Connect with us

Cinema

Stufo di ‘Una poltrona per due’? Quest’anno sotto l’albero mettici i classici horror per un Natale fuori dagli schemi

Se i film d’amore non vi piacciono e siete invece amanti del genere horror cosa potete guardare a Natale? Ecco i migliori film natalizi da guardare durante la feste!

Avatar photo

Pubblicato

il

    A Natale non si vive di soli abbracci e biscotti allo zenzero! C’è chi ha scambiato l’albero di Natale con un albero delle streghe e chi al posto delle renne immagina demoni cornuti e serial killer con un debole per il rosso. Se per voi il Natale non è fatto di sorrisi e commozione, ma di ombre e risate nervose, ecco i classici film horror natalizi che trasformano la dolce atmosfera in un incubo avvolto in luci scintillanti.

    Santa’s Slay (2005)

    Cosa succede se Babbo Natale si stufa di essere buono? Un tempo il caro vecchio Santa era un demone furioso che perde una scommessa con un angelo e viene condannato a consegnare regali per mille anni. Ma quando la punizione finisce, scatta l’ora della vendetta! Babbo Natale (interpretato dal wrestler Bill Goldberg) smette di distribuire dolci e inizia a dispensare mazzate con ogni possibile utensile natalizio. Uno slasher condito di spirito festivo… e tanto sangue.

    Black Christmas (1974)

    Quando il Natale diventa uno slasher cult. In una confraternita femminile, mentre le decorazioni luccicano e le ragazze pianificano le feste, un misterioso psicopatico inizia a seminare terrore con telefonate agghiaccianti e morti raccapriccianti. Un capolavoro che ha ispirato generazioni di film horror. Proprio ciò che il Grinch guarderebbe tra un furto di regali e l’altro.

    Krampus (2015)

    Lascia il carbone, prendi un demone. Invece di Babbo Natale, arriva Krampus, l’incarnazione oscura della leggenda natalizia. Questo mostro mitologico punisce chi si dimentica del vero spirito del Natale con giocattoli assassini, elfi malvagi e biscotti allo zenzero demoniaci. Una dark comedy che fa riflettere: meglio lasciare il latte e i biscotti per sicurezza.

    Silent Night, Deadly Night (1984)

    Babbo Natale… con un’ascia. Un orfanello traumatizzato trasforma il costume di Babbo Natale in un pretesto per fare a pezzi chiunque gli capiti a tiro. Quando il Natale incontra i traumi infantili, il risultato è un classico splatter che non ha nulla a che fare con renne e fiocchi di neve.

    The Lodge (2019)

    Non fidarti mai della baita perfetta. Un Natale in montagna si trasforma in un incubo psicologico quando una famiglia si isola in una baita sperduta. Tra segreti, paranoia e atmosfere inquietanti, la neve diventa il sipario perfetto per un orrore glaciale. Se vi piace tremare non solo per il freddo, questo è il tuo film.

    Trasporto Eccezionale – Un racconto di Natale (2010)

    Altro che Polo Nord: Babbo Natale è un mostro. Dimentica il vecchio uomo barbuto. Qui Babbo Natale è un demone crudele intrappolato in un ghiacciaio, liberato per errore da alcuni cacciatori. Gli elfi non sono dolci aiutanti, ma piccoli psicopatici pronti a sacrificare chiunque. Un perfetto mix di folklore nordico e delirio cinematografico.

    Inside – À l’intérieur (2007)

    Un Natale da incubo… letteralmente. In Francia, una giovane donna incinta si ritrova intrappolata in casa durante la Vigilia, con una misteriosa intrusa che vuole… il suo bambino. Questo horror estremo, pieno di tensione e sangue, vi farà dimenticare i canti natalizi e la cioccolata calda.

    Better Watch Out (2016)

    Babysitter, luci di Natale e psicopatici. Una tranquilla serata natalizia si trasforma in un incubo per una babysitter alle prese con un ragazzino un po’ troppo affezionato. Una dark comedy piena di colpi di scena e con il giusto tocco di ironia per chi ama vedere il Natale sotto una luce… diversa.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Cinema

      La docuserie “Mr. Scorsese” svela il maestro dietro la cinepresa: viaggio dentro la mente del regista più iconico d’America

      In cinque capitoli, Martin Scorsese si racconta come mai prima d’ora: dagli anni a Little Italy all’asma che lo portò in sala, dalla dipendenza alla rinascita creativa. I Rolling Stones fanno da cornice a un viaggio intimo che ripercorre le radici di “Mean Streets”, “Toro Scatenato” e della sua eterna sfida al lieto fine hollywoodiano.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        La docuserie Mr. Scorsese apre una porta che per anni è rimasta chiusa: quella del laboratorio segreto di uno dei registi più influenti della storia. Con Rebecca Miller come interlocutrice, Scorsese attraversa la sua vita come se stesse raccontando un film: infanzia, fede cattolica, ossessioni, e quell’energia violenta che ha nutrito la sua estetica. Il tutto sulle note dei Rolling Stones, colonna sonora permanente della sua immaginazione.

        Sympathy for the Devil: sentire insieme il buio

        Il documentario si apre con Sympathy for the Devil. Non è solo un omaggio rock: è una chiave interpretativa. “Syn páthos” significa “sentire insieme”, non imitare il male, ma guardarlo negli occhi. Ed è quello che Scorsese ha fatto per cinquant’anni: raccontare la violenza senza assolverla, rifiutando il lieto fine che Hollywood ama rifilare al pubblico.

        L’asma, la finestra e l’inquadratura

        Le origini della sua visione sono sorprendentemente semplici. Da bambino, l’asma lo inchiodava in casa mentre gli altri giocavano in strada. Guardava il mondo dalla finestra: un’inquadratura naturale, come rivela Nicholas Pileggi. È lì che nasce la sua firma visiva. Il resto lo aggiunge padre Principe, guida cattolica che lo avvicina alla letteratura e a una forma di disciplina morale che tornerà in tutto il suo cinema.

        Joe Pesci, i Rolling Stones e gli “sfavoriti improbabili”

        Il racconto accelera come un film di Scorsese quando compaiono gli amici di una vita: De Niro, Pesci, DiCaprio. Joe Pesci diventa il suo “specchio sporco”, la voce dell’America marginale che Scorsese conosce meglio di chiunque altro. I personaggi scorsesiani sono “sfavoriti improbabili”: Travis Bickle, Henry Hill, Jake LaMotta. Uomini che l’America crea e poi finge di non riconoscere più.

        E poi c’è il ritmo: quello dei Rolling Stones. Ogni volta che li usa, Scorsese si raddoppia. Violenza e bellezza viaggiano insieme, come i pugni di Pesci e le urla di Jagger.

        Dipendenze, cadute e resurrezioni

        Scorsese non indora nulla. Racconta la cocaina, la quasi morte, e l’intervento salvifico di De Niro che lo trascina fuori dal letto per Toro scatenato. È l’episodio che trasforma la sua autobiografia in un percorso spirituale. Una resurrezione artistica che culmina anni dopo nell’Oscar per The Departed, consegnato da Spielberg, Coppola e Lucas come un rito di consacrazione.

        Alla fine, Scorsese resta ciò che DiCaprio definisce con semplicità: un uomo che “farebbe il regista a tutti i costi”. E in Mr. Scorsese lo si vede per quello che è sempre stato: un credente delle immagini, uno che del cinema ha fatto la sua chiesa, il suo peccato e la sua salvezza.

          Continua a leggere

          Cinema

          Edwige Fenech, 78 anni e zero rimpianti: “Sono fieramente single” e torna al cinema accanto a Pierfrancesco Favino

          Regina della commedia sexy, musa pop e oggi artista libera: Edwige Fenech parla del distacco dal cinema italiano, del legame con Favino e del suo essere “fieramente single”. E svela la scelta di crescere da sola il figlio, senza mai rivelare il nome del padre.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Edwige Fenech torna al cinema come se non fosse mai andata via. A 78 anni, l’icona della commedia erotica anni Settanta rientra in sala con Il Maestro, al fianco di Pierfrancesco Favino, e lo fa con un entusiasmo che sembra riportarla ai suoi esordi più luminosi. Un ritorno misurato, desiderato, quasi meditato, dopo anni in cui aveva scelto di lasciare l’Italia e trasferirsi a Lisbona.

            Una vita nuova, lontana dallo showbiz italiano

            L’attrice confida che a un certo punto il sistema l’aveva stancata. «Non mi offrivano parti interessanti e non volevo assistere allo scippo dei miei progetti», racconta. Ha preferito allontanarsi piuttosto che restare in un ambiente che percepiva come ostile. Una scelta netta, personale, che oggi rivendica senza esitazioni: «Avevo la sensazione che la presenza della Fenech infastidisse». Da qui, la decisione di ricominciare altrove.

            Favino, il filo che si riannoda

            Nel parlare del suo nuovo film, gli occhi le brillano quando pronuncia un nome: Pierfrancesco Favino. «Sono stata tra le prime a capire quanto fosse bravo», ricorda con orgoglio. Lo volle nel cast di Part Time nel 2004, quando ancora non era la star che tutti conoscono. Ritrovarlo oggi ha il sapore di una circolarità perfetta, come un capitolo che si chiude solo per aprirne un altro.

            Amori, scelte e un figlio cresciuto da sola

            Tra passato e presente, affiorano inevitabilmente gli affetti. C’è il ricordo tenero di Luca Cordero di Montezemolo, uno dei suoi grandi amori. C’è l’orgoglio di chi vive bene la propria solitudine: «Sono fieramente single», dice. E soprattutto c’è Edwin, suo figlio, la parte più delicata e insieme più forte della sua storia. È nato con una grave meningite, e lei ha potuto stringerlo solo dopo un mese. Da allora, lo ha cresciuto da sola.

            Sul padre, la Fenech resta irremovibile. «È italiano, ma non è Fabio Testi, anche se con lui ho avuto un flirt. Non dirò mai il suo nome». Una promessa di silenzio fatta per proteggere la libertà di un uomo che non desiderava diventare genitore. Nessuna recriminazione, solo una scelta accettata e custodita nel tempo. «Sono stata una sul campo», conclude.

            Edwige oggi appare così: una donna che ha vissuto mille vite, che ha amato, lavorato, combattuto e scelto. E che, ancora una volta, sa come prendere la scena.

              Continua a leggere

              Cinema

              Bella Thorne accusa Mickey Rourke di molestie sul set: il racconto shock e la replica dell’attore riaccendono il caso sicurezza a Hollywood

              La star americana racconta una serie di comportamenti aggressivi e umilianti subiti sul set da Mickey Rourke, parlando di lividi, scene modificate e pressioni psicologiche. Il team dell’attore nega ogni responsabilità ma si dice disponibile a collaborare con eventuali indagini. Il caso riapre il dibattito sulla sicurezza degli interpreti.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Bella Thorne rompe il silenzio e lo fa in modo diretto, senza filtri, con un post che in poche ore ha riacceso un tema che Hollywood continua a inseguire: la sicurezza sul set. L’attrice, oggi 27enne, ha raccontato pubblicamente una delle esperienze peggiori della sua carriera, vissuta anni fa durante le riprese di un film insieme a Mickey Rourke. Una vicenda che, se confermata, descrive un clima di intimidazione, abusi di potere e totale assenza di tutela.

                Tutto parte da una scena che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere coreografata e simulata. «Quest’uomo è schifoso», ha scritto la Thorne accanto alla foto dell’attore, raccontando che il personaggio di Rourke avrebbe dovuto colpire un ginocchio con una smerigliatrice scenica. Ma, secondo la sua versione, l’attore avrebbe mirato più volte all’area pelvica, colpendola attraverso i jeans e lasciandole lividi sull’osso. Un episodio che, da solo, basterebbe a spiegare la parola “trauma”.

                La Thorne sostiene che non sia stato un caso isolato. Ricorda l’ultima giornata di riprese, quando Rourke avrebbe accelerato il motore di un’auto per ricoprirla di terra, ridendone davanti alla troupe. E ancora: il rifiuto di collaborare con la produzione e il regista, costringendo l’attrice — giovanissima all’epoca — ad andare da sola nel suo camper a implorarlo di continuare a lavorare. Una dinamica di potere che lei definisce «umiliante, spaventosa, profondamente sbagliata».

                La replica non tarda ad arrivare. I rappresentanti di Rourke definiscono le accuse “gravi” e respinte “con decisione”. Sottolineano che l’attore «non era mai stato informato prima d’ora di simili episodi» e ribadiscono «l’importanza di un ambiente di lavoro sicuro e rispettoso per tutti». Nessun commento aggiuntivo, almeno per ora, ma la disponibilità a collaborare con eventuali indagini.

                Il caso, oltre i nomi, interroga ancora una volta l’industria: come è possibile che una giovane attrice debba affrontare da sola un collega più anziano e potente? Perché certe segnalazioni emergono solo anni dopo? E soprattutto: quanto è cambiato davvero il modo in cui Hollywood gestisce la protezione degli interpreti?

                Il racconto della Thorne — duro, dettagliato, emotivamente crudo — non punta solo a denunciare un collega, ma a riaprire una conversazione che l’industria sembra voler dimenticare troppo in fretta. Rourke, dal canto suo, vuole difendersi e respinge ogni responsabilità.

                La verità, come spesso accade, passerà dal confronto fra versioni opposte. Ma il messaggio che resta è chiaro: per molte attrici, il set non è ancora quel luogo sicuro che dovrebbe essere.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù