Cinema
Lady Gaga regina di Milano: sarà lei la star de Il diavolo veste Prada e sul set sfilerà in omaggio a Versace
L’anticipazione era di Santo Pirotta su Vanity Fair, ma ora non ci sono più dubbi: Lady Gaga sarà protagonista sul set milanese de Il diavolo veste Prada. La star porterà con sé non solo la voce inconfondibile che firmerà la colonna sonora, ma anche un tributo alla moda italiana con abiti iconici firmati Versace.

Milano si prepara a trasformarsi nel nuovo palcoscenico internazionale della moda e del cinema. Il diavolo veste Prada, il cult movie diventato simbolo di glamour e potere editoriale, avrà una nuova incarnazione ambientata all’ombra della Madonnina. Ma la vera notizia è un’altra: a dominare il set sarà Lady Gaga.
Niente più condizionali o voci di corridoio: la popstar è ufficialmente parte del progetto. Non solo apparirà davanti alla macchina da presa, ma avrà un ruolo chiave anche dietro le quinte musicali, firmando la colonna sonora di quello che già si preannuncia come uno degli eventi cinematografici più attesi.
E come se non bastasse, Gaga porterà in scena un tributo speciale alla moda italiana. Sul set milanese sfoggerà infatti alcuni abiti iconici di Gianni e Donatella Versace, in un intreccio di omaggi e richiami che esalteranno la relazione storica tra la cantante e la maison. Un dettaglio che manda in visibilio fashion victim e cinefili, perché unisce la potenza della musica alla magia delle passerelle.
Milano, da sempre capitale mondiale dello stile, diventa così coprotagonista di questa nuova avventura cinematografica. Le strade del Quadrilatero, le vetrine e i palazzi storici saranno lo scenario perfetto per raccontare la nuova era del diavolo più glamour del cinema. Con Lady Gaga a guidare il cast, lo spettacolo è assicurato.
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Cinema
Giovani Fiorello crescono: Anita, la nipote di Rosario, debutta al cinema con Golino e Trinca
La giovane Anita Fiorello, cresciuta in una famiglia che vive di spettacolo e disciplina, debutta al cinema al fianco di due star come Valeria Golino e Jasmine Trinca. Lo zio Fiorello già la incorona: «Ha il fuoco sacro della recitazione». E in molti scommettono che presto la vedremo in tv accanto al padre.

Giovani Fiorello crescono. E questa volta non si tratta di un modo di dire: il talento di famiglia sembra davvero aver messo radici nella nuova generazione. Anita Fiorello, primogenita di Giuseppe e di Eleonora Pratelli – potente pr cinematografica – ha appena fatto il suo debutto sul grande schermo. Non un’apparizione di passaggio, ma un vero e proprio ruolo nel film La gioia di Nicolangelo Gelormini, dove recita accanto a due attrici di lungo corso come Jasmine Trinca e Valeria Golino.
Un battesimo del fuoco che ha emozionato papà Giuseppe, sempre attento a non bruciare le tappe, e soprattutto lo zio Rosario. Lo showman siciliano ha seguito con orgoglio i primi passi della nipote, pronta a spiccare il volo con la determinazione che sembra un marchio di fabbrica della famiglia. «Ha il fuoco sacro della recitazione» ha confidato lo zio, che in Anita rivede la stessa caparbietà che lo ha portato dai villaggi turistici ai palchi televisivi.
Anita, che fin da bambina mostrava inclinazione per la recitazione, ha respirato arte in casa: tra un padre attore e sceneggiatore, una madre tra le più influenti public relations del cinema e uno zio capace di trasformare ogni idea in show, non poteva che crescere con il dna dello spettacolo. Ma, raccontano i bene informati, dietro la sua scelta c’è soprattutto disciplina e studio, non solo talento naturale.
La giovane attrice ha conquistato il set con il suo entusiasmo, riuscendo a farsi spazio accanto a interpreti navigate senza complessi di inferiorità. Sul red carpet ha già sfoggiato una naturalezza sorprendente, segno che la macchina da presa non le incute timore.
Ora gli sguardi sono puntati sul prossimo passo. Voci insistenti parlano di una possibile fiction Rai, dove potrebbe recitare al fianco del padre Giuseppe. Una staffetta generazionale che, se confermata, sancirebbe il passaggio del testimone in una famiglia che dello spettacolo ha fatto la propria ragione di vita.
E Rosario? Orgoglioso e tifoso, già pregusta il momento in cui la presenterà in pubblico, magari in uno dei suoi show. Perché, come dice lui con un sorriso, «in casa Fiorello c’è posto per tutti, purché si abbia talento e tanta voglia di lavorare».
Cinema
Krypto conquista Hollywood (e i cuori): boom di adozioni canine dopo l’uscita di Superman
La presenza scenica di Krypto, il fedele amico a quattro zampe di Superman, ha ispirato migliaia di persone a cercare un cane da adottare. Ma gli esperti mettono in guardia: servono consapevolezza e responsabilità.

Il nuovo capitolo cinematografico dedicato a Superman, firmato da James Gunn, è un successo su più fronti. Non solo ha convinto il pubblico e rassicurato la Warner Bros. Ma ha anche innescato un fenomeno curioso e positivo nel mondo reale: un’impennata nelle ricerche online per adottare cani. E il merito, almeno in parte, è tutto di Krypto, il supercane.
Fin dai primi trailer era chiaro che il cane venuto da Krypton avrebbe avuto un ruolo centrale, rubando spesso la scena al nuovo Clark Kent interpretato da David Corenswet. Nato nei fumetti nel 1955 come semplice spalla di Superboy. Krypto si è presto guadagnato un posto stabile nell’universo DC, diventando protagonista di svariate versioni animate e cinematografiche.
Nel film di Gunn, il legame tra Superman e Krypto si ispira direttamente all’esperienza personale del regista con il proprio cane adottato, Ozu, uno Schnauzer mix che ha cambiato la sua vita. La relazione tra Kal-El e il suo compagno peloso è definita come una “foster situation”. Ovvero un’adozione temporanea, ma come spesso accade, si trasforma in qualcosa di molto più profondo. Chi ha mai accolto un cane in casa sa bene che, a un certo punto, diventa difficile stabilire chi ha salvato chi.
Ma l’effetto-Krypto non si è fermato allo schermo. Secondo quanto riportato da The Wrap, citando i dati dell’app di addestramento Woofz, subito dopo l’uscita del film le ricerche su Google per “adottare un cane vicino a me” sono aumentate del 513%. Mentre “adozione di un cane da salvataggio” ha registrato un balzo del 163%. Anche le ricerche specifiche per la razza Schnauzer sono salite alle stelle (+299%), proprio perché Krypto – e Ozu – appartengono in parte a questa categoria.
James Gunn ha commentato con emozione la notizia: “Questo film mi ha portato tante benedizioni. Forse la più grande è questa ondata di attenzione verso l’adozione. Ozu non capisce cosa sta succedendo, ma se lo sapesse, ne sarebbe fiero”.
Tuttavia, come sottolinea Natalia Shahmetova, CEO di Woofz, è fondamentale non lasciarsi guidare solo dall’entusiasmo: “Adottare un cane è un impegno reale. L’euforia passerà, ma il vostro amico a quattro zampe resterà. Bisogna essere certi di potergli dedicare tempo, amore e l’educazione necessaria”.
Non sarebbe la prima volta che un trend cinematografico porta con sé adozioni impulsive, seguite da abbandoni. È già accaduto con i dalmata dopo La Carica dei 101 o con i labrador dopo Io & Marley. In questi casi, sono proprio i cani – e le strutture che li accolgono – a pagare il prezzo più alto.
Krypto ha sicuramente fatto la sua parte nel promuovere l’adozione. Ma sarebbe il primo a ricordarci che ogni cane ha bisogno di una casa stabile, amorevole e duratura. Adottate, ma solo se siete pronti davvero a essere una famiglia.
Cinema
Robert Redford, addio al divo ribelle di Hollywood: da “La stangata” al Sundance, aveva 89 anni
Divo, sex symbol, regista, produttore: Redford ha incarnato un’idea di cinema che univa eleganza, impegno e leggenda. Da Paul Newman a Meryl Streep, dai thriller politici agli amori sul grande schermo, ha attraversato la storia del Novecento.

Robert Redford se n’è andato a 89 anni. A darne notizia è stato il New York Times. Con lui scompare uno degli ultimi volti capaci di rendere Hollywood non solo un’industria, ma un mito condiviso.
Nato a Santa Monica nel 1936, Redford aveva cominciato la carriera a teatro e in televisione prima di arrivare al cinema negli anni Sessanta. Il successo planetario arrivò con «A piedi nudi nel parco» accanto a Jane Fonda: fu il primo passo verso la costruzione di un’immagine di fascino elegante, che lo avrebbe reso sex symbol internazionale. Poco dopo, con Paul Newman, diede vita a una delle coppie più amate di sempre: «Butch Cassidy» e «La stangata» restano classici intramontabili.
Negli anni Settanta scelse ruoli che lo imposero anche come interprete civile. «Tutti gli uomini del presidente» lo consacrò come volto della libertà di stampa e della stagione segnata dal Watergate. In «I tre giorni del Condor» fu invece l’uomo comune intrappolato negli ingranaggi della Guerra Fredda: un eroe moderno, fragile e determinato, lontano dagli stereotipi del divo invincibile.
Ma Redford non era solo attore. Nel 1980 esordì alla regia con «Gente comune» e vinse l’Oscar. Un riconoscimento che rivelò la sua seconda anima: quella di autore capace di raccontare i rapporti familiari e il dolore con misura e profondità. Negli anni successivi scelse di investire anche sul futuro del cinema: nel 1985 fondò il Sundance Film Festival, che ancora oggi è il principale trampolino per il cinema indipendente americano.
Tra i suoi ruoli più memorabili resta «La mia Africa» con Meryl Streep, un film che lo trasformò nell’icona del romanticismo sul grande schermo. Negli anni continuò a recitare e a dirigere, senza mai perdere l’eleganza che lo aveva reso inconfondibile. Il suo ultimo congedo arrivò con «Old Man & the Gun» nel 2018: la storia di un rapinatore gentiluomo che sembrava specchio del suo modo di vivere il cinema, con leggerezza e ironia.
Accanto al lavoro, Redford non smise mai di coltivare un’idea di vita fatta di disciplina, natura, amori e passione. Con quel sorriso ironico ricordava spesso che il segreto della sua longevità non era solo la cura di sé, ma anche l’amore e il sesso, «parte della vitalità».
Con lui se ne va un pezzo di Hollywood capace di far sognare e pensare. Un divo che non si è mai limitato a recitare, ma ha usato la propria fama per sostenere nuove storie e nuovi registi. Robert Redford lascia film, premi e il Sundance: ma soprattutto l’immagine indelebile di un uomo che, dietro la bellezza, ha sempre nascosto una volontà ferrea di libertà e autenticità.
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