Personaggi e interviste
Quel sapore di mare non è più lo stesso: parola di Jerry Calà
A Forte dei Marmi, per festeggiare i 95 dello storico locale La Capannina, un sempre divertente Jerry Calà ricorda gli anni ’80 con un pizzico di rimpianto.
Per usare un suo tormentone… i suoi film erano una vera “libidine”, anzi… una “doppia libidine”! Chi era giovane negli anni ’80 non può nom ricordare, uno su tutti, Sapore di mare del 1983 diretto da Carlo Vanzina. Ambientato a Forte dei Marmi, nell’estate 1964, vede intrecciarsi le estorie di diverse famiglie e in particolar modo dei loro figli, provenienti da diverse città.
La Capannina in festa
Con un salto temporale di ben 60 anni alla Capannina di Forte dei Marmi, nella tradizionale serata agostana in onore del 95esimo compleanno del locale, insieme a Manuela Arcuri l’irresistibile Jerry Calà ha fatto cantare e ridere gli affezionati sia di quel locale che, soprattutto, di quegli anni irripetibili.
Ha fatto ridere più generazioni
Raggiunto sul cellulare dal giornalista di turno, alla domanda se la sua sia semore stata una vita da libidine, l’attore non ha dubbi: “Beh, mentre ci parliamo al telefono è un momento di grande libidine, per esempio. Sono in barca a vela, con amici cari, cullato dal vento e con il panorama della Costa Smeralda laggiù in fondo”.
Un attore-simbolo di tempi spensierati
Non c’è italiano che non conosca le sue pellicole, le sue battute. Calà è stato uno dei simboli degli anni ’80, un attore, regista, comico e produttore che vanta ben 56 anni di carriera. Tra i film più noti in cui ha recitato, ricordiamo anche Vita Smeralda, Torno a vivere da solo e Vacanze di Natale. Anche se, quando si pensa a lui, non si può non pensare a “libidine“: la celebre parola che l’artista pronunciò nel film Bomber.
Irrefrenabile, su e giù per lo Stivale
Dopo oltre 50 anni di carriera alle spalle, i suoi spettacoli non si fermano e l’artista continua ad esibirsi in giro per tutto lo stivale, toccando alcune fra le piazze e i locali più belli di tutta Italia. Lui racconta: “Mi esibisco davanti a 4, 5, 6 mila persone. E’ una soddisfazione sentire i boati di risate piuttosto che gli applausoni, oppure 5.000 persone che cantano tutte insieme, insomma, quella è la vera libidine. Quindi il tour sta andando da Dio”.
I suoi film preferiti
Nella sua classifica dei momenti lavorativi più belli c’è Vacanze di Natale, per sua precisa ammissione, cin un gruppo di attori molto affiatato e per così dire… gaudente. Anche se ammette di essersi divertito molto anche con un altro film, Sapore di mare. Sul quale puntualizza un aspetto con un pizzico di malinconia: “In quel film raccontavamo le vacanze fatte apposta per socializzare, e oggi vedo invece ragazzi fermi sulle sdraio con gli occhi fissi sul cellulare. L’altra sera notavo che a passeggiare alla sera c’erano gruppi di maschi e di femmine separati, chissà perché. Noi ci si guardava, soprattutto guardavamo le ragazze. Si era più leggeri e più liberi. Durante i miei spettacoli vedo che il pubblico desidera sempre leggerezza, desidera ridere. E però forse si ride di meno, oggi”.
Gli Ottanta: irripetibili quegli anni
Racconta Calà: “La mia generazione faceva battute a raffica, senza pensare alle conseguenze e senza temere che si potesse offendere qualche categoria o associazione. Perchè proprio non si offendeva nessuno, negli anni Ottanta. Per fare un esempio, in Vacanze in America, quella scena sulla terrazza a New York. Salgo per una festa e si scopre che il Liveranni Ermanno non è più “lo schiantatope” dei tempi del liceo. Una scena del genere oggi sarebbe messa all’indice quella scena lì. Eravamo spudorati, ma sempre con simpatia”. Forse politicamente un po’ scorretti… ma sempre con leggerezza.
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Personaggi e interviste
Colpo di scena a Catanzaro: stop all’accusa contro il padre di Elisabetta Gregoraci
La decisione riguarda l’udienza a carico di Mario Gregoraci, 74 anni: presunti maltrattamenti e atti persecutori da riesaminare. La Procura dovrà riformulare la richiesta di rinvio a giudizio o approfondire il quadro investigativo
Un passaggio tecnico che cambia il percorso processuale e rimette in moto l’intero procedimento. A Catanzaro, nell’udienza preliminare per Mario Gregoraci, 74 anni, padre della showgirl Elisabetta Gregoraci, il giudice ha dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura. Il motivo è un vizio di notifica degli atti di chiusura indagine, ritenuto tale da incidere sul diritto di difesa.
Una decisione che non chiude il caso, ma lo riporta indietro di una fase: gli atti tornano sul tavolo dei pm e il fascicolo rientra nell’alveo delle indagini preliminari. Il procedimento riguarda ipotesi di maltrattamenti, atti persecutori e lesioni contestate all’ex compagna, Rosita Gentile.
Il nodo della notifica
Il giudice dell’udienza preliminare ha accolto l’eccezione sollevata dalla difesa, evidenziando un’irregolarità formale nella notifica degli atti. Un vizio che, secondo la valutazione del gup, avrebbe limitato la corretta possibilità di predisporre la linea difensiva.
Nell’immediato, il risultato è uno stop alla corsa verso il processo. La nullità non annulla l’inchiesta, ma obbliga la Procura a ripartire da una fase precedente, ristabilendo − almeno per ora − la posizione dell’indagato nella fase istruttoria.
La posizione della difesa
Soddisfazione da parte dell’avvocata Ramona Gualtieri, che ha parlato di “riconoscimento pieno del diritto di difesa”. Non una vittoria definitiva, ma un passaggio che la stessa legale ha definito essenziale per “garantire il corretto contraddittorio”.
L’eco mediatica del caso, legato anche alla notorietà familiare, aveva acceso i riflettori già nella fase delle indagini. Ora il quadro si ricompone, con tempi che inevitabilmente si allungano.
Cosa succede adesso
La Procura potrà nuovamente notificare gli atti e riproporre l’impianto accusatorio, confermando la richiesta di rinvio a giudizio. Oppure scegliere di integrare il fascicolo con nuovi elementi, valutando se e come rimodulare le contestazioni.
Per il momento, tutto torna in sospeso. Nessuna archiviazione, nessun proscioglimento, ma una fase interlocutoria che riapre margini e scenari.
Un esito che ribadisce quanto, nel percorso giudiziario, la forma possa pesare quanto la sostanza: un vizio procedurale può rallentare la corsa verso il processo e riaprire partite che sembravano avviate.
Personaggi e interviste
Claudio Amendola, dal furto di benzina alla dipendenza, fino all’infarto e alla rinascita
Sincero come sempre, Amendola racconta fragilità e ripartenze. La carriera tra cinema e tv, l’amore per Francesca Neri, il nuovo legame con Giorgia Guglielman, l’infarto del 2017 e il passato con la cocaina. «Ne sono uscito da solo, c’era qualcosa di più importante: i figli». Ora l’attore torna sullo schermo con un film che parla di verità e scelte
Claudio Amendola torna al cinema con “Fuori la verità” di Davide Minnella e porta con sé tutta la storia che ha addosso. Quella di un ragazzo cresciuto in una famiglia d’arte, figlio di Ferruccio Amendola e Rita Savagnone, che a 19 anni debutta in tv e in pochi anni diventa il volto romano che riempie cinema, serie e immaginario pop. Dagli anni Ottanta di “Vacanze di Natale” e “Ultrà” ai successi di “Noi e Giulia” e “Nero a metà”, Amendola è diventato una certezza. Eppure, dietro l’immagine di attore amatissimo, c’è sempre stata un’umanità irregolare, senza filtri.
Lo ha dimostrato quando ha raccontato del suo arresto a 18 anni per aver rubato benzina, finendo per una notte a Regina Coeli. Una caduta che oggi ricorda con un mezzo sorriso e una dose di vergogna, perché quelle esperienze rimangono, ma insegnano. Lo ha confermato anche quando, parlando della droga, ha ammesso tutto senza costruirsi alibi: la cocaina, la perdita di lucidità, la decisione di uscirne da solo. «Ne sono uscito perché c’era qualcosa di più importante: i figli», ha raccontato. La famiglia come boa, come limite, come salvezza.
E poi l’amore. Lungo, intenso, complicato. Marina Grande prima, poi Francesca Neri, compagna per venticinque anni, madre di suo figlio Rocco, con cui ha condiviso cinema e vita prima di dirsi addio nel 2022. Oggi al suo fianco c’è la costumista Giorgia Guglielman, quindici anni meno di lui, presenza discreta in una fase più quieta e riflessiva dell’attore. Un equilibrio che arriva dopo un’altra frattura profonda: l’infarto del 2017. «Una secchiata d’acqua gelata», disse. Addio sigarette, dodici chili in meno, la consapevolezza che il corpo ti chiama, e ignorarlo significa perdere tutto.
Accanto alla recitazione, Amendola ha coltivato un’altra passione: la cucina romana. Prima Trastevere, poi Valmontone, fino a Milano, dove ha aperto l’ultimo ristorante. Tavoli, sugo che ribolle, carbonara servita senza compromessi. Rombo di voce e autenticità, anche a tavola.
Oggi arriva in sala con la storia di un uomo che deve fare i conti con la verità. Un tema che gli calza addosso: perché Claudio Amendola, nel bene e nel difficile, la verità non l’ha mai nascosta. Preferisce guardarla in faccia. E raccontarla.
Personaggi e interviste
Charlize Theron e la gaffe presidenziale: “Posso portarti in uno strip club, Presidente?”
Capita a tutti di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, ma non a tutti succede davanti al presidente degli Stati Uniti. Charlize Theron l’ha raccontato ridendo (e arrossendo) nello show di Jimmy Kimmel: durante una precedente ospitata con Barack Obama, nel tentativo di spezzare l’imbarazzo, se ne uscì con una proposta assurda per ampliare il pubblico giovane: “Posso portarti in uno strip club”. Una battuta che le è costata notti insonni e un posto di diritto nella categoria “imbarazzi stellari”.
Dicono che il silenzio a volte sia d’oro. Non sempre, però: talvolta è un fossato pronto a inghiottire. E Charlize Theron lo sa bene. Durante una puntata dello show di Jimmy Kimmel, l’attrice ha ricordato uno dei momenti più imbarazzanti della sua vita… e non era davanti a un collega o a un giornalista curioso, ma al presidente degli Stati Uniti in persona: Barack Obama.
Tutto nasce da una precedente apparizione nello stesso talk show. Quel giorno, sul divano di Kimmel, Charlize sedeva accanto a Obama. Conversazione brillante, sorrisi istituzionali, l’aria che frizzava di quella tensione elegante che solo un presidente può portare con sé. Poi, una frazione di secondo fatale: il vuoto. Lei lo racconta così: “C’è stata questa pausa, non sapevo cosa dire. Mi sono sentita obbligata a riempire il silenzio”.
Ed ecco la frase che nessun media trainer avrebbe mai previsto: «Se stai cercando un pubblico più giovane posso portarti in uno strip club». Una battuta che, nella testa di Charlize, in quel nanosecondo sembrava probabilmente ironica, brillante, spiazzante. Nella realtà? Un salto mortale senza rete.
Lui, Obama, rimase cortese come sempre, con quel mezzo sorriso diplomatico che vale più di mille manuali di bon ton politico. Lei, invece, ricorda di non aver dormito per settimane. “Ogni volta che chiudevo gli occhi rivivevo il momento e pensavo: davvero ho detto così?”.
La scena, ormai leggenda nello scrigno delle gaffe hollywoodiane, è diventata quasi terapeutica per chiunque abbia mai avuto la bocca troppo veloce rispetto al cervello. Perché sì, succede anche agli dei del grande schermo: la parola sbagliata, il contesto peggiore, il rimorso che ti perseguita di notte come una notifica indesiderata.
Oggi Charlize Theron ci ride sopra. Anzi, lo racconta come un trofeo di umanità. È confortante, in fondo, scoprire che dietro l’eleganza glaciale di Mad Max: Fury Road o l’intensità drammatica di Monster, c’è una donna che ha avuto il suo momento “ehi, vuoi venire in uno strip club con me, Mister President?”.
Morale — senza morale: se mai vi scapperà una frase infelice davanti a qualcuno che conta, pensate a Charlize. E sorridete. Magari non sarà un presidente, ma l’imbarazzo… quello sì, è democratico.
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