Personaggi e interviste
Teo Mammucari: «Le suore del collegio menavano come Bruce Lee»
Abbandonato a tre anni e mezzo, cresciuto tra istituti e regole ferree, Teo Mammucari ripercorre le ferite dell’infanzia. «Mi dissero che andavo alle giostre, ma finii dietro un cancello. Le suore? Altro che care sorelle: mi prendevano per le orecchie, sembravano uscite da un film di kung-fu».

Non c’è stand-up, battuta pronta o varietà televisivo che possa coprire del tutto l’eco di certi ricordi. Teo Mammucari, volto noto della tv generalista e autore di provocazioni diventate virali, ha deciso di mettere da parte l’ironia per raccontare il proprio passato più crudo. Lo fa nel libro Dietro ogni profondo respiro (Rizzoli), in uscita il 20 maggio, e in un’intervista al Corriere della Sera.
La scena iniziale ha qualcosa di cinematografico. Teo ha tre anni e mezzo. Sua madre gli dice che lo porterà alle giostre. La destinazione, però, è un collegio di suore. «Un cancello di ferro, e dietro un grande edificio. Un cortile pieno di bambini che giocano in silenzio», ricorda. Con sé ha un pugno di caramelle, l’ultimo regalo della madre. Una suora gliele porta via: “Qui le cose si dividono, non sono solo tue”. Inizia così un’infanzia fatta di regole, punizioni e assenze.
Non ha mezzi termini quando parla delle religiose. «È inutile raccontare stupidaggini: menavano tanto. Me le ricordo tutte. Suor Consolata ti tirava per il collo, suor Deodina per le orecchie. Menavano come nei film di Bruce Lee. Ora ci scherzo, ma è stata molto dura».
I genitori si erano separati. Sua madre andava a trovarlo ogni quindici giorni. Il padre spariva per mesi. Quando Teo compie 18 anni, arriva il taglio definitivo. «Mia madre mi mise davanti cinque milioni di lire e disse: questi sono tuoi, ti do questi soldi e te ne vai. La regola è che non devi più tornare da me. Non l’ho più vista per undici anni».
Nessun rancore, però. «Mia madre era stata anche lei nei collegi, abbandonata. Mio padre pure. Erano cresciuti in tempo di guerra. Mandarmi lì, per loro, voleva dire proteggermi: mangiavo, dormivo, avevo un tetto. Prima di sentirsi odiati, bisogna capire».
Poi arriva l’altro collegio, senza suore, La Repubblica dei ragazzi, dove scopre il palco. «È lì che ho imparato a esibirmi». E dopo ancora, i villaggi turistici: «Il paese dei balocchi. Facevo il prestigiatore, suonavo la chitarra, mangiavo e dormivo gratis, e mi pagavano pure».
Nel racconto si affaccia anche la figura della figlia, avuta da Thais Wiggers. Quando la ex velina torna in Brasile, Mammucari non la vede per tre anni. Non commenta, ma racconta un’emozione precisa: «Quando riportavo mia figlia dalla madre, sentivo la stessa cosa che provavo da bambino, quando mia madre mi lasciava in collegio. Era lo stesso tipo di dolore».
Tornano anche i volti noti della sua carriera: Flavia Vento, «un po’ di follia ci vuole, ma ha un grande cuore»; Ilary Blasi, «tanti bei ricordi alle Iene»; Selvaggia Lucarelli, «è parte del gioco, è intelligente, sveglia, sa colpire ma sa anche incassare».
E infine Francesca Fagnani e la famosa intervista interrotta a Belve: «Sono andato io nel posto sbagliato. Lei ha fatto il suo lavoro. Avrei voluto che mi dicesse: fermiamoci. Ma il pubblico vuole sempre un Barabba da sacrificare».
Una citazione biblica tirata fuori a sproposito, lo ammette lui stesso. Ma in mezzo a tanto rumore, resta quel bambino con le caramelle in pugno, e una suora che gliele porta via.
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Personaggi e interviste
Perfetti solo in posa: la verità filtrata secondo Aurora Ramazzotti… e i social che ci ingannano
La “Ramazzottina” smaschera ancora una volta le bugie patinate dei social network. Con la solita ironia, mette a nudo il mito della perfezione, ricordandoci che ciò che vediamo online non è realtà, ma posa, filtro e strategia. E mentre continuiamo a scrollare, dimentichiamo che la vera vita… non si ritocca.

Benvenuti nel meraviglioso mondo di Instagram, dove nessuno suda, nessuno ha un brufolo e tutti sono sempre in vacanza. È questo l’universo che Aurora Ramazzotti ha deciso di smontare con un “friendly reminder”: no, non siamo tutti perfetti. Lo sembriamo. Ma solo in posa. La perfezione che vediamo ogni giorno nei feed non è altro che il risultato di luci giuste, angoli studiati e filtri furbi. È uno show permanente in cui nessuno sbaglia scatto. Semplicemente, lo scatto sbagliato non si pubblica… e il gioco è fatto.
La dittatura del “mi piace”
Nel nuovo millennio non contano più i voti a scuola o le strette di mano sincere. A decretare il nostro valore è un numerino sotto la foto: i like. È lì che si gioca la nostra autostima. Se piaci, vali. Se non piaci… be’, forse è il filtro sbagliato. Aurora lo sa bene. Cresciuta sotto i riflettori e bersagliata dagli haters, ha imparato presto che dietro ogni post perfetto si nasconde spesso una fragilità. Per questo continua a usare l’ironia come scudo e come lente per mostrarci quanto tutto sia distorto.
Quando “essere veri” diventa rivoluzionario
In un’epoca in cui il corpo naturale è diventato un atto sovversivo, Aurora prova a rimettere al centro la normalità. Non è una battaglia di Photoshop, ma una rivoluzione silenziosa fatta di smagliature, occhiaie e risate vere. Ha parlato di salute mentale, di body shaming, di pregiudizi e tabù. E lo ha fatto senza filtri, anche quando sarebbe stato più comodo tacere. Perfetta? No. Umana? Sì, e proprio per questo necessaria.
La foto non respira (ma tu sì)
Una fotografia congela un istante. Ma è un istante scelto, costruito, isolato dal resto. Niente respiri, niente movimento. Nessun difetto. Ma la vita vera è un flusso: ci si muove, si cambia, si sbaglia. È fatta di prospettive sbilenche e risate fuori tempo. Ecco perché confrontarsi con le immagini dei social è una trappola: non c’è verità nello scatto perfetto. C’è solo l’illusione di ciò che vorremmo essere, e che, spoiler, nessuno è davvero.
Essere imperfetti non è un difetto: è vita vera!
Aurora Ramazzotti ci ricorda che la vera ribellione, oggi, è mostrarsi per ciò che si è. E dirlo senza vergogna. Tra filtri ed eccessi, c’è bisogno di persone che usino i social non per mostrare una favola, ma per raccontare una realtà. Anche quando è un po’ disordinata. In fondo, la vera perfezione sta proprio nell’abbracciare ogni imperfezione. Anche se non è instagrammabile.
Personaggi e interviste
Il figlio segreto di Toto Cutugno: “Per me era un ingegnere. Poi ho scoperto la verità su La Settimana Enigmistica”
Niko Cutugno ha scoperto di essere figlio di Toto Cutugno a soli sette anni, sfogliando distrattamente La Settimana Enigmistica in un pomeriggio del 1996. In copertina c’era proprio lui, il celebre cantautore. Fu il nonno materno a rompere il silenzio: «Lo indicò e mi disse senza girarci intorno: “Quello è tuo padre”».

Una verità che fino ad allora era rimasta celata dietro un’apparenza costruita con cura. L’uomo che lo veniva a trovare a Roma, che diceva di essere un ingegnere sempre in trasferta, era in realtà uno degli artisti più popolari d’Italia.
Due famiglie con un padre fuori dal comune
La madre di Niko conobbe Toto su un volo nel 1989. Lui era già sposato, ma tra i due nacque una relazione che durò anni. “Per tutta la vita – racconta Niko – non ha mai rinunciato né a sua moglie né a noi. Ha coltivato due famiglie, con tutte le contraddizioni che questo comporta”. Contraddizioni che il figlio ha dovuto affrontare fin da piccolo, tra una normalità apparente e i segnali sempre più evidenti di un padre fuori dal comune. Come quella volta in macchina, quando alla radio passarono una delle sue canzoni. “Sembrava una voce familiare. Lui divenne improvvisamente serio, non disse nulla. Solo più tardi capii perché”.
Il riconoscimento nel 1997
Nel 1997 Toto Cutugno decise di riconoscerlo ufficialmente. Una scelta che, se da un lato dava finalmente un nome alla loro relazione, dall’altro apriva la porta a un’esposizione difficile da gestire per un ragazzo ancora in cerca di sé. “I compagni di scuola mi prendevano in giro. Le auto di lusso, gli autisti, Disneyland… erano elementi troppo vistosi in un contesto normale. Eppure per me era tutto confuso. Quando veniva a trovarmi era come Babbo Natale: portava regali, poi spariva”.
Tutto in un libro autobiografico
Quell’infanzia a metà, segnata da assenze e apparizioni luminose, Niko l’ha raccontata nell’autobiografia Fino all’ultimo respiro. Oggi ha 36 anni, una compagna e una professione che lo appassiona: è fondatore di un progetto di crescita personale legato alla respirazione. “Ho fatto pace con molte cose. Ma col tempo ho capito una verità amara: spesso ti manca di più chi nella tua vita c’è stato di meno. Non è logico, ma è sincero”.
Fu lui a consegnare le ceneri dopo la cremazione
Anche nel momento dell’addio, Niko ha voluto esserci: “Ha chiesto di essere cremato. Sono stato io a portare le sue ceneri a casa di sua moglie”. Un gesto silenzioso, carico di significato. Come la vita che ha vissuto: tra il clamore della musica e le ombre di un amore diviso.
Personaggi e interviste
Per Denny Mendez la sua è una carriera senza rimpianti: “Non rinnego nulla”
La ex Miss Italia dalle radici dominicane e oggi attrice affermata, ripercorre la sua carriera con orgoglio. Mentre molti attori tendono a nascondere il loro passato nella soap “Un Posto al Sole”, lei lo rivendica con fierezza. Scopriamo la sua storia, dalle origini dominicane alla consacrazione nel mondo del cinema, passando per il ruolo che ha segnato il suo debutto televisivo.

Nata a Santo Domingo, la sua vita ha preso una svolta decisiva quando, all’età di otto anni, si è trasferita in Italia. Nonostante il successo e la notorietà, il legame con la sua terra d’origine è rimasto saldo: “Mi tengo sempre informata su ciò che accade a Santo Domingo, non solo per le sue meravigliose spiagge, ma anche per le questioni sociali e politiche. Le mie radici sono parte di me.” Una dichiarazione che sottolinea quanto la sua identità multiculturale sia una ricchezza e una fonte d’ispirazione per il suo percorso artistico.
Da Miss Italia al grande schermo: una carriera costruita con determinazione
Nel 1996, Denny Mendez ha fatto la storia diventando la prima Miss Italia di origini non europee. Un traguardo importante, ma che non ha definito interamente la sua carriera. Lontana dagli stereotipi, ha deciso di mettersi alla prova nella recitazione: “Non è obbligatorio che una Miss Italia diventi attrice, ma io ho scelto di intraprendere questo cammino con impegno e studio. Ho iniziato con il teatro, il miglior modo per imparare davvero.”
Quella prima volta in tv
La sua prima esperienza televisiva è stata accanto a un gigante del cinema italiano, Nino Manfredi, nella serie “Chiaroscuro”. Ma il vero trampolino di lancio è stato un altro: Un Posto al Sole. Mentre alcuni attori tendono a minimizzare il loro passato nella storica soap italiana, Denny Mendez ne va fiera: “La produzione di Un Posto al Sole è una macchina da guerra. Devi lavorare tantissimo sui tempi e sulla memoria. Mi dispiace che alcuni colleghi se ne vergognino, per me è stato un passaggio fondamentale nella mia crescita artistica.”
Era Barbara
Nella soap interpretava Barbara Cifariello, una ragazza italo-dominicana con una storia intensa e coinvolgente. Il suo personaggio viveva con il nonno Gennaro (interpretato da Antonio Allocca) e si trovava coinvolta nelle vicende di Guido, interpretato da Germano Bellavia.
Oggi cinema e impegno sociale
Attualmente, Denny Mendez è tra i protagonisti del film Global Harmony di Fabio Massa, un progetto che tratta temi importanti come la cooperazione e i diritti umani. L’attrice ha espresso grande entusiasmo per questa produzione: “Io sono sempre dalla parte degli outsider. Global Harmony è un film indipendente, ma con un messaggio forte e universale. Credo sia importante raccontare storie che possano sensibilizzare il pubblico.”
La Mendez ha affrontato la sua carriera con determinazione e senza vergognarsi delle sue origini o delle sue scelte professionali. Da Miss Italia a Un Posto al Sole, fino al cinema d’autore, ha dimostrato che il successo si costruisce con talento e dedizione. E per chi ancora pensa che una soap non sia un trampolino di lancio valido, Denny ha una risposta inequivocabile: “Io ne vado fiera!”
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