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Musica

Ho (quasi) vinto Sanremo ma anche all’Eurovisiono sarò solo Lucio…

Il secondo classificato di Sanremo 2025, Lucio Corsi, torna sulla scena musicale con “Volevo essere un duro”, un album che mescola nostalgia, realtà e fantasia senza perdersi in inutili orpelli. Il quarto disco in studio dell’artista toscano è disponibile da oggi in digitale, mentre la versione fisica arriverà l’11 aprile. Un viaggio musicale che, tra sonorità ricercate e testi evocativi, continua a esplorare il suo mondo unico. Per il prossimo impegno all’Eurovision non aspettatevi nessun “fuoco d’artificio”… ma solo tanta sincerità.

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    Il suo nuovo disco è il risultato di un intenso lavoro a sei mani con Tommaso Ottomano, che ha collaborato alla scrittura, composizione e produzione, e Antonio “Cuper” Cupertino. Nove tracce che raccontano storie di personaggi sospesi tra il passato e l’immaginazione: tra questi Francis Delacroix, un fotografo di vecchia data, e Rocco, il compagno di scuola delle medie. Con questo nuovo progetto, si conferma un narratore capace di trasformare le esperienze personali in musica senza tempo. Riportando in auge la figura del cantautore, del quale l’Italia può vantare una grande tradizione, capace di fotografare la realtà ma col tocco poetico della fantasia.

    Tra tour sold out e nuove date

    Con l’uscita dell’album arriva anche il “Club Tour”, che partirà il 10 aprile e ha già registrato il tutto esaurito. Ma niente paura: per chi non è riuscito a trovare i biglietti, ci saranno altre 25 date estive in tutta Italia. Un’occasione imperdibile per vedere dal vivo un artista che riesce a portare sul palco la stessa autenticità che caratterizza la sua musica. “Scrivere è un viaggio, un modo per esplorare me stesso e il mondo che mi circonda”, racconta Corsi. “Mi piace mescolare la mia infanzia con quella degli altri e fare scelte diverse per il futuro”.

    Arte visiva e ispirazioni pittoriche

    Lucio Corsi non è solo un cantautore, ma un artista a tutto tondo. La madre ha curato tutte le copertine dei suoi album, compresa quella di Volevo essere un duro, che ritrae una ballerina dai capelli rossi, scelta per il forte legame con i temi dell’album. Non mancano riferimenti pittorici importanti: Corsi si ispira a Ligabue, pittore amato fin da bambino per la sua capacità di raccontare storie attraverso le immagini. Un connubio tra musica e arte che arricchisce ulteriormente la sua poetica.

    Eurovision 2025: sobrietà e autenticità

    Dopo il secondo posto a Sanremo, Lucio Corsi si prepara all’Eurovision Song Contest. Ma niente effetti speciali: “Non sono un tipo da fuochi d’artificio”, dichiara. “La canzone rimarrà la stessa, senza troppa scenografia. Vogliamo che la nostra musica parli da sola, come ai concerti”. Un approccio coerente con il suo stile, lontano dagli eccessi, ma sempre autentico. E chissà, magari questa volta, senza fronzoli e senza compromessi, riuscirà davvero a essere il più duro di tutti.

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      Lucio Corsi: «Dopo Sanremo la vita è la stessa, passo le giornate con gli amici di sempre»

      «Il giorno dopo Sanremo sembrava un film: le macchine mi salutavano per strada. Ma non è cambiato niente. Suono con gli stessi amici, scrivo con la stessa leggerezza». Dopo il trionfo sul palco dell’Ariston, Lucio Corsi debutta sul grande schermo con un live visionario girato in pellicola 16mm.

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        «Il giorno dopo Sanremo sono uscito di casa e tutte le macchine mi salutavano. Sembrava un film». Lucio Corsi sorride mentre racconta i mesi che hanno cambiato la sua carriera, ma non la sua vita. Dopo l’exploit all’Ariston con Volevo essere un duro, il cantautore toscano si prepara a sbarcare anche al cinema con il film concerto La chitarra nella roccia – Lucio Corsi dal vivo all’Abbazia di San Galgano, in esclusiva nei The Space Cinema il 3, 4 e 5 novembre.

        Un viaggio musicale e visivo diretto dal suo “fratello artistico” Tommaso Ottomano e prodotto da Sugar, che raccoglie il live registrato nell’estate 2024 nella celebre abbazia del XII secolo, tra le più suggestive d’Italia. Girato interamente in pellicola 16mm, è un omaggio alla terra d’origine dell’artista, quella Maremma che continua a essere la sua musa silenziosa.

        «Suono con gli stessi ragazzi e passo le giornate con gli amici di sempre», spiega Corsi. «Nelle cose che amiamo, come scrivere canzoni, non è cambiato niente. Siamo cresciuti insieme e ci teniamo a vicenda coi piedi per terra. È quello che fa anche la Maremma: la casa dove sono nato è circondata da alberi, e loro sono i primi che ti insegnano a guardarti intorno, ma restando piantati dove sei nato».

        La sua musica, sospesa tra fiaba e rock, trova nell’abbazia un tempio naturale. «Se fosse un personaggio delle mie canzoni, sarebbe una balena che nuota nella campagna, con una buona acustica nella pancia», racconta divertito. «È un luogo che ha popolato la mia immaginazione fin da bambino. I miei genitori mi ci portavano spesso, e da anni ci immaginavo dentro un palcoscenico. Questo era l’anno giusto per provarci».

        Nel film, le luci, i suoni e la voce di Corsi si intrecciano con l’architettura gotica del luogo, trasformando ogni brano in una visione. La chitarra nella roccia è anche un disco, in uscita il 14 novembre, che cattura la stessa energia del live. «In adolescenza io e Tommaso siamo stati travolti dalla musica – racconta –. Ci ha portato via dalle nostre camerette e dalla noia che somiglia alla pace di un paese. Da allora, il sogno è stato quello di restituire quella magia».

        E i sogni, per Lucio, continuano a farsi concreti. Dopo il film e l’album, nel gennaio 2026 partirà il suo Tour Europeo, con date nei club delle principali città del continente, cui seguirà Lucio Corsi – Palasport 2026, il primo tour nei palazzetti italiani.

        Una corsa senza artifici, fatta di chitarre, amici e radici. «Sanremo mi ha dato tanto – conclude – ma la mia forza è restare quello di sempre. Nei miei sogni ci sono ancora la Maremma e una balena che canta nel silenzio».

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          Victoria Beckham: «Da ragazzina mi chiamavano stupida e mi tiravano lattine». Il bullismo, la dislessia che l’ha resa più forte

          Ospite del podcast Call Her Daddy, Victoria Beckham rivela le ferite mai guarite del passato: bullismo, acne, dislessia e la sensazione di sentirsi “sbagliata”. «Quell’esperienza mi ha temprata, mi ha preparato alla cattiveria dei media».

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          Victoria Beckham

            Dietro la perfezione di Victoria Beckham c’è una ragazza che ha conosciuto la crudeltà e la solitudine. A raccontarlo è lei stessa, senza filtri, nel podcast Call Her Daddy. «Ero una bambina e un’adolescente un po’ strana» dice, ricordando gli anni in cui sentirsi diversa sembrava una colpa.
            «A scuola ero vittima di bullismo. Gli altri ragazzi dopo le lezioni fumavano, uscivano, io andavo a danza o a teatro. Non riuscivo a integrarmi».

            A rendere tutto più difficile c’erano anche l’acne, i capelli piatti e l’insicurezza. «Ricordo quando ero nel cortile della scuola, tutta sola, e i bambini raccoglievano le lattine di Coca-Cola dalle pozzanghere per tirarmele addosso. È stato umiliante».
            Un dolore amplificato dalle difficoltà scolastiche: «Guardando i miei figli ora mi rendo conto di essere dislessica e di soffrire di discalculia. All’epoca però non si parlava di queste cose. Mi chiamavano semplicemente “stupida”».

            Nemmeno il college fu un rifugio. «Mi dissero che non ero abbastanza brava o bella, troppo grassa per salire sul palco». Un giudizio che avrebbe potuto distruggerla, ma che invece l’ha resa più determinata. «Quel bullismo mi ha preparata a quello dei media» racconta. «Mi ha temprata».

            Oggi, a cinquant’anni, Victoria Beckham è icona di stile e fondatrice di un marchio di moda di successo, ma non dimentica la ragazzina insicura che era. «Allora non si parlava di salute mentale come si fa oggi. Io cercavo solo di sopravvivere, di restare me stessa».
            Dietro l’immagine impeccabile della Posh Spice resta così la forza di una donna che ha trasformato la vergogna in disciplina e le ferite in eleganza. Perché la vera bellezza — quella che resiste — nasce sempre da un difetto accettato.

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              Musica

              Sabrina Salerno: «La terapia ormonale è dura, ma continuo a ballare». Dopo il tumore, la cantante si racconta

              Scoperto in tempo grazie alla prevenzione, il tumore di Sabrina Salerno non ha richiesto chemioterapia. Oggi l’artista affronta gli effetti delle cure ormonali, ma non perde entusiasmo: «Mi chiedo come nel 2025 non si sia ancora trovata una terapia più leggera».

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                Sabrina Salerno non si ferma. A un anno dalla diagnosi di tumore al seno, la cantante e showgirl è tornata in scena con la stessa grinta che l’ha resa un’icona degli anni ’80. Lo scorso luglio il singolo, Bollente, realizzato in collaborazione con Ludwig (Ludovico Franchitti), ha rappresentato un inno all’energia e alla rinascita. Ma dietro la luce del palco c’è anche il racconto di una battaglia personale.

                Nell’agosto 2024 Sabrina aveva rivelato ai suoi follower di aver scoperto un nodulo maligno al seno. Una lesione non palpabile, individuata grazie a una mammografia di routine. «È stata la prevenzione a salvarmi» aveva scritto sui social. Diagnosticato in fase iniziale, il tumore non ha richiesto chemioterapia ma solo radioterapia mirata.

                Oggi la cantante sta affrontando una terapia ormonale specifica, necessaria per prevenire recidive. «Mi chiedo come mai nel 2025 non si sia ancora trovato un metodo per far andare le cose meglio» ha raccontato in un’intervista a Libero Quotidiano, denunciando le difficoltà e gli effetti collaterali del trattamento. Una testimonianza sincera che mette in luce la necessità di continuare a investire nella ricerca.

                Nonostante tutto, la sua carriera non si è mai fermata. «Continuo a lavorare, a fare musica e a crederci» ha dichiarato con il sorriso che l’ha sempre contraddistinta. Bollente è un brano ironico e sensuale, ma anche simbolico: racconta la voglia di restare viva, di muoversi, di non lasciarsi definire dalla malattia.

                Sabrina non parla solo di sé. Nella stessa intervista ha espresso stima per Elodie, Alfa, Jennifer Lopez e Cher, donne che, come lei, hanno trasformato la sensualità in linguaggio artistico. «Il corpo è uno strumento di comunicazione, non un tabù» ha detto.
                Tra forza, ironia e consapevolezza, la Salerno dimostra ancora una volta che si può essere fragili e indistruttibili allo stesso tempo.

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