Musica
Paola & Chiara: 10 anni separate sono serviti, ora saranno un duo per sempre
Le “sorelline terribili” del pop italiano si raccontano, soprattutto nella decade che le ha viste divise e relegate in un angolo dello show business. Ora sono tornate più forti che mai.
Durante il loro tour promozionale per il libro scritto a 4 mani Sister, Paola e Chiara Iezzi hanno raccontato i retroscena che oltre 10 anni fa le spinsero a separarsi, mettendo temporaneamente fine ad un progetto che sembrafa funzionare a meraviglia.

La copertina del loro libro che esce per Rizzoli
Un libro che finalmente spiega tutto
Fra le pagine di Sister Paola e Chiara, per la prima volta, rileggono con precisione e dovizia di particolari le motivazioni che oltre 10 anni fa le spinsero ad allontanarsi l’una dall’altra: “È stato emozionante ripercorrere tutte le tappe. Nel rileggerlo ci siamo emozionate”, hanno dichiarato ad un audience attenta e partecipe delle loro vicende. “Raccontare la nostra separazione non è facile, non lo è stato viverla”, ha aggiunto Paola, “Dieci anni di lontananza e separazione sono tanti. Ma sono serviti”.
Chiara e la necessità di ritrovare se stessa
Dal canto suo Chiara ha raccontato di come “Era un momento in cui hai sentito la necessità di trovare me stessa”, tornando con la mente a quel preciso momento e alla decisione di interrompere la storia del duo musicale che ha segnato la storia della musica pop italiana.
La necessità di crescere a livello personale e non solo come duo
Prosegue Chiara Iezzi: “Avevamo vissuto un momento travolgente dal punto di vista professionale che ci imponeva regole costanti. Cercavamo di assecondare tutto quello che ci accadeva anche nelle parti meno semplici. A un certo punto ho sentito la necessità di crescere anch’io come persone. E poi ero convinta che anche Paola ne avesse bisogno”. “Io mi sono dovuta adeguare”, ha risposto Paola, “La pensavo in un modo molto diverso. Vivevamo diversamente l’insuccesso. Io ero disposta a lottare e ad aspettare che tornasse il successo che sembrava essersene andato. Pensavo che l’unione facesse la forza, che questo nostro sodalizio potesse continuare. Non mi ero resa conto di quanto fosse pesante per lei. Non mi rendevo conto che non tutti hanno la stessa tempra, mi taravo sulla mia forza. Quindi ho subito la sua decisione, poi ho capito”.
Fino a quel momento erano state due sorelle molto unite
Le due donne si mettono a nudo, colmando con tutti i dettagli del caso un vuoto che, all’epoca, aveva deluso e intristito i loro fan, che non capivano i motivi di quello stop così inaspettato e repentino. Paola mostra davvero voglia di precisare tutto, archiviando quel periodo in modo definitivo: “Eravamo sempre state molto unite, molto amiche oltre che sorelle, il fatto che non mi parlasse apertamente delle sue problematiche perché aveva paura che mai arrabbiassi mi feriva”.
Quando vorresti confrontarti ma qualcosa te lo impedisce
“Temevo di deluderla e poi stavo vivendo un momento anche sentimentale complesso”, ha spiegato sempre Chiara, “Viaggiando molto, non mi ero resa conto di certe cose che accadevano. Quella storia volevo recuperarla ma finì ugualmente. Fu abbastanza difficile per me superare quel momento. Dal punto di vista professionale, soffrivo tantissimo il fatto che non avessimo un contratto discografico, che ogni responsabilità gravasse sulle nostre spalle. Avrei preferito riuscire a spiegarle quanto fosse importante una pausa”.
D’ora in poi – promettono – saranno un duo per sempre
Poi, quando nessuno se lo aspettava, il riavvicinamento. Si sono ritrovate artisticamente e il primo passo l’ha compiuto Chiara, come ammette Paola: “È stata sempre un po’ Chiara a riavvicinarsi ogni tanto. Io ero feriva perché sentivo che quel patto che avevano fatto quando eravamo piccole era saltato con quell’allontanamento. In futuro non ci saranno altre separazioni. Saremo Paola e Chiara per sempre, con il nostro progetto e con i nostri percorsi individuali”.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Musica
Patty Pravo sbotta contro gli haters: “Se non vi piaccio, che ci fate qui? Ho pietà per voi e per la vostra tristezza”
Un post infuocato su Instagram per rispondere a chi la critica da dietro la tastiera. Patty Pravo non le manda a dire: “Io non mi capacito di una cosa. Ma se non vi piace, cosa ci fate in questa pagina? Solo per scrivere insulti. La vostra vita dev’essere davvero triste. Ho pietà per voi”.
Patty Pravo, 76 anni, non ha mai avuto paura di dire quello che pensa. E questa volta ha deciso di rispondere apertamente agli haters che da giorni la bersagliano sui social con commenti offensivi. “Io non mi capacito di una cosa. Ma se non vi piace, cosa ci fate in questa pagina? Solo per scrivere insulti. Mummia, statua di cera. Rifatta, plastificata. Una cosa ho forse capito. La vostra vita è veramente triste. Ho pietà per voi”, ha scritto in un lungo sfogo pubblicato su Instagram.
La cantante, che da oltre cinquant’anni calca le scene e resta una delle icone più amate della musica italiana, si è stancata delle offese gratuite. Commenti pungenti sul suo volto, sul modo di vestirsi, persino sulla voce. Un accanimento che lei ha deciso di affrontare con ironia ma anche con fermezza, trasformando l’attacco in un messaggio di dignità.
“Mi conoscete, non ho mai avuto problemi con il tempo che passa. Ma leggere certi commenti mi fa capire quanto veleno ci sia in giro. Io vado avanti per la mia strada, con la musica e con chi mi vuole bene”, avrebbe confidato a chi le è vicino.
Sotto il post, il sostegno dei fan è stato immediato: centinaia di messaggi affettuosi e di ringraziamenti per il coraggio con cui ha reagito. Molti ricordano come Patty Pravo sia sempre stata un simbolo di libertà, un’artista che ha fatto della diversità un punto di forza e non un difetto da nascondere.
Il suo sfogo, in fondo, suona come una lezione: dietro lo schermo è facile ferire, ma serve molto più coraggio per restare se stessi senza chiedere scusa a nessuno. E Patty, con il suo stile inconfondibile e la sua voce unica, continua a farlo da una vita.
Musica
Giorgia, la forza della leggerezza: “Rinasco ancora, e questa volta mi firmo solo G”
Conduttrice di X Factor, madre, cantante e donna “in trasformazione”: Giorgia torna alla musica con dodici brani che parlano di libertà e maturità. “Non ho più vent’anni, e va bene così. Ho imparato che la forza è anche nell’imperfezione.”
Alla Triennale di Milano, Giorgia si presenta con un sorriso disarmante e un’energia contagiosa. È qui per presentare G, il suo nuovo album di inediti in uscita venerdì 7 novembre 2025. Un titolo essenziale, una sola lettera: come a dire che, dopo una carriera trentennale, non serve aggiungere altro. «Sono in un momento assurdo della mia vita – racconta con ironia –. Ho un’età, sono distrutta, ma piena di gratitudine. Non ho mai lavorato così tanto.»
E infatti, tra la seconda stagione alla conduzione di X Factor, il nuovo disco e un tour quasi tutto sold out, Giorgia Todrani, 54 anni, vive una nuova giovinezza artistica. «È un periodo in cui sto tornando a me stessa. Mi ero chiusa, ora mi sto riaprendo alla musica e al contatto con le persone. È stato come ricominciare da capo.»
“G” come Giorgia, ma anche come gratitudine
Il nuovo album G arriva a tre anni di distanza da Blu, e rappresenta una svolta intima e consapevole. Dodici brani che, pur non scritti da lei, rispecchiano perfettamente la sua sensibilità. «Ho scelto canzoni che avrei potuto scrivere io – spiega –. La sfida era rimanere me stessa e, allo stesso tempo, essere contemporanea.»
Tra i brani spicca La cura per me, una rilettura della celebre La cura di Franco Battiato, reinterpretata insieme a Blanco. «Abbiamo cambiato il finale – racconta –. Nella versione originale c’è scritto “Per me sei paura di rimanere sola / Solo tu sei la cura”. Io invece canto “Spengo la paura di rimanere sola”. È un messaggio di indipendenza, un modo per dire che la forza non viene da fuori, ma da dentro di noi.»
Il ritorno dell’ironia: “Sono un po’ Terminator”
Nel suo discorso Giorgia alterna leggerezza e profondità, come solo lei sa fare. «Non è la prima volta che rinasco – dice ridendo –. Sono un po’ un Terminator! Il bello di non avere più vent’anni è che accetti gli alti e bassi. Se me l’avessero detto a 26 anni, non ci avrei mai creduto. E pensare che volevo smettere già allora!»
Oggi, invece, è più attiva che mai. Dal 25 novembre parte il nuovo tour nei palazzetti italiani, con tappa finale il 30 marzo 2026 a Padova. «Dovevano essere dieci date, sono diventate diciotto. Quando sento parlare di stadi mi vengono i brividi: preferisco i palasport, dove sento le persone vicine. Amo quella connessione, quella vulnerabilità che solo un teatro o un palazzetto possono darti.»
Tra palco e famiglia
Accanto a lei, nella vita e nel lavoro, c’è sempre Emanuel Lo – compagno, regista e artista – con cui condivide anche il video di Golpe, il singolo che ha anticipato l’album, girato a Galatina (Lecce). «Nel video ci siamo entrambi, ma nostro figlio Samuel, che ha 15 anni, fa finta di non conoscerci!» scherza. «Con lui cerco sempre il dialogo: non è facile, ma i figli ti insegnano a cercare il positivo anche nei momenti difficili.»
“Non voglio smettere di essere umana”
Tra un sorriso e una riflessione più seria, Giorgia non risparmia una critica ai tempi che viviamo. «È un periodo violento – dice –. Sui social si giudica tutto, anche il dolore. Io sono cresciuta con una madre femminista gentile, che mi ha insegnato a discutere, non ad aggredire. Essere forti non significa urlare, ma restare umani.»
E forse è proprio questo il filo rosso di G: l’umanità come punto di forza, la leggerezza come conquista. «Dopo tanti anni ho capito che non serve rincorrere la perfezione. La musica, come la vita, è fatta di errori, di fragilità. Ma è lì che si nasconde la verità.»
Una nuova stagione
Quando le si chiede che cosa direbbe alla giovane Giorgia di Come saprei, lei sorride: «Le direi di vivere le cose con meno ansia. E di mettersi i tacchi, almeno ogni tanto!»
Poi si ferma, guarda il pubblico e aggiunge: «Oggi mi sento libera. Non devo dimostrare niente a nessuno. Mi basta esserci, cantare, e dire grazie. Tutto qui. G, appunto.»
Musica
Rkomi nei teatri: la rinascita di Mirko Martorana tra musica, confessione e catarsi
Al Teatro Augusteo di Napoli, l’artista milanese annulla le distanze col pubblico e mette in scena un concerto che è anche un racconto esistenziale. Tra monologhi, improvvisazioni e vecchie hit, Rkomi cerca la verità dietro la fama.
Un concerto che è anche un esperimento
Non è un semplice tour, e nemmeno un classico spettacolo teatrale. Mirko nei teatri, il nuovo progetto live di Rkomi, è qualcosa di più difficile da definire: un esperimento artistico, un rito collettivo, una messa in scena del proprio cambiamento. Dopo l’esordio al Teatro degli Arcimboldi di Milano, la tappa al Teatro Augusteo di Napoli ha confermato l’intento: abbattere le convenzioni del concerto e riportare il contatto umano al centro dell’esperienza musicale.
Sul palco, con lui, una formazione dal respiro jazz e rock: Marco Spaggiari alla direzione musicale e alle tastiere, Lorenzo Pisoni al basso, Eugenio Cattini alla chitarra, Elia Pastori alla batteria, Daniele Raimondi ai fiati e Marika Palluzzi ai cori. Un ensemble che accompagna Rkomi in una scaletta divisa in atti, dove la musica si intreccia a lunghi monologhi e riflessioni personali.
Dal successo alla decostruzione di sé
Mirko Martorana, classe 1994, ha costruito in pochi anni una carriera travolgente: dal rap milanese di Io in terra fino al successo di massa di Taxi Driver, il disco più venduto in Italia nel 2021. Ma proprio quel trionfo ha innescato un processo inverso: la voglia di smontare, di tornare a qualcosa di più intimo, autentico, fragile.
Lo si capisce già dai primi minuti dello spettacolo. L’artista entra in sala dalle ultime file, attraversando il pubblico prima di salire sul palco. Un gesto simbolico, quasi teatrale: il percorso fisico diventa metafora di un ritorno alle origini, alla vicinanza con chi ascolta. “Volevo ritrovare il contatto umano che nei palazzetti si perde”, ha dichiarato in una recente intervista.
A Napoli, l’atmosfera è densa e partecipata. Dopo Io in terra, l’energia esplode con l’arrivo a sorpresa di Ernia, che duetta su Vorrei e Acqua calda e limone. Ma la vera novità sta nella costruzione narrativa: ogni parte del concerto corrisponde a una fase della vita di Rkomi, dal desiderio di emergere fino alla crisi d’identità post-fama.
Una messa in scena emotiva e fisica
Nel primo atto, l’artista abbatte letteralmente la “quarta parete”: invita il pubblico ad alzarsi, si muove tra le poltrone, canta sostenuto dalle mani dei fan. L’intervento delle maschere di sala, accorse per riportare ordine, diventa parte involontaria dello spettacolo. Poi la scena cambia: appare una gabbia, dentro la quale Rkomi intona Mai più, simbolo di prigionia e liberazione.
I momenti più intensi arrivano con Il ritmo delle cose, Apnea e Cancelli di mezzanotte, dove la voce si intreccia alle luci e agli strumenti in un crescendo emotivo. Il pubblico canta, ma ascolta anche, in silenzio, i monologhi dell’artista: frammenti di memoria, confessioni sul prezzo del successo, riflessioni sulla vulnerabilità e sulla necessità di “disimparare a compiacere”.
Il senso di un ritorno
Mirko nei teatri è più di un tour: è una dichiarazione d’intenti. Dopo anni in cui la musica urban italiana ha cercato solo la spettacolarità, Rkomi sceglie la lentezza, il contatto, la narrazione. È un modo per riconnettersi non solo al pubblico, ma anche a sé stesso.
Alla fine dello show, mentre le luci si abbassano e il pubblico resta in piedi, si ha la sensazione di aver assistito non a un concerto, ma a una confessione collettiva. Rkomi non ha solo portato la sua musica nei teatri: ha portato la sua storia, con tutte le contraddizioni, le cadute e le rinascite.
Come dice lui stesso in uno dei monologhi: “Dovevo fermarmi per capire cosa volevo davvero. A volte, per ritrovarsi, bisogna perdersi”.
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