ai suoi follower per invadere la località sciistica. Il Comune ha imposto un limite massimo di 35 bus per l’accesso in paese, di cui solo 20 potranno salire agli impianti. Una misura che sembra più una toppa su una diga che cede piuttosto che una vera soluzione.

    Il turismo dello scempio

    Un turismo del genere non porta benefici a nessuno, se non alle agenzie di viaggio che riempiono pullman senza curarsi minimamente delle conseguenze. Roccaraso e Ovindoli non hanno bisogno di orde di gente che affolla le strade per una foto da postare sui social prima di rimettersi in marcia lasciandosi dietro solo caos e sporcizia. La montagna è fragile, non è un luna park usa e getta.

    Angelo Ciminelli, sindaco di Ovindoli, ha confermato che il sistema di accoglienza “sarà sostanzialmente replicato”, ma la verità è che l’invasione sta snaturando il turismo di qualità che queste località hanno costruito con fatica. Mentre le forze dell’ordine cercano di contenere il delirio con cento uomini sparsi sulle due località, il problema resta: la montagna sta diventando una discarica con vista panoramica.

    Se le autorità non prenderanno provvedimenti drastici, il rischio è che in pochi anni Roccaraso e Ovindoli finiscano svuotate della loro anima, trasformate in luna park stagionali per influencer a caccia di hype e sciatori improvvisati che scambiano la neve per un palcoscenico. La montagna merita rispetto, non uno show trash in diretta social.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      TikTok Star

      Pettorali, post e preghiere: l’ascesa (virale) dei preti-influencer che predicano tra reel e squat

      Sempre più sacerdoti italiani e stranieri conquistano follower su TikTok e Instagram: fanno palestra, parlano con i trend e a volte cantano “Mamma Maria”. E nel 2025 arriva pure il Giubileo degli influencer cattolici.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Chi l’ha detto che un prete deve essere serio, con la tonaca sgualcita e lo sguardo assorto? I nuovi sacerdoti virali hanno muscoli, profili curatissimi e colletto bianco ben in vista. Su Instagram e TikTok si moltiplicano i video di preti che leggono il Vangelo in palestra, condividono reel motivazionali, si mostrano in posa come modelli. Benvenuti nell’era dei preti-influencer.

        A guidare la carica social è don Cosimo Schena, sacerdote, poeta e musicista, con quasi mezzo milione di follower. I suoi contenuti sono montati come se uscissero da un’agenzia pubblicitaria: barba brizzolata, cani in braccio, magliette aderenti che lasciano poco all’immaginazione ma sempre con il colletto bianco in bella vista. Non predica, insegna a respirare.

        C’è anche Jefferson Merighetti, soprannominato o prete gato (il prete figo), brasiliano ma ormai di casa a Roma, e don Giuseppe Fusari, della diocesi di Brescia, noto come “il prete culturista”: pettorali scolpiti e citazioni evangeliche. Per loro, “il corpo è il tempio dello Spirito Santo” non è solo un verso della Bibbia, ma un hashtag.

        Poi ci sono i preti che puntano sulla simpatia: Frate Mago, cappuccino che trasforma le parabole in giochi di prestigio. O don Roberto Fiscer, che traduce il Vangelo nei linguaggi dei trend giovanili. E come dimenticare don Bruno, fan sfegatato dei Ricchi e Poveri, che si è esibito anche a The Voice Senior cantando “Mamma Maria”, da lui considerato un inno mariano in versione pop.

        Il Vaticano osserva e approva. E nel 2025 organizza il primo Giubileo degli influencer cattolici, previsto a Roma il 28 e 29 luglio. Perché oggi, ogni follower è un’anima, ogni like una preghiera. E ogni post, se ben scritto, può essere una moderna omelia.

          Continua a leggere

          TikTok Star

          Boat Kid, Il bambino che balla sulla barca e incanta il mondo

          Dall’Indonesia ai social globali: Rayyan Arkan Dikha, 11 anni, conquista tutti con il suo carisma danzante nella regata Pacu Jalur. Il suo ballo sulla prua di una canoa tradizionale ha scatenato milioni di visualizzazioni, dando nuova vita a una secolare tradizione culturale.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            È diventato il protagonista inaspettato di un video che ha fatto il giro del mondo. Un ragazzino indonesiano, vestito con abiti tradizionali, turbante e occhiali da sole, balla con stile sulla punta di una canoa in corsa. Non è una scena di un film, ma la realtà suggestiva della regata Pacu Jalur. Storica competizione di barche tipica della provincia di Riau, in Indonesia.

            Il piccolo si chiama Rayyan Arkan Dikha, ha solo 11 anni. Ed è ormai conosciuto online con il soprannome di “boat kid”, il ragazzo della barca. Il suo video ha incantato milioni di persone, diventando virale grazie al mix irresistibile di energia, eleganza e naturalezza. Su TikTok, Instagram e YouTube è stato ribattezzato il simbolo vivente del fenomeno chiamato “aura farming”, ovvero l’arte di trasmettere carisma senza sforzo.

            Ma chi è davvero questo bambino? Nato nel dicembre 2014 nella reggenza di Kuantan Singingi. Rayyan frequenta la quinta elementare e proviene da una famiglia semplice, in cui padre e zio sono entrambi vogatori. Non è nuovo a questo mondo: già da qualche anno, infatti, prende parte alla Pacu Jalur con un ruolo ben preciso e altamente simbolico, quello del “Togak Luan”. Ovvero il danzatore di prua, incaricato di caricare l’equipaggio e dettare il ritmo dei remi con movimenti e presenza scenica.

            La scena che lo ha reso famoso è stata filmata durante l’edizione di gennaio della competizione, sulle acque del fiume Batang Kuantan. Rayyan, con addosso l’elegante Teluk Belanga (l’abito tipico malese), improvvisa una danza in equilibrio sulla canoa. Nulla di studiato: è tutto spontaneo, come lui stesso ha raccontato. Ed è proprio quella genuinità, quell’equilibrio tra tradizione e leggerezza a colpire chiunque lo guardi.

            Il suo magnetismo ha conquistato anche il mondo delle celebrità: da Travis Kelce ad Alex Albon. Da Diego Luna al Paris Saint-Germain, fino alla Marina militare di Singapore, in tanti hanno omaggiato Rayyan con reinterpretazioni della sua performance. Il suo gesto è diventato un simbolo universale di positività, stile e determinazione.

            Il governo locale non è rimasto indifferente: Rayyan è stato nominato ambasciatore del turismo della provincia. E ha ricevuto una borsa di studio per il suo talento e per la promozione culturale che, inconsapevolmente, ha portato in tutto il mondo.

            In un’epoca di contenuti usa e getta, la sua danza è qualcosa che rimane. Perché è autentica. Perché è identità. E perché, con un sorriso e qualche passo, un ragazzino sulla punta di una barca ci ha ricordato quanto può essere potente la semplicità.

              Continua a leggere

              TikTok Star

              Da estetista licenziata a imprenditrice. Il business di Cristina passa da TikTok

              L’Estetista Cinica ha trasformato una crisi in un business da 65 milioni di euro, sfidando pregiudizi e rivoluzionando il mondo della cosmetica.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

                La storia di Cristina Fogazzi, meglio conosciuta come Estetista Cinica, è una di quelle che sembrano uscite da un manuale su come trasformare un ostacolo in opportunità. Oggi il suo marchio, VeraLab, è un colosso della cosmetica. Ma tutto è iniziato nel 2009, con un licenziamento che avrebbe potuto abbatterla. Cristina lavorava per un franchising che, a causa di scelte sbagliate, si trovò costretto a ridimensionare lasciando senza impiego Cristina e altri. Invece di disperarsi, la giovane donna vide la possibilità di riprendersi il suo destino e decise di rilevare un piccolo centro estetico a Milano, in via Paolo Giovio. Senza garanzie per ottenere un prestito, fu un socio a metterle a disposizione 20mila euro, mentre i fornitori che la conoscevano le concessero credito per più di un anno.

                La svolta arriva con il digitale

                Sui social, Instagram e TikTok, iniziò con vignette satiriche, raccontando la quotidianità di un’estetista in modo irriverente, creando un linguaggio nuovo che attirava attenzione. Poi capì che il vero business non stava solo nei servizi estetici, ma nei cosmetici. Studiò il mercato americano, notando il fenomeno degli Indi-brand, piccoli marchi indipendenti di bellezza, ancora assenti in Europa, e lanciò trenta creme, inizialmente pensate solo per il suo centro estetico. L’intuizione della giovane estetista fu perfetta. Il marchio esplose online e l’e-commerce registrò una crescita vertiginosa, passando da 250mila euro a 9 milioni in pochissimo tempo. E la pandemia giocò un ruolo chiave per il successo. Mentre molti chiudevano, lei trasformò la sua presenza digitale in un vero e proprio canale televisivo, con dirette seguite da migliaia di persone. Risultato? Un fatturato oltre i 65 milioni di euro.

                I pregiudizi? Arrivano tutti dal mondo imprenditoriale

                Nonostante il successo, Cristina ha dovuto fare i conti con pregiudizi di genere. Ha sempre evitato ostentazioni, ma ha notato che, nel mondo imprenditoriale, le donne vengono spesso giudicate diversamente dagli uomini. “Se venissi qui con una Lamborghini verrebbe giù il mondo,” dice, spiegando come parlare di denaro, per una donna, sia ancora visto come poco elegante. E vendere creme, a volte, le ha fatto guadagnare l’etichetta ingiusta di Wanna Marchi. Una figura con cui non ha nulla in comune, se non il fatto di essere una donna nel mondo degli affari. Oggi VeraLab ha oltre 100 dipendenti e ha pianificato l’apertura di dieci negozi in tutta Italia. Determinazione, strategia e un pizzico di ironia, fanno parte della filosofia che accompagna Cristina Fogazzi. Tra sarcasmo e risultati concreti, ha reso la bellezza un business di enorme impatto. Lezione di vita ne abbiamo? Mai sottovalutare il potere della resilienza (e di una buona crema).

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù