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Cinema

Adriano Celentano e Spike Lee: quando il nonsense diventa cinema

Adriano Celentano e Spike Lee, due icone di mondi apparentemente lontani, si sono incontrati per discutere di una collaborazione sorprendente: l’inclusione di Prisencolinensinainciusol nella colonna sonora del nuovo film del regista americano, Highest 2 Lowest.

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    Il bizzarro incontro fra i due sarebbe avvenuto lo scorso martedì in gran segreto, almeno stando a quanto ripoirtato dall’agenzia di stampa Adnkronos. Il film, atteso per la primavera e destinato a debuttare in anteprima al Festival di Cannes, è un remake in lingua inglese di High and Low (1963), il celebre thriller poliziesco di Akira Kurosawa.

    Il ritorno del primo rap della storia

    Per chi non lo sapesse, Prisencolinensinainciusol è un pezzo unico nel panorama musicale mondiale. Pubblicato nel 1972, rappresenta un esperimento linguistico e sonoro senza precedenti: un brano cantato in un inglese “inventato”, un finto linguaggio dal groove irresistibile che anticipava di anni il rap e l’hip-hop. Celentano lo scrisse con l’intento di rappresentare l’incomunicabilità della società moderna, eppure la canzone è riuscita a comunicare come poche altre, scalando le classifiche europee e raggiungendo perfino la hit parade americana, dove si piazzò al 70° posto.

    Dal Molleggiato a spike lee: una nuova versione in arrivo

    La notizia più interessante per i fan è che nel film di Spike Lee il brano potrebbe avere una nuova veste. Secondo le prime indiscrezioni, Prisencolinensinainciusol verrà reinterpretato con un nuovo testo in inglese, mantenendo il suo ritmo inconfondibile ma adattandosi alla trama del film. Un’operazione che si preannuncia ambiziosa, considerando che l’essenza stessa del pezzo risiede proprio nel suo nonsense volutamente criptico.

    Un melting pot di culture ed idiomi nel cinema di Lee

    Non sorprende, però, che Spike Lee abbia scelto proprio questo brano. Il regista americano ha sempre amato mescolare culture e linguaggi, rompere gli schemi e utilizzare la musica come veicolo narrativo potente. Prisencolinensinainciusol incarna perfettamente questa filosofia: è un brano che supera i confini linguistici e culturali, proprio come il cinema di Lee.

    L’ennesima conferma della genialità di Celentano

    A distanza di oltre 50 anni dalla sua uscita, Prisencolinensinainciusol dimostra di essere ancora attuale e in grado di stupire. Celentano, con la sua innata capacità di anticipare i tempi, aveva creato un pezzo che oggi trova nuova vita grazie al cinema. Il mondo cambia, il linguaggio evolve, ma la musica – quella vera – rimane senza tempo. Ora resta solo da vedere come Spike Lee riuscirà a far dialogare il suo cinema con la follia geniale di Celentano. Ma se c’è una cosa certa, è che questa collaborazione farà rumore. Anche se, alla fine, non dovesse dire nulla… o forse proprio per questo.

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      Cinema

      Addio a Pierino: è morto Alvaro Vitali, il comico che ha fatto ridere l’Italia intera

      Dai set di Fellini alle grida sguaiate di “Pierino torna a scuola”, Alvaro Vitali ha attraversato mezzo secolo di cinema popolare, diventando icona della commedia sexy all’italiana. Negli ultimi anni aveva denunciato l’oblio del mondo dello spettacolo: “Ho fatto 150 film, ma vivo con 1300 euro al mese”.

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        Il cinema italiano saluta un simbolo, una maschera irripetibile, un clown sghembo e surreale. Alvaro Vitali è morto a Roma nel tardo pomeriggio, all’età di 75 anni. A portarlo via è stata una broncopolmonite recidiva, per la quale era stato ricoverato due settimane fa. A darne notizia, con parole affettuose e amare, è stata la sua ex moglie Stefania Corona, con cui negli ultimi mesi i rapporti erano tornati a riaccendersi – tra botte e risposte a distanza, vecchie ferite e un’ombra di nostalgia.

        Nato il 3 febbraio 1950 nella capitale, Vitali era diventato un volto iconico del nostro cinema a partire dagli anni Settanta. A scoprirlo, incredibilmente, era stato Federico Fellini, che lo volle con sé nel 1969 nel “Fellini Satyricon”. Da lì, fu una rapida ascesa. Piccoli ruoli grotteschi e surreali in film come I clowns, Roma e Amarcord, poi il passaggio a una popolarità travolgente con i film della commedia sexy all’italiana, in cui il personaggio di Pierino – urlante, irriverente, fuori dalle righe – lo trasformò in una leggenda del cinema di massa.

        Alvaro Vitali è stato Pierino, ma non solo. Ha recitato accanto a Monica Vitti, Alberto Sordi, Edwige Fenech, e ha lavorato con tutti i registi del genere: da Michele Massimo Tarantini a Mariano Laurenti. Il pubblico lo adorava. E anche quando la critica lo snobbava, lui tirava dritto: “Faccio ridere la gente, questo mi basta”, diceva. E aveva ragione. Perché da Pierino contro tutti a Pierino colpisce ancora, passando per L’insegnante al mare con tutta la classe, ogni sua smorfia entrava nel cuore di un’Italia che si lasciava alle spalle la miseria e voleva soltanto ridere.

        Ma col tramonto della commedia sexy, Vitali è lentamente uscito di scena. Ha fatto qualche incursione in tv – a Striscia la notizia, travestito da Jean Todt, o in reality come La Fattoria – ma il cinema lo ha dimenticato. “Sono depresso, ho fatto 150 film e vivo con 1300 euro di pensione”, confessava con amarezza negli ultimi anni. Una condizione condivisa da molti suoi colleghi di quella stagione travolgente e sottovalutata.

        Negli ultimi giorni, si era tornato a parlare di lui per una lettera pubblicata su “DiPiù” in cui dichiarava di voler perdonare l’ex moglie Stefania Corona e di desiderare un ritorno insieme. “Lei mi ha lasciato per l’autista”, scriveva, con quel tono tragicomico che pareva uscito da uno dei suoi film. La risposta della donna non si era fatta attendere: “I suoi figli non volevano che i miei nipoti mi chiamassero nonna”.

        Ora che se n’è andato, con discrezione, senza più maschere o battute, resta il ricordo di un uomo che ha fatto ridere intere generazioni, con quella faccia da eterno bambino e un talento comico forse mai abbastanza riconosciuto.

        Il cinema italiano perde un frammento della sua storia popolare. E “Pierino”, per una volta, tace. Ma l’eco delle sue risate resta.

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          Cinema

          Torna quel “tessoro” di Gollum, lo vedremo in sala nel 2026

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            Il regista Peter Jackson, dopo il documentario sui Beatles Let it be, torna al lavoro sui nuovi film del Signore degli Anelli. Il primo in sala nel 2026 sarà basato sul personaggio di Gollum, con la regia di Andy Serkis.

            Aspettatevi storie mai raccontate

            Il progetto è slegato dalla serie Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere che Amazon sta producendo e portando sulla sua piattaforma Prime Video. Ad annunciare la novità è stato il Ceo di Warner-Discovery David Zaslov durante una conferenza di presentazione delle trimestrali. Per ora lo studio è “nelle fasi iniziali” del progetto che “esplorerà storie ancora non raccontate”. Il primo film della nuova saga, prodotto da Warner e New Line, per ora ha come ha titolo di lavoro provvisorio Il Signore degli Anelli – Alla Ricerca di Gollum.

            Serkis ancora nei panni dell’iconico personaggio

            Protagonista e regista l’attore inglese Andy Serkis, lche ha dato voce e movimenti all’hobbit dalla doppia anima Smeagul, uno dei pochissimi personaggi all’interno della trilogia che non serve alcun altro padrone che non se stesso. Il ruolo di Jackson, che ha firmato i primi film della franchise sarà quello di produttore assieme alle strette collaboratrici Fran Walsh e Philippa Boyens: le due donne scriveranno la sceneggiatura con Phoebe Gittins e Arty Papageorgiou.

            Nuovamente nella Terra di Mezzo

            L’accordo riguarda per ora due titoli: “E’ un onore e un privilegio tornare nella Terra di Mezzo con il nosttro amico e collaboratore Andy Serkis che ha ancora conti aperti con quel puzzone di Gollum”, hanno dichiarato Jackson, la Boyens e la Walsh. “Come fan a vita della vasta mitologia del professor Tolkien siamo orgogliosi di lavorare con il team di Warner Bros. in questa nuova epica avvenutura”, hanno aggiunto.

            In estate la trilogia originaria torna in sala

            Si tratta di una botizia che i fan aspettavano, visto che la Warner aveva già lanciato dei segnali più o meno diretti. Nel frattempo, per soddisfare la golosità degli appassionati, la trilogia originale che aveva fatto man bassa di premi all’epoca della prima uscita tra 2001 e 2003, tornerà nei cinema in estate, con una nuova edizione rimasterizzata ed estesa.

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              Sergio Rubini: sono stato uno scatenato “sciupafemmine”

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                Le fidanzate sono sempre state una specie di “ossessione” per Sergio Rubini. Il cinema non ha rappresentato quindi il suo unico amore. Noi siamo abituati a conoscerlo come talentuoso regista e attore, noto per le sue interpretazioni intense e appassionate. Con una carriera ricca di successi – a partire dall’emozionante esordio con La stazione – , Rubini ha dimostrato di essere un artista versatile e apprezzato dal pubblico. La sua capacità di trasmettere emozioni autentiche lo rende un vero e proprio punto di riferimento nel panorama cinematografico italiano. Con un preciso “debole” però…

                Il supporto dell’analisi

                Nato in provincia di Bari nel 1959, dopo la separazione dalla collega Margherita Buy ha cominciato a collezionare fidanzate. Con la Buy il matrimonio è stato intenso ma breve, dal 19921 al 1993. Successivamente, fino all’età di 38 anni, ha combinato davvero parecchi guai. A 39 anni però ha incontrato Carla Cavalluzzi, che successivamente ha sposato, Un cambiamento avvenuto anche attraverso un percorso di analisi, un viaggio introspettivo che gli ha permesso di vedere la sua vita e i rapporti con l’altro sesso sotto un’altra prospettiva.

                Bulimia d’amore

                Rubini racconta: «Prima ero alla ricerca dell’amore. A mia madre da piccolo chiedevo: sono bello? Lei: sei un tipo. E mi distruggevo. Andavo a caccia di conferme. Mi innamoravo alle 10 del mattino, il pomeriggio mi annoiavo, la sera fuggivo. Non fingevo mai, ci credevo… Ho fatto grandi casini, ho ferito e mi sono ferito».

                Predatore o preda?

                Parlando di lavoro e donne, viene facile la citazione col caso delle accuse di molestie mosse al collega (e amico) Gerard Depardieu. Sergio sulla questione appare molto tranquillo: «Credo nella sua innocenza. Gérard può mettere in imbarazzo, è volgare ma in senso mozartiano, come Mozart quando diceva cacca-cacca. Non è l’attore che in accappatoio aspetta l’attrice in camerino, non è un orco, è dolce e fragile. Secondo me è più preda delle donne che predatore».

                L’eredità del padre ferroviere

                Rileggendo l’evoluzione della sua vita attraverso la figura del padre, il regista insegue il filo dei ricordi e dice: «Mio padre e mio nonno erano ferrovieri. E i ferrovieri una volta erano tutti socialisti. Forse perché viaggiando erano aperti al mondo e alle sue diversità. La stazione è il mio primo film e il mio primo luogo. Mio papà era frustrato, voleva fare il pittore ma non gli fu permesso. Per questo non voleva che andassi da lui in stazione. Non voleva che mi sentissi costretto a fare il suo mestiere. Da lui ho ereditato tantissime cose. Con i suoi amici gestiva una Filodrammatica e io, pur se con sospetto, accettai di farne parte. Tutto ciò che sono diventato lo devo a quelle serate».

                Mai completamente soddisfatto

                «Ho un’ansia del fare che mi porto dentro. Ma ho la sensazione che il meglio di me lo devo ancora dare. Quel che mi resta da fare è tutto quel che non ho ancora fatto».

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