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Musica

Riki: prima il successo, poi la depressione. Ora ci riprova con un nuovo disco

L’ex concorrente di Amici, che ha conquistato il pubblico con la sua simpatia, sta attualmente cercando di fare i conti con le sfide personali e professionali che lo hanno messo a dura prova. Ripartendo da “Casa base”, il suo nuovo disco di inediti.

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    Per circa tre anni Riki (all’anagrafe Riccardo Marcuzzo, nato a Segrate nel 1992), ha rappreentato uno dei volti più amati della musica pop italiana degli ultimi anni. Attualmente sta attraversando un periodo piuttosto complicato, come ha avuto modo di raccontare di recente in un’intervista. Dopo aver vinto nel 2017 il talent Amici nella categoria Canto, ha collezionato un successo dopo l’altro. Milioni di copie vendute, 8 dischi di platino, i concerti sold out numerose volte: tutto sembrava essere perfetto. Ma poi tutto è crollato, un vero e proprio black out interiore…

    La crisi nata all’apice del successo

    E’ lui stesso a parlarne: «Dopo tutto il successo ho vissuto la caduta, la crisi e il periodo di down della carriera, coincide con la conseguenza dlla crisi. Non riuscivo a fermarmi. Con il successo e gli instore ero al settimo cielo, ma quando facevo i firma copie stavo in piedi, cercavo di dare più amore possibile, dovevo fare massimo 20 secondi a persona. Se ci sono 5000 persone non puoi fare di più. Una ragazza mi diceva che la mia musica l’aveva salvata e aveva i tagli sul polso, io cercavo di fermarmi più tempo possibile. Tutto meraviglioso ma dipende da come lo vivi. Molti colleghi hanno fatto un successo enorme, le ragazze mi davano tanto e volevo dare indietro. Però è una cosa che dopo un po’ ti scarica. Mi sono detto, devo fermarmi. C’è stato un giorno in cui ero in hotel e mi sono guardato allo specchio, mi sono detto “devo fermarmi”, qua non andrò avanti tanto. La crisi è nata quando avevo tutto, non dopo».

    Il futuro che appare sempre più incerto

    Riki ha sperimentato sulla sua pelle cosa sia la depressione e, aprendo il cuore, ha parlato delmomento di difficoltà che sta ancora vivendo. Ammettendo, con estrema sincerità, di sperimentare attualmente un periodo di incertezze, in cui i l futuro appare più nebuloso che mai.

    Quando la pressione della fama ti schiaccia

    “Cosa faccio ora?” ha dichiarato, apparendo piuttosto disorientato. “Mi sento un po’ perso. La depressione è una cosa con cui devo fare i conti ogni giorno, non è facile”. Un’ammissione che mostra quanto, a volte, sia difficile gestire la pressione del successo e delle aspettative che, spesso, possono risultare schiaccianti. Soprattutto quando si è giovani come lui e la fama ti coglie di sorpresa, con tutte le sue seduzioni ammalianti ma anche con responsabilità spesso estremamente difficili da gestire correttamente.

    La rottura con Facchinetti

    Nel corso dell’intervista, Riki ha anche parlato di un altro aspetto personale che lo ha colpito duramente: la separazione professionale con Francesco Facchinetti, un tempo suo agente artistico. Un rapporto che sembrava promettere grandi cose e che, invece, si è interrotto bruscamente, lasciando il cantante con un peso in più da affrontare. “La nostra separazione professionale è stata un duro colpo per me”, ha ammesso l’artista, “non avrei mai immaginato che finisse così”.

    Le spietate logiche del mercato

    Prosegue Riki nella sua coraggiosa “messa a nudo”: “Ho vissuto tre anni molto importanti dove però non ero padrone del mio destino, infatti tante volte sfogavo la mia solitudine e la mia rabbia, la gabbia dorata in cui mi sentivo, nel mio essere impulsivo. Così ho fatto un po’ di cavolate. Dovevo per forza seguire le logiche del mercato e a un certo punto mi sono incagliato”. Non c’è stato un episodio brusco che lo ha messo in crisi; è stata una dinamica che si è sviluppata pian piano ma, al contempo, in maniera inesorabile.

    Quella “brutta bestia” della depressione, subdola malattia

    “Succede piano piano, non te ne rendi conto subito perché intanto le cose vanno velocissime e non puoi fare pause. Non voglio neanche imputare la colpa alle persone che avevo intorno perché veniva tutto anche da me: era un sistema drogato e volevamo sempre di più”. L’esperienza con Facchinetti ha avuto un forte impatto sul suo stato emotivo, e il cantautore ha ammesso di essere stato molto deluso dalla fine della loro collaborazione.

    Un percorso di rinascita da affrontare coi piedi per terra

    Nonostante tutto Riki non sembra volersi arrendere, rivelando una grande determinazione nell’affrontare i suoi demoni interiori e il desiderio di ritrovare la strada della musica, che da sempre gli ha dato tanta soddisfazione. Un cammino che appare ancora lungo, anche se lui si dichiara pronto a rimettersi in gioco e a non perdere di vista i suoi sogni, stavolta con i piedi ben piantati a terra. Che sia questo il momento giusto per reinventarsi? Per ora, l’artista resta in silenzio, riflettendo su come ripartire da ciò che lo ha reso speciale.

    Analogie fra colleghi

    La sua storia, per certi versi, ricorda quello del collega Sangiovanni, anche lui conosciuto grazie ad Amici di Maria De Filippi. Il cantante, infatti, via social ha dichiarato che fosse arrivato il momento di prendersi una pausa fino a data da destinarsi. Riki dice: “Succede a tanti, so come ci si sente e io non l’ho mai voluto dire perché avevo paura. Ero orgoglioso, molto competitivo. Non avevo il coraggio di dire ‘sono in crisi, non sto bene, mi fermo’, ma poi ti rendi conto che non puoi farcela da solo e tante persone al tuo fianco non ti supportano come potrebbero”.

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      Musica

      Laura Pausini: “I miei difetti li nascondo, ma sul palco non ho paura”

      La cantante romagnola si confida al Corriere della Sera: tra insicurezze mai superate, un nuovo album in arrivo e l’apertura del suo museo a Solarolo, ripercorre i capitoli più intimi e professionali della sua carriera.

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      Laura Pausini

        «Non sono mai arrivata ad accettarli o ad amarli, ho sempre cercato di nasconderli», ha raccontato in un’intervista al Corriere della Sera. La musica è stata la sua via di fuga: «Il palco è l’unico posto dove non ho paura».

        Un nuovo album e due versioni

        Nel frattempo, l’artista è al lavoro su Io Canto 2, il nuovo progetto discografico che uscirà in due edizioni distinte: una in italiano e una in spagnolo, con scalette completamente differenti. Una scelta che conferma il doppio legame della cantante con il pubblico italiano e latinoamericano, che l’ha seguita con entusiasmo sin dagli esordi.

        Solarolo come Graceland

        Parallelamente alla musica, il 13 settembre Laura ha aperto le porte del suo museo personale a Solarolo, il paese natale. «Mio padre ha conservato tutto della mia carriera e da fan di Elvis ha pensato: facciamo come Graceland. Io inizialmente ero contraria, ma poi mi ha convinta il parere dei fan», ha confessato.
        Ogni stanza avrà un tema: la cucina sarà dedicata ai programmi tv, il soggiorno alle tournée, un’intera sala ai memorabilia a rotazione e un ultimo spazio raccoglierà gli oggetti usati nel docufilm, come i fogli originali con le modifiche al testo di La solitudine, il brano che lanciò la sua carriera a Sanremo.

        Tra salute e cambiamento personale

        La Pausini ha parlato anche del percorso di trasformazione fisica che l’ha portata a perdere peso. «Ho iniziato a dimagrire durante l’ultimo tour e ho capito che affidarsi ai medici è fondamentale. Mi alleno tre volte a settimana alternando aerobica e stretching», ha spiegato. Con una battuta, ha aggiunto: «Per una vita sana bisogna eliminare non solo i carboidrati, ma anche le persone tossiche».

        Paola, una figlia già sul palco

        Non è mancato un accenno al rapporto con la figlia Paola, che ha ereditato la passione per la musica e una certa determinazione. «A Capodanno è salita sul palco e ha suonato il basso per 21 minuti. Poi ci ha detto: “Ho sbagliato solo tre volte, voi di più”».
        Laura ha anche raccontato il suo approccio all’educazione digitale: dal primo telefono limitato alle chiamate, al vecchio smartphone senza social, fino alle regole condivise con il marito Paolo Carta. «Io ero la più severa, ma alla fine lei ha trovato un equilibrio, usando il telefono solo in determinate fasce orarie».

        Una vita sempre in corsa

        Tra ricordi di soffitta trasformati in esposizione, nuovi brani in studio e allenamenti per restare in forma, Laura Pausini si racconta oggi con più consapevolezza. Restano le insicurezze di sempre, ma la musica continua a essere il rifugio sicuro da cui partire per ogni nuova sfida.

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          Musica

          Annalisa infiamma la scena con Ma io sono fuoco: tra stile, musica e una nuova rinascita

          La cantante torna con un album dal titolo evocativo e un look che conferma la sua evoluzione artistica e fashion. Un progetto che unisce simbolismo, sperimentazione e un messaggio di forza femminile.

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          Annalisa

            Con il lancio del suo nuovo album Ma io sono fuoco, l’artista ligure non solo arricchisce la sua discografia, ma consolida anche il suo ruolo di icona di stile. Un connubio di musica e immagine che la rende tra le protagoniste indiscusse del panorama pop italiano.

            Un titolo che parla di identità

            L’album, atteso da settimane e anticipato da un battage social che ha coinvolto migliaia di fan, prende il nome da uno degli elementi naturali più potenti: il fuoco. «È la mia energia, la mia essenza – ha spiegato Annalisa –. È passione, ma anche trasformazione». La metafora si riflette nella copertina, dove la cantante posa su un letto fiammeggiante, con un abito che richiama un’armatura scintillante, a metà strada tra modernità e mito.

            L’evoluzione del look: dal rosso passione al silver futuristico

            Se a luglio aveva fatto parlare di sé con un total red look, preludio cromatico al titolo del disco, per il lancio ufficiale Annalisa ha alzato ulteriormente l’asticella. Ha scelto un body-dress effetto metallico interamente ricoperto di paillettes argento, completato da guanti coordinati e capelli sciolti dalle onde morbide. Un’interpretazione che la avvicina a una guerriera contemporanea, capace di combinare eleganza e grinta, delicatezza e potenza visiva.

            Una carriera in ascesa costante

            Da quando, nel 2011, ha debuttato nel mondo della musica dopo il successo ad Amici, Annalisa ha collezionato una serie di traguardi significativi: dischi di platino, milioni di streaming e collaborazioni di prestigio. Con Bellissima e Mon Amour, tra i brani più ascoltati degli ultimi anni, ha conquistato il pubblico giovane e non solo, confermandosi versatile nel fondere pop, elettronica e atmosfere internazionali.

            La simbologia del fuoco

            Il fuoco scelto come tema del nuovo album non è casuale: richiama forza interiore, rinascita e resilienza. Un messaggio che Annalisa sembra voler trasmettere soprattutto alle nuove generazioni, raccontando la possibilità di reinventarsi senza mai perdere autenticità. «Sperimentare non significa snaturarsi, ma evolversi», ha dichiarato la cantante in una recente intervista, sottolineando come musica e immagine siano due facce della stessa medaglia.

            Icona fashion e voce generazionale

            Negli ultimi anni, Annalisa ha guadagnato spazio anche nel mondo della moda, diventando un punto di riferimento per chi ama gli stili audaci e contaminati. Le sue scelte sartoriali, mai scontate, esprimono un’idea di femminilità forte, consapevole e lontana dagli stereotipi. Una cifra stilistica che l’ha resa protagonista non solo sui palchi, ma anche sulle copertine delle riviste di settore.

            Con Ma io sono fuoco, Annalisa non solo arricchisce la sua carriera con un nuovo capitolo musicale, ma ribadisce di essere un’artista capace di plasmarsi e sorprendere. Una fiamma che brucia luminosa, alimentata da talento, visione e coraggio.

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              David Gilmour: «Mai una reunion con Waters, ma con l’IA forse sì. Non suono con chi sostiene i dittatori»

              L’artista, che a 78 anni festeggia il successo di “Luck and Strange”, racconta i fasti, le polemiche e le ferite mai rimarginate: dall’addio a Roger Waters alle accuse sul live veneziano del 1989.

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                Non è mai stato un uomo da molte parole. David Gilmour ha sempre preferito lasciare che a parlare fosse la sua chitarra, inconfondibile come un’impronta digitale. Ma alla soglia degli ottant’anni, con un nuovo disco in vetta alle classifiche e un film live che porta sul grande schermo gli epici concerti al Circo Massimo di Roma, il chitarrista dei Pink Floyd ha deciso di tornare a raccontarsi. E lo fa senza sconti, tra aneddoti, memorie e verità che pesano come macigni.

                «Una reunion con Roger Waters? No, mai. Confermo le stesse parole dette l’anno scorso: non suonerò mai più con chi sostiene i dittatori come Putin e Maduro», taglia corto. E subito dopo, con un lampo ironico, aggiunge: «Magari, invece, una reunion virtuale con l’intelligenza artificiale potrei anche immaginarla. Vederci ai tempi dei Floyd dal pubblico, realizzati digitalmente, sarebbe curioso».

                I fantasmi di Pompei e l’incanto del Circo Massimo

                Il legame di Gilmour con l’Italia è profondo e antico. Lo ricorda raccontando il set leggendario a Pompei, nel 1971, quando i Pink Floyd suonarono senza pubblico tra le rovine romane. «Sembrava di esibirsi davanti ai fantasmi, come disse Nick Mason. Anni dopo, da solo, nello stesso teatro, l’effetto fu opposto: lì c’era un pubblico vero, e la magia era tangibile».

                Lo stesso incanto lo ha provato a Roma, davanti al Circo Massimo gremito. «Pensare di suonare in un luogo vivo da duemila anni mi ha dato un senso di pace. Preferisco questi spazi alla freddezza degli stadi. Ogni nota risuonava in sintonia con la storia».

                Venezia 1989: «Ancora arrabbiato con il Comune»

                Quando si cita l’Italia, impossibile non ricordare Venezia 1989. Quella notte sul palco galleggiante in laguna resta impressa nella memoria collettiva, ma per Gilmour è anche una ferita mai rimarginata. «Sono ancora arrabbiato con il Comune. Avevamo fatto accordi precisi che non vennero rispettati. Centomila persone senza bagni, abbandonate a sé stesse. E poi quelle polemiche assurde, sul fatto che avremmo potuto rovinare i monumenti con le vibrazioni».

                E alza le spalle: «Eravamo su piattaforme al largo, come avremmo potuto danneggiarli?».

                Syd Barrett, l’amico perduto

                Il passato dei Pink Floyd ha sempre un’ombra che aleggia: quella di Syd Barrett, il genio fragile che lasciò il gruppo presto ma continuò a ispirarne le opere. Gilmour ricorda l’incontro imprevisto durante le registrazioni di Wish You Were Here. «All’inizio non lo riconoscemmo. Era cambiato completamente. Poi ci rendemmo conto che era lui, ma forse fu lui a non riconoscere noi. Viveva nel suo mondo».

                Gli chiedono se oggi Barrett si sarebbe potuto salvare. «Con la psichiatria attuale, forse sì. Allora non credo. Non avevamo gli strumenti».

                Eppure, il chitarrista respinge la semplificazione che vuole l’intero album dedicato a Syd. «Non è del tutto vero. Wish You Were Here parlava dell’assenza in generale. Ma certo, Shine On You Crazy Diamond era per lui».

                Antonioni e le notti insonni di Zabriskie Point

                Un altro ricordo che riporta in Italia è la collaborazione con Michelangelo Antonioni per la colonna sonora di Zabriskie Point. «Suonavamo solo di notte, perché si erano dimenticati di prenotare la sala di giorno. Antonioni lavorava sempre, e a volte si addormentava accanto alla mia chitarra».

                Piccoli dettagli che raccontano la grandezza e le stranezze di un’epoca irripetibile, sospesa tra cinema, musica e sperimentazione.

                Le ferite con Waters

                Il tema più delicato resta il rapporto con Roger Waters. La frattura è profonda, e Gilmour non ha intenzione di ricucirla. «Non c’è alcuna possibilità di tornare a suonare insieme. Non potrei dividere il palco con chi oggi sostiene dittatori e regimi». Una chiusura netta, che conferma quanto i Pink Floyd siano ormai divisi da visioni inconciliabili del mondo prima ancora che della musica.

                Eppure Gilmour non nega il fascino della tecnologia: «Se un giorno l’IA ci ricreasse come allora, potrei guardarmi seduto in platea. Sarebbe un esperimento curioso, non una vera reunion, ma almeno non servirebbe seppellire asce di guerra impossibili da dimenticare».

                Il tempo che passa

                Alla soglia degli ottant’anni, Gilmour continua a suonare e a creare, senza rinnegare il passato. Il suo ultimo album solista, Luck and Strange, ha scalato le classifiche inglesi. «Il segreto è restare curiosi. La vecchiaia arriva, certo, ma io preferisco far parlare la musica. È l’unico modo per restare vivi davvero».

                E così, tra successi rinnovati e memorie ingombranti, David Gilmour appare oggi come un uomo pacificato con sé stesso, nonostante le ferite. Pompei, Venezia, Syd, Waters: ogni tappa racconta un pezzo di storia che continua a vibrare nelle sue corde.

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