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Personaggi e interviste

Andrea Bocelli e Veronica Berti: amore, musica e gelosia nei 30 anni di una carriera straordinaria

Tra aneddoti personali e professionali, Bocelli ripercorre i suoi 30 anni di carriera e svela il segreto di un amore che ha superato differenze d’età, gelosie e le pressioni di una vita sotto i riflettori

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    Andrea Bocelli e Veronica Berti hanno aperto il loro mondo di amore, musica e famiglia nello studio di Domenica In, ospiti di Mara Venier. Una puntata speciale in cui il tenore, simbolo della musica italiana nel mondo, ha celebrato i 30 anni di carriera e raccontato momenti inediti della sua vita privata.

    Una carriera oltre i sogni più ambiziosi
    Per Bocelli, la strada verso il successo è stata tutt’altro che semplice. «Il sogno iniziale era solo partecipare al Festival di Sanremo», ha confessato il cantante. Ma il destino aveva in serbo per lui molto di più. Ripercorrendo i primi passi nel mondo della musica, ha ricordato il ruolo fondamentale della madre: «Diceva che non avrei fatto niente nella vita perché non mi impegnavo abbastanza, ma nello stesso tempo portava le mie cassette ai discografici».

    Nonostante gli iniziali rifiuti e le previsioni di un agente che lo relegava a cantare solo qualche “Ave Maria” in chiesa, Bocelli è diventato una delle voci più amate e riconosciute a livello internazionale. «Quello che è successo è andato ben oltre ciò che avrei mai sperato», ha aggiunto.

    Il primo incontro e l’amore con Veronica
    La puntata non è stata solo un’occasione per celebrare la musica, ma anche per svelare i dettagli della sua relazione con Veronica Berti, sua moglie dal 2014. I due si sono conosciuti per caso durante una festa. «Nessuno dei due voleva esserci quella sera», ha raccontato Veronica, «ma è stato un riconoscimento di anime. Da quel momento non ci siamo più separati».

    La coppia ha parlato anche della differenza d’età, che all’inizio aveva fatto tentennare Bocelli. «Quando mi ha detto che aveva 21 anni, ho pensato: ahi!», ha ricordato con un sorriso. Nonostante i 26 anni di differenza, il loro legame si è rivelato indissolubile.

    Tra gelosia e litigi
    Come in ogni coppia, non sono mancate le difficoltà. Veronica ha ammesso di essere stata gelosa all’inizio della loro relazione, arrivando persino a controllare il telefono del marito. «C’erano donne che non sapevano ancora della nostra relazione e usavano toni un po’ troppo affettuosi», ha spiegato. Bocelli ha scherzato: «Avevo un’agenda che era un patrimonio, ma è stata cancellata».

    Anche i litigi fanno parte della loro quotidianità. «Io litigo da sola, lui è troppo tranquillo», ha detto Veronica. E Bocelli ha confermato: «Quando vuole litigare, la ascolto. Tanto poi le passa».

    Il futuro musicale della famiglia Bocelli
    L’amore per la musica non si ferma ad Andrea. La loro figlia Virginia, nata nel 2012, sembra già decisa a seguire le orme del padre. «Ha il carattere di entrambi e una grande passione per la musica», ha raccontato la coppia.

    Con 30 anni di carriera alle spalle e una famiglia che condivide il suo stesso amore per l’arte, Andrea Bocelli continua a rappresentare un simbolo della musica italiana nel mondo. E, a giudicare dalle sue parole e dal sorriso di Veronica, anche della resilienza e della forza dell’amore.

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      Personaggi e interviste

      Umberto Smaila: «Colpo Grosso era da educande, oggi mi manderebbero all’inferno. Non ho limiti nel bere, nel mangiare, nel fumare»

      Tra Jerry Calà e le “ragazze Cin Cin”, Smaila racconta cinquant’anni di spettacolo, eccessi e libertà: «Mi dissero che ero l’unico in grado di rendere quel programma non volgare. Ho avuto tutto, ho perso tanto, ma rifarei tutto uguale».

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        Prima ha trasformato la musica in cabaret, poi il cabaret in televisione, e infine la televisione in uno show che fece epoca: Colpo Grosso. Umberto Smaila è stato tutto questo, un intrattenitore capace di attraversare stagioni diverse con lo stesso sorriso sfrontato e malinconico.

        Tutto comincia a Verona, dove con Franco Oppini, Nini Salerno e Jerry Calà forma i Gatti di Vicolo Miracoli. «Non c’era un laureato tra noi, davamo un esame l’anno solo per evitare il militare», ricorda ridendo. «Dormivamo poco, la notte lavoravamo al Derby di Milano. Diego Abatantuono faceva il tecnico delle luci, e noi gli facevamo da professori: studiava con noi, era senza patente ma guidava lo stesso».

        Gli anni Settanta sono un turbine: viaggi infiniti, teatri, serate improvvisate. Poi la separazione. «Io e Jerry non ci siamo parlati per cinque anni. Se n’è andato a fare cinema e noi siamo rimasti in braghe di tela. Mi sentii tradito, ma poi capii: quando passa un treno, o ci salti sopra o lo guardi andare via».

        Il successo televisivo arriva con Help! e poi, nel 1987, con Colpo Grosso. Una trasmissione che cambierà la carriera – e la reputazione – di Smaila. «Mi scelsero perché dissero che solo io avrei potuto renderlo non volgare. Pensavo sarebbe durato tre mesi, e invece furono trecento puntate all’anno per cinque anni. Rispetto a quello che si vede oggi, era un programma da educande. Lo guardavano persino le ragazzine, che ci mandavano i disegnini delle ragazze Cin Cin».

        Quelle ragazze, però, non erano dive. «Venivano quasi tutte dall’estero: inglesi, olandesi, dell’Est. Le italiane non volevano spogliarsi. Erano molto riservate, fuori dal set le vedevi con i sacchetti della spesa. Nessun lusso, nessun glamour. Io? Solo un piccolo flirt, niente storie clamorose».

        Quando Colpo Grosso finì, arrivò la doccia fredda. «Da trecento puntate a zero. Viaggiavo in Mercedes, mi sentivo immortale. Poi capii che non lo ero. Forse, senza quel programma, avrei avuto un’altra carriera, ma non rinnego nulla».

        Nel frattempo, Smaila continua con la musica, la sua vera casa. Fino al colpo di scena hollywoodiano: «Mi chiamò l’agenzia di Quentin Tarantino. Stavano girando Jackie Brown e volevano un mio brano. Pensavo fosse uno scherzo, invece era vero. Aveva visto La belva col mitra, dove c’era la mia musica. Quei sei minuti sonori mi hanno regalato l’eternità».

        Oggi, a 74 anni, Smaila non rinnega i suoi eccessi. «Non ho limiti nel bere, nel mangiare, nel fumare. Secondo i benpensanti, sono un irregolare. Quelli come me vanno all’inferno, e io ci andrò volentieri, se trovo la compagnia giusta».

        E mentre la tv di oggi «ha tolto lo spettacolo e il coraggio», lui resta fedele al suo stile. «Allora facevamo otto giorni di prove per tre minuti di varietà. Oggi bastano due ore e un microfono. Ma io continuo a cantare nei miei locali, tra gente che balla e ride. È questo che mi tiene vivo».

        La leggenda di Umberto Smaila, tra pianobar, cabaret e cult televisivi, è il ritratto di un’Italia che si prendeva meno sul serio. E che forse, proprio per questo, sapeva divertirsi di più.

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          Personaggi e interviste

          Achille Costacurta, il racconto shock al podcast: “Ho preso sette boccettine di metadone per suicidarmi”.

          Nel podcast One More Time Achille Costacurta ricorda l’adolescenza tra droghe, ricoveri forzati e violenza, fino al tentativo di suicidio a 15 anni: “Mi hanno salvato, non so come sia vivo”. La svolta in Svizzera, la diagnosi di ADHD e il legame ritrovato con i genitori.

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            La storia di Achille Costacurta non è un racconto patinato. È una discesa nel buio e una lenta risalita, narrata con lucidità nel podcast One More Time di Luca Casadei. “Ho iniziato a fumare a 13 anni, al compleanno dei 18 ho provato la mescalina”, racconta. Una spirale di abusi, scontri con la realtà e con la legge: “Una volta ho avuto una colluttazione con la polizia. Ero sotto effetto e ho fatto il matto su un taxi. Il poliziotto arriva, mi tira un pugno in faccia, io ero allucinato quindi l’ho spaccato di legnate. Lì dopo poco mi fanno il primo TSO, me ne hanno fatti 7 in un anno”.

            TSO, disperazione e il buio più profondo
            Non risparmia nulla, nemmeno i momenti più duri. “A Milano ho trovato due dottori cattivissimi che mi hanno legato al letto per tre giorni… urlavo che mi serviva il pappagallo, io ero legato e mi dovevo fare la pipì addosso”. Un dolore quegli anni che tocca anche la famiglia: “L’unica volta che ho visto piangere mio padre è stata quando gli chiedevo di andare a fare l’eutanasia, perché non provavo più nulla”.

            Il punto più basso arriva a 15 anni e mezzo. Arresti, comunità, isolamento. E la fuga verso l’estremo: “Prendo le chiavi dell’infermeria, sette boccettine di metadone. Le bevo tutte. Volevo suicidarmi. Arrivano i pompieri e sfondano la porta… nessun medico ha saputo dirmi come io sia ancora vivo”.

            La Svizzera e la diagnosi che cambia tutto
            La svolta arriva dopo. “Quando sono arrivato in clinica mi hanno detto: ‘Se fossi stato fuori altri 10 giorni saresti morto’”. In Svizzera scopre l’ADHD. “Tu ti volevi auto-curare con la droga”, gli dicono i medici. Una frase che gli rimane impressa. Anche i genitori partecipano a un corso specifico: “Da lì non è mai più successo niente, perché loro sanno come dirmi un no”.

            Una nuova consapevolezza
            Oggi Achille ha 21 anni e guarda avanti: “Sono fiero di me. Non mi vergogno di quello che mi è successo, perché sono una persona normale. Ho imparato a non dimenticare quei traumi, ma a farne tesoro”.

            Non uno slogan motivazionale, ma una verità conquistata, passo dopo passo. E, come dice lui, “grazie a chi non ha smesso di esserci”.

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              Personaggi e interviste

              Elisabetta Gregoraci smentisce ogni coinvolgimento nel caso del padre: «Totalmente estranea ai fatti».

              Il legale Lorenzo Pellegrini chiarisce che Elisabetta Gregoraci è «assolutamente estranea» alle vicende giudiziarie che coinvolgono il padre, respinge ogni accusa e denuncia «insulti e minacce» sui social. La showgirl diffida chi diffonde informazioni false e annuncia azioni legali: «Costretta a vivere nella paura».

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                Elisabetta Gregoraci prende le distanze, con decisione, dalle vicende giudiziarie che riguardano il padre Mario Gregoraci. A parlare è il suo avvocato, Lorenzo Pellegrini, che con una nota sottolinea come la conduttrice sia «totalmente estranea ai fatti oggetto di denuncia e di accertamento giudiziario». Nel mirino delle precisazioni ci sono le informazioni circolate online in merito all’ex compagna dell’uomo, Rosita Gentile, che ha denunciato Mario Gregoraci per maltrattamenti. Secondo alcune ricostruzioni circolate sui social, la showgirl avrebbe avuto comportamenti offensivi o discriminatori nei confronti della donna. Una ricostruzione che il legale definisce priva di fondamento.

                Smentita e diffida
                Nella nota, l’avvocato Pellegrini ribadisce che Elisabetta Gregoraci «non avrebbe mai offeso né emarginato» Rosita Gentile e che eventuali riferimenti al suo coinvolgimento sono «destituiti di ogni realtà fattuale». La posizione è chiara: la conduttrice non è parte del procedimento e non ha alcun ruolo nei fatti contestati all’uomo. Al contrario, tramite i suoi difensori, Gregoraci ha diffidato chiunque continui a diffondere contenuti ritenuti falsi o diffamatori. Nelle stesse ore, la showgirl ha informato anche Rosita Gentile della volontà di «agire nelle sedi giudiziarie per la propria tutela».

                Minacce social e “clima d’odio”
                Nella comunicazione diffusa dal legale emerge un altro elemento: la pressione mediatica. La showgirl starebbe affrontando — sempre secondo la nota — un’ondata di insulti e minacce via social, alimentata da ricostruzioni improprie. «Si sta formando nei suoi confronti un clima d’odio che la costringe a vivere nella paura», evidenzia l’avvocato. Un passaggio che richiama, ancora una volta, il tema della responsabilità nell’informazione online e del confine tra cronaca e speculazione.

                La vicenda giudiziaria che coinvolge il padre segue il suo corso; per Elisabetta Gregoraci, l’obiettivo dichiarato è evitare sovrapposizioni e tutelare il proprio nome. In attesa degli sviluppi, la linea è ferma: nessun coinvolgimento, difesa legale e richiesta di rispetto.

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