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Musica

Damiano, libero dai Måneskin, è un nuovo artista: “Prima mi sentivo un robot”

Dopo anni di trionfi con i Måneskin, Damiano David ha deciso di intraprendere un nuovo percorso da solista. Il cantante ha rivelato di aver vissuto un periodo di forte stress all’interno della band, arrivando a sentirsi come un “robot”. Ora, con nuovi singoli già pubblicati e un album in arrivo nel 2025, Damiano è pronto a reinventarsi.

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    Negli ultimi anni, i Måneskin hanno conquistato il panorama musicale internazionale con tour sold-out, premi prestigiosi e riconoscimenti che raramente vengono assegnati a band non anglofone. Per Damiano David, il frontman del gruppo, questo viaggio è stato un’esperienza incredibile, ma anche estremamente impegnativa.

    Il successo sì… ma a quale prezzo?

    “Abbiamo raggiunto traguardi incredibili e ottenuto successi che mai avrei immaginato. Ma il ritmo era talmente serrato che non mi rendevo conto di quanto stessi trascurando me stesso”, ha dichiarato in un’intervista a Music Connection.

    Il lato oscuro della fama

    Se da un lato il successo porta fama e riconoscimenti, dall’altro nasconde una pressione costante. Damiano ha raccontato come gli ultimi mesi con la band siano stati particolarmente difficili: “Mi sono reso conto troppo tardi di quanto fossi stanco e demotivato. Non avevo più entusiasmo, e quello che avevamo costruito non rispecchiava più le mie esigenze personali.” Un sentimento che ha spinto il cantante a riflettere profondamente sulla sua carriera e sul suo benessere personale.

    Carico di lavoro insostenibile

    Il frontman dei Måneskin ha confessato che il ritmo incessante di lavoro lo ha portato a perdere il controllo della propria vita creativa e personale: “Ho insistito fino all’ultimo, cercando di resistere, ma a un certo punto sono entrato in una modalità di lavoro automatica. Mi sentivo perso, come un robot.” Non si trattava di una questione di responsabilità altrui, ma di una sua incapacità di dire di no a nuovi impegni, finendo per ignorare i segnali del corpo e della mente.

    L’inizio di una nuova avventura

    Dopo questa presa di coscienza, Damiano ha deciso di cambiare rotta e dedicarsi a un nuovo progetto musicale da solista. Ha già lanciato alcuni singoli che stanno ricevendo ottimi riscontri e, nel 2025, uscirà il suo primo album senza la band. Questa nuova fase rappresenta per lui un’opportunità di esprimere se stesso in modo più libero e autentico, senza i vincoli e le pressioni di una band in continua ascesa mondiale.

    Una ripartenza verso una differente dimensione di successo

    L’addio temporaneo ai Måneskin segna un capitolo inedito nella carriera di Damiano David. Dopo anni vissuti al massimo della velocità, il cantante ha scelto di riprendere in mano la propria vita e la propria arte, sperimentando nuove sonorità e un approccio più consapevole alla musica. Riuscirà il suo progetto solista a replicare il successo della band? Questo 2025 sarà l’anno della risposta definitiva.

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      Musica

      Sabrina Salerno: «La terapia ormonale è dura, ma continuo a ballare». Dopo il tumore, la cantante si racconta

      Scoperto in tempo grazie alla prevenzione, il tumore di Sabrina Salerno non ha richiesto chemioterapia. Oggi l’artista affronta gli effetti delle cure ormonali, ma non perde entusiasmo: «Mi chiedo come nel 2025 non si sia ancora trovata una terapia più leggera».

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        Sabrina Salerno non si ferma. A un anno dalla diagnosi di tumore al seno, la cantante e showgirl è tornata in scena con la stessa grinta che l’ha resa un’icona degli anni ’80. Lo scorso luglio il singolo, Bollente, realizzato in collaborazione con Ludwig (Ludovico Franchitti), ha rappresentato un inno all’energia e alla rinascita. Ma dietro la luce del palco c’è anche il racconto di una battaglia personale.

        Nell’agosto 2024 Sabrina aveva rivelato ai suoi follower di aver scoperto un nodulo maligno al seno. Una lesione non palpabile, individuata grazie a una mammografia di routine. «È stata la prevenzione a salvarmi» aveva scritto sui social. Diagnosticato in fase iniziale, il tumore non ha richiesto chemioterapia ma solo radioterapia mirata.

        Oggi la cantante sta affrontando una terapia ormonale specifica, necessaria per prevenire recidive. «Mi chiedo come mai nel 2025 non si sia ancora trovato un metodo per far andare le cose meglio» ha raccontato in un’intervista a Libero Quotidiano, denunciando le difficoltà e gli effetti collaterali del trattamento. Una testimonianza sincera che mette in luce la necessità di continuare a investire nella ricerca.

        Nonostante tutto, la sua carriera non si è mai fermata. «Continuo a lavorare, a fare musica e a crederci» ha dichiarato con il sorriso che l’ha sempre contraddistinta. Bollente è un brano ironico e sensuale, ma anche simbolico: racconta la voglia di restare viva, di muoversi, di non lasciarsi definire dalla malattia.

        Sabrina non parla solo di sé. Nella stessa intervista ha espresso stima per Elodie, Alfa, Jennifer Lopez e Cher, donne che, come lei, hanno trasformato la sensualità in linguaggio artistico. «Il corpo è uno strumento di comunicazione, non un tabù» ha detto.
        Tra forza, ironia e consapevolezza, la Salerno dimostra ancora una volta che si può essere fragili e indistruttibili allo stesso tempo.

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          Musica

          Victoria Beckham: «Da ragazzina mi chiamavano stupida e mi tiravano lattine». Il bullismo, la dislessia che l’ha resa più forte

          Ospite del podcast Call Her Daddy, Victoria Beckham rivela le ferite mai guarite del passato: bullismo, acne, dislessia e la sensazione di sentirsi “sbagliata”. «Quell’esperienza mi ha temprata, mi ha preparato alla cattiveria dei media».

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          Victoria Beckham

            Dietro la perfezione di Victoria Beckham c’è una ragazza che ha conosciuto la crudeltà e la solitudine. A raccontarlo è lei stessa, senza filtri, nel podcast Call Her Daddy. «Ero una bambina e un’adolescente un po’ strana» dice, ricordando gli anni in cui sentirsi diversa sembrava una colpa.
            «A scuola ero vittima di bullismo. Gli altri ragazzi dopo le lezioni fumavano, uscivano, io andavo a danza o a teatro. Non riuscivo a integrarmi».

            A rendere tutto più difficile c’erano anche l’acne, i capelli piatti e l’insicurezza. «Ricordo quando ero nel cortile della scuola, tutta sola, e i bambini raccoglievano le lattine di Coca-Cola dalle pozzanghere per tirarmele addosso. È stato umiliante».
            Un dolore amplificato dalle difficoltà scolastiche: «Guardando i miei figli ora mi rendo conto di essere dislessica e di soffrire di discalculia. All’epoca però non si parlava di queste cose. Mi chiamavano semplicemente “stupida”».

            Nemmeno il college fu un rifugio. «Mi dissero che non ero abbastanza brava o bella, troppo grassa per salire sul palco». Un giudizio che avrebbe potuto distruggerla, ma che invece l’ha resa più determinata. «Quel bullismo mi ha preparata a quello dei media» racconta. «Mi ha temprata».

            Oggi, a cinquant’anni, Victoria Beckham è icona di stile e fondatrice di un marchio di moda di successo, ma non dimentica la ragazzina insicura che era. «Allora non si parlava di salute mentale come si fa oggi. Io cercavo solo di sopravvivere, di restare me stessa».
            Dietro l’immagine impeccabile della Posh Spice resta così la forza di una donna che ha trasformato la vergogna in disciplina e le ferite in eleganza. Perché la vera bellezza — quella che resiste — nasce sempre da un difetto accettato.

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              Musica

              Renato Zero: «Sono più sposato di tanti altri. Non servono garanzie per amare, serve responsabilità verso gli altri»

              Settantacinque anni, un album da 19 brani e un tour di 25 date: Renato Zero celebra la sua carriera con ironia e gratitudine. «Ho dimostrato che da Zero si può diventare tanto. Continuerò a cantare finché avrò fiato».

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                «Sono più sposato di tanti altri». Così Renato Zero accende la sala gremita del Superstudio di Milano, durante la serata del Festival dello Spettacolo, dove il direttore di Tv Sorrisi e Canzoni, Aldo Vitali, gli consegna il Telegatto. Lui, con il suo inconfondibile humour, replica: «Grazie, anche se avrei preferito un Telesorcino».
                Il pubblico si alza in piedi, parte un video tributo, la sala canta, lui canta con loro. «Non mi posso permettere di commuovermi – scherza – sennò divento nero per il trucco!».

                È un Renato Zero in stato di grazia, che festeggia i suoi 75 anni con un album uscito proprio nel giorno del compleanno: Uno, due, tre… Zero! «Sono diciannove brani che rappresentano diciannove esternazioni di stati d’animo che avete convissuto con me» racconta. «Un artista deve avere il coraggio di lasciare da parte i numeri, i dischi di platino, e mandare un messaggio. Questo disco lo dedico alla pace: basta guerre. È uno dei lavori più belli e più riusciti della mia vita».

                Poi il tono si fa più intimo. «Ho dimostrato che da Zero si può diventare tanto. C’è stata tanta gelosia nei nostri confronti, ricordo quando chiusero un tendone di Zerolandia. C’è stata mancanza di libertà. Ecco perché dobbiamo continuare a parlarne: la libertà è il vero amore di tutta la mia vita».

                E parlando di amori, Zero si definisce “sposatissimo”: «Gli errori nella vita si fanno, ma l’importante è non ripeterli. Gli errori servono per condividere, per questo ci si sposa. Io vi assicuro che sono più sposato di tanti altri. Non servono garanzie per esserlo, basta sentire la responsabilità verso gli altri. In questo Paese, io sono straposato!».

                Tra un sorriso e una riflessione, arriva anche un rimpianto: «Fonopoli. Avevamo un progetto bellissimo, ma ce l’hanno bocciato. In Italia, se fai le cose buone, spesso non te le fanno fare. Ma non mi arrendo, perché credo ancora nella condivisione e nella musica come casa comune».

                A gennaio ripartirà con un tour di 25 date, un viaggio musicale lungo oltre tre ore a sera. «Mi rimproverano perché canto troppo, ma non riesco a scegliere. Ho scritto troppo, lo ammetto. Forse in futuro dovrò farmi aiutare dai medley».

                C’è spazio anche per il sogno, che lui chiama “una carezza”. «I sogni vanno presi con le pinze. Ti devi chiedere perché sogni una cosa e non un’altra. Ho sognato mia madre una sola volta: le ho chiesto se avesse sofferto quando è andata via. Mi ha risposto: “Sono andata via molto prima di quanto pensi”. È stato un regalo».

                E quando gli chiedono quale sia oggi il suo sogno, Renato sorride e chiude con la sua filosofia più vera: «Ancora con i sogni? La mia realtà è quella di non perdermi».

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