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Personaggi e interviste

Alfa e Manu Chao, il duetto nato per caso che profuma d’estate: «Ma a 17 anni il successo mi ha fatto male»

«A me mi piace» è in cima alle classifiche, ha conquistato le radio, fatto ballare mezza Italia e convinto persino Manu Chao a prestare la sua voce. Eppure, dietro al sorriso disarmante di Alfa, classe 2000, si nasconde un passato di fragilità, solitudine e fame di approvazione.

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    Il brano più ascoltato dell’estate è nato in Svezia, in pieno inverno. «Lì fa buio alle tre del pomeriggio, ci siamo detti: scriviamo qualcosa di solare. Ho buttato giù un freestyle sul campione di Me gustas tu, ho avuto il coraggio di mandarlo a Manu e lui non solo ha detto sì, ma ha aggiunto le sue voci. Suonarci insieme a Lille è stato surreale». Il cantautore francese, idolo generazionale tra i liceali italiani, ha detto no a collaborazioni ben più altisonanti. «È la dimostrazione che è un uomo libero. A Parigi fa concerti in una fabbrica dismessa: “La birra costa poco, sono tutti amici”, mi ha detto».

    Un’estate da favola per Alfa, che ha anche pranzato con Ed Sheeran: «Gli ho chiesto come sta se un suo brano non è una hit. Mi ha risposto: “Male. Ma non devi misurare il tuo valore con quello di una canzone”. Una frase che mi ha aiutato. A 17 anni stavo male proprio per questo: i numeri non colmano i vuoti». La psicoterapia è stata decisiva. «Se hai delle mancanze, il successo non le risolve. Le amplifica».

    Nel frattempo, il “ragazzo solare con la chitarra” sta cambiando pelle. L’edizione deluxe del suo album Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato è più cantautorale e malinconica. «Una mia canzone parla di una ragazza che scappa di casa e torna solo per il funerale del padre. Uso un dolore pop, semplice ma mai banale».

    E tra un palazzetto e una data europea in sleeping bus, Alfa porta con sé i ricordi di Genova: «Le estati agli scogli di Quinto, la musica sparata dalla cassa, i cd tarocchi comprati in spiaggia». Il pesto? Solo senza fagiolini. Le pesche? Solo bianche. Le chitarre? Colorate, e da collezione. Lo slogan dell’estate? «Pigliamoci bene». Ma con consapevolezza.

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      Al Bano: “Ylenia? Il destino mi ha fregato, non riesco ancora a parlarne”

      Il cantante si lascia travolgere dall’emozione ricordando la figlia scomparsa. “Non riesco a parlarne, tocca corde troppo profonde”. Poi il racconto della sua vita tra successi e cicatrici ancora aperte.

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        Sessant’anni di carriera e una vita segnata da successi planetari e da dolori profondi. È un Al Bano Carrisi inedito e visibilmente emozionato quello che si è raccontato senza veli. Una lunga intervista, tra canzoni immortali e piaghe mai rimarginate, dove il cantante di Cellino San Marco ha aperto il cuore al pubblico, svelando con pudore il peso di un destino che – come lui stesso ammette – “mi ha fregato”.

        “In ogni favola ci sono dei momenti neri – confida – e se mi guardo indietro penso a come ho fatto a risolvere tutto questo, partendo da Cellino con una valigia di cartone, le friselle, l’olio e il vino”. Poi, quasi senza volerlo, scivola su quella ferita che non si è mai chiusa: la scomparsa di sua figlia Ylenia, di cui si persero le tracce a New Orleans nel gennaio del 1994. “Con mia figlia sentivo la tragedia – ammette – impostavo le cose in un modo, ma andavano in un altro”.

        Non riesce nemmeno a nominarla apertamente. La voce gli si incrina, lo sguardo si abbassa. “Non riesco a parlarne oggi – taglia corto – parliamone in un’altra puntata, tocca corde troppo profonde”. Un dolore antico e mai metabolizzato, che ancora oggi gli impedisce di affrontare l’argomento senza essere travolto dalla commozione. “Il destino mi ha fregato”, ripete, lasciando intendere che certe ferite non cicatrizzano mai.

        Poi sposta l’attenzione su altre tappe della sua incredibile vita. Dai primi passi nel mondo della musica (“Quando ho inciso il mio primo disco, sono impazzito di gioia”) al presente, con Al Bano che oggi si gode anche la nuova veste di nonno, senza smettere mai di fare musica.

        Un incontro che ha restituito al pubblico il volto più autentico di Al Bano: quello di un uomo che ha attraversato gioie immense e dolori inimmaginabili, ma che continua a salire sul palco con la stessa passione di sempre. Anche se, ogni tanto, la vita gli ricorda che ci sono battaglie che non si vincono mai del tutto.

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          Melita Toniolo: “La radio mi ha regalato una seconda vita. Diavolita? Non la rifarei”

          Dimenticate la Diavolita del piccolo schermo: oggi Melita Toniolo ha trovato la sua vera dimensione tra microfoni, affetti e una quotidianità serena. “Non ho rimpianti. Sognavo Colorado, ma la mia vita ha preso la strada giusta. L’amore? Per ora ha le porte chiuse”

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            C’era una volta Diavolita. Occhi di fuoco, battuta tagliente e quella risata maliziosa che faceva impazzire gli italiani da Lucignolo. Oggi, invece, c’è Melita Toniolo: donna, madre, professionista della radio. Una metamorfosi silenziosa e riuscita, che ha il suono caldo della sua voce su R101 e il sorriso di suo figlio Daniel, nato nel 2017.

            “Assolutamente no” risponde netta, alla domanda se ha rimpianti per il passato. “Il mio sogno da sempre era quello di lavorare in radio e ad un certo punto questo appuntamento è arrivato: è come se la vita avesse trovato per me il giusto equilibrio. Al passato devo molto ed ho fatto pace con lui per gli obiettivi che non ho potuto raggiungere. Per me adesso c’è il presente”.

            Treni persi? Forse uno. “Sognavo di presentare Colorado, programma comico, ma evidentemente non doveva succedere. Certo, penso a quel periodo con grande affetto, ma senza il dolore per la perdita di un’occasione”. La sua filosofia è chiara: “Penso che sia necessario trovarsi al posto giusto nel momento giusto, si vede che io in qualche caso avevo sbagliato stazione”.

            E ora che ha trovato quella giusta, ci resta volentieri. “Io adesso voglio restare nella stazione in cui mi trovo, più di quello che sto facendo non so se ci sia qualcosa che potrebbe rendermi più felice”.

            Il cambiamento è arrivato con forza e dolcezza: “Io sono veneta e noi veneti siamo un po’ testardi. Quando mi impunto su qualcosa devo raggiungere l’obiettivo. Fin da piccola sognavo di lavorare in radio ed eccomi qui in un ambiente, quello radiofonico, che mi appartiene”.

            E forse, senza suo figlio, nulla sarebbe successo: “Credo che il merito sia stato di mio figlio. Dopo la pausa professionale è scoppiata in me grazie a lui la voglia di ripartire quasi da capo”. Ora, le sue serate si dividono tra un buon film e un bicchiere di vino rosso, lontana dalla frenesia televisiva. “Io non guardo nemmeno la tv. Di certo, Diavolita oggi non la rifarei”.

            Resta l’affetto del pubblico, che la riconosce ancora per il Grande Fratello e le prime apparizioni in tv. “Mi fa effetto che la gente si ricordi di quella mia esperienza quando avevo più o meno 20 anni e anche di Diavolita, cose che adesso però non rifarei”.

            Nel cuore, però, ha ancora Colorado: “Mi ha formato anche a livello professionale. Ma ricordo anche La Talpa: è stata un’esperienza formativa”.

            Sullo spettacolo, nessuna proposta indecente. “Nella mia carriera nessuna. Non concedo spazi”. E l’amore? “Per me ha le porte chiuse”.

            Melita Toniolo ha trovato la sua stazione. E, almeno per ora, non ha intenzione di riprendere altri treni.

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              Lorella Cuccarini, 40 anni tra palco, cadute e rinascite: “Maria de Filippi ha sempre ragione”

              Dai punti al mento cuciti dietro le quinte di “Domenica In” alla commozione per Raffaella Carrà, fino all’affetto per Maria De Filippi: Lorella Cuccarini celebra quarant’anni di carriera con la grazia di chi sa rialzarsi, sempre col sorriso.

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                Quarant’anni di carriera e la stessa energia di sempre. Lorella Cuccarini, ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, ha ripercorso una vita fatta di palcoscenici, applausi, cadute (anche fisiche) e rinascite. Con l’ironia e la lucidità di chi sa quanto costi il successo, ma anche quanto amore possa restituire.

                “Non dimentico niente, ricordo ogni tassello”, racconta. E tra quei tasselli ci sono anche episodi che in pochi conoscono, come l’infortunio a Domenica In: «Durante una pausa pubblicitaria caddi e mi spaccai il mento. Avrebbero voluto portarmi al pronto soccorso, ma chiesi se ci fosse un medico tra il pubblico. C’era un chirurgo: sul tavolo della sartoria mi ricucì il mento. Riuscii a chiudere la puntata».

                Non l’unica caduta, confessa: «Una volta, durante una presa in un balletto, presi una botta e dimenticai tutto. Non ricordo l’ultimo tratto dell’esibizione. Mi sono fatta male tante volte, ma per fortuna mai seriamente». E oggi, quasi sessantenne, riconosce: “I tempi di recupero sono diversi rispetto ai vent’anni, ma cerco di difendermi”.

                Cuccarini si racconta anche come insegnante ad Amici e non nasconde l’ammirazione per Maria De Filippi: «Maria ha sempre ragione. La stimo come donna e come professionista. C’è sempre per tutti. Sa guardarti negli occhi e capire se c’è qualcosa che non va». Un legame costruito su rispetto, affetto e molta stima reciproca.

                Spazio anche ai ricordi d’infanzia e agli incontri che segnano una vita. Come quello con Raffaella Carrà: «Ero piccola, per me era un mito. Quando la incontrai, mi venne un attacco di orticaria per l’emozione. Tornata a casa, ero piena di bolle. Fu una cosa bella».

                A 40 anni dal debutto, Lorella Cuccarini non ha perso un grammo della sua eleganza contagiosa. Madre, artista, icona pop: una che ha saputo attraversare le decadi senza mai perdere il passo. E quando inciampa, sa sempre come rimettersi in piedi. Magari con qualche punto di sutura. Ma sempre con stile.

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