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Personaggi e interviste

Ilenia Pastorelli tra pigrezza, invidie e bonifici: “Io a letto tutto il giorno, ma se pagano mi spoglio”

Da concorrente del Grande Fratello a musa di Gabriele Mainetti e Carlo Verdone: la parabola di Ilenia Pastorelli non è stata indolore. Tra accuse di immeritato David, paragoni ingombranti e il “venticello dell’invidia”, l’attrice oggi risponde con sarcasmo e leggerezza.

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Pastorelli

    Altro che diva inarrivabile: Ilenia Pastorelli preferisce il letto. Lo ha detto senza mezzi termini: «Io starei tutto il giorno a letto, sono super pigra». Un’auto-descrizione che è già manifesto, perché l’ex concorrente del Grande Fratello ha sempre avuto un rapporto complicato con la fama.

    E pensare che proprio dal reality, vent’anni fa, è iniziata la sua carriera. Un trampolino insolito che le ha cambiato la vita, ma non nel modo in cui speravano i coinquilini: «Quando sono uscita ricordo che quelli che stavano con me nella Casa si sentivano arrivati. Io invece mi sono sentita al contrario. Ho pensato di dover iniziare tutto daccapo».

    La chiamata inaspettata arriva da Gabriele Mainetti, che la vuole come protagonista in Lo chiamavano Jeeg Robot. È il film che la consacra e le fa vincere un David di Donatello, ma non senza strascichi velenosi: «Molti ritenevano fosse ingiusto. Il venticello dell’invidia l’ho sentito. Non dalle candidate al premio, ma da quei ragazzi che studiavano da tanti anni e non sono riusciti a fare nemmeno un film». Tradotto: le colleghe zitte, i teatranti rosicavano.

    Poi l’investitura pesante, firmata Carlo Verdone, che la definì “la nuova Anna Magnani”. Un complimento che la Pastorelli prende e ribalta con disincanto: «Verdone ha sempre creduto molto in me, ma quando mi ha paragonato ad Anna Magnani ha esagerato, è impossibile. Non ce ne saranno mai più».

    E siccome il gossip vuole la sua parte, la romana ci mette del suo parlando delle scene di nudo: «Non è che sia proprio entusiasta o che mi svegli la mattina contenta di andare a girare una scena in cui mostro tutto. Ma se arriva il bonifico, va bene». Una battuta che spazza via anni di pudori finti e conferma il suo stile: diretto, spigoloso e un po’ brutale.

    Insomma, pigra sì, ma solo sul divano. Sul set e nella vita Ilenia Pastorelli ha dimostrato di avere le spalle larghe: regge paragoni impossibili, sopporta l’invidia e ride persino dei propri nudi. E questo, nel dorato mondo del cinema italiano, vale più di mille premi.

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      Ambra Angiolini e la figlia Jolanda in piazza a Milano per Gaza: da “Non è la Rai” al corteo con la kefiah

      Ambra Angiolini, icona generazionale dai tempi di “Non è la Rai”, è tornata sotto i riflettori non per un film o uno show, ma per la sua scelta di scendere in piazza. A Milano ha sfilato con la figlia Jolanda, lontana dai clamori ma decisa a mostrare che la battaglia per i diritti si combatte anche con la testimonianza personale.

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        Diecimila persone hanno riempito le strade di Milano in un corteo segnato da slogan, bandiere e pioggia battente. In mezzo alla folla, senza telecamere a seguirla passo per passo, Ambra Angiolini ha scelto di esserci. Non da sola, ma insieme a sua figlia Jolanda, ventun anni, compagna inseparabile in una manifestazione che ha assunto subito un valore simbolico.

        Non un’apparizione mondana, ma un gesto politico e civile. Ambra lo ha spiegato chiaramente: «Cosa posso insegnare d’altro a mia figlia, se non questo di fondamentale? Lottare per le cose giuste, non rincorrere la comodità ma i diritti di tutti». E ha aggiunto: «La differenza la fa chi può dire: io c’ero».

        Non è la prima volta che madre e figlia sfilano insieme, ma stavolta il contesto ha reso tutto più carico di significato. In un corteo pacifico, la loro presenza ha incarnato una generazione che non resta a guardare. «Manifestiamo da cittadine libere – ha detto Ambra – abbiamo un modo di dire la nostra pacato, anche se combattivo. Gli insulti non ci appartengono».

        Un cambio d’immagine netto per chi la ricorda ragazzina negli anni Novanta, quando a “Non è la Rai” il suo volto simboleggiava la leggerezza televisiva e il suo entusiasmo si prestava perfino a battute a favore di Silvio Berlusconi, con il celebre sfottò su Occhetto e Satana. Da allora molto è cambiato: oggi quella stessa Ambra indossa la kefiah e porta la sua voce accanto a chi invoca la fine della guerra.

        Il contrasto è forte e inevitabile: la ragazzina che ballava davanti alle telecamere ora si muove tra cartelli e slogan politici. Non recita, agisce. Non fa spettacolo, rivendica. Nelle sue parole emerge una maturità che non si nutre di proclami ma di esempi concreti: «I figli devono vedere i genitori non solo parlare, ma agire in prima persona».

        Accanto a lei Jolanda, sempre più presenza pubblica, ma senza scivolare nell’ostentazione. La giovane, figlia di Francesco Renga, cammina al fianco della madre e condivide il messaggio: un impegno che non ha bisogno di riflettori, ma che parla al cuore di chi crede ancora che la piazza sia uno spazio vivo di democrazia.

        E mentre Ambra sottolinea che «la pace è un’utopia, ma è quella che ci fa continuare a camminare», la sua metamorfosi si compie sotto gli occhi di tutti. Non più solo attrice, non più solo conduttrice, ma donna che sceglie di stare dove crede sia giusto. Una trasformazione che sorprende e divide, ma che non lascia indifferenti.

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          Dopo Iacchetti anche Ilaria D’Amico con la kefiah: a Mediaset l’intervento pro-Palestina accende il dibattito

          Non solo Enzo Iacchetti: anche Ilaria D’Amico sceglie di indossare la kefiah durante un programma Mediaset. L’ex volto di Sky, intervenuta nello studio di Paolo Del Debbio, ha definito “vergognoso” il discorso del presidente americano sul 7 ottobre, senza menzionare – ha detto – “i 65mila civili morti a Gaza, di cui circa ventimila bambini”. Un’uscita che ha subito acceso reazioni politiche e mediatiche.

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            Il gesto è arrivato in diretta e non poteva passare inosservato. Dopo la scelta di Enzo Iacchetti, anche Ilaria D’Amico ha deciso di indossare la kefiah, il tradizionale copricapo palestinese, durante un programma Mediaset. La giornalista è stata ospite di Paolo Del Debbio a 4 di sera, talk del preserale di Rete 4, e ha usato toni molto duri per commentare le dichiarazioni del presidente Usa sulla guerra in Medio Oriente.

            “È vergognoso sentire un presidente degli Stati Uniti parlare della strage del 7 ottobre senza alcuna citazione alla sofferenza dei 65mila morti civili di Gaza. Siamo intorno ai ventimila bambini uccisi. È un’ecatombe”, ha detto con voce ferma, accompagnando le parole con il gesto simbolico del foulard sulle spalle.

            Il riferimento è all’ultimo intervento pubblico del leader americano, in cui il richiamo al massacro compiuto da Hamas è stato netto, mentre il passaggio sulla crisi umanitaria palestinese è apparso assente o marginale. Una mancanza che, secondo Ilaria D’Amico, segna un ulteriore scollamento fra la narrazione ufficiale e i dati che arrivano dal terreno.

            Il suo intervento, come prevedibile, ha diviso subito il dibattito. Da un lato chi ha apprezzato il coraggio della giornalista, dall’altro chi l’ha accusata di sbilanciarsi troppo, portando in tv un simbolo che negli ultimi mesi è diventato bandiera politica. “La kefiah è un simbolo che può essere letto in modi diversi – ha replicato Ilaria D’Amico – ma per me significa non dimenticare i civili, le donne e i bambini che non hanno voce”.

            La scena si inserisce in un filone che negli ultimi tempi ha visto diversi volti noti della televisione italiana schierarsi apertamente sulla questione palestinese, portando in prima serata immagini e dichiarazioni che fino a poco tempo fa sarebbero rimaste confinate nelle piazze o nei social.

            Il gesto di Ilaria D’Amico assume anche un valore personale: la giornalista, lontana da qualche tempo dalle grandi conduzioni, sembra voler tornare sulla scena pubblica con un profilo netto, capace di coniugare competenza giornalistica e sensibilità civile.

            Resta da capire se il suo intervento sarà un episodio isolato o il preludio a una partecipazione più attiva al dibattito politico-mediatico. Intanto la sua kefiah, come già quella di Iacchetti, ha fatto centro: aprendo discussioni, accendendo le polemiche e riportando la guerra in Medio Oriente al centro del palinsesto italiano.

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              Pippo Baudo, il figlio Alex rompe il silenzio: «Ho saputo che era mio padre a trent’anni. Ora basta gossip, lasciatelo riposare»

              Dopo le parole di Katia Ricciarelli, l’intervista al figlio riconosciuto tardi del conduttore riporta l’attenzione sulla memoria di Pippo Baudo. «Non ero sorpreso, a casa nostra aveva un posto a tavola. L’ultima volta che l’ho visto avevo dodici anni, poi a trent’anni ho scoperto la verità».

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                «Basta pettegolezzi, mio padre deve riposare in pace». Così Alessandro Baudo, detto Alex, figlio riconosciuto in età adulta da Pippo Baudo, ha scelto di raccontarsi a Verissimo, a una settimana dalle dichiarazioni di Katia Ricciarelli che avevano riacceso il dibattito sulla vita privata del conduttore scomparso.

                Alex ha ripercorso il momento in cui la sua esistenza cambiò. «Ho scoperto di essere figlio di Pippo Baudo a trent’anni», ha detto. «Sono cresciuto con mia madre e Tullio, l’uomo che mi ha cresciuto. Quando si è ammalato è stato lui a decidere di dirmi la verità, poi furono i miei fratelli a confermarmelo».

                Il legame con Pippo, rivela, in realtà non era del tutto estraneo. «Non ero completamente sorpreso, Pippo frequentava casa nostra, a tavola aveva il suo posto. L’ultima volta che l’ho visto da bambino avevo dodici anni: poco dopo io e mia madre ci siamo trasferiti in Australia. Poi l’ho rivisto a trent’anni, quando ho saputo che era mio padre».

                Il ricordo che conserva del presentatore è quello di un uomo ironico e gentile: «Era una persona buona, con la battuta sempre pronta, quasi come un comico. Lo ringrazio di tutto, prima di tutto per la vita».

                Anche il giorno della morte è scolpito nella memoria: «Ero con mio figlio. Domenica mattina ho acceso il telefono e mi hanno avvertito che papà non c’era più. Ho preso un aereo per Catania. Sapevo che stava male da tempo, ci sentivamo poco. L’ultima volta ci siamo scritti una mail tre o quattro settimane prima: mi mandava baci e abbracci, sia a me che ai nipoti».

                Alex ha poi parlato anche di Katia Ricciarelli, ex moglie del padre: «Il nostro primo incontro fu emozionante, mi mise subito a mio agio. Con lei oggi ho un rapporto sincero e affettuoso, la considero una donna ironica e simpatica».

                Un racconto intimo che cerca di chiudere il capitolo delle polemiche e riportare al centro il ricordo di uno dei volti più iconici della televisione italiana.

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