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Musica

Angelina: il suo primo album è un muscuglio di tante cose, come un Poké

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    Dopo l’uscita di due ep, arriva il primo album di Angelina Mango, un condensato delle svariate anime musicali della giovane artista che ha vinto l’ultima edizione del Festival di Sanremo. In tour sia in Europa che nei festival e nei club italiani, nel disco spazia tra generi e registri diversi, proprio come se fossero i vari ingredienti del celebre piatto orientale a base di riso. Tra i solchi di Poké melodrama si possono ascoltare il cantautorato di Marco Mengoni e Bresh, saltando poi nell’elettronica e l’urban music di Dani Faiv e VillaBanks. Sono appunto questi i featuring voluti dalla Mango per impreziosire questo lavoro.

    La prima domanda è d’obbligo e corrisponde ad una curiosità che hanno tanti: non ti sei ancora stancata di cantare “La noia”?
    No, non mi stanco di cantarla! Anche se era normale che sentissi il desiderio di pubblicare un progetto più ampio. Sono molto emozionata per l’uscita del disco, perché arriva dopo un periodo in cui sono successe cose giganti, dal Festival di Sanremo all’Eurovision.

    Cosa volevi mostrare con questi nuovi brani che la gente non ha ancora avuto modo di scoprire?
    Sicuramente la mia crescita personale, i rapporti con le persone, con la mia famiglia. La cosa che mi sono detta era quella di non risparmiarmi, proprio come avviene sul palco in cui mi sento di dover dare tutto al mio pubblico. Anche in studio registrando ho cercato di fare lo stesso, senza filtri. La mia musica può piacere o meno, ma sono soddisfatta perché su questo album d’esordio mi sento di non avere nessun genere di rimpianto.

    Ascoltandolo appare come un lavoro dalle molteplici identità sonore a livello sonoro ma, al contempo, monto coerente sul piano autorale, caratterizzato da una ricerca precisa delle proprie radici: che ne pensi?
    Avevo paura che questo disco suonasse troppo eterogeneo. Poi ho capito: la vera forza del lavoro sarebbe stata la sua varietà musicale. Quando entro in studio non ho mai un obiettivo, non so mai che cosa voglio fare, lascio che sia la musica a trasportarmi. L’unico modo per essere coerente con me stessa era essere incoerente nella mia musica. E il comune denominatore sono proprio io, la mia storia personale e familiare.

    Ci sono diversi featuring nel disco, perchè? Non te la sentivi di affrontare il tuo primo album da sola o cosa?
    Credo che siano stati importanti, se non ci fossero stati non avrei scritto quelle canzoni. Sono collaborazioni che mi hanno insegnato davvero tanto, che mi hanno arricchito e in qualche modo si sono legate l’una all’altra. Di una cosa sono convinta: senza l’album sarebbe uscito in modo diverso.

    Prendiamo in parola il titolo del disco: se si trattasse di un poké come andrebbe gustato?
    Prendendo uno ad uno gli elementi. Fortunatamente ho una grande esperienza con i poké , mi piace godermi ogni aspetto. Ed è quello che ho fatto con il poké musicale che ho creato, spero che riesca a trasmettere la mia libera visione della musica.

    Se ti chiedessimo tre canzoni come tre ingredienti per saziare altrettanti stati d’animo distinti?
    Crush, che fotografa il desiderio di non pensare a nulla, la leggerezza. Poi il rancore, il momento di rabbia, Fila indiana. Infine dolcezza e malinconia con Una bella canzone.

    Dal Festival di Sanremo all’Eurovision: ti senti cambiata e se sì in quali aspetti?
    Sento di poter fare delle cose che prima non potevo fare. Non ero convinta di poter sopportare la tensione del palco dell’Aristonl e invece l’ho vissuto tutto come un bambino che si diverte. Mi spaventa sicuramente meno l’idea di sperimentare sul palco. Dopo l’Eurovision, avverto una sensazione di sicurezza nuova.

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      Musica

      Mahmood firma “Le Cose non Dette”, la canzone originale del nuovo film di Muccino tra musica, cinema e silenzi che pesano

      Una canzone che nasce per il cinema e diventa parte del racconto. Mahmood è la voce e l’autore di “Le Cose non Dette”, brano originale dell’omonimo film di Gabriele Muccino, con un cast corale e una colonna sonora diretta da Paolo Buonvino.

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        Quando cinema e musica si incontrano sul terreno delle emozioni non dette, il risultato difficilmente passa inosservato. Mahmood interpreta e firma “Le Cose non Dette”, la canzone originale dell’omonimo nuovo film di Gabriele Muccino, mettendo la sua voce al servizio di una storia che ruota attorno a parole mancate, scelte sospese e legami complessi.

        Il brano accompagna un film corale che vede protagonisti Stefano Accorsi, Miriam Leone, Claudio Santamaria e Carolina Crescentini, volti diversi ma complementari di un racconto che, già dal titolo, promette introspezione e tensione emotiva. La musica non è un semplice contorno: è parte integrante della narrazione, un filo invisibile che lega le scene e ne amplifica il peso.

        Mahmood tra pop e cinema
        Per Mahmood non si tratta solo di prestare la voce, ma di entrare nel cuore del progetto anche come autore. “Le Cose non Dette” nasce pensata per il film, cucita su immagini e atmosfere, lontana dall’idea di una canzone inserita a posteriori. La sua scrittura, spesso attenta alle fragilità e ai silenzi, trova qui un terreno naturale, dialogando con il linguaggio cinematografico di Muccino.

        Il mondo emotivo di Muccino
        Il cinema di Gabriele Muccino ha sempre fatto delle relazioni e dei conflitti interiori il proprio centro gravitazionale. Affidare la canzone originale a Mahmood significa puntare su una sensibilità affine, capace di raccontare l’irrisolto senza urlarlo. Il titolo condiviso tra film e brano rafforza questa fusione, trasformando la musica in una sorta di voce parallela della storia.

        Un cast che moltiplica i punti di vista
        Accorsi, Leone, Santamaria e Crescentini compongono un mosaico di personaggi che promette dinamiche intrecciate e sguardi differenti sullo stesso nodo emotivo. In questo contesto, la canzone diventa un elemento di raccordo, un commento emotivo che attraversa le traiettorie dei protagonisti senza sovrapporsi ai dialoghi.

        La colonna sonora firmata Buonvino
        A dare unità all’universo musicale del film è Paolo Buonvino, che produce e dirige l’intera colonna sonora. Il suo intervento garantisce coerenza e respiro cinematografico, creando uno spazio sonoro in cui “Le Cose non Dette” di Mahmood può risuonare senza stonature, inserita in un disegno più ampio e strutturato.

        Cinema, musica e parole taciute si intrecciano così in un progetto che punta tutto sull’emozione trattenuta. E quando le cose non vengono dette, spesso è la musica a farsi carico di raccontarle.

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          Musica

          L’indomita Mina immagina il ritorno in scena: smoking, Sinatra e un sogno che è anche un incubo

          “Farò uno sforzo per illudervi un po’”. Con poche righe, Mina costruisce il concerto del suo ritorno e insieme lo smonta. Orchestra, coro, smoking alla Sinatra e ospiti leggendari evocati come fantasmi. Un sogno per il pubblico, un incubo dichiarato per lei.

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            Mina non torna. O forse sì. Ma solo a parole, e solo alle sue condizioni. Basta una dichiarazione, apparentemente leggera, per riaccendere un immaginario che non si è mai spento. “Il concerto del mio rientro sulle scene?”, scrive, e da lì parte un racconto che è insieme promessa, parodia e dichiarazione d’indipendenza artistica. Come sempre, è Mina a dettare il ritmo.

            “Farò uno sforzo per illudervi un po’”, dice subito, mettendo le cose in chiaro. L’illusione è concessa, ma resta tale. Poi l’immagine prende forma: grande orchestra schierata a semicerchio, coro, ingresso in smoking, travestita da Frank Sinatra. Non una Mina nostalgica, ma una Mina che gioca con i miti, li indossa e li cita senza mai inginocchiarsi.

            Il concerto immaginato come teatro mentale
            Non è un annuncio, non è una promessa. È una scena costruita con precisione, quasi fosse un numero di teatro. Mina entra, presenta ospiti d’onore come Elvis, Ella, Gardel. Li introduce come se fossero lì, ma sappiamo tutti che non lo sono. Ed è proprio questo il punto: il concerto esiste solo nel racconto, in quello spazio sospeso dove l’artista controlla tutto e il pubblico può solo immaginare.

            Ironia, distanza e controllo totale
            “Non male. Che ne pensate?”, chiede, con quella leggerezza che in realtà è una forma di potere. Mina si concede il lusso di scherzare su ciò che per altri sarebbe un evento epocale. Si diverte persino a concedere dei bis, come se stesse già governando l’applauso, anticipandolo, ridimensionandolo. È il suo modo di restare lontana, pur parlando a tutti.

            Sogno per voi, incubo per me
            La frase che chiude il quadro è la più sincera e la più spietata: “Piccolo sogno per voi, piccolo incubo per me”. In poche parole c’è tutto il senso del suo rapporto con il palco. L’amore del pubblico da una parte, il peso dell’esposizione dall’altra. E poi la conclusione, secca, definitiva: “Per ora non posso fare di più”.

            Non c’è malinconia, non c’è nostalgia. C’è consapevolezza. Mina non annuncia un ritorno, lo evoca per dimostrare che potrebbe farlo, ma non ne ha bisogno. Anche senza salire su un palco, resta lì: centrale, indomita, padrona assoluta del suo mito.

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              Musica

              Fedez e Marco Masini, la cover “segreta” di Sorrisi: foto scattata in anticipo e lontano dagli altri Big

              Mentre gli altri Big posano il lunedì, Fedez e Marco Masini anticipano tutti e scattano la foto per la cover di gruppo di Tv Sorrisi e Canzoni già domenica sera. Un set riservato, senza incrociare gli altri artisti: un piccolo favore per due nomi tra i più quotati in Riviera.

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                A Sanremo non conta solo chi sale sul palco, ma anche quando e come ci arriva. E la storia della cover di gruppo di Tv Sorrisi e Canzoni lo dimostra. Fedez e Marco Masini hanno infatti scattato la famosa foto già domenica sera, a porte chiuse e lontano dagli altri Big, tutti immortalati invece nella giornata di lunedì. Un anticipo che non è passato inosservato.

                Il set è stato blindato, senza incontri casuali né backstage affollati. Uno scatto rapido, mirato, riservato. Un piccolo favore concesso a due artisti che, in Riviera, risultano tra i più quotati e osservati. Non un colpo di scena clamoroso, ma uno di quei dettagli che raccontano molto delle dinamiche sanremesi.

                Lo scatto lontano dagli altri Big
                La scelta di anticipare la foto evita sovrapposizioni, attese e incroci inevitabili quando il Festival entra nel vivo. Mentre il resto del cast posa compatto il lunedì, Fedez e Masini hanno già archiviato l’impegno. Un’operazione silenziosa, quasi chirurgica, che lascia tutti al loro posto e senza rumore.

                Un favore che pesa come un segnale
                In Riviera certe attenzioni non sono mai casuali. Il fatto che lo scatto sia avvenuto a porte chiuse suggerisce una gestione calibrata dei tempi e delle presenze. Fedez e Masini arrivano a Sanremo con aspettative alte e un’attenzione mediatica costante, e questo anticipo sembra fatto apposta per non aggiungere tensioni inutili.

                La macchina di Sorrisi e il timing perfetto
                Per Tv Sorrisi e Canzoni la cover resta un rito intoccabile, ma anche il rito si adatta ai protagonisti. Anticipare lo scatto non cambia l’immagine finale, ma racconta il dietro le quinte di un Festival dove ogni dettaglio viene oliato con precisione. Tutto appare uguale, ma non tutti passano nello stesso momento.

                Sanremo, anche fuori dall’Ariston
                Alla fine, la foto è una sola e il risultato è lo stesso per tutti. Ma sapere che qualcuno è passato prima, in silenzio, aggiunge un livello di lettura in più. A Sanremo, anche una cover può diventare una mossa strategica. E Fedez e Marco Masini, questa volta, hanno giocato d’anticipo.

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