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Musica

Sanremo cerca un nuovo partner (ma guai a far flop): addio Rai? Forse sì, forse no

Via alla gara pubblica per il Festival di Sanremo 2026-2028: niente più assegnazioni dirette alla Rai, e una clausola anti ascolti bassi che fa tremare i polsi. Tra cifre milionarie, fiori da mandare in onda e targhe da posare, chi ci prova deve sapere che qui non si scherza. O forse sì.

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    Che Sanremo fosse una cosa seria lo sapevamo. Ma che diventasse anche un concorso a eliminazione diretta per broadcaster, forse no. E invece eccoci qui: dopo la storica sentenza del Tar Liguria dello scorso dicembre, il Comune di Sanremo si è visto costretto a fare quello che nessuno aveva mai fatto davvero in 74 anni di Festival: mettere il Festival all’asta.

    La Rai, da sempre regina indiscussa della kermesse, non ha più il monopolio, almeno per ora. E oggi è arrivata la pubblicazione della determine comunale con cui si apre la caccia al nuovo partner: un operatore economico, con canale generalista in chiaro, esperto in eventi nazionalpopolari e possibilmente capace di fare miracoli in prima serata. Perché? Perché se anche solo un’edizione fa flop, fuori dai piedi senza tanti complimenti.

    La tagliola anti flop

    È scritta nero su bianco, firmata dalla dirigente comunale Rita Ruffini e già sta facendo tremare più di una emittente: “Nel caso in cui una o più edizioni ottengano risultati d’ascolto inferiori di 15 punti rispetto alla media delle precedenti cinque edizioni, il contratto si straccia. Senza risarcimenti. Senza arrivederci. Senza neppure un mazzo di fiori”.

    Ora, mettiamola così: la media delle ultime cinque edizioni – tra l’epopea di Amadeus e il ritorno di Carlo Conti – è alle stelle, tra picchi record e share da capogiro. Mantenere quel livello è come chiedere a chi subentra a Messi di vincere il Pallone d’Oro il primo anno. E segnare anche di tacco.

    Chi può partecipare (e cosa deve fare)

    Il bando è chiaro: possono candidarsi solo operatori economici che trasmettono in chiaro a livello nazionale e che abbiano esperienza nell’organizzare eventi “di particolare rilevanza” – e no, la sagra del cinghiale di Roccapipirozzi non basta. Ci sarà una prima fase di selezione, con analisi dei progetti, seguita da una seconda fase negoziale, per discutere nel dettaglio la convenzione.

    E non basta “trasmettere le canzoni e via”: il futuro partner dovrà versare almeno 6 milioni e mezzo di euro al Comune, più l’1% su tutti i ricavi pubblicitari e quelli legati allo sfruttamento dei marchi. E non finisce qui.

    Tutto quello che il partner dovrà fare (oltre a sopravvivere)

    Chi si aggiudica il Festival dovrà:

    • Trasmettere Sanremoinfiore (sì, anche i carri fioriti);
    • Riprendere e mandare in onda almeno due manifestazioni extra, una delle quali d’estate;
    • Garantire la partecipazione dei due vincitori di Area Sanremo (quelli che tutti si dimenticano, ma guai a scordarseli);
    • Inserire l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, senza farla finire in un angolo;
    • E organizzare ogni anno la posa della targa del vincitore in via Matteotti. Sì, quella cosa molto sobria che pare un premio alla carriera con sei ore di cerimonia sotto il sole di febbraio.

    Tutto questo, ovviamente, a spese proprie.

    Il Consiglio di Stato incombe

    E la Rai? Per ora tace, ma è tutt’altro che fuori gioco. Il 22 maggio, infatti, il Consiglio di Stato si esprimerà sull’appello presentato dalla stessa Rai (insieme al Comune) contro la sentenza del Tar. Se i giudici dovessero ribaltare tutto, si potrebbe tornare al vecchio amore. Se invece confermassero la decisione, la partita si fa seria: chi vuole Sanremo, se lo deve conquistare. E tenerlo stretto.

    Il sindaco Mager: “È il nostro Super Bowl”

    A raccontare la svolta è il sindaco di Sanremo, Alessandro Mager, che rivendica con orgoglio il lavoro fatto: “Per la prima volta, abbiamo aperto la procedura per l’evento mediatico più importante d’Italia. I nostri uffici hanno lavorato duramente, e questa manifestazione di interesse rispecchia le nostre aspettative di crescita”.

    Tradotto: se volete il Festival, non basta mandare una mail con la scaletta. Serve visione, soldi, esperienza, e una buona assicurazione sugli ascolti. Perché qui si fa la storia (o si finisce nelle retrovie dell’Auditel).

    La vera domanda

    E ora? Chi si farà avanti davvero? Mediaset? Warner Bros? Amazon Prime? Qualche pazzo visionario con troppi soldi e nostalgia per Pippo Baudo?

    Qualcuno che abbia coraggio da vendere, nervi saldi e una spiccata tendenza all’eroismo. Perché Sanremo è come un animale mitologico: se lo accarezzi bene, ti fa vincere tutto. Ma se sbagli mossa, ti mangia vivo. E in diretta.

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      Musica

      Laura Pausini sbotta sui rumor di Sanremo: «Perché così tante falsità su di me? Che nazione strana»

      Laura Pausini interviene sui social e respinge categoricamente la voce che la vorrebbe a Sanremo solo a patto di essere l’unica presenza femminile al fianco di Carlo Conti. Una ricostruzione che la cantante definisce «falsa e cattiva», soprattutto nel giorno dell’uscita di un suo duetto al femminile. «Perché si inventano queste cattiverie? Che nazione strana l’Italia», ha commentato, lasciando intendere di essere stanca delle speculazioni che ruotano attorno al suo nome ogni volta che si avvicina il Festival.

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        Ogni vigilia di Sanremo porta con sé il consueto carosello di rumors, retroscena e supposizioni più o meno fantasiose. Ma stavolta Laura Pausini ha deciso di intervenire personalmente, mettendo fine a una voce che ha iniziato a circolare con insistenza e che la riguarda in prima persona: la presunta richiesta di essere l’unica donna a fianco di Carlo Conti sul palco dell’Ariston.

        La cantante, che di solito evita di alimentare polemiche, ha scelto i social per chiarire la sua posizione con parole nette, mostrando una certa amarezza per l’ennesima narrazione costruita dal nulla. «Nel giorno in cui esco con un duetto con una donna poi», ha scritto. L’assurdità dell’indiscrezione, secondo lei, è evidente già solo da questo dettaglio: la Pausini sta promuovendo un brano che celebra la collaborazione femminile, mentre qualcuno la descrive come impegnata a reclamare un monopolio sul palco del Festival.

        Nel messaggio, la cantante si chiede apertamente perché intorno a lei si generino così tante “cattiverie”, usando un tono più duro del solito. «Perché così tante falsità su di me?», domanda. Una frustrazione che traspare anche nell’ultima frase: «Che nazione strana l’Italia». Non un attacco, ma un’amara constatazione di come certe dinamiche mediatiche riescano puntualmente a trasformare l’attesa del Festival in un gioco al massacro, spesso scollegato dalla realtà.

        Non è chiaro da dove sia partita la voce né perché abbia preso così rapidamente piede, ma la Pausini ha voluto stroncarla sul nascere, senza lasciare spazio a ulteriori ricami. Per ora, il suo nome continua a rimbalzare tra gli ipotetici protagonisti della prossima edizione, ma senza conferme. E la cantante, stanca dei gossip, ribadisce solo quello che sa per certo: qualunque sarà il ruolo, non sarà alle condizioni che le sono state attribuite.

        Il resto, come sempre, lo deciderà Carlo Conti, impegnato a costruire un cast che inevitabilmente finirà al centro dell’attenzione. La Pausini, invece, si gode il successo del nuovo duetto e si toglie un sassolino dalla scarpa, ricordando a tutti che, prima delle dietrologie, ci sono la musica e il rispetto.

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          Musica

          Tiziano Ferro, “Sono un grande”: il ritorno della verità dopo la tempesta

          Pubblicato il 24 ottobre con Sugar Music, Sono un grande racconta due anni di vita vissuta tra crisi, ansia, amore e paternità. “Mi vergogno di alcune parole, ma non le ho cambiate. La verità è il mio unico obbligo verso chi mi ascolta.”

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          Tiziano Ferro

            Tiziano Ferro torna con un nuovo album e una nuova consapevolezza. Sono un grande — uscito venerdì 24 ottobre — è il settimo lavoro in studio dell’artista, anticipato dal singolo Cuore rotto. Un disco intimo e coraggioso che segna non solo il passaggio a una nuova etichetta, la Sugar di Caterina Caselli, ma anche l’inizio di una fase personale diversa, dopo il divorzio dall’ex marito Victor Allen e anni di silenzio forzato.

            Il cambio di etichetta, spiega Ferro all’Ansa, è nato quasi per caso: “Io e Universal ci siamo accorti che il contratto era scaduto… come il latte”, racconta con ironia. “Nessuno se n’era accorto, né io né loro. E così quello che doveva succedere, non è successo.”

            Ma questo disco, nato “quasi per caso”, è diventato la sua forma di terapia. “Dentro c’è tutto ciò che è accaduto in questi due anni, un grande disastro ma non solo”, spiega il cantautore in una nota. Le undici tracce di Sono un grande parlano di amore finito, attacchi di panico, paura e speranza, e lo fanno con una sincerità a tratti spiazzante.

            Nel brano Quello che si capisce, Ferro lascia spazio alla rabbia e alla delusione: “Ci sono frasi molto forti, alcune delle quali oggi un po’ mi imbarazzano, ma non le ho volute cambiare”, ammette. “Volevo che il racconto restasse vivo e reale.” I versi — “Chiamali i soccorsi se hai il coraggio, spiegagli questi anni da ostaggio” — sono un ritratto diretto e vulnerabile del dolore che segue la fine di un amore.

            Il titolo dell’album, Sono un grande, non è un atto di presunzione, ma un modo per ritrovare forza dopo l’autodistruzione. “Non è megalomania,” spiega Ferro. “È più un autoconvincimento, un modo per ricordarmi che se sono ancora qui, forse un motivo c’è.”

            In Fingo e spingo, l’artista riflette invece sul rapporto con la fama: “La tua gente ti aspetta e ti rispetta con la stessa voglia del primo giorno… c’è chi si fida di te, che tu li possa curare.” Una frase che rivela tutto il peso di chi è diventato, nel tempo, una figura di riferimento per molti fan.

            La lotta con l’ansia è raccontata in 1-2-3, un brano uptempo che trasforma l’esperienza del panico in energia musicale: “Conto fino a tre, non svengo più,” canta, rievocando le tecniche che usa davvero per gestire le crisi.

            Il disco si chiude con un tocco di tenerezza in Le piace, dedicata alla figlia Margherita: “Quando crolla dal sonno su me e crollo anch’io… quando ballo e lei balla, però non si sa mai.”

            Intervistato da Il Messaggero, Ferro ha parlato apertamente anche del rapporto con l’ex marito: “Siamo in buoni rapporti, nessuna guerra. Potrei portare via i bambini, ma sarebbe cattiveria, e non me la sento.” Parole che confermano la volontà di non trasformare la fine di un amore in un campo di battaglia.

            Oggi Tiziano vive a Los Angeles, dove si occupa dei figli e continua a scrivere: “Mi ritrovo incastrato qui, come un cretino,” dice con amarezza, “ma forse da questo silenzio è nato l’album più sincero della mia vita.”

            Con Sono un grande, Tiziano Ferro chiude un cerchio e ne apre un altro. Dopo la tempesta, non c’è trionfo né redenzione: solo un uomo che prova, finalmente, ad accettarsi per quello che è.

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              Levante si definisce “sapiosessuale” e presenta il compagno Pietro Palumbo: «È un bonazzo, ma soprattutto un genio»

              Levante parla senza filtri del compagno Pietro Palumbo, avvocato, definendosi “sapiosessuale”. Ospite di Say Waaad?!? su Radio Deejay, la cantante spiega di essere attratta dall’intelligenza e dalla conoscenza: «Parliamo di filosofia e io rimango appesa come una babba». Intanto si prepara a tornare protagonista al Festival di Sanremo.

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                Levante ha deciso di dirlo chiaramente, con quella naturalezza ironica che le è sempre appartenuta: «Sono sapiosessuale». La frase, lanciata quasi con nonchalance durante un intervento a Say Waaad?!?, il programma di Radio Deejay, è bastata a far scattare il riflettore sul suo presente sentimentale. Accanto a lei c’è Pietro Palumbo, avvocato, compagno e – parole sue – «un bonazzo, ma anche un genio».

                La definizione che accende la curiosità
                Quando in studio le chiedono di spiegare cosa significhi davvero “sapiosessuale”, Levante non si sottrae. «Sapiosessuale è colui o colei che è attratto dalla conoscenza», chiarisce, togliendo subito ogni ambiguità. Non una posa, non una parola da dizionario sfoggiata per darsi un tono, ma una descrizione che sembra cucita addosso al suo modo di vivere le relazioni.

                E poi arriva la frase che sintetizza tutto con autoironia disarmante: «Parliamo di filosofia e io rimango appesa come una babba». Un’immagine che fa sorridere e che restituisce una Levante lontana da qualsiasi atteggiamento costruito, più interessata allo scambio mentale che all’apparenza.

                Pietro Palumbo tra fascino e cervello
                Il nome del compagno non è nuovo, ma è la prima volta che la cantante ne parla in modo così diretto e affettuoso. Pietro Palumbo, avvocato, viene descritto come una combinazione perfetta di fascino e intelligenza. «È un bonazzo», ammette senza troppi giri di parole, «ma anche un genio». Un mix che, a quanto pare, per lei fa decisamente la differenza.

                Non è solo una questione estetica, ma di stimoli, dialogo, curiosità. Un tipo di attrazione che Levante racconta come qualcosa di naturale, quasi inevitabile, soprattutto per chi vive di parole, pensiero e creatività.

                L’amore raccontato senza pose
                Il tono con cui Levante parla del suo compagno è leggero, mai compiaciuto. Nessuna dichiarazione roboante, nessuna retorica da copertina patinata. Piuttosto battute, autoironia e una sincerità che spiazza. Anche quando scherza su se stessa, lo fa per abbassare i toni e riportare tutto su un piano umano, quotidiano.

                La sua idea di coppia sembra passare più dalle conversazioni notturne che dai red carpet, più dai libri che dalle foto social. E questo, nel racconto, diventa quasi un manifesto personale.

                Verso Sanremo, con la testa (e il cuore) altrove
                Intanto Levante si prepara a tornare protagonista anche sul fronte musicale. La vedremo al Festival di Sanremo, palcoscenico che conosce bene e che negli anni l’ha vista crescere e trasformarsi. Ma, mentre il pubblico si interroga sulle canzoni e sulle performance, lei sembra vivere un momento di equilibrio privato, raccontato senza difese e senza filtri.

                Tra una battuta e l’altra, tra una riflessione filosofica e un sorriso, Levante consegna al pubblico un frammento della sua vita così com’è: imperfetta, ironica, colta e profondamente personale. E alla fine, con quella chiusura un po’ surreale, quasi sospesa, lascia tutto lì: sì, Natale…

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