Personaggi e interviste
Geppi Cucciari, bersagliata dagli haters, replica con stile: “Peccato non piacere agli stronzi”
Dopo la brillante performance sul palco dell’Ariston, Geppi Cucciari si ritrova nel mirino degli odiatori seriali. Tra insulti e minacce, la comica sarda non si lascia intimidire e ribatte con la sua inconfondibile ironia, scatenando il plauso dei fan.
Che la sua lingua affilata non fosse gradita a tutti era prevedibile. Che dopo Sanremo 2025 si scatenasse un’ondata di odio nei suoi confronti, forse un po’ meno. Eppure Geppi Cucciari, tra i personaggi più apprezzati (e temuti) del panorama televisivo italiano, è finita nel mirino degli haters, che sui social si sono lasciati andare a insulti e offese di ogni genere.
Tutto è iniziato con un post su X (ex Twitter) in cui un utente, facendo riferimento al programma Un giorno da pecora, ha pensato bene di definirla con epiteti poco lusinghieri, tra cui “l’asina sarda”.
Ma se pensava di provocare un silenzioso fastidio, ha sottovalutato l’arte della replica di Geppi. La comica non è certo una che si lascia scivolare addosso gli attacchi senza dire la sua, e infatti ha risposto con una frase tanto secca quanto definitiva:
“Peccato non piacere agli stronzi.”
Una bordata che in poche ore ha fatto il giro della rete, raccogliendo oltre 11.000 like e centinaia di condivisioni.
L’ironia contro l’odio: i commenti di supporto
La risposta di Geppi Cucciari non è passata inosservata, tanto che in molti hanno voluto manifestarle solidarietà e sostegno. Tra questi, anche il giornalista Paolo Giordano, che ha commentato senza mezzi termini:
“Meglio non piacere agli idioti.”
Ma non sono mancate nemmeno le provocazioni, come quella di un altro utente che, con un tono a metà tra il serio e il faceto, ha scritto:
“Ciao Geppi, non so se sono stronzo ma non piaci neanche a me.”
Anche in questo caso, la conduttrice ha risposto con il suo solito sarcasmo:
“Almeno sei educato, quindi va bene lo stesso!”
Una replica che ha messo d’accordo tutti: i fan della comica e persino quelli a cui non piace, ma che almeno sanno mantenere un livello di decenza nella discussione.
Lo sfogo finale: l’odio social non ha limiti
Ma dietro la leggerezza e l’arguzia delle sue risposte, c’è anche un lato più amaro della vicenda. Perché l’odio social non si limita a qualche insulto isolato, e Geppi Cucciari ne ha avuto la prova tangibile. Dopo la pioggia di commenti offensivi, la conduttrice ha voluto chiarire la portata della violenza verbale ricevuta con un messaggio che lascia poco spazio alle interpretazioni:
“Ed io è una settimana che mi prendo dell’asina, della vacca, del cesso, della troia e che ricevo minacce fisiche e per te il punto è ‘accettare di non piacere’? Perfetto.”
Una frase che mette a nudo la realtà tossica dei social, dove il dissenso si trasforma spesso in odio puro e l’anonimato diventa uno scudo per l’aggressività gratuita.
Il coraggio di non tacere
Geppi Cucciari non è certo una che si fa intimidire facilmente. Con la sua ironia pungente e la capacità di ribaltare ogni attacco a suo favore, ha dimostrato ancora una volta di saper gestire gli haters con intelligenza e lucidità. Ma il problema dell’odio social resta, ed è sempre più evidente che il dibattito pubblico stia scivolando in una spirale di aggressività difficile da contenere.
La comica sarda, però, ha trovato il modo migliore per affrontarlo: ridere in faccia agli odiatori. E a giudicare dalle reazioni, ha vinto ancora una volta.
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Personaggi e interviste
Alberto Angela rompe il tabù del “per sempre in Rai”: ascolti in calo e un futuro che non è più scontato
«Mio padre diceva: nasco e muoio in Rai. Io no, sono altri tempi»: con questa frase, affidata a La Stampa, Alberto Angela apre scenari fino a ieri impensabili. Con ascolti non più irresistibili e un clima mediatico più nervoso del solito, il divulgatore più amato della tv italiana lascia intravedere la possibilità di un futuro lontano dal servizio pubblico.
Per una vita Alberto Angela è stato percepito come un pilastro immovibile della Rai, erede naturale – e amatissimo – della grande stagione della tv culturale costruita da Piero Angela. Oggi, però, il quadro non appare più così granitico. Il divulgatore ha rotto uno dei tabù più intoccabili: l’idea che la sua carriera fosse indissolubilmente legata al servizio pubblico.
“Io non sono mio padre”: il cambio di paradigma
Intervistato da La Stampa, Angela è stato chiarissimo: «Se lavorerò fino all’ultimo come mio padre? Sì. Non penso di andare in pensione. Mio padre però diceva: nasco e muoio in Rai. Io no, sono altri tempi». Parole che pesano, perché arrivano in un momento delicato, con un contratto biennale “in attesa di rinnovo” e un contesto televisivo che sta cambiando rapidamente, tra politica, budget e strategia editoriale.
Il nodo ascolti e l’aria che tira in Viale Mazzini
Negli ultimi mesi, i numeri di share hanno mostrato segnali meno brillanti rispetto alle stagioni d’oro. Non un tracollo, ma abbastanza da alimentare discussioni interne e riflessioni sul futuro del marchio Angela in Rai. E in un’azienda dove gli equilibri sono sempre sensibili, basta poco perché un simbolo diventi improvvisamente un “tema” da gestire.
Carriera, libertà e un futuro aperto a tutto
Angela non parla di rottura, ma di realismo. Sottolinea che i tempi sono cambiati, che il rapporto con la Rai resta forte ma non più eterno per definizione. È il segno di una fase nuova: meno appartenenza assoluta, più libertà, più consapevolezza del proprio valore in un mercato in cui oggi anche la divulgazione culturale è contesa e corteggiata.
La domanda che resta
Lui dice che continuerà “finché si potrà”. Tradotto: finché condizioni, ascolti e contratti lo permetteranno. Il pubblico, intanto, osserva. La Rai ascolta. E per la prima volta, l’idea che Alberto Angela possa fare televisione altrove non appare più fantascienza, ma un’ipotesi concreta che qualcuno, a Viale Mazzini, farebbe bene a non sottovalutare.
Personaggi e interviste
Eros Ramazzotti, soffitto crollato e vicino infuriato: una richiesta danni da 200 mila euro che il cantante non vuole pagare
Il revisore dei conti Paolo Rossi sostiene che le demolizioni nell’appartamento di Ramazzotti a Citylife avrebbero danneggiato pesantemente la sua casa al piano di sotto, compresa la stanza adibita a palestra e sauna, dichiarata parzialmente inagibile. Chiede oltre 200 mila euro, ma la difesa del cantante contesta la perizia e parla di richieste “aggressive”. A gennaio nuova udienza davanti al giudice di Milano.
Eros non rompe solo i timpani. Almeno secondo il suo vicino di casa, che da un anno vive in mezzo alla polvere, alle crepe e alle impalcature nel palazzo di lusso in zona Citylife, a Milano. Protagonisti del contenzioso: da una parte il cantante romano, che nell’ottobre 2024 ha comprato un appartamento al piano superiore; dall’altra Paolo Rossi, revisore dei conti genovese, 59 anni, che quell’immobile sotto lo ha pagato con i risparmi di una vita e oggi lo descrive come una casa “pericolante”.
Il nuovo vicino di casa
La storia inizia quando Ramazzotti prende possesso del nuovo attico e parte con la ristrutturazione. Secondo gli atti depositati in tribunale, nel giro di pochi giorni sarebbero stati demoliti tutti i muri divisori interni, rimossi impianti e pavimenti, portato via persino il massetto sotto le piastrelle, il tutto con largo uso di martelli pneumatici. Nel palazzo, raccontano i legali del vicino, “abnormi immissioni sonore” e vibrazioni continue. Poi, il 4 dicembre 2024, il botto: una porzione di soffitto nella stanza usata come palestra e sauna nell’appartamento di Rossi crolla a terra.
In casa non c’era nessuno
Per puro caso in quel momento in casa non c’è nessuno. Quando i proprietari rientrano trovano macerie sul pavimento, polvere ovunque e un plafone letteralmente staccato. Vengono chiamati amministratore, Polizia locale e Vigili del fuoco. Nei verbali, gli agenti danno atto che sopra, nell’appartamento di Eros, sono stati rimossi pavimenti e sottofondo, scoprendo le tavelle del solaio, alcune delle quali risultano lesionate “riconducibilmente” ai colpi dei martelli demolitori.
Battaglia legale
Da lì parte la guerra legale. Rossi sostiene che i danni si siano estesi anche ad altre stanze e che, per sicurezza, abbia dovuto montare strutture di sostegno con tubi innocenti in più ambienti, trasformando il suo appartamento di dieci vani – usato anche come studio professionale – in un cantiere permanente. Chiede che venga riconosciuta la responsabilità del proprietario di sopra e quantifica il risarcimento in oltre 200 mila euro, comprensivi di affitto per un alloggio alternativo, lavori di ripristino e danni all’attività lavorativa.
Difetti già esistenti
Dall’altra parte, il team legale di Ramazzotti sceglie una linea opposta. Prima ipotizza difetti strutturali preesistenti nel palazzo, poi contesta la perizia del vicino definendola “unilaterale, generica e non condivisibile”, parlando di un approccio “immotivatamente aggressivo” alle richieste economiche. Il cantante, al momento, non ha versato le somme chieste e il procedimento è arrivato davanti al giudice civile di Milano, che ha fissato per il 19 gennaio 2026 il secondo tentativo di conciliazione.
Rossi racconta i danni
Nel frattempo Rossi racconta di vivere in stanze puntellate e di affrontare spese legali e timori per il rischio di nuovi cedimenti, mentre a poche centinaia di metri dal condominio campeggiano i mega poster del nuovo disco e del world tour di Ramazzotti. Una sovrapposizione crudele di immagini: sotto un salotto che somiglia a un’area lavori, fuori il volto sorridente della star e il titolo “Una storia importante”. Per qualcuno, a questo punto, fin troppo.
Personaggi e interviste
«Pippo resterà mio marito per sempre»: il lutto, la gelosia e l’amore infinito di Katia Ricciarelli per Baudo
A più di quattro mesi dalla scomparsa del presentatore, Katia Ricciarelli ripercorre matrimonio, crisi, scenate di gelosia e complicità professionale: «Ho saputo della sua morte dai messaggi di condoglianze sul cellulare. Per me non è un ex: continuerò a considerarlo mio marito per sempre».
Per Katia Ricciarelli, Pippo Baudo non è un ricordo archiviato, ma una presenza che continua a riempire la casa, i pensieri, perfino le piccole abitudini quotidiane. A “Storie al bivio”, il programma di Monica Setta in onda su Rai2, la soprano racconta un amore che non riesce ancora a declinare al passato, nonostante la morte del conduttore, avvenuta il 16 agosto. «Pippo è mancato da più di quattro mesi, ma per me c’è ancora. Ci parlo, sento la sua presenza. È stato un amore grande e non riesco a parlarne al passato», confida.



L’ultimo saluto saputo dai messaggi
Il racconto più amaro riguarda il momento della scomparsa. Katia non viene avvisata direttamente da familiari o collaboratori: «Ho appreso della sua morte dai messaggi di condoglianze che mi arrivavano sul cellulare. Nessuno mi ha avvisato». Parole che lasciano intravedere una ferita ancora aperta. Appena capito cosa stesse accadendo, la cantante si è precipitata a Roma per la camera ardente, con un desiderio preciso: «Volevo abbracciare una sola persona: la figlia Tiziana, a cui ho voluto molto bene».
Senza entrare nei dettagli dei rapporti difficili intorno al presentatore negli ultimi anni, Ricciarelli lascia intuire più di una tensione, ma sposta sempre il centro del discorso su di lui, sul marito, sul legame che per lei resta intatto.
Un matrimonio di amore, pudore e lavoro condiviso
Ricciarelli e Baudo si sono sposati il 18 gennaio 1986, giorno del compleanno della cantante, a Militello. Lei lo ricorda come un uomo affettuoso, ma estremamente riservato nei gesti. «Non ci siamo mai baciati per la strada, era molto pudico. Però mi sapeva stare vicino in modo speciale». Il loro rapporto è stato anche un sodalizio artistico: Pippo era un melomane appassionato, presente a teatro, quasi pronto – racconta lei – “a salire sul palco a dirigere l’orchestra”.
Quando Pupi Avati la volle al cinema, lei era incerta, abituata a muoversi nel perimetro rassicurante della lirica. A spingerla fu proprio Baudo: le disse che era brava, che ce l’avrebbe fatta anche davanti alla macchina da presa. Un incoraggiamento che Katia rivendica come decisivo.
“Facevo la valigia e fingevo di lasciarlo”
Accanto alla dolcezza, c’è il capitolo gelosia, che lei non nasconde affatto. «Tra i due, la più gelosa ero io», ammette. Bastava un biglietto, un appunto, un dettaglio fuori posto perché scattasse il sospetto. «Appena vedevo un biglietto andavo su tutte le furie, pensavo sempre fosse di una donna, anche quando non era così».
Le scenate non mancavano: «Ho fatto mille volte la valigia fingendo di lasciarlo. Andavo a dormire in albergo, a due passi da casa nostra, e aspettavo che mi telefonasse. A volte chiamava, altre volte tornavo io». Non edulcora i momenti complicati, ma li inserisce nel quadro di una relazione intensa, attraversata da crisi e ritorni come capita nelle storie lunghe e vere.
Un amore che continua oltre il tempo
Oggi Katia parla di Baudo come di un uomo che continua a occupare un posto preciso nella sua vita, al di là di ogni etichetta formale. «Per me resterà mio marito per sempre», ripete. Il modo in cui lo ricorda è fatto di dettagli concreti, non di frasi scolpite: la voce, il carattere, le manie da melomane, le discussioni, le difficoltà, il sostegno nei momenti chiave.
C’è anche un gesto simbolico che sceglie per questo Natale. Nella sua villa coltiva le rose e, racconta, una di queste sarà dedicata a lui: un fiore appoggiato alla memoria di un amore ingombrante, imperfetto, ma mai rinnegato.
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