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Musica

Quanto ci manca Pino Daniele: una serie di iniziative ne celebrano la grandezza

Questo 2025 segna due importanti anniversari legati a uno dei più grandi artisti della musica italiana: il 70° anniversario della nascita di Pino Daniele e i 10 anni dalla sua scomparsa. Per onorare la memoria del leggendario cantautore napoletano, la Fondazione Pino Daniele ETS ha dato vita a una serie di eventi, mostre e iniziative, siglate con il marchio “70/10 Anniversary” per garantirne l’autenticità e l’ufficialità.

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    Tra le iniziative più attese, spicca la mostra Pino Daniele Spiritual, un’esposizione esclusiva allestita a Napoli, nelle prestigiose Sale Plebiscito e Sala Belvedere di Palazzo Reale, visitabile fino al prossimo 6 luglio. L’evento offre ai visitatori un percorso immersivo tra immagini inedite, video di repertorio, oggetti personali e testimonianze che raccontano la vita e la carriera dell’artista. La mostra è realizzata in collaborazione con il Ministero della Cultura, la Regione Campania, il Comune di Napoli e importanti istituzioni culturali come Rai Teche e Archivio Luce.

    Un bollo speciale e una medaglia

    Per commemorare questo doppio anniversario, Poste Italiane ha realizzato un folder speciale contenente due cartoline dedicate al cantautore, corredato da un bollo celebrativo che riporta la dicitura: “Omaggio a Pino Daniele nel 70° anniversario della nascita – 10° anniversario della scomparsa – 19.3.2025 – 80134 Spazio Filatelia Napoli”. La Zecca di Stato, invece, ha coniato una medaglia d’argento dedicata a Pino Daniele, simbolo del suo impatto indelebile nella musica e nella cultura italiana.

    Il documentario “Pino” di Francesco Lettieri

    Ad arricchire le celebrazioni, arriva anche il documentario “Pino”, diretto da Francesco Lettieri in collaborazione con Netflix e Tim Vision. Il film ripercorre la carriera e la vita dell’artista attraverso immagini esclusive, tra cui riprese inedite del leggendario concerto del 19 settembre 1981 in Piazza Plebiscito, a cui parteciparono oltre 200.000 persone. Il documentario include anche interviste a grandi protagonisti della musica italiana e internazionale come Fiorello, Jovanotti, Vasco Rossi, Fiorella Mannoia, Eric Clapton e tanti altri.

    Concerti-tributo: la sua musica continua a vivere

    Come ogni anno, anche il 2025 vedrà il ritorno del tradizionale evento Je Sto Vicino a Te, che si terrà al Palapartenope di Napoli con una line-up di artisti d’eccezione, tra cui Joe Barbieri, Walter Ricci, Ornella Vanoni, Renzo Arbore e tanti altri. Un altro grande concerto tributo si svolgerà in Piazza del Gesù, che riunirà sul palco icone della musica come 99 Posse, Negrita, Enzo Gragnaniello, Mario Biondi e molti altri. Infine, il 18 settembre, Piazza del Plebiscito ospiterà Pino È – Il Viaggio del Musicante, un evento che ripercorrerà la carriera del cantautore e raccoglierà fondi per la ricerca oncologica pediatrica e la formazione artistica.

    Le pubblicazioni e la ristampa di Musicante

    Il 2025 segna anche l’uscita di nuove pubblicazioni dedicate a Pino Daniele. Tra queste, il libro Feeling di Gianni Valentino, che racconta l’intera discografia dell’artista attraverso le sue canzoni più significative, e Yes I Know… Pino Daniele. Tra pazzia e blues di Carmine Aymone, che ripercorre la sua carriera dagli esordi fino agli omaggi postumi. A questi si aggiunge Napoli con Pino Daniele di Pier Luigi Razzano, una guida musicale della città ispirata alle canzoni del cantautore. Sul fronte musicale, verrà ristampato Musicante 40th Anniversary, insieme ad una versione inedita del celebre brano Napule È.

    Un’eredità eterna

    Le celebrazioni per i 70 anni di Pino Daniele confermano quanto la sua musica sia ancora viva e attuale, capace di unire generazioni diverse e di raccontare un’anima napoletana universale. Il 2025 è un anno di tributi e ricordi, ma soprattutto di emozioni che continueranno a risuonare nelle note di un artista che ha segnato indelebilmente la storia della musica italiana.

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      Giacomo, il figlio di Sting entra nella Police… ma quella vera!

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        Il figlio di StingGiacomo Sumner, ha deciso del suo futuro in maniera molto diversa da quella dei suoi genitori. Anche se con un – probabilmente involontario – rimando agli inizi del famoso padre. Il ragazzo, classe 1995, nato dal matrimonio tra l’ex bassista dei Police e l’attrice Trudie Styler, ha scelto di entrare per davvero… in polizia!

        L’approvazione di papà

        Una scelta condivisa dal famoso papà, che ha voluto essere presente alla prima parata del figlio in uniforme. Una scelta, quella di Giacomo, condivisa con un post sui social: “Diventare poliziotto è stato il mio sogno da quando avevo 13 anni”. Plagiato dal padre?!?

        Unico in famiglia a non volere saperne dello spettacolo

        Giacomo possiede una laurea in giustizia criminale e potrebbe iniziare la sua carriera con uno stipendio di circa 36.000 sterline. Lui è l’unico figlio della coppia che non ha voluto seguire le orme familiari e, magari, traendo beneficio dalla cosa. I suoi fratelli, infatti, sono tutti inseriti nel music business, del cinema o della recitazione. Giacomo in realtà ci ha anche provato, debuttando in teatro all’età di 11 anni, con una serie di ruoli minori che poi lo convinsero… ad abbandonare il palcoscenico!

        Un’educazione all’etica del lavoro

        Sting, dal canto suo, ha sempre detto che i suoi figli non avrebbero dovuto far conto sulle ue fortune per vivere: “Tutti i miei figli mi chiedono raramente qualcosa, cosa che rispetto e apprezzo. Ovviamente, se avessero dei problemi li aiuterei ma non ne hanno mai avuto bisogno. Hanno un’etica del lavoro che li spinge a voler raggiungere il successo da soli”.

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          I Watussi di Vianello… e quella n-word, politicamente scorretta

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            Edoardo Vianello il cantante ha parlato di quella n-word (“negro”, ndr) che non ha intenzione di togliere dal testo della sua epocale hit. Un termine che in molti identificano come scorretto e offensivo, anche se la canzone fu un geniale tentativo di ambeintare un hully gully nella profonda Africa, creando I Watussi.

            Non vuole modificarne il testo

            La sua teoria per certi versi non fa una grinza: «Non demoliamo mica il Colosseo perché ci hanno ammazzato i cristiani. Quando l’abbiamo scritta era lecito chiamarli come li abbiamo chiamati, quindi non ho nessuna intenzione di cantarla diversamente. I Watussi rimangono come sono nati: cambio il testo solo se nello stesso giorno demoliscono pure il Colosseo».

            Spirito critico

            Così si esprime Vianello, 86enne che nella sua epoca di successo veniva identificato come il re dei tormentoni estivi. Sulla musica attuale dice «Non mi piace, non distinguo i vari interpreti perché mi sembra cantino tutti allo stesso modo. Mi piace molto però Annalisa, ha un genere di canzoni che mi sarebbe piaciuto scrivere, frizzanti e divertenti. Invece non sopporto Giuliano Sangiorgi che ha rovinato una canzone come Meraviglioso con un’interpretazione totalmente sguaiata. Ho avuto l’occasione di dirglielo, chissà perché mi ha guardato male… uno deve cantare con gusto per prima cosa».

            Quando non c’era ancora l’Ariston

            Con il medesimo sarcasmo parla di Sanremo, «qarla di quella cosa che si svolge in provincia di Imperia? Il mio ultimo festival è del 1967, al casinò, non conosco nemmeno il teatro Ariston. Sono un timido, sul palco prima di prendere contatto bene con il pubblico ho bisogno di un quarto d’ora, a Sanremo quel tempo non te lo danno. Il mio Sanremo sono stati i jukebox».

            Il concetto di “tormentone”

            Per arrivare “a tormentare” le canozoni devono avere caratteristiche precise: l’idea presente nel testo, facile ma intrigante, la semplicità della musica, e una certa orecchiabilità sofisticata. In modo da sopravvivere anche ai rivolgimenti sociali e politici: «La situazione politica e sociale è cambiata nel ‘68, mi sono ritrovato estraneo perché le mie canzoni non le volevano ascoltare, mi fischiavano, per un bel pezzo ho smesso di cantare perché non mi dava più gusto. Poi negli anni ’80 c’è stato un movimento di recupero dei ’60 e mi sono subito accodato: ho fatto il testimonial delle mie canzoni».

            Prima delle sponsorizzazioni social

            Lui fu anchel’antesignano delle sponsorizzazioni, che oggi regolano gli algoritmi dei social: «Accompagnavo i miei amici nelle spiagge e nei bar più frequentati e facevo inserire le 50 lire che davano diritto a tre canzoni, ovviamente facevo selezionare i miei pezzi. Io non mi facevo vedere per paura di essere riconosciuto e poi scappavo come un ladro. Evidentemente è una strategia che ha dato i suoi frutti, alla fine le canzoni sono penetrate definitivamente nei cervelli delle persone».

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              Non si può suonare in una band per sempre, è roba da adolescenti. Parola di Sting!

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                Il cantautore inglese, ex leader del trio stellare dei Police, ha recentemente dichiarato: “Per quanto io ami gli Stones e gli AC/DC, è difficile vederli crescere musicalmente”. E detto da uno che di musica se ne intende parecchio, la frase fa quantomeno riflettere. Durante la sua carriera, Gordon Matthew Thomas Sumner (questo il suo vero nome) è sempre stato interessato a far progredire la sua musica. Dai suoi primi passi nei Police alla sua esperienza solista, il bassista ha sempre cercato di portare la musica popolare oltre le tradizionali progressioni di accordi, lavorando con musicisti jazz e classici per elevarla ulteriormente.

                Verso direzioni ostinatamente differenti

                Guarda caso, uno dei principali motivi dello scioglimento dei Police è stata la costante tensione creativa che aleggiava nel gruppo. Anche se Sting rappresentava la star del trio grazie alle sue eccezionali doti compositive, il suo bisogno di portare la musica in direzioni differenti è costato molto agli altri due componenti della band. Portando addirittura il batterista Stewart Copeland a minacciare fisicamente il cantante, quando si pree la briga di dargli indicazioni su come dovesse suonare la batteria.

                Stones e AC/DC, band mai cresciute

                Dopo aver raggiunto il massimo successo con i Police (praticamente planetario…), Sting ha cominciato a fare musica per sé stesso, infischiandosene delle classifiche e spingendosi a creare capolavori che fossero, più che potenziali hit, dei veri e propri esperimenti. Dichiarando di aver visto però molti dei suoi contemporanei rincorrere la fama. Un esempio su tutti i Rolling Stones… che, a ben vedere, non si sarebbero mai spinti oltre i propri limiti. Secondo Sting anche gli AC/DC hanno deciso la vita comoda, come dichiarato di recente: “Chi è che a 70 anni vuole rimanere in un gruppo come se fosse un adolescente? Non ti permette di evolvere. Devi obbedire alle regole e alle dinamiche della band. Per quanto io ami gli Stones e gli AC/DC, è difficile vederli crescere musicalmente. Per me la band è stata un mezzo per le canzoni e non il contrario”.

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