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Cinema

Hollywood sotto scacco: i dazi di Trump minacciano il cinema globale

Il cinema è un’arte globale, basata su scambi, collaborazioni e contaminazioni culturali. Cercare di blindare Hollywood dentro i confini americani potrebbe danneggiare tutti, dagli studi agli spettatori.

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    Il cinema è un’industria che attraversa i confini, capace di connettere culture e mercati attraverso storie che parlano a un pubblico globale. Per questo, l’idea di Donald Trump di imporre dazi sui film prodotti all’estero rischia di creare uno squilibrio pesante- Colpisce non solo l’industria americana, ma anche il mercato cinematografico europeo e asiatico. Se l’attuazione di questa politica dovesse concretizzarsi, le conseguenze sarebbero imprevedibili e probabilmente disastrose per tutti. Che fare?

    Hollywood si svuota

    L’industria di Hollywood è da sempre dominante nel panorama cinematografico mondiale, tanto che in Italia i film americani rappresentano più della metà degli incassi al box office. Nel 2024, secondo i dati Cinetel, le produzioni statunitensi hanno raccolto 268 milioni di euro, il 54,2% del totale. Mentre i film made in Italy hanno raggiunto 121,4 milioni di euro, appena il 24,6% degli incassi. Questo sbilanciamento è storico, ed è difficile immaginare un’inversione della tendenza, soprattutto con i mega blockbuster che monopolizzano le sale. Ma c’è un ma. Mentre i film americani dominano il box office internazionale, molte produzioni hollywoodiane delocalizzano attratte dai vantaggi fiscali offerti da paesi europei e asiatici.

    Gli americani che girano in Italia

    Cinecittà, per esempio, è diventata una meta privilegiata per le produzioni straniere. Negli ultimi anni, i grandi studi americani hanno girato decine di film in Italia, sfruttando le agevolazioni fiscali e un ecosistema di location uniche al mondo. Ridley Scott è al lavoro con The Dog Stars, impiegando oltre 400 lavoratori italiani, e Christopher Nolan sta girando The Odyssey, coinvolgendo centinaia di professionisti italiani e americani. La presenza di Hollywood in Italia non è solo un vantaggio economico, ma anche una conferma dell’attrattiva del paese nel cinema mondiale.

    I dazi produrrebbero anche ripercussioni culturali

    Il problema dei dazi proposti da Trump è che rischiano di danneggiare Hollywood stessa. Se davvero i film prodotti all’estero dovessero subire tariffe del 100%, le grandi produzioni potrebbero perdere interesse a girare fuori dagli Stati Uniti. In questo modo si priverebbero di location iconiche e incentivi economici. In parallelo, le distribuzioni europee potrebbero iniziare a limitare l’acquisto dei film americani, favorendo produzioni locali. Sarebbe una sorta di guerra commerciale del cinema, con ripercussioni economiche e culturali enormi.

    Per il cinema europeo e asiatico la situazione potrebbe essere ambivalente

    Da una parte, l’assenza di film americani in certi mercati potrebbe favorire un rafforzamento delle produzioni locali, che avrebbero meno concorrenza e più spazio nelle sale. In Italia, per esempio, si moltiplicano gli sforzi per far conoscere i film nazionali all’estero. E il caso della Open Roads: New Italian Cinema, manifestazione che porta il meglio del cinema italiano a New York per promuovere le produzioni nostrane. Se Hollywood iniziasse a subire limitazioni, questa strategia potrebbe diventare ancora più rilevante. Dall’altra parte, però, una riduzione della cooperazione con gli USA potrebbe limitare gli investimenti e le collaborazioni tra studi americani e europei, impoverendo il settore.

    La California contro Trump

    Non è un caso che la California abbia contestato apertamente l’idea dei dazi, con il governatore Gavin Newsom che ha avviato un’azione legale contro la Casa Bianca. Il suo team sostiene che Trump non abbia l’autorità di imporre tariffe sui film stranieri. Tali misure non rientrano tra le possibilità previste dall’International Economic Emergency Powers Act. Se l’amministrazione americana dovesse comunque provare ad attuare questa politica, la questione si trasformerebbe in una battaglia legale. Gli studios sono pronti a difendere il loro diritto di produrre e distribuire film liberamente.

    Un pasticcio di portata globale

    L’intero dibattito è surreale, perché va contro l’essenza stessa del cinema, che è un’arte senza confini. Se la proposta di Trump dovesse diventare realtà, il mercato del cinema potrebbe subire uno shock senza precedenti. Con imprevedibili conseguenze su produzione, distribuzione e creatività. In un mondo connesso, dove ogni spettatore può accedere a contenuti da ogni parte del pianeta, un’idea del genere rischia solo di trasformarsi in un pasticcio enorme per tutti.

    Un boomerang per le produzioni made in USA

    Se i dazi dovessero essere applicati al cento per cento, la conseguenza sarebbe un aumento dei costi per riportare questi film nelle sale americane. Azione che metterebbe in difficoltà non solo gli studios ma anche le distribuzioni. Un effetto collaterale potrebbe essere una riduzione delle esportazioni cinematografiche, con una conseguente perdita di dominio sui mercati internazionali, una garanzia per buona parte degli incassi di Hollywood. Ma se i film americani diventassero più costosi da importare, le produzioni locali potrebbero avere più possibilità di emergere e conquistare nuove fette di pubblico. Inoltre il sistema di co-produzioni e di effetti speciali gestiti da società non americane rendono difficile definire con esattezza l’impatto reale dei dazi. La post-produzione di molti film, per esempio, è realizzata in Canada o in Nuova Zelanda. E per ora non è chiaro se queste fasi rientrerebbero nelle nuove tariffe imposte da Trump.

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      Cinema

      Sydney Sweeney in corsa per diventare la nuova Bond Girl: “Forse sì, forse no… dipende tutto dalla sceneggiatura”

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        Sydney Sweeney potrebbe diventare la prossima Bond Girl. Le voci, che da giorni rimbalzano sui media americani e britannici, la danno in pole position per il nuovo capitolo della saga di James Bond, il primo sotto il pieno controllo di Amazon Studios dopo l’acquisizione di MGM per 6,1 miliardi di dollari.

        L’attrice di Euphoria e The White Lotus, 28 anni, è considerata una delle interpreti più richieste del momento e il suo nome circola con insistenza tra i candidati del cast. Secondo Variety, lo stesso Jeff Bezos, fondatore di Amazon, vedrebbe con entusiasmo la Sweeney nel ruolo.

        Un indizio, forse, arriva anche dalla vita reale: la scorsa estate l’attrice era tra gli ospiti del matrimonio di Bezos con Lauren Sanchez a Venezia. Ma non solo. I tre collaborano anche per la distribuzione della linea di lingerie firmata Sweeney, dettaglio che alimenta i sospetti di un legame professionale sempre più stretto.

        Intervistata da Variety, Sydney ha giocato sul filo della diplomazia. «Non so (pausa di sette secondi)… non posso (altra lunga pausa). Ad essere onesta, non sono a conoscenza delle voci. Ma sono sempre stata una grande fan del franchise e sono curiosa di vedere cosa faranno», ha detto sorridendo. Poi ha aggiunto: «Dipende tutto dalla sceneggiatura. In realtà, mi piacerebbe di più interpretare 007 che la Bond Girl».

        Il prossimo film dell’agente segreto, il ventiseiesimo della saga, sarà diretto da Denis Villeneuve con la sceneggiatura firmata da Steven Knight, autore di Peaky Blinders.

        Negli ultimi mesi la Sweeney è stata al centro di diverse controversie: la pubblicità di American Eagle di cui è protagonista è stata accusata di “promuovere l’eugenetica”, accusa amplificata dal fatto che l’attrice, rarità a Hollywood, è registrata come elettrice repubblicana.

        Tra scandali, ruoli da sogno e strategie di marketing, Sydney Sweeney continua a essere il volto perfetto di una Hollywood che mescola glamour, provocazione e potere. E se davvero diventerà la nuova musa di 007, lo farà a modo suo — con la stessa sicurezza con cui, in ogni intervista, lascia che sia il silenzio a dire tutto.

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          Cinema

          Quentin Tarantino torna davanti alla macchina da presa: sarà protagonista del film di Charlotte Gainsbourg Only What We Carry

          Il film, diretto e interpretato da Charlotte Gainsbourg, è descritto come una meditazione sull’amore e la perdita. Mentre Tarantino valuta il suo ultimo film da regista, si prepara anche lo spin-off di C’era una volta a… Hollywood con Brad Pitt e David Fincher.

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            Quentin Tarantino torna sul set, ma questa volta non per dirigere. Il regista americano, autore di capolavori come Pulp Fiction e C’era una volta a… Hollywood, ha accettato di recitare nel nuovo film di Charlotte Gainsbourg, Only What We Carry, già in fase di post-produzione. Una sorpresa per i fan del cineasta, che non appariva come attore in un progetto non suo dal lontano 1996, quando fu diretto dall’amico Robert Rodriguez in Dal tramonto all’alba.

            Nel film della Gainsbourg, Tarantino interpreta John Percy, un personaggio enigmatico che riemerge improvvisamente nella vita dei protagonisti e riapre ferite antiche. Secondo Deadline, la pellicola sarà «una meditazione sull’amore, la perdita e il coraggio silenzioso necessario per andare avanti». Le riprese si sono concluse e il progetto promette un tono intimista, molto diverso dal cinema esplosivo e pulp del regista americano.

            Per Tarantino, si tratta di una parentesi atipica, mentre il mondo del cinema attende ancora di sapere quale sarà il suo decimo e ultimo film da regista. Negli ultimi mesi, si era parlato con insistenza di The Movie Critic, una storia ambientata nella California degli anni Settanta, dedicata a un critico cinematografico realmente esistito. Il progetto, però, è stato momentaneamente accantonato, segno che il regista sta ancora riflettendo su come congedarsi dal grande schermo.

            Nel frattempo, Tarantino non resta fermo. È infatti coinvolto nella scrittura e produzione de Le avventure di Cliff Booth, lo spin-off di C’era una volta a… Hollywood, che sarà diretto da David Fincher per Netflix e vedrà ancora protagonista Brad Pitt nel ruolo dello stuntman più iconico del suo cinema.

            Il ritorno in scena come attore sembra confermare una verità che Tarantino stesso ha spesso raccontato: il suo amore per il cinema non conosce confini, né ruoli. Dopo trent’anni di regia, è tornato a recitare. Forse per ricordare a tutti che, qualunque sia il suo ultimo film, Quentin Tarantino non smetterà mai di essere un personaggio da film.

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              Cinema

              I dieci film di Halloween più belli di sempre: tra cult immortali e brividi d’autore, la notte delle streghe va in scena

              Non serve attendere la mezzanotte per rabbrividire: basta un divano, una coperta e la giusta maratona di film. Dieci titoli perfetti per chi ama l’horror, ma anche per chi cerca solo un po’ di magia nera in alta definizione.

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                Cominciare da Halloween di John Carpenter (1978) è quasi obbligatorio. Il respiro di Michael Myers, la colonna sonora ipnotica, la notte infinita di Haddonfield: il film che ha inventato l’horror moderno. Poi The Exorcist (1973), con la sua tensione metafisica e la bambina posseduta che ancora oggi non perde potenza. Insieme, rappresentano il lato sacro e profano della paura.
                E per chi vuole la perfezione estetica, The Shining di Stanley Kubrick (1980) resta un incubo da museo: corridoi, labirinti e una follia che cresce piano, fino a divorare tutto.

                L’incubo che fa sorridere

                C’è anche un Halloween più giocoso, ma non meno iconico. Beetlejuice (1988) e The Nightmare Before Christmas (1993) portano la firma di Tim Burton, che ha trasformato il gotico in poesia pop. Fantasmi innamorati, zucche cantanti e atmosfere dark fiabesche che si guardano con un bicchiere di vino in mano, non con gli occhi chiusi. Hocus Pocus (1993) aggiunge la nota ironica: streghe, scope e risate per chi vuole festeggiare senza traumi.

                Il brivido d’autore

                Negli anni Duemila la paura si è fatta più intima. The Babadook (2014) è l’esempio perfetto: un film che non fa solo paura, ma parla di dolore, lutto e amore. In chiave opposta, Sweeney Todd (2007) di Tim Burton — ancora lui — mescola musical, sangue e vendetta con eleganza teatrale. E per chi ama i miti, Nosferatu (1922) è la radice di tutto: il vampiro silenzioso che ha ispirato un secolo di cinema.

                La notte perfetta

                Dieci film, dieci modi diversi di vivere Halloween. Dall’orrore puro alla favola macabra, dal gotico espressionista al rock del barbiere di Fleet Street. Perché la paura, quando è raccontata bene, non serve a fuggire ma a restare incantati.
                E nella notte del 31 ottobre, sotto la luce tremolante delle candele, il vero brivido è quello che accompagna il primo fotogramma: quando il buio dello schermo somiglia un po’ troppo a quello fuori dalla finestra.

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