Personaggi e interviste
Briatore e l’estate da show: «La verità è che io sono un genio, voi no»
Il manager e imprenditore accumula prese di posizione nette e polemiche: «La verità è che io sono un genio, voi no». Come quella volta che se la prese con i pastori sardi e disse: «La Sardegna ha posti straordinari. Il problema è che i sardi vogliono fare i pastori e non sanno cos’è il turismo».
Flavio Briatore, manager e imprenditore, ha collezionato negli anni prese di posizione nette e furibonde polemiche. Famoso per le sue dichiarazioni come «Non ho mai visto un povero creare posti di lavoro» e «La verità è che io sono un genio, voi no», non ha mai perso occasione per far parlare di sé.
Liti e polemiche con i pugliesi e i pastori sardi
Nel 2016, in un convegno in Salento, Briatore dichiarò: “La Sardegna ha posti straordinari. Il problema è che i sardi vogliono fare i pastori e non sanno cos’è il turismo”. Apriti cielo! Briatore si ritrovò a organizzare in fretta e furia un incontro con i pastori sardi per riparare al danno, tentando di elogiarli: “I pastori sardi sono eccezionali, lavorano duro e sono strozzati dal prezzo del latte”. Un tentativo disperato di rimediare alla sua proverbiale arroganza.
Le ultime dichiarazioni: famiglie e costi della vita
Di recente, nel podcast 2046 di Fabio Rovazzi e Marco Mazzoli, Briatore ha sparato l’ennesima “briatorata”: “Una famiglia con 4.000 euro come fa a vivere?”. Sembra aver dimenticato che molti italiani sognano di avere metà di quella cifra. Certo, non possono nemmeno permettersi un morso alla sua Crazy Pizza al prosciutto Pata Negra da 68 euro. E, prevedibilmente, è piovuta una caterva di critiche, tra cui una vignetta di Makkox sul Foglio e il rimbrotto dell’onorevole Angelo Bonelli: “Parli da Montecarlo, dove non paghi la patrimoniale”.
Concessioni balneari e altre fregnacce
Bonelli e Briatore si erano già scontrati sulle concessioni balneari, con Briatore che rispose sarcasticamente: “Vieni al Twiga, ti insegno a lavorare”. E recentemente ha rincarato la dose sui lidi pugliesi: “Ombrellone e lettini a 60 euro? Una follia, lì non siamo a Montecarlo”. Come dargli torto, a Marina di Pietrasanta il suo Twiga Beach fa pagare 600 euro al giorno per una tenda araba. Non c’è paragone!
Ospitalità italiana? No, grazie
Il “geometra di Cuneo” ha tuonato contro il sistema dell’accoglienza italiano, definendo gli alberghi “schifosi” e i ristoranti “truffaldini”. Un’accusa che ha trovato eco tra chi si è visto recapitare scontrini da gioielleria per due caffè a Venezia. Nel 2019, non risparmiava nemmeno il turismo low cost: “Il turismo delle ciabatte fa male all’Italia”.
Il genio incompreso della pizza
In una lite con Gino Sorbillo, Briatore criticava le pizzerie economiche: “Cosa ci mettono dentro? Se paghi stipendi, tasse, bollette e affitti, vendere pizze a quei prezzi è impossibile. C’è qualcosa che mi sfugge”. Poi, come un moderno Marchese del Grillo, ha sentenziato: “L’Italia è un Paese rancoroso, pieno di invidiosi. La verità è che io sono un genio e voi non lo siete”.
Flavio Briatore: un genio per alcuni, un despota per altri, ma sempre e comunque protagonista indiscusso delle cronache estive.
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Personaggi e interviste
Charlize Theron e la gaffe presidenziale: “Posso portarti in uno strip club, Presidente?”
Capita a tutti di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, ma non a tutti succede davanti al presidente degli Stati Uniti. Charlize Theron l’ha raccontato ridendo (e arrossendo) nello show di Jimmy Kimmel: durante una precedente ospitata con Barack Obama, nel tentativo di spezzare l’imbarazzo, se ne uscì con una proposta assurda per ampliare il pubblico giovane: “Posso portarti in uno strip club”. Una battuta che le è costata notti insonni e un posto di diritto nella categoria “imbarazzi stellari”.
Dicono che il silenzio a volte sia d’oro. Non sempre, però: talvolta è un fossato pronto a inghiottire. E Charlize Theron lo sa bene. Durante una puntata dello show di Jimmy Kimmel, l’attrice ha ricordato uno dei momenti più imbarazzanti della sua vita… e non era davanti a un collega o a un giornalista curioso, ma al presidente degli Stati Uniti in persona: Barack Obama.
Tutto nasce da una precedente apparizione nello stesso talk show. Quel giorno, sul divano di Kimmel, Charlize sedeva accanto a Obama. Conversazione brillante, sorrisi istituzionali, l’aria che frizzava di quella tensione elegante che solo un presidente può portare con sé. Poi, una frazione di secondo fatale: il vuoto. Lei lo racconta così: “C’è stata questa pausa, non sapevo cosa dire. Mi sono sentita obbligata a riempire il silenzio”.
Ed ecco la frase che nessun media trainer avrebbe mai previsto: «Se stai cercando un pubblico più giovane posso portarti in uno strip club». Una battuta che, nella testa di Charlize, in quel nanosecondo sembrava probabilmente ironica, brillante, spiazzante. Nella realtà? Un salto mortale senza rete.
Lui, Obama, rimase cortese come sempre, con quel mezzo sorriso diplomatico che vale più di mille manuali di bon ton politico. Lei, invece, ricorda di non aver dormito per settimane. “Ogni volta che chiudevo gli occhi rivivevo il momento e pensavo: davvero ho detto così?”.
La scena, ormai leggenda nello scrigno delle gaffe hollywoodiane, è diventata quasi terapeutica per chiunque abbia mai avuto la bocca troppo veloce rispetto al cervello. Perché sì, succede anche agli dei del grande schermo: la parola sbagliata, il contesto peggiore, il rimorso che ti perseguita di notte come una notifica indesiderata.
Oggi Charlize Theron ci ride sopra. Anzi, lo racconta come un trofeo di umanità. È confortante, in fondo, scoprire che dietro l’eleganza glaciale di Mad Max: Fury Road o l’intensità drammatica di Monster, c’è una donna che ha avuto il suo momento “ehi, vuoi venire in uno strip club con me, Mister President?”.
Morale — senza morale: se mai vi scapperà una frase infelice davanti a qualcuno che conta, pensate a Charlize. E sorridete. Magari non sarà un presidente, ma l’imbarazzo… quello sì, è democratico.
Personaggi e interviste
Heidi Klum, Halloween regina assoluta: si trasforma in una Medusa da “Scontro tra Titani” con squame, serpenti e lingua biforcuta
Per il 25° anniversario del suo leggendario party di Halloween, Heidi Klum punta tutto sul mito e sceglie Medusa: corpo verde, squame scintillanti, serpenti animati sulla testa e una coda che serpeggia sul red carpet. Tra gli ospiti, star mascherate da icone pop, cartoni, vampiri e alieni. Un’altra notte di eccesso controllato che conferma: quando si parla di Halloween, Heidi non ha rivali.
Non è Halloween se Heidi Klum non decide di superare se stessa. E anche stavolta la modella tedesca, 52 anni, non ha deluso: per i 25 anni del suo ormai storico party newyorkese, ha scelto di incarnare Medusa. Non una versione minimal o ironica: corpo interamente ricoperto da squame verdi, serpenti che si agitavano sulla testa, make-up prostetico, latex e persino una lingua biforcuta. A completare la trasformazione, una lunga coda sinuosa trascinata sul red carpet e uno sguardo da creatura mitologica uscita direttamente da Scontro tra Titani.
La “Regina di Halloween” aveva promesso alla rivista People che quest’anno sarebbe stata “molto brutta”. Missione compiuta, e con stile.
Una festa blindata e stellare
La location, rigorosamente segreta come da tradizione, ha accolto una parata di celebrità in costumi spettacolari, teatrali e volutamente eccessivi. Tra le apparizioni più fotografate, Valentina Sampaio versione Leeloo de Il quinto elemento, Coco Austin trasformata in un Chucky glamour con parrucca rossa e calze a rete, mentre il rapper Ice-T ha optato per una mise horror con coltelli finti e sangue scenico.
Non è mancato l’omaggio ai miti pop: Ariana Madix ha replicato l’iconico look “Zombieboy” di Lady Gaga, mentre Amaya Espinal ha lasciato il pubblico a bocca aperta in versione Na’vi di Avatar, completamente dipinta di blu.
Tra Barbie vintage e Shrek, l’Halloween più ambizioso
Menzione speciale per Maye Musk, elegantissima Crudelia De Mon, e per Ilona Maher, Barbie d’epoca. Darren Criss ha scelto di divertirsi diventando Shrek, accompagnato dalla moglie in versione Gatto con gli Stivali. Non sono mancati volti social come James Charles e Gigi Gorgeous, insieme a Damian Hurley e Olivia Attwood.
Heidi Klum, negli anni, ci ha abituato a trasformazioni memorabili: da verme gigante a E.T., passando per cloni di se stessa. La sua Medusa, però, entra di diritto tra le più iconiche. Visionaria, scenografica, volutamente inquietante. E, per una volta, più latex che pelle nuda. Anche questo, a modo suo, è un colpo di scena.
Personaggi e interviste
Umberto Smaila: «Colpo Grosso era da educande, oggi mi manderebbero all’inferno. Non ho limiti nel bere, nel mangiare, nel fumare»
Tra Jerry Calà e le “ragazze Cin Cin”, Smaila racconta cinquant’anni di spettacolo, eccessi e libertà: «Mi dissero che ero l’unico in grado di rendere quel programma non volgare. Ho avuto tutto, ho perso tanto, ma rifarei tutto uguale».
Prima ha trasformato la musica in cabaret, poi il cabaret in televisione, e infine la televisione in uno show che fece epoca: Colpo Grosso. Umberto Smaila è stato tutto questo, un intrattenitore capace di attraversare stagioni diverse con lo stesso sorriso sfrontato e malinconico.

Tutto comincia a Verona, dove con Franco Oppini, Nini Salerno e Jerry Calà forma i Gatti di Vicolo Miracoli. «Non c’era un laureato tra noi, davamo un esame l’anno solo per evitare il militare», ricorda ridendo. «Dormivamo poco, la notte lavoravamo al Derby di Milano. Diego Abatantuono faceva il tecnico delle luci, e noi gli facevamo da professori: studiava con noi, era senza patente ma guidava lo stesso».
Gli anni Settanta sono un turbine: viaggi infiniti, teatri, serate improvvisate. Poi la separazione. «Io e Jerry non ci siamo parlati per cinque anni. Se n’è andato a fare cinema e noi siamo rimasti in braghe di tela. Mi sentii tradito, ma poi capii: quando passa un treno, o ci salti sopra o lo guardi andare via».
Il successo televisivo arriva con Help! e poi, nel 1987, con Colpo Grosso. Una trasmissione che cambierà la carriera – e la reputazione – di Smaila. «Mi scelsero perché dissero che solo io avrei potuto renderlo non volgare. Pensavo sarebbe durato tre mesi, e invece furono trecento puntate all’anno per cinque anni. Rispetto a quello che si vede oggi, era un programma da educande. Lo guardavano persino le ragazzine, che ci mandavano i disegnini delle ragazze Cin Cin».
Quelle ragazze, però, non erano dive. «Venivano quasi tutte dall’estero: inglesi, olandesi, dell’Est. Le italiane non volevano spogliarsi. Erano molto riservate, fuori dal set le vedevi con i sacchetti della spesa. Nessun lusso, nessun glamour. Io? Solo un piccolo flirt, niente storie clamorose».
Quando Colpo Grosso finì, arrivò la doccia fredda. «Da trecento puntate a zero. Viaggiavo in Mercedes, mi sentivo immortale. Poi capii che non lo ero. Forse, senza quel programma, avrei avuto un’altra carriera, ma non rinnego nulla».
Nel frattempo, Smaila continua con la musica, la sua vera casa. Fino al colpo di scena hollywoodiano: «Mi chiamò l’agenzia di Quentin Tarantino. Stavano girando Jackie Brown e volevano un mio brano. Pensavo fosse uno scherzo, invece era vero. Aveva visto La belva col mitra, dove c’era la mia musica. Quei sei minuti sonori mi hanno regalato l’eternità».
Oggi, a 74 anni, Smaila non rinnega i suoi eccessi. «Non ho limiti nel bere, nel mangiare, nel fumare. Secondo i benpensanti, sono un irregolare. Quelli come me vanno all’inferno, e io ci andrò volentieri, se trovo la compagnia giusta».
E mentre la tv di oggi «ha tolto lo spettacolo e il coraggio», lui resta fedele al suo stile. «Allora facevamo otto giorni di prove per tre minuti di varietà. Oggi bastano due ore e un microfono. Ma io continuo a cantare nei miei locali, tra gente che balla e ride. È questo che mi tiene vivo».
La leggenda di Umberto Smaila, tra pianobar, cabaret e cult televisivi, è il ritratto di un’Italia che si prendeva meno sul serio. E che forse, proprio per questo, sapeva divertirsi di più.
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