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Cinema

Luca Zingaretti tra cinema, scuola e memoria: «La preside di Caivano? Una lezione di resistenza»

Luca Zingaretti sbarca a Ischia con la moglie Luisa Ranieri e presenta La casa degli sguardi. Parla del suo debutto da regista, della fiction su Eugenia Carfora, della memoria di Camilleri e di un sogno rimasto nel cassetto: un film su Garibaldi, il rivoluzionario “pop”.

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    Sbarca a Ischia a bordo della sua barca, in compagnia della moglie Luisa Ranieri, Luca Zingaretti. Ad attenderlo c’è il pubblico del 23esimo Ischia Film Festival, diretto da Michelangelo Messina, che accoglie l’attore – e ora anche regista – per la proiezione de La casa degli sguardi, film tratto dal romanzo di Daniele Mencarelli che segna il suo debutto dietro la macchina da presa.

    «Desideravo mettermi alla prova dall’altro lato della telecamera da dieci anni, col tempo il desiderio è diventato una vera e propria urgenza», racconta. «Sono rimasto fulminato dal libro di Mencarelli, dalla storia di questo ragazzo devastato da un mal di vivere talmente profondo da aver bisogno di anestetizzarsi per andare avanti. Occuparmi della regia è stato un viaggio faticoso e sorprendente, che voglio ripetere. Attualmente sto lavorando a tre storie, ma devo ancora scegliere quale sviluppare».

    Con Luisa Ranieri, Zingaretti è anche produttore della casa Zocotoco, impegnata in questi mesi con La preside, fiction per Raiuno ispirata alla figura di Eugenia Carfora, preside dell’istituto Francesco Morano a Caivano. Un progetto che, a sentire lui, nasce da una folgorazione.

    «Abbiamo scoperto questa storia guardando Che ci faccio qui di Domenico Iannacone. Il giorno dopo ho chiamato la scuola e chiesto della preside. Quando mi ha risposto, le ho detto: “Buongiorno, sono Luca Zingaretti” e lei mi ha risposto: “E io sono Napoleone”, poi ha riattaccato. Ma alla fine siamo riusciti a parlarci».

    Il tono si fa più serio. «In Italia la scuola viene sempre messa ai margini, e invece forma il nostro futuro. Chi ci lavora si spende, guadagna poco, affronta situazioni delicate. Dovrebbero avere molta più considerazione. Eugenia ha creduto nei suoi ragazzi, si è battuta per garantire loro gli stessi diritti dei coetanei più fortunati. Ha compiuto un miracolo, e la sua storia merita di essere raccontata».

    Impossibile non parlare di Andrea Camilleri, nell’anno del centenario della nascita. Oltre che la penna che ha dato vita a Montalbano, è stato anche il suo insegnante.

    «Quando ero suo studente, l’Accademia non poteva permettersi neanche una telecamera. Camilleri ci insegnava il mestiere con la sua arte di oratore. Aveva uno sguardo inimitabile, riusciva a vedere cose che io neanche notavo. Incontrandolo poi, già scrittore di fama mondiale, era rimasto uguale. La sicurezza di sé non era frutto del successo, ma di una profonda coerenza interiore. Il successo ha poco a che fare con quello che sei, e lui ci credeva. Anche io. Per omaggiarlo interpreterò il suo testo teatrale Lettura di autodifesa di Caino in sole quattro date».

    C’è un personaggio che avrebbe voluto interpretare?

    «Mi sarebbe piaciuto dirigere una storia sulla vita di Garibaldi. Ma per farlo servirebbe un budget importante, e non è il momento storico giusto per il nostro cinema. La sua è una vita pazzesca: era un rivoluzionario vero, un pazzo scatenato che ha portato scompiglio ovunque sia andato. Un personaggio estremamente pop. Chissà, magari un giorno…».

    E Napoli? Per lui è molto più di una città.

    «È una terra in cui il richiamo dell’arte si sente nei vicoli, nel vento, nelle mura. Napoli è cultura. Non è un caso se le opere più importanti degli ultimi trent’anni sono nate qui: cinema, narrativa, teatro, musica. E poi il cibo. Può sembrare una sciocchezza, ma il buon cibo educa ai sensi, allo sguardo. E nessun posto sa farlo meglio di Napoli».

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      Cinema

      Orlando Bloom, 14 chili in meno tra tonno e cetrioli: la trasformazione estrema per il film “The Cut”

      A 48 anni Orlando Bloom ha perso oltre 14 chili in tre mesi seguendo una dieta a base di tonno e cetrioli, con l’aggiunta di un drastico taglio dei liquidi. “A volte pensavo di morire”, ha raccontato. Il tutto per entrare nei panni di un ex campione di boxe nel nuovo film The Cut.

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        Non è la prima volta che un attore si trasforma per un ruolo, ma Orlando Bloom ha scelto una strada tanto radicale quanto rischiosa. Per interpretare un pugile in The Cut, in uscita a settembre, l’attore britannico si è sottoposto a tre mesi di sacrifici che lo hanno segnato fisicamente e mentalmente. Risultato: 14 chili in meno e un corpo asciugato al limite della sopportazione.

        In un’intervista a People, Bloom ha raccontato i dettagli di questa metamorfosi, sottolineando che tutto è stato seguito da un nutrizionista, Philip Goglia, con controlli settimanali e analisi del sangue. La dieta era monotona e rigidissima: tonno e cetrioli come base quotidiana, uniti a un forte calo nell’assunzione di acqua. Una scelta estrema che ha ridotto il suo corpo al minimo indispensabile e che ha inciso anche sul sonno e sull’equilibrio mentale.

        “L’ansia e la paranoia dovute alla mancanza di riposo erano molto reali. A volte pensavo letteralmente di morire”, ha confessato Bloom. Una dichiarazione che ha fatto discutere, soprattutto perché arriva da un attore seguito da professionisti, non da un improvvisato.

        Il set è stato la prova finale. Negli ultimi giorni di riprese, Bloom ha raccontato di pensare ossessivamente al cibo: “Sognavo quello che avrei potuto mangiare una volta finito tutto”. Nonostante la sofferenza, ha ammesso anche di essersi sentito “entusiasta” di fronte a una sfida così totalizzante.

        La trasformazione non è stata solo estetica: per Bloom è stato un modo di entrare fino in fondo nella psicologia di un uomo al limite, un ex campione che cerca una redenzione. Ma l’attore non ha dubbi nel lanciare un avvertimento: “Non è sicuramente qualcosa da provare a casa”.

        La sua testimonianza mostra quanto cinema e realtà possano intrecciarsi fino a confondersi. Ma il confine tra dedizione e autodistruzione, nel caso di Bloom, è stato davvero sottile.

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          Cinema

          Catherine Zeta-Jones: “Mai campeggiato con i miei figli, ma Morticia lo farebbe ogni giorno”

          Dopo l’anteprima al Giffoni Film Festival, Zeta-Jones racconta l’evoluzione del suo personaggio: “Una madre diversa, più presente. Come quella che cerco di essere nella vita reale”.

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          Catherine Zeta-Jones

            Catherine Zeta-Jones è pronta a calarsi nuovamente nel ruolo di Morticia Addams nella seconda, attesissima stagione di Mercoledì, la serie Netflix diretta da Tim Burton che ha conquistato il pubblico globale. Il nuovo capitolo debutterà sulla piattaforma il prossimo 6 agosto e promette un’espansione della narrazione familiare, con un focus maggiore sugli Addams al completo. “In queste puntate conosceremo lati nuovi e più umani dei personaggi”, ha spiegato l’attrice durante un incontro con la stampa internazionale, organizzato dopo l’anteprima italiana al Giffoni Film Festival.

            “Morticia diventa parte attiva della scuola Nevermore, e non certo per scelta propria”, racconta Zeta-Jones con ironia. “C’è qualcosa di profondamente buffo e al tempo stesso struggente nel vederla cercare di comprendere la figlia, pur rimanendo ancorata al suo mondo gotico”.

            Proprio parlando del rapporto genitori-figli, l’attrice, 54 anni, ha rivelato un dettaglio personale: “Non ho mai fatto campeggio con i miei figli. Ma Morticia? Lei lo farebbe ogni giorno, se servisse a stare con la sua famiglia. È un personaggio che unisce estremi: tragicità e commedia, rigore e dolcezza. Mi affascina per questo”.

            Nel corso della nuova stagione, le riprese si sono spostate dalla Romania all’Irlanda, scelta che ha reso felice gran parte del cast. Tra le novità: Steve Buscemi nel ruolo del nuovo preside di Nevermore e l’introduzione della madre di Morticia, interpretata dalla veterana britannica Joanna Lumley. “Questa dinamica madre-figlia è uno dei punti forti della stagione. Anche Morticia vuole rompere un ciclo, essere una madre diversa da quella che ha avuto. Mi rivedo molto in questa intenzione: anche io cerco, ogni giorno, di crescere i miei figli in modo diverso da come sono cresciuta io”.

            Zeta-Jones non nasconde l’affetto per Jenna Ortega, che interpreta Mercoledì. “È una stella nascente, una forza della natura. Osservare la sua professionalità sul set è stato un privilegio. È come una farfalla lanciata nella stratosfera: brillante, sensibile, concentrata. La adoro”.

            Sull’eco pop generato dalla serie, l’attrice aggiunge divertita: “Mia nipote mi ha detto che siamo diventati virali. Non sapevo nemmeno cosa significasse davvero, ma a quanto pare, lei ora è popolare a scuola grazie a me. Un piccolo, strano regalo da parte degli Addams”.

            Tra balli dark, misteri scolastici e tensioni familiari, la seconda stagione di Mercoledì promette di bissare il successo della prima, con un cast ancora più affiatato e una scrittura che non rinuncia mai all’ironia gotica. E nel cuore dell’universo Addams, una Morticia più sfaccettata che mai.

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              Cinema

              Gal Gadot si giustifica: “Biancaneve è andato male perché mi hanno fatto parlare contro Israele”. Sì, certo, come no: basta crederci

              Ospite in una trasmissione israeliana, la star di Wonder Woman ha detto che Hollywood penalizza chi non prende posizione contro Israele. Ma intanto Biancaneve resta un disastro al botteghino.

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                Quando un film va male, c’è chi si assume le responsabilità e chi cerca giustificazioni creative. Gal Gadot appartiene decisamente alla seconda categoria. Il live-action di Biancaneve prodotto dalla Disney, in cui interpretava la Regina Cattiva, si è rivelato un tonfo al botteghino. Le recensioni tiepide, la partenza lenta e l’assenza di entusiasmo da parte del pubblico parlano chiaro. Ma per l’attrice israeliana il motivo non sarebbe artistico, bensì politico.

                Ospite del programma The A Talks su un’emittente israeliana, Gadot ha offerto una spiegazione sorprendente: «C’è pressione sulle celebrità affinché parlino contro Israele. E, sai, è successo». Tradotto: se Biancaneve è stato un fiasco, la colpa è del clima ostile verso il suo Paese.

                Il ragionamento, a dir poco ardito, non si ferma lì. «Posso sempre spiegare e cercare di dare un contesto su ciò che accade qui. E lo faccio sempre. Ma alla fine, le persone prendono le proprie decisioni. E sono rimasta delusa che il film ne sia stato incredibilmente colpito e che non sia andato bene al botteghino. Ma funziona così. A volte vinci, a volte perdi».

                Parole che hanno immediatamente sollevato reazioni contrastanti. Perché se è vero che Hollywood non è mai stata neutrale sulle questioni geopolitiche, accusare le dinamiche internazionali di aver affossato una pellicola già zavorrata da mesi di critiche appare come un tentativo goffo di autoassoluzione. Non a caso, il pubblico si chiede se non sia più onesto riconoscere che la Disney abbia sbagliato strategia, che la sceneggiatura non abbia convinto e che l’ennesimo live-action del colosso non abbia portato nulla di nuovo.

                Il fatto che Gal Gadot continui a presentarsi come vittima di un complotto politico globale rende il tutto ancora più surreale. Perché, alla fine, i numeri parlano: Biancaneve ha deluso, indipendentemente da Israele, dalla geopolitica o dalle pressioni sulle star. A volte non è il mondo contro di te, è solo che il film non funziona.

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