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Prima bassista sexy, ora scatenata dj: è Victoria… alla consolle!

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    Victoria De Angelis, bassista titolare dei Maneskin, sta vivendo una nuova stagione in un ruolo differente da quello che eravamo abituati ad attribuirle. Dopo il grande successo riscosso all’Hangar Festival di Bruxelles, nel suo lungo tour internazionale come dj (fra le varie tappe ci sono Leeds, Miami, New York, Istanbul, Sofia, Vilnius) martedì scorso ha fatto ballare e sballare la pista gremita dello storico Cocoricò, la discoteca di Riccione che ha ospitato la prima tappa italiana della tournée.

    Pubblico differente ma sempre caldo

    Forse un pubblico diverso da quello degli infuocati show con la band di Zitti e buoni… ma anche dietro ai piatti del famosissimo locale romagnolo, la ragazza ha ricevuto una calorosissima accoglienza da parte di tutti i presenti.

    Un concentrato di pura energia

    Solamente 24enne, compiuti lo scorso 28 aprile… e vanta già una carriera consolidata, C’è da chiedersi dove trovi tanta energia. Che siano le sue passioni sportive e gastronomiche a renderla così vitale? Skater della prima ora, da bambina amava giocare anche a calcio, tanto che le sarebbe piaciuto diventare una calciatrice professionista, poi però si è avvicinata al mondo dello skate e soprattutto ha iniziato la carriera da musicista.

    Allenamento, poco alcol e… tanto amore!

    Sicuramente la giovanissima età e il metabolismo sono due aspetti che le garantiscono tutta questa resistenza… rafforzata anche da allenamenti – quando trova il tempo -, spesso svolto nelle palestre degli hotel in cui alloggia. Trasgressiva nei modi (famosissime le sue pecette nere sui capezzoli durante i concerti, come era solita fare ai tempi Wendy O. Williams degli statunitensi Plasmatics), molto meno nelle abitudini a tavola. Infatti detesta il junk food e non eccede con l’alcol, andando però matta per la lasagnetta di grana fatta con pasta sfoglia fresca, ragù e cialda di formaggio. Più tradizionale di così… E poi c’è l’amore per la sua fidanzata Luna, la vera linfa vitale.

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      Musica

      Eurovision 2025: Lucio Corsi fa la storia, Gabry Ponte fa ballare, ma a vincere è l’Austria con JJ

      L’Eurovision Song Contest 2025 si è concluso con una vittoria netta: JJ porta l’Austria sul gradino più alto del podio con la sua emozionante Wasted Love. Un brano potente che ha convinto sia il pubblico europeo al televoto sia le giurie nazionali. Decisivi anche i 12 punti dell’Italia annunciati da un’icona tutta italiana: Topo Gigio, in un momento diventato già virale sui social.

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        La canzone, tra pop elettronico e atmosfere malinconiche, ha avuto la meglio su altri due pezzi fortissimi: New Day Will Rise di Yuval Raphael (Israele, secondo posto) e la controversa Espresso Macchiato di Tommy Cash (Estonia, terzo classificato), brano che ha giocato ironicamente sui cliché italiani. All’ultimo posto il torinese Gabry Ponte.

        Lucio Corsi quinto: il “duro” dal cuore tenero conquista il pubblico

        Nonostante non abbia vinto, Lucio Corsi ha regalato all’Italia un’esibizione memorabile. Con la sua Volevo essere un duro, il cantautore toscano ha portato sul palco dell’Eurovision poesia, stile retrò e uno storytelling musicale inedito per il contest. Corsi alla fine si è classificato quinto, un risultato che in pochi avrebbero previsto alla vigilia, considerando quanto la sua proposta artistica fosse distante dai canoni eurovisivi. La sua performance ha fatto la storia anche per altri motivi: ha riportato l’armonica a bocca sul palco dopo 27 anni e, per la prima volta in assoluto, ha utilizzato sottotitoli in inglese sincronizzati, per far arrivare a tutti il significato del testo. Un piccolo record tutto italiano, anche se a vincere è stato JJ.

        Gabry Ponte per San Marino: Tutta l’Italia in 26ª posizione, ma tanta energia

        Ha fatto discutere anche la partecipazione di Gabry Ponte, in gara per San Marino con Tutta l’Italia, la sigla non ufficiale di Sanremo 2025. Nonostante un’esibizione esplosiva e il supporto dei fan del dance italiano anni Duemila, il DJ si è piazzato solo 26°, ultimo tra i finalisti. Un risultato deludente ma coerente con l’andamento degli ultimi anni per il microstato. Eppure, Gabry Ponte ha fatto ballare l’arena con il suo ritmo martellante, regalando una ventata di leggerezza e autoironia.

        La classifica dell’Eurovision 2025

        Austria – JJ: Wasted Love

        Israele – Yuval Raphael: New Day Will Rise

        Estonia – Tommy Cash: Espresso Macchiato

        Svezia – KAJ: Bara Bada Bastu

        Italia – Lucio Corsi: Volevo essere un duro

        Grecia – Klavdia: Asteromáta

        Francia – Louane: Maman

        Albania – Shkodra Elektronike: Zjerm

        Ucraina – Ziferblat: Bird of Pray

        Svizzera – Zoë Më: Voyage

        Nessuna squalifiche e tanta varietà musicale

        Dopo la squalifica dei Paesi Bassi nel 2024, questa edizione è filata liscia, con 26 Paesi in finale. Tra ballad, elettronica, ironia e performance teatrali, l’Eurovision 2025 ha mostrato il volto multiculturale e creativo della musica europea, in diretta da Basilea. E tra chi ha emozionato e chi ha fatto discutere, ci sono due italiani che, seppur con esiti diversi, hanno saputo lasciare il segno: Lucio Corsi, il “duro gentile” della musica d’autore, e Gabry Ponte, l’inarrestabile re delle consolle.

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          Musica

          La Rai costretta a inginocchiarsi davanti a Sanremo: per riprendersi il Festival deve partecipare al bando del Comune

          Il Comune di Sanremo ha imposto una gara pubblica per l’organizzazione del Festival: chi vorrà la kermesse dovrà presentare un’offerta entro il 19 maggio. Rai compresa. Una decisione che non è piaciuta per nulla a Viale Mazzini, dove si sussurra di “irriconoscenza” e si inizia a immaginare scenari alternativi.

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            Ci voleva il Comune di Sanremo per mettere in crisi l’orgoglio della Rai. Dopo oltre settant’anni di sodalizio, applausi, lacrime e ascolti record, l’azienda di servizio pubblico è costretta a piegarsi e partecipare, come una qualunque società di produzione, al bando pubblico indetto dal municipio per decidere chi organizzerà le prossime edizioni del Festival.

            Una doccia gelata per Viale Mazzini, che pure si è dovuta arrendere all’evidenza: entro il 19 maggio bisogna presentare domanda, e se non si partecipa, si resta fuori. Punto. Il Festival, almeno per ora, non è più cosa “di famiglia”.

            La decisione della Rai di partecipare al bando è arrivata ieri, quasi con riluttanza. Il Cda ha dato mandato, ma l’atmosfera ai piani alti è di malcelato fastidio. “Ci tocca farlo”, spiega una fonte interna con voce più che eloquente. “Ma resta l’amarezza. Dopo tutto quello che il Festival ha rappresentato per Sanremo – e viceversa – trovarsi in gara con chissà chi è uno schiaffo”.

            Il motivo di questo cambio di rotta è noto: il Tar ha accolto un ricorso che impone al Comune la messa a gara della concessione, aprendo le porte, almeno in teoria, anche a privati o broadcaster alternativi. La Rai, se vorrà mantenere il controllo dell’evento che da sempre è il fiore all’occhiello del suo palinsesto, dovrà vincere. Come se fosse Mediaset. O Sky. O Amazon.

            L’irriconoscenza brucia

            La parola che circola con più insistenza tra le stanze di Viale Mazzini è “irriconoscenza”. “Ci accusano di egemonia, ma vogliamo parlare di tutto quello che la Rai ha fatto per il Festival e per la città di Sanremo negli ultimi quarant’anni?”, sbotta un dirigente. “Negli anni ’80 il Festival era sull’orlo del baratro. Siamo stati noi a reinventarlo, rilanciarlo, renderlo di nuovo centrale. E adesso ci si tratta come un concorrente qualunque?”.

            Il riferimento, neanche troppo velato, è anche all’impegno economico: sei milioni e mezzo di euro per la concessione, percentuali sulla pubblicità e l’obbligo di ospitare e promuovere eventi collaterali del Comune. Un carico non indifferente, che viene percepito come un vero e proprio salasso.

            Il Consiglio di Stato può ribaltare tutto

            Il colpo di scena potrebbe però arrivare dal Consiglio di Stato, che il 22 maggio si pronuncerà sull’ammissibilità della decisione del Tar. Se l’organo dovesse ribaltare il verdetto, il Comune potrebbe essere costretto a tornare indietro. E la Rai, pur avendo già partecipato al bando, si ritroverebbe da sola in pista. Ma intanto il danno d’immagine c’è stato, e a Viale Mazzini non lo dimenticano.

            “Se alla fine si farà la gara, allora vedremo chi parteciperà – ammette un consigliere del Cda – ma se il Consiglio di Stato ci darà ragione, dovremo riflettere seriamente su come procedere in futuro. Non è escluso che si cominci a pensare a qualcosa di alternativo”.

            Il tono è minaccioso. Un Sanremo senza la Rai? Fantapolitica oggi, ma chissà domani. Per ora è solo un’ipotesi, ma è indicativa del nervosismo che serpeggia tra gli scranni più alti dell’azienda.

            La vendetta, intanto, si serve fredda

            Dietro le dichiarazioni ufficiali, c’è una strategia che inizia a prendere forma. E se il Comune pensa di poter fare a meno della Rai, la Rai sta già valutando se potrà fare a meno di Sanremo. Non subito, certo. Ma in futuro, forse. Qualcuno ha parlato di un “piano B”: un nuovo evento musicale, magari da tenersi altrove, che raccolga lo spirito (e gli sponsor) del Festival. Per ora è solo un sussurro, ma come sempre a Viale Mazzini, quando le voci girano, raramente lo fanno a vuoto.

            Intanto, la sfida va avanti. Il bando è lì, nero su bianco. Le condizioni ci sono, i termini sono stretti. La Rai ha deciso di partecipare. Ma lo fa con l’orgoglio ammaccato e il taccuino pieno di appunti. E chissà che qualcuno, presto o tardi, non li usi per scrivere un nuovo copione. Magari senza più l’Ariston in scena.

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              Sulle orme del babbo, Luca D’Alessio, ha le idee chiare: niente scorciatoie!

              Il giovane cantante sta costruendo la sua carriera musicale con impegno e senza raccomandazioni. Le parole del padre Gigi a Silvia Toffanin e il futuro di una promessa della musica italiana.

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                Tra i figli di Gigi D’Alessio, solo Luca , 22 anni, ha deciso finora di seguire le orme musicali del padre. Una scelta carica di aspettative e di pressioni, ma anche di passione autentica. Gigi, ospite nel salotto televisivo di Silvia Toffanin, ha raccontato il momento in cui ha compreso che il figlio aveva un talento naturale: «Mi sono accorto quando aveva 4 anni che aveva musicalità, e gli ho detto: “Devi fare meglio di me”».

                Nessuna raccomandazione: “Le porte in faccia ti rendono più forte”

                Gigi D’Alessio è stato chiaro: niente scorciatoie per Luca, né favoritismi. «Non ho mai alzato il telefono per lui e non lo farò. La corsia preferenziale non lo rende più forte». Un messaggio forte, che sottolinea l’importanza dell’esperienza, anche quella negativa. «Non deve avere paura delle porte in faccia – ha detto il cantante – Le porte in faccia sono le cose più belle. Io, con tutte le mie, dopo 30 anni, sto ancora qua». Un’educazione al rigore e alla resilienza che contraddistingue chi vuole costruire una carriera autentica, lontano dalle etichette e dalle ombre di un cognome pesante.

                L’eredità musicale familiare

                Essere “figlio di” nel mondo dello spettacolo può essere un’arma a doppio taglio. Da una parte offre visibilità, dall’altra espone a critiche feroci. Gigi D’Alessio lo sa bene e ha preparato Luca a convivere con il confronto costante. Il consiglio del padre è stato semplice e profondo: “Se non fai meglio di me, diranno sempre che sei lì solo perché sei mio figlio”. Un invito non alla competizione, ma alla costruzione di un’identità artistica personale, forte, distinta.

                Una carriera in costruzione tra talento e gavetta

                Luca D’Alessio, noto anche come LDA, ha già fatto parlare di sé con singoli di successo e partecipazioni televisive. Ma la strada è ancora lunga, e il giovane artista sembra aver compreso quanto sia importante affrontare le difficoltà senza scorciatoie. Il suo obiettivo non è quello di “rimpiazzare” il padre, ma di costruire un percorso che possa meritare il rispetto del pubblico e della critica.

                Talento, disciplina e libertà

                La storia di Luca e Gigi D’Alessio è un esempio raro di equilibrio tra sostegno familiare e indipendenza professionale. Gigi non nega affetto e consigli, ma lascia al figlio la libertà (e la responsabilità) di farsi strada da solo. Un messaggio potente in un’epoca in cui spesso si cerca il successo immediato. Con umiltà e determinazione, Luca D’Alessio rappresenta una nuova generazione di artisti pronti a lottare per un posto conquistato con merito.

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