Musica
100 di questi giorni, cara Fender. Per ora sono “solo” 70…
L’iconica chitarra Fender compie 70 anni e non c’è musicista delle 6 corde, virtuoso o alle prime armi, che non la consideri uno strumento “fuoriclasse”. Quando è nata la Stratocaster (per gli intimi la “Strato”) il rock’n’roll muoveva i suoi prime passi. Le linee del suo corpo rimangono nel cuore anche di chi l’ha vista solo in fotografia o in video. Un’eterna ragazza del rock (ma anche del pop e del blues!), imbracciata nel corso dei decenni da personaggi immortali.
Una forma distintiva
La sua produzione industriale è cominciata nell’aprile del 1954 dalla mente geniale di Leo Fender, rivoluzionando il mondo della chitarra elettrica grazie alle sue caratteristiche uniche. La forma distintiva del corpo a doppia punta, tre pickup singoli e il vibrato sincronizzato sono solo alcune delle caratteristiche che l’hanno resa così amata da musicisti di ogni genere.
Testimonial storici
Negli anni ’50 e ’60, artisti come Jimi Hendrix, Buddy Holly, Eric Clapton, David Gilmour e Stevie Ray Vaughan hanno contribuito a rendere la Stratocaster uno strumento iconico del rock e del blues. La sua versatilità e il suo suono unico l’hanno resa la chitarra preferita da musicisti di tutto il mondo.
Il suo debutto per 230 dollari
Apparve per la volta “in pubblico” con una réclame sulla rivista International Musician. I primi esemplari costavano circa 230 dollari (oggi sarebbero 2.400 euro). La Stratocaster più antica (numero di serie 0100) è ancora in circolazione: è stata venduta a Nashville nel marzo 2014 per circa 300 mila euro.
Alcune curiosità
Il marchio Fender che compare sulla “paletta” (la parte finale del manico) delle chitarre Fender degli Anni 50 è chiamato “spaghetti logo”. Izabella è la chitarra bianca usata da Jimi Hendrix a Woodstock e nel suo ultimo concerto nel 1970. Dopo la morte di Jimi, è stata per diversi anni nelle mani di Mitch Mitchell, suo batterista; nel 1990 fu acquistata da Red Ronnie (prima che si appassionasse algi alieni…) per 540mila euro. tre anni dopo è entrata in possesso di Paul Allen, cofondatore della Microsoft, per una cifra che si aggirerebbe sui 2 milioni e 700mila euro. Oggi è nella collezione del Museum of Pop Culture di Seattle (dove Hendrix nacque). Blackie (“Nerina”) è stata la Fender del cuore di Eric Clapton dal 1970 agli anni 90, scaturita dall’unione di parti provenienti da tre Stratocaster degli anni 50. Clapton l’ha venduta all’asta nel 2004 per beneficenza, per un milione e 450mila euro.
Perfette per essere distrutte sul palco
Da anni le aste di strumenti musicali propongono Fender Stratocaster “storiche”. Pezzi che puntualmente raggiungono quotazioni molto rilevanti. Al momento il record è detenuto da “The Black Strat”, un esemplare di colore nero del 1969 usata da David Gilmour e aggiudicata nel 2019 per 4 milioni e 430 mila euro. Pete Townshend, leggendario chitarrista degli Who, all’apice dei suoi concerti era solito distruggere le sue chitarre. A un certo punto scelse proprio le Stratocaster perché da un lato erano più economiche e dall’altro risultavano perfette come… clave! E che dire di Hendrix che la bruciò sul palco del Monterey Pop Festival?
Una memorabile gaffe di Linus
Nel 2009, durante la diretta tv Mediaset della celebrazione in musica per Michael Jackson, avvenuta allo Staples Center di Los Angeles, andò in scewna un’imperdibile siparietto che mostrò l’incompetenza di certi “giornalisti musicali” che vengono presentati alla gente come “esperti”. Mentre John Mayer si esibiva in una bella versione strumentale di Human nature con un’invidiabile, consumatissima Fender Stratocaster, nello studio di Italia 1 si celebrava la figuraccia di Pasquale Di Molfetta, meglio conosciuto come Linus, direttore artistico di Radio Deejay:
Kay Rush: “Che bella Fender…”
Linus: “No… ti devo correggere Kay, è una Stratocaster!”
Qualcuno spieghi a Linus che Fender e Stratocaster NON SONO due marche differenti di chitarre!
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Musica
Dieci canzoni per accendere lo spirito delle feste: la playlist perfetta per il Natale
Una selezione di canzoni che mescola tradizione e modernità, ideali per riempire la casa di atmosfera natalizia, accompagnare una cena, un viaggio o semplicemente una serata di relax.
Quando si avvicina dicembre, una delle prime cose che facciamo per entrare nello spirito delle feste è cercare la musica giusta. Le canzoni natalizie hanno un potere unico: riportano alla mente ricordi, rituali familiari e sensazioni di calore che nessun’altra colonna sonora sa evocare. Preparare una playlist, dunque, è quasi un gesto rituale. Ma quali brani scegliere per creare l’atmosfera perfetta?
Dai classici americani alle hit internazionali più recenti, alcune canzoni sono diventate veri e propri pilastri del Natale contemporaneo. Molte di esse, infatti, registrano ogni anno nuovi record di ascolti, segno che la tradizione musicale legata alle feste è viva e continua a rinnovarsi.
1. “All I Want for Christmas Is You” – Mariah Carey
Pubblicata nel 1994, è ancora oggi uno dei brani più ascoltati al mondo durante il periodo natalizio, tanto da raggiungere spesso la vetta delle classifiche internazionali.
2. “Last Christmas” – Wham!
Un altro evergreen, uscito nel 1984 e rimasto uno dei simboli più pop del Natale. La sua melodia malinconica ma irresistibile è ormai immancabile in ogni playlist.
3. “It’s the Most Wonderful Time of the Year” – Andy Williams
Classico del 1963, richiama in pochi secondi tutto ciò che associamo alle feste: luci, riunioni familiari e gioia condivisa.
4. “Jingle Bell Rock” – Bobby Helms
Vivace e immediatamente riconoscibile, dal 1957 è la scelta perfetta per dare una spinta di energia ai momenti di festa.
5. “Santa Tell Me” – Ariana Grande
Tra le hit natalizie moderne più amate, uscita nel 2014, unisce pop contemporaneo e atmosfera brillante, diventando rapidamente un nuovo classico.
6. “Rockin’ Around the Christmas Tree” – Brenda Lee
Registrata quando Brenda Lee aveva solo 13 anni (1958), è tornata in auge negli ultimi anni grazie ai social e alle playlist digitali.
7. “Let It Snow! Let It Snow! Let It Snow!” – Dean Martin
Una delle melodie più iconiche legate all’inverno: romantica, rilassante e perfetta come sottofondo per una serata in casa.
8. “Feliz Navidad” – José Feliciano
Brano del 1970 diffusissimo a livello globale, unisce lingua inglese e spagnola e porta con sé un’energia contagiosa.
9. “Underneath the Tree” – Kelly Clarkson
Pubblicata nel 2013, è considerata una delle migliori canzoni natalizie degli ultimi anni, grazie alla sua produzione brillante e alla voce potente della cantante.
10. “White Christmas” – Bing Crosby
È il singolo più venduto di sempre nella storia della musica (dato Guinness World Records). Un capolavoro intramontabile che chiude la playlist con eleganza.
Questa selezione unisce stili diversi e decenni lontani, dimostrando quanto la musica natalizia riesca a superare il passare del tempo mantenendo intatto il suo fascino.
Musica
Patty Pravo tra Capodanno e Sanremo: prima l’Ariston, poi il 31 dicembre in prima serata su Rai 1
Undicesimo Festival di Sanremo alle porte per Patty Pravo, che tornerà all’Ariston a febbraio con il brano Opera. Prima, però, la cantante sarà tra gli ospiti de L’anno che verrà, lo show di Rai 1 in onda il 31 dicembre e condotto da Marco Liorni.
Per Patty Pravo il conto alla rovescia è già iniziato. Prima ancora di salire sul palco dell’Ariston, la cantante sarà protagonista di un altro appuntamento simbolico: il Capodanno di Rai 1. Il 31 dicembre, infatti, Patty Pravo sarà tra gli ospiti de L’anno che verrà, lo show che accompagnerà il pubblico verso il nuovo anno, condotto da Marco Liorni.
Un passaggio naturale, quasi rituale, per un’artista che da decenni attraversa la televisione italiana senza mai diventare una presenza scontata. A 77 anni, Patty Pravo continua a muoversi tra grandi eventi e ritorni attesi, con la stessa eleganza distante che l’ha sempre contraddistinta.
Capodanno in prima serata su Rai 1
La presenza a L’anno che verrà arriva come una sorta di antipasto sanremese. Il programma del 31 dicembre rappresenta una vetrina importante, soprattutto per chi si prepara a tornare in gara al Festival. Patty Pravo porterà sul palco di Capodanno la sua voce e il suo repertorio, in un contesto che unisce festa, memoria e grande pubblico.
Il ritorno all’Ariston dopo sette anni
A febbraio, poi, sarà tempo di Sanremo. Per l’undicesima volta Patty Pravo salirà sul palco dell’Ariston, a sette anni dalla sua ultima apparizione. Un ritorno che pesa, anche solo per i numeri, ma che non sembra mai vissuto come un’operazione nostalgia. Il brano in gara si intitola Opera, un titolo che già suggerisce un lavoro costruito su misura per la sua cifra artistica.
Un’artista fuori dal tempo
Nel panorama del Festival, Patty Pravo resta una presenza anomala. Non rincorre mode, non gioca con le tendenze, non cerca il colpo a effetto. Ogni sua partecipazione appare come una dichiarazione di identità: esserci, ma alle proprie condizioni. Anche per questo il suo ritorno viene sempre letto come un evento, più che come una semplice presenza in scaletta.
Tra televisione e leggenda personale
Capodanno e Sanremo, a distanza di poche settimane, disegnano un percorso preciso. Prima la festa collettiva, poi la gara più osservata dell’anno. Patty Pravo attraversa entrambi senza cambiare passo, confermando una longevità artistica che pochi possono vantare. Prima di Opera, prima dell’Ariston, c’è il brindisi di fine anno. E anche quello, per lei, diventa palcoscenico.
Musica
I Jalisse non mollano mai: dopo il 29° no di Sanremo esce “Taratata”, il brano rifiutato dal Festival
Ancora un rifiuto dal Festival di Sanremo, il ventinovesimo, ma Alessandra Drusian e Fabio Ricci non si fermano. Il 19 dicembre esce “Taratata”, il brano proposto a Carlo Conti e non selezionato. Ironia, ostinazione e una storia che continua a far parlare.
Ci sono artisti che al primo no si fermano. E poi ci sono i Jalisse, che al ventinovesimo continuano dritti per la loro strada. Ancora una volta il Festival di Sanremo ha detto no al duo formato da Alessandra Drusian e Fabio Ricci, ma la risposta è arrivata puntuale: “Taratata”, il singolo rifiutato, esce ufficialmente il 19 dicembre in radio e su tutte le piattaforme digitali.
Il brano, scritto, arrangiato e interpretato dai Jalisse, era stato proposto a Carlo Conti per il prossimo Festival di Sanremo 2026. Non è stato accettato, diventando così l’ennesimo capitolo di una storia ormai unica nella musica italiana. Ventinove esclusioni, una presenza sul palco dell’Ariston nel 2024 come ospiti e la voglia, mai nascosta, di riprovarci ancora.
Il no che diventa canzone
“Taratata” nasce come risposta ironica e quotidiana a una realtà che i Jalisse conoscono fin troppo bene. Il brano racconta una storia con leggerezza, quasi a fotografare il quotidiano, e diventa simbolo di un atteggiamento che li accompagna da anni: trasformare ogni rifiuto in un nuovo inizio. Niente lamenti pubblici, ma musica che continua a uscire.
Una coppia che resiste al tempo
Alessandra Drusian e Fabio Ricci sono una coppia nella vita e nel lavoro, un dettaglio che rende il loro percorso ancora più compatto. Dopo la vittoria nel 1997 con Fiumi di parole, il loro rapporto con Sanremo si è trasformato in una lunga rincorsa. Ogni anno, all’annuncio del cast, i loro post diventano un piccolo evento social, atteso e commentato.
Il rituale del “no” diventato virale
Negli anni hanno imparato a raccontare l’esclusione con ironia. Lo scorso anno avevano stappato birre in diretta Instagram, quest’anno hanno scelto una scenetta con palloncini rossi, gonfiati per festeggiare il “29mo compleanno di no”. Un modo leggero per ribaltare una delusione e farla diventare racconto condiviso.
“Non ci arrendiamo” come manifesto
Sempre sorridenti, Ricci e Drusian hanno spiegato senza giri di parole la loro posizione: “Tanto noi non ci arrendiamo. Continuiamo a portare avanti la nostra musica, i nostri progetti e anche i nostri sogni”. E poi la speranza, detta senza sarcasmo: “Chissà che il prossimo anno si riesca a festeggiare il nostro trentennale sul palco dell’Ariston”.
Che Sanremo li voglia o no, i Jalisse restano lì, puntuali, testardi e perfettamente riconoscibili. E mentre il Festival passa, “Taratata” arriva. Il resto, come sempre, lo dirà il tempo.
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