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Musica

“Mamma mi dà ancora la paghetta”: Mauro Repetto torna a farci ballare e riflettere col suo sogno italiano

Mauro Repetto, l’ex compagno di banco e di hit di Max Pezzali negli indimenticabili 883, è tornato con un nuovo singolo dance. Dopo anni tra cinema, teatro e fughe all’estero, oggi vive il suo “Italian Dream” con consapevolezza, ironia e un pizzico di follia. Dai giorni di gloria pop alla voglia di fare spettacolo con intelligenza: ecco il ritratto di un artista fuori dagli schemi che non ha mai smesso di crederci. Neanche quando la mamma gli corrisponde ancora la paghetta…

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    A 56 anni, Mauro Repetto non si è seduto sugli allori del passato. Dimenticate l’etichetta di “quello strano degli 883”: oggi è un performer maturo, creativo e pieno di energia. Il nuovo singolo, DJ Sole, è un inno all’estate, alla leggerezza, alla libertà. “Canto come un attore canta in scena”, spiega. “Non è la voce che conta, ma l’energia che ci metti dentro”.

    Dal sogno americano all’“Italian Dream”: la fuga, il ritorno, la rinascita

    Un tempo è scappato in America per inseguire il cinema. Oggi dichiara senza esitazioni: “La mia dimensione è l’Italia”. Dopo anni tra Hollywood e Parigi, Repetto ha trovato in patria la vibrazione giusta. “Voglio fare spettacolo in tutte le forme, portare emozione, riflessione e ironia. Orvieto oggi mi dà le stesse vibes che da ragazzo trovavo in Beverly Hills”.

    Il teatro, la serie su Sky e quel tour con l’Uomo Ragno

    Dopo il successo del tour teatrale Alla ricerca dell’Uomo Ragno, quasi sempre sold out, Mauro si prepara a tornare sul palco con uno spettacolo satirico, leggero ma profondo, in cui non mancheranno musica e intelligenza artificiale. “Sarà una favola sociopolitica, una specie di Black Mirror in chiave italiana”, anticipa. E intanto, la serie Sky ha riacceso i riflettori su di lui, mettendo in luce “quell’energia che tutti a Pavia conoscevano”.

    La verità sulla felicità e… la paghetta di mammà

    Sì, la mamma gli dà ancora la paghetta, e lui lo racconta senza filtri. “Un po’ mi vergogno, ma è il suo modo per restare mamma. E io lo accetto con gratitudine e un sorriso”. Racconta anche della sua felicità genuina negli anni degli 883: “Stavo nella mia parte, quella scritta dal marketing, ma ci stavo bene. Era naif, autentico, a volte persino surrealista”.

    Il consiglio ai giovani artisti: “Allenatevi alla normalità”

    A chi sogna la musica, il cinema o lo spettacolo, Repetto dice: “Coltivate il talento, ma anche la capacità di essere normali. Il successo è effimero, la serenità no”. Parole che suonano come un manifesto, più attuali che mai.

    Repetto & Pezzali: amici prima che colleghi

    E con Max Pezzali? Il legame è sempre forte, ma non si parla di lavoro. “Solo di cazzate”, dice Mauro ridendo. Un’amicizia vera, fuori dal business, nata sui banchi di scuola e rimasta immutata nel tempo.

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      Musica

      Dieci canzoni per Halloween: da Michael Jackson a Lady Gaga, la colonna sonora perfetta per una notte da brividi

      Dal rock oscuro ai ritmi pop più inquieti: dieci brani che fanno ballare, tremare e brillare la notte del 31 ottobre.

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      Dieci canzoni per Halloween

        Quando il pop incontra il brivido

        Halloween è anche una questione di ritmo. Ci sono canzoni che bastano a evocare zucche illuminate, ombre e passi nel buio. Su tutte, Thriller di Michael Jackson, la più iconica di sempre: un mini-film in musica con il celebre monologo di Vincent Price. Poi Zombie dei Cranberries, che con la voce graffiata di Dolores O’Riordan racconta un dolore collettivo diventato inno dark.
        E nella playlist non può mancare The Dead Dance di Lady Gaga, una delle sue incursioni più cupe e teatrali, dove il ritmo elettronico incontra l’estetica del macabro con ironia perfetta per Halloween.

        Rock, metal e fuoco infernale

        Il lato più infernale della festa appartiene al rock. King of the Night Time World dei Kiss è pura energia notturna: chitarre incandescenti e un invito al peccato sotto le luci viola del palco.
        Segue Bark at the Moon di Ozzy Osbourne, la quintessenza dell’horror metal, un urlo alla luna che riassume il gusto gotico anni Ottanta. People Are Strange dei The Doors, con la voce ipnotica di Jim Morrison, resta invece il ritratto perfetto dell’alienazione: inquietante, magnetico, impossibile da ignorare.

        Dalle tenebre al dancefloor

        Chi vuole ballare può puntare su Disturbia di Rihanna, pop elettronico dal battito ossessivo, o su Bad Guy di Billie Eilish, che sembra scritta per una festa di Halloween contemporanea. Highway to Hell degli AC/DC aggiunge la dose giusta di ironia infernale, mentre Sympathy for the Devil dei Rolling Stones chiude il cerchio con la classe del rock immortale.
        Dieci brani, dieci mondi diversi: tra chitarre, synth e voci spettrali, la notte del 31 ottobre ha sempre una colonna sonora che vibra tra il peccato e la seduzione. Perché la paura, se ha ritmo, diventa irresistibile.

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          Musica

          Morgan, chiesti nove mesi di reclusione per oltraggio a pubblico ufficiale: «Ero in profonda sofferenza»

          La Procura ha chiesto nove mesi di reclusione per Marco Castoldi, in arte Morgan, accusato di aver offeso le forze dell’ordine nel giorno in cui veniva eseguito lo sgombero del suo appartamento di via Adamello, a Milano.

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            «Mostri, ignoranti, becchini». Così, secondo l’accusa, Morgan avrebbe apostrofato gli agenti presenti sotto casa sua durante lo sfratto del 2019. Oggi quelle parole, pronunciate in un momento di rabbia e disperazione, gli costano una richiesta di condanna a nove mesi di reclusione per oltraggio a pubblico ufficiale.

            Era il 25 giugno 2019 quando l’ufficiale giudiziario bussò alla porta del suo appartamento di via Adamello, a Milano, per dare esecuzione al pignoramento disposto dopo anni di contenziosi e debiti. Un episodio che si trasformò presto in un piccolo show: le telecamere di cronaca appostate sotto casa, i fan accorsi a sostenere il cantautore, e lui – visibilmente agitato – che si affacciava al balcone per denunciare “l’ingiustizia” subita.

            Oggi, a distanza di cinque anni, quella scena arriva in tribunale. Secondo la ricostruzione della Procura, Morgan avrebbe insultato le forze dell’ordine con toni aggressivi e offese ripetute, arrivando a paragonarle a “boia” e “ridicoli”. Il tutto mentre tentava di opporsi allo sfratto da quella che, oltre a essere la sua abitazione, era anche il suo studio di registrazione, un luogo simbolico dove erano nati alcuni dei suoi progetti musicali più intimi.

            Nel corso dell’udienza, Morgan ha scelto di parlare e di raccontare la propria versione dei fatti. «Mi trovavo in uno stato di profonda sofferenza – ha dichiarato – nel lasciare quella che era non solo la mia casa, ma anche il mio luogo di lavoro, dove avevo i miei strumenti. Ero in grande difficoltà psicologica». Il musicista ha aggiunto di non aver riconosciuto gli agenti perché «non si erano qualificati come tali, non indossavano la divisa e uno di loro mi stava riprendendo con una telecamera».

            L’episodio arrivò al culmine di un periodo già complesso per l’artista, segnato da difficoltà economiche, cause legali e tensioni familiari. Quello sfratto, che lui stesso aveva raccontato in diretta sui social, rappresentò per molti fan la caduta di un mito ribelle ma fragile.

            L’accusa, però, non ha ritenuto sufficienti le attenuanti legate al suo stato emotivo, sottolineando come le espressioni rivolte agli agenti fossero «gravemente offensive» e «non giustificabili neppure in un contesto di stress o disperazione».

            La difesa, invece, punta tutto sulla componente umana: «Non fu un atto di disprezzo verso le istituzioni – sostengono i suoi legali – ma una reazione di dolore e frustrazione di un uomo che in quel momento stava perdendo tutto».

            La sentenza è attesa nelle prossime settimane. Nel frattempo, Morgan – oggi impegnato tra musica e televisione – sembra voler tenere a distanza quella parte di passato che continua a inseguirlo. «Io sono un uomo libero – ha detto di recente – ma la libertà, a volte, costa carissimo».

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              Musica

              Renato Zero: «Sono più sposato di tanti altri. Non servono garanzie per amare, serve responsabilità verso gli altri»

              Settantacinque anni, un album da 19 brani e un tour di 25 date: Renato Zero celebra la sua carriera con ironia e gratitudine. «Ho dimostrato che da Zero si può diventare tanto. Continuerò a cantare finché avrò fiato».

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                «Sono più sposato di tanti altri». Così Renato Zero accende la sala gremita del Superstudio di Milano, durante la serata del Festival dello Spettacolo, dove il direttore di Tv Sorrisi e Canzoni, Aldo Vitali, gli consegna il Telegatto. Lui, con il suo inconfondibile humour, replica: «Grazie, anche se avrei preferito un Telesorcino».
                Il pubblico si alza in piedi, parte un video tributo, la sala canta, lui canta con loro. «Non mi posso permettere di commuovermi – scherza – sennò divento nero per il trucco!».

                È un Renato Zero in stato di grazia, che festeggia i suoi 75 anni con un album uscito proprio nel giorno del compleanno: Uno, due, tre… Zero! «Sono diciannove brani che rappresentano diciannove esternazioni di stati d’animo che avete convissuto con me» racconta. «Un artista deve avere il coraggio di lasciare da parte i numeri, i dischi di platino, e mandare un messaggio. Questo disco lo dedico alla pace: basta guerre. È uno dei lavori più belli e più riusciti della mia vita».

                Poi il tono si fa più intimo. «Ho dimostrato che da Zero si può diventare tanto. C’è stata tanta gelosia nei nostri confronti, ricordo quando chiusero un tendone di Zerolandia. C’è stata mancanza di libertà. Ecco perché dobbiamo continuare a parlarne: la libertà è il vero amore di tutta la mia vita».

                E parlando di amori, Zero si definisce “sposatissimo”: «Gli errori nella vita si fanno, ma l’importante è non ripeterli. Gli errori servono per condividere, per questo ci si sposa. Io vi assicuro che sono più sposato di tanti altri. Non servono garanzie per esserlo, basta sentire la responsabilità verso gli altri. In questo Paese, io sono straposato!».

                Tra un sorriso e una riflessione, arriva anche un rimpianto: «Fonopoli. Avevamo un progetto bellissimo, ma ce l’hanno bocciato. In Italia, se fai le cose buone, spesso non te le fanno fare. Ma non mi arrendo, perché credo ancora nella condivisione e nella musica come casa comune».

                A gennaio ripartirà con un tour di 25 date, un viaggio musicale lungo oltre tre ore a sera. «Mi rimproverano perché canto troppo, ma non riesco a scegliere. Ho scritto troppo, lo ammetto. Forse in futuro dovrò farmi aiutare dai medley».

                C’è spazio anche per il sogno, che lui chiama “una carezza”. «I sogni vanno presi con le pinze. Ti devi chiedere perché sogni una cosa e non un’altra. Ho sognato mia madre una sola volta: le ho chiesto se avesse sofferto quando è andata via. Mi ha risposto: “Sono andata via molto prima di quanto pensi”. È stato un regalo».

                E quando gli chiedono quale sia oggi il suo sogno, Renato sorride e chiude con la sua filosofia più vera: «Ancora con i sogni? La mia realtà è quella di non perdermi».

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