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Personaggi e interviste

Come ti sistemo gli haters: Elena Santarelli risponde alle critiche con intelligenza, l’arma più potente

Elena Santarelli, 43 anni, è finita al centro di una bufera social per aver condiviso una foto in costume su Instagram. Le critiche, sfociate in bodyshaming, non si sono fatte attendere. Ma la sua risposta ha riportato al centro il valore dell’autenticità e della solidarietà femminile. Una replica che insegna ad amare il proprio corpo, difendendo la bellezza reale e lanciando un messaggio potente contro la cultura dell’apparenza.

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    Basta poco, sui social, per scatenare una tempesta. In questo caso, è stata una semplice foto in costume intero bordeaux, elegante ma sobria, a trasformarsi nel pretesto per un’ondata di odio gratuito. Elena Santarelli è stata bersagliata da commenti pesanti come: “Sei anoressica”, “Meglio se ti copri”, “Cos’hai sull’addome?”.

    La stupidità è cieca

    Gli attacchi non si sono limitati alla forma fisica, ma hanno toccato anche il vissuto personale della showgirl, sminuendo la sua figura di donna forte e sensibile. In particolare, un utente ha scritto: “Era la più bella… questa foto parla di anoressia, un vero peccato”, evidenziando la tossicità di certi standard estetici irraggiungibili.

    La realtà dietro l’immagine: diastasi addominale e maternità

    Molti dei commenti hanno criticato l’aspetto dell’addome, ignorando che potrebbe trattarsi semplicemente di diastasi addominale, una condizione comune tra le donne dopo una gravidanza. Un cambiamento naturale e fisiologico che non dovrebbe mai diventare motivo di vergogna. Questo episodio riapre il dibattito su quanto sia pericolosa la pressione estetica, soprattutto per le donne che hanno vissuto la maternità. Il corpo cambia, ma non perde valore. Anzi, racconta una storia: di vita, di amore, di forza.

    La risposta della Santarelli: “Siamo donne, non nemiche”

    Elena non ha scelto il silenzio. Ha risposto con intelligenza e determinazione, puntando il dito contro un meccanismo crudele: “Spesso le peggiori critiche arrivano da altre donne”. Un’osservazione amara ma vera, che mette in luce quanto sia urgente ristabilire un clima di solidarietà femminile, anziché alimentare competizione e giudizi. Nonostante gli insulti, la Santarelli ha ricevuto anche moltissimi messaggi di supporto, da chi ha riconosciuto il coraggio di mostrarsi senza filtri. Molti utenti hanno apprezzato la scelta di non ritoccare lo scatto, difendendo il diritto di ogni donna a sentirsi bella nel proprio corpo, anche con qualche segno del tempo.

    Perché la bellezza autentica fa ancora paura?

    Il caso di Elena Santarelli dimostra quanto sia ancora difficile accettare una bellezza imperfetta, vera, fuori dai canoni irreali imposti dai media. Mostrare un corpo che non rispecchia i cliché della perfezione diventa un atto rivoluzionario. Nel 2025, in un’epoca di consapevolezza e inclusività, il bodyshaming dovrebbe essere un retaggio del passato. Eppure, continua a colpire duramente, soprattutto chi ha il coraggio di esporsi con sincerità.

    Esempio di forza e verità

    La Santarelli è riuscita a trasformato un attacco personale in un messaggio collettivo: accettarsi è un atto d’amore. Per sé, per le altre donne, per le generazioni che verranno. La sua vicenda è un invito a non sottomettersi alla violenza verbale dei social, ma a rispondere con dignità, consapevolezza e rispetto per il proprio corpo.

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      Fiorello racconta la caduta in bici: “Volevo fare il figo, sono atterrato di faccia”

      “Mi sono svegliato alle quattro e mezza e ho deciso di pedalare. Il cancello si avvicinava, ho cercato il telecomando senza fermarmi e… boom”, ha raccontato ridendo. Tre operai lo hanno soccorso: “Mi hanno detto che mi ero proprio rovinato”.

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        Rosario Fiorello, anche quando si fa male, riesce a far ridere tutti. Al Festival dello Spettacolo di Milano ha raccontato con la solita ironia la disavventura in bici che lo ha costretto, qualche tempo fa, a comparire in diretta con qualche cerotto sul volto.

        «Mi sveglio alle quattro e mezza e dico: “Adesso vado in bici”. A Roma è una delle cose più belle che si possano fare. È come vivere La grande bellezza: la gente dorme, i cinghiali dormono», ha esordito lo showman, scatenando le risate del pubblico.

        Poi il racconto diventa una piccola commedia. «C’è una lunga discesa che porta al secondo cancello, che si apre con un telecomando. Non mi sono voluto fermare per prenderlo, volevo fare il figo e prenderlo mentre pedalavo. Ma il cancello si avvicinava sempre di più e mi sono accorto che era troppo tardi. Ho detto “freno”, ma… sono atterrato di faccia!».

        Fiorello, fedele al suo stile autoironico, ha precisato: «Non posso dirvi dove abito, sennò vengono i ladri», alludendo al furto subito lo scorso agosto.

        Dopo la caduta, tre operai che lavoravano vicino al suo palazzo sono accorsi in suo aiuto. «Mi hanno tirato su, io non sentivo niente. Ho chiesto: “Che mi sono fatto?” e loro, invece di rassicurarmi, mi hanno detto: “Ti sei proprio rovinato!”».

        Lo showman ha mostrato anche la foto del suo volto subito dopo l’incidente: qualche cerotto su naso e labbro, ma nulla di grave. «Ora non si vede più niente, ma se aveste visto come ero conciato…», ha scherzato.

        Il racconto si è chiuso con il sorriso di sempre e un messaggio implicito: anche dopo una caduta, Fiorello resta in piedi. E, tra un cerotto e una battuta, riesce sempre a trasformare ogni scivolone in uno spettacolo.

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          Roberto Bolle laureato honoris causa: “La danza è il mio linguaggio universale”

          Il riconoscimento premia l’impegno di Bolle nel trasformare la danza in un linguaggio capace di unire arte, emozione e società. “Un’arte che parla a tutti e che insegna la bellezza come forma di cultura condivisa”, ha detto il ballerino.

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            L’Università di Firenze ha conferito a Roberto Bolle la laurea magistrale honoris causa in “Pratiche, linguaggi e culture della comunicazione”, riconoscendogli un ruolo unico nella diffusione della cultura attraverso il corpo e il movimento.

            Nella motivazione ufficiale si legge che l’onorificenza premia “l’impegno appassionato nell’esaltare la capacità comunicativa della danza”, un’arte che Bolle ha saputo portare fuori dai teatri e dentro la vita delle persone. L’étoile, che da anni incanta il pubblico internazionale, viene celebrato come “interprete di una concezione dell’arte come veicolo di cultura, emozioni e socialità”, capace di contribuire “al processo di crescita culturale e artistica del nostro Paese”.

            Durante la cerimonia, tenutasi nell’Aula Magna dell’Ateneo, Bolle ha ringraziato con emozione: «Ricevere questo riconoscimento è un onore immenso. Ho sempre creduto che la danza fosse un linguaggio universale, capace di comunicare senza bisogno di parole. È un ponte tra culture, generazioni e sensibilità diverse».

            Nel suo discorso, l’artista ha ricordato il valore della disciplina e della dedizione che la danza richiede, ma anche la libertà che regala a chi la vive con autenticità. «Ho avuto la fortuna di trasformare la mia passione in una missione culturale. Credo che l’arte debba essere condivisa, accessibile, capace di ispirare e di unire».

            Con progetti come Roberto Bolle and Friends e Danza con me, il ballerino ha saputo avvicinare il grande pubblico alla danza classica, rompendo le barriere di un’arte spesso percepita come elitaria.

            Oggi, a 49 anni, Bolle non è solo un simbolo di eccellenza artistica, ma anche un ambasciatore culturale che continua a portare l’Italia sul palcoscenico del mondo. E questa laurea, più che un punto d’arrivo, sembra una nuova tappa nel suo viaggio tra arte, bellezza e comunicazione.

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              È morto a 18 anni Evan Delogu, fratello di Andrea: la tragedia in moto che spezza una famiglia

              Evan Oscar Delogu, figlio di Walter e fratellastro della conduttrice Andrea, è morto sul colpo dopo aver perso il controllo della moto in via Vittor Pisani. Inutili i tentativi di rianimazione. Sui social, la commozione di amici e fan.

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                Aveva solo diciotto anni, il tempo di un’estate appena finita e la vita davanti. Evan Oscar Delogu è morto nel pomeriggio di sabato a Bellaria, in un terribile incidente stradale. Figlio di Walter Delogu — ex autista di Vincenzo Muccioli, storico fondatore di San Patrignano — e fratellastro della conduttrice televisiva Andrea Delogu, Evan ha perso il controllo della sua moto, una Benelli 750, in via Vittor Pisani, una strada tranquilla che nel giro di pochi istanti si è trasformata nel luogo di una tragedia.

                Secondo le prime ricostruzioni della Polizia Locale, l’incidente è avvenuto intorno alle 15.40. Il ragazzo stava percorrendo il rettilineo quando, per cause ancora da chiarire, ha sbandato violentemente finendo prima contro un palo della luce e poi contro un secondo, a bordo strada. L’impatto è stato devastante: nonostante indossasse il casco, le ferite riportate sono risultate fatali.

                Sul posto sono arrivati in pochi minuti i soccorritori del 118, che hanno tentato a lungo di rianimarlo, ma ogni tentativo è stato inutile. Evan è morto praticamente sul colpo.

                La notizia ha scosso Bellaria e tutta la Romagna. Tantissimi i messaggi di cordoglio sui social, anche per la sorella Andrea, che ha sempre condiviso con il fratello un legame profondo, fatto di affetto e orgoglio.

                Ma le parole più struggenti sono quelle del padre Walter, affidate ai social poche ore dopo la tragedia: «Il cuore a volte batte anche se è morto… Grazie a tutti per la vostra vicinanza. Voglio che si ricordi così il nostro bambino. Addio, Evan. Il tuo papà e la tua mamma».

                Un messaggio che racchiude tutto il dolore di un genitore di fronte a un destino che non ha spiegazioni.

                Evan era un ragazzo pieno di vita, appassionato di motori e di musica, cresciuto tra Rimini e Bellaria, in una famiglia che aveva fatto della rinascita e della resilienza la propria storia. La stessa forza che ora servirà, ancora una volta, per sopravvivere all’assenza più ingiusta.

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