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Musica

Concertone del Primo Maggio: BigMama conquista la platea con la forza del perdono

Sul palco di Piazza San Giovanni, BigMama parla di bodyshaming e haters con un discorso potente e commovente. La musica, però, sembra sempre più un contorno: tra sermoni, polemiche e momenti sociali, il Concertone del Primo Maggio somiglia a un talk show con le chitarre di sfondo. Cosa resta dello spirito originario?

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    Al Concertone del Primo Maggio, la musica sembra ormai fare da sottofondo a un’altra sinfonia: quella delle dichiarazioni, dei monologhi, dei messaggi (più o meno potenti). Ma se c’è una voce che ha davvero colpito, è quella di BigMama, artista rap che ha trasformato il palco in una cattedra di empatia e resilienza.

    Un cazzotto potente

    Il suo discorso sul bodyshaming è stato un pugno allo stomaco: «Se non vi piaccio, cambiate canale. Se non vi piace il mio corpo, non diventate mai come me». Nessuna ricerca di pietà, solo una verità spogliata e potente. E poi quella frase che spacca il cuore: «Il mio corpo mi ha fatto soffrire, ma io lo perdono». Un inno alla sopravvivenza, più che all’estetica.

    Se il concertone diventa un talk show

    Tra una performance e l’altra, sempre più spesso si ha la sensazione che la musica venga interrotta da editoriali live. Non che manchino gli artisti di grido (Giorgia, Ghali, Elodie, Achille Lauro), ma l’attenzione si sposta rapidamente dai suoni ai discorsi. Si parla di lavoro, diritti, identità, social, haters… giustissimo, per carità. Ma l’impressione è che a volte le note si perdano tra le parole. Il Concertone, un tempo ribelle e qualitativamente musicale, oggi appare come un ibrido tra un podcast, un talk e un palco musicale. Il rischio? Che lo spettatore venga per ascoltare canzoni e si ritrovi in uno spin-off di Che tempo che fa, con meno budget e più autotune.


    odio 2.0: i social come tribunale permanente

    BigMama ha parlato chiaro: «Tantissimo odio. Troppo. Ma che vi parte in testa?». Un riferimento lucido agli haters da tastiera, giudici improvvisati pronti a vomitare bile in 280 caratteri. La rapper ha risposto con la grazia dell’autoironia e la forza della consapevolezza. Il suo messaggio è chiaro: non cercate di piacere a chi vi odia, ma perdonate voi stessi. Semplice, diretto, destabilizzante. Altro che “like”, qui si parla di liberazione.

    Musica o morale? Una domanda necessaria

    Questa edizione del Concertone è stata una vetrina sociale. Ma la musica, quella vera, dov’è finita? I live ci sono stati, certo, ma spesso diluiti, interrotti, messi in secondo piano. Va benissimo dare spazio a chi ha qualcosa da dire, ma il rischio è di snaturare un evento nato per suonare, non per predicare. Fortunatamente BigMama ha fatto entrambe le cose: ha parlato e ha cantato, lasciando un segno. Il suo è stato uno dei pochi momenti in cui musica e messaggio hanno camminato insieme, senza che l’una oscurasse l’altro.

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      Artisti al verde, stadi vuoti e concerti regalati: ecco il grande inganno del successo pop made in Italy!

      L’industria musicale italiana sta vivendo un paradosso tragicomico: artisti sempre più esposti, promoter sempre più ricchi e concerti svenduti a dieci euro per evitare il vuoto cosmico. Dallo streaming che non paga ai tour milionari a debito, ecco come (non) funziona più il mondo della musica secondo l’inchiesta di Selvaggia Lucarelli. Un sistema che regala anticipi, ma chiede l’anima. E pure gli straordinari a convention aziendali.

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        Una volta si vendevano dischi, oggi si collezionano stream. Peccato che 100 milioni di ascolti su Spotify valgano per l’artista solo 80.000 euro. Un successo? Solo a parole. Le major gestiscono oggi centinaia di artisti ciascuna, senza poterli davvero seguire. La promozione? A carico dell’artista stesso, che si arrangia con manager esterni pagati con l’anticipo ricevuto. È il nuovo “fai da te” discografico.

        Il vero business? I concerti… ma a rischio bancarotta

        Oggi il grosso dei guadagni arriva dai live. Ecco il trucco: il cantante firma con un promoter che gli anticipa cifre da capogiro. Ma quegli euro vanno restituiti con gli incassi. Se i biglietti non si vendono, inizia la spirale infernale. L’artista non solo non guadagna, ma si indebita. Peggio: non può nemmeno svincolarsi dal contratto fino a che il debito non è estinto.

        “Ti riempiamo lo stadio”: bugie e biglietti a 10 euro

        Sognare uno stadio pieno? Facile, basta regalarlo (quasi). Quando le prevendite languono, ecco l’escamotage: biglietti scontati a CRAL, dopolavoro, banche e associazioni. Un modo per “salvare la faccia” davanti al pubblico e ai giornalisti. L’artista, spesso ignaro, crede davvero di aver fatto il sold out. Ma i numeri sono pompati, l’entusiasmo anche.

        Convention, brand, burnout: la nuova vita degli artisti

        Se il tour va male, si canta a feste aziendali, fiere, matrimoni di lusso. Gli artisti diventano “fornitori” di contenuti per i brand. Intanto, le grandi agenzie hanno fatto cassa durante la pandemia e ora dominano il mercato. Più che concerti, oggi vendono presenze, immagine, influenceraggio musicale. E se l’artista è in burnout? Si tira avanti lo stesso. Si canta anche con la laringite, purché il contratto non vada gambe all’aria.

        Il circolo vizioso: successo finto, debiti veri

        La macchina si nutre di illusioni: dischi di platino che non vendono, stadi pieni solo in apparenza, artisti che sembrano milionari ma sono schiavi di anticipi già spesi. Il sistema regge perché nessuno vuole vedere il buco nel palco: né il fan, né il giornalista, né il cantante stesso. Si va avanti finché regge la facciata. Poi, se va male, si cambia nome al tour, si sposta la location, si chiama il brand di turno. Ma intanto, la musica – quella vera – è finita. Vuoi davvero fare il cantante? Pensaci bene. O almeno metti da parte i soldi dell’anticipo…

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          Baronetto e straricco: quanto rende essere un ex Beatles

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            Nella lista dei miliardari inglesi puoi trovarci tanti personaggi dello spettacolo e della musica. Come l’attrice Salma Hayek insieme al consorte François-Henri Pinault con un patrimonio da oltre 6 miliardi di sterline (7 miliardi di euro); l’autrice di Harry Potter JK Rowling in 175esima posizione con le sue 945 milioni di sterline (pari a più di un miliardo di euro) e Elton John, che occupa invece la 291esima posizione con 470 milioni di pound (550 milioni di euro).

            E’ il primo musicista miliardario del Regno Unito

            Ma è l’ex Beatles Paul McCartney, il bassista mancino della band che, soprattutto di recente
            ha visto aumentare la sua ricchezza di 50 milioni di sterline. Raggiungendo il patrimonio record di un miliardo di pound (1,17 miliardi di euro)! Per il Guinness dei Primati è il primo musicista a diventare miliardario in Gran Bretagna.

            Il Sunday Times li ha messi in fila

            Ha superato tutte le star emergenti, confermando il suo ruolo di assoluta star di ogni tempo, un vero e proprio “zio Paperone” della musica britannica, occupando la 165esima posizione, insieme a sua moglie Nancy, della classifica stilata dal Sunday Times delle 350 persone più ricche del Paese.

            Ma come ha fatto?

            Sir Paul di recente ha visto massimizzare i suoi guadagni grazie a una stagione ricca di concerti, nonostante la sua età. Senza dimenticare la cover di Blackbird dei Fab Four, inserita nell’ultimo album di Beyoncé, Cowboy Carter. Ha giocato pure un ruolo importante l’ultimo brano dei Beatles, Now and Then, uscito nel 2023. La traccia della canzone è stata registrata da John Lennon e consegnata poi a McCartney un anno prima della morte: è chiaro che diventasse una hit… e non solo tra i fan dei 4 di Liverpool.

            Non solo Beatles

            Paul McCartney pubblicherà a breve One Hand Clapping, un disco dal vivo con i Wings, registrato 50 anni fa agli Abbey Road Studios. Un lavoro che unisce hit della band a cover e rivisitazioni dei classici dei Beatles. Per la gioia dei collezionisti contiene anche 5 brani suonati da Paul in solitudine nel cortile del leggendario studio di registrazione londinese.


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              Al Bano si sfoga: “Preso in giro da Amadeus e Carlo Conti. Sanremo mi ha deluso”

              Il cantante si racconta a “Storie al bivio Show”: dalla nostalgia per il Festival alle accuse su Ylenia, fino all’amore con Loredana Lecciso. “Sono amareggiato, solo il pubblico può giudicarmi”

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                Al Bano Carrisi non le manda a dire. Ospite del programma “Storie al bivio Show”, in onda su Rai 2 martedì 24 giugno in prima serata, il cantante di Cellino San Marco si è lasciato andare a uno sfogo che tocca corde personali, artistiche e familiari. Dal rapporto con Sanremo alle vicende legate alla figlia Ylenia, passando per Loredana Lecciso, il suo intervento ha restituito l’immagine di un uomo segnato dalla vita ma ancora capace di mettersi in gioco.

                “Dicono che ho la ‘sanremite’? È vero”, ammette Al Bano con il sorriso amaro di chi, però, non ci sta a sentirsi messo da parte. “Ci tenevo a tornare al Festival, ma sono stato preso in giro prima da Amadeus e poi anche da Carlo Conti. Io ho sempre difeso Sanremo quando tutti lo attaccavano. Riprovarci? Vedremo, ma sono molto amareggiato dalle promesse non mantenute. E poi, perché io dovrei essere giudicato da Amadeus o Conti? Con tutta la mia esperienza? Solo il pubblico mi può giudicare, e il pubblico è sempre stato dalla mia parte”.

                Una dichiarazione che pesa, soprattutto perché arriva da un artista che a Sanremo ha legato gran parte della sua carriera. E che ha sempre mostrato rispetto per quel palco, anche nei momenti in cui molti lo criticavano.

                Ma non è solo la musica al centro del racconto. Carrisi ricorda anche gli esordi: “Canto da quando ero piccolo. La prima canzone l’ho dedicata a mio padre. Mi disse: ‘Hai fatto tanto successo con una sola canzone? E adesso che succede?’. Seppe subito che avrei lasciato Cellino”. Il viaggio a Milano, la fame, le difficoltà: “Mi fermai a Milano perché sentivo che lì c’era qualcosa per la musica, ma facevo la fame. Non sapevo cosa fosse l’ananas e ne comprai delle scatolette, pensando fosse carne. Era il cibo che costava meno. Mangiai pane e ananas per una settimana”.

                E ancora: “Quando stavo a Milano guadagnavo 25mila lire al mese e 10mila li mandavo a mamma e papà”.

                I ricordi si intrecciano ai sentimenti. E Al Bano racconta anche il legame con Loredana Lecciso: “Quando l’ho conosciuta, Romina era già fuori dalla mia vita. La nostra grande casa era vuota e Loredana ha portato la gioia della nascita di Yasmine e Bido. Non credo sia necessaria una carta da bollo per dirsi ‘ti amo’. Ma è vero che ho pensato al matrimonio. Quando ho conosciuto Lory, le mandavo tantissime rose. Poi una volta, andando a casa sua, ho visto che metteva i fiori anche in bagno. Da quel momento ho smesso di farlo”.

                Non manca neppure il risentimento per voci che, negli anni, lo hanno ferito: “La cosa più squallida che ho subito riguarda mia figlia Ylenia. Mi hanno accusato di tenerla nascosta in casa per farmi pubblicità. Questo mi ha fatto davvero male”.

                E un’ultima stoccata arriva sulla percezione pubblica del rapporto con Lecciso: “La cosa che mi ha dato più fastidio? Che la gente credesse che fossi stato io a raccomandarla”.

                Un Al Bano diretto, a tratti disilluso, ma ancora combattivo. Che non nasconde il bisogno di essere ascoltato. E, forse, anche di essere capito.

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