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Spettacolo

Rita Rusic: «Amadeus ha escluso Eleonora Giorgi da Sanremo senza motivo. Ci rimase malissimo»

A pochi giorni dalla scomparsa di Eleonora Giorgi, l’amica di vecchia data Rita Rusic racconta il dolore dell’attrice per un’ultima grande delusione: l’esclusione improvvisa da Sanremo 2022. Una ferita che, secondo la produttrice, l’aveva profondamente amareggiata.

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    Ospite a Storie Italiane, Rusic ha rivelato un retroscena inedito su un episodio che avrebbe segnato Eleonora Giorgi: il rifiuto, senza spiegazioni, della sua proposta di condurre una serata del Festival accanto a Ornella Muti.

    «Sembrava tutto fatto, c’erano stati incontri e discussioni. Poi, all’improvviso, Eleonora è stata lasciata fuori senza alcuna motivazione», ha raccontato la produttrice. Un colpo durissimo per l’attrice, già provata dal calo di proposte lavorative.

    Secondo Rusic, quella mancata opportunità fu l’ennesima dimostrazione di come il mondo dello spettacolo spesso dimentichi i suoi protagonisti. «A Eleonora sarebbe bastato anche un piccolo ruolo, un cameo, qualcosa che le permettesse di tornare a respirare l’aria del set», ha aggiunto con amarezza.

    Un appello che risuona come un monito: «Dovremmo essere più attenti e generosi con gli artisti, soprattutto prima che sia troppo tardi». Perché, come conclude la Rusic, essere tagliati fuori dal proprio mondo è una delle prove più difficili da affrontare.

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      Musica

      La mamma degli stupidi è sempre incinta: qualcuno vuole cambiare il testo ad una canzone di Lucio Corsi

      Il cantautore maremmano, vera rivelazione dell’ultimo Sanremo, è al centro di una controversia per il testo del brano “Altalena Boy” del 2015. L’artista rom Rašid Nikolić denuncia l’uso del termine “zingaro” e la diffusione di stereotipi pericolosi. Il dibattito riaccende la questione della responsabilità sociale dei cantautori nei testi delle loro canzoni.

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        Lucio Corsi, rappresentante dell’Italia all’Eurovision Song Contest, si trova al centro di una controversia riguardante un suo brano pubblicato dieci anni fa. Altalena Boy, canzone dal tono giocoso e infantile, contiene il verso: “L’hanno preso gli zingari. E l’han portato in un campo fuori Roma“. L’artista rom Rašid Nikolić ha espresso pubblicamente il suo dissenso attraverso una lettera in cui critica duramente il testo della canzone, sottolineando la pericolosità del messaggio veicolato.

        La critica di Nikolić

        Secondo Nikolić, l’utilizzo del termine “zingaro” è problematico e offensivo, poiché deriva da un termine dispregiativo che significa “schiavo”. Inoltre, il marionettista evidenzia come il testo contribuisca a perpetuare lo stereotipo infondato secondo cui i Rom ruberebbero i bambini. “Si tratta di un pregiudizio radicato che ha avuto e continua ad avere conseguenze discriminatorie e violente sulla nostra comunità. Normalizzare un’idea tanto pericolosa in una canzone destinata a un vasto pubblico significa rafforzare preconcetti che alimentano odio e discriminazione”, ha scritto Nikolić.

        Responsabilità sociale dei cantautori

        Il caso di Lucio Corsi solleva una questione più ampia: fino a che punto la libertà artistica può spingersi senza urtare la sensibilità di determinate comunità? Molti cantautori hanno usato la musica per raccontare storie scomode, ma oggi i testi vengono analizzati con maggiore attenzione. Peccato che ai più sfugga il concetto di base secondo il quale il cantatutore ha il compito di fotografare la realtà, filtrata attraverso il suo apporto creativo… e che magari Corsi ha voluto inserire quel verso proprio per denunciare un folle preconcetto!

        Altri brani a rischio censura?

        Se il testo di Altalena Boy ha scatenato tutte queste polemiche, altre canzoni potrebbero subire la stessa sorte. Volete qualche esempio?

        Bocca di rosa di Fabrizio De André: la storia di una donna libera nella sua sessualità potrebbe oggi essere criticata per la sua rappresentazione della figura femminile che, nel caso dello specifico personaggio, viene “venerata” anche da alcuni prelati.

        Gianna di Rino Gaetano: il testo allusivo e ironico potrebbe essere interpretato in chiave sessista.

        Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano: sebbene considerata un inno ecologista, la canzone potrebbe essere accusata di una visione stereotipata della modernizzazione.

        Il futuro della musica e la censura culturale

        Il dibattito sulla responsabilità dei cantautori nei confronti del pubblico è sempre più acceso. La sensibilità collettiva nel corso del tempo è cambiata e molte espressioni del passato oggi vengono riconsiderate alla luce di una maggiore attenzione alle tematiche sociali. Resta da vedere se la musica continuerà a essere un campo libero di espressione – lo speriamo vivamente – o se la necessità di rispettare ogni sensibilità porterà a una riscrittura di testi e significati: davvero una follia!

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          Cinema

          “U.S. Palmese”, i Manetti Bros fanno gol: Papaleo e il calcio di provincia riscrivono la commedia italiana

          Con un Rocco Papaleo in stato di grazia, una squadra di comprimari perfetta e la regia ispirata dei Manetti bros, “U.S. Palmese” sorprende con una storia leggera e intelligente che mischia calcio, provincia e seconde occasioni.

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            Anche se il titolo potrebbe ingannare e far pensare a un documentario sportivo di nicchia, U.S. Palmese dei Manetti bros è tutt’altro: una piccola e sorprendente commedia italiana, di quelle che sembravano scomparse dagli schermi. Finalmente un film che diverte senza prendersi troppo sul serio, che racconta il calcio e la provincia con leggerezza e intelligenza, facendo pensare — senza paura di esagerare — a una sorta di nuovo L’allenatore nel pallone.

            Il cuore pulsante della pellicola è Don Vincenzo, un pensionato calabrese interpretato da un Rocco Papaleo tornato ai suoi massimi livelli. Il suo personaggio trascina i concittadini in un’impresa disperata quanto affettuosa: salvare la loro squadra del cuore, la Palmese, proponendo di autotassarsi per comprare un calciatore vero, una stella caduta. L’asso in questione è Etienne Morville, ex prodigio della banlieue parigina finito a Milano tra milioni e eccessi, interpretato da Blaise Afonso. Stanco delle luci abbaglianti e delle cadute rovinose del grande calcio, Morville accetta di ricominciare proprio da Palmi, per tentare di ricostruirsi una reputazione. Ma Palmi non è Milano e il divertimento, per lui, è destinato a cambiare volto.

            I Manetti bros ritrovano qui lo smalto migliore che mancava dai tempi di Ammore e malavita. Dopo la parentesi rigorosa dei tre Diabolik, stavolta tornano a una comicità più immediata, contaminando abilmente il genere sportivo con quello della commedia di paese. La squadra di Don Vincenzo è irresistibile: c’è l’ampolloso Gianfelice Imparato, il macellaio senza freni Max Bruno, il baffuto Massimo De Lorenzo e la poetessa malinconica interpretata da una Claudia Gerini calata perfettamente nel ruolo.

            C’è anche spazio per il romanticismo con la storia che si intreccia tra il giovane fuoriclasse e la figlia di Don Vincenzo, interpretata dalla rivelazione Giulia Maenza, e un’attenzione linguistica sorprendente: tutti i protagonisti parlano un calabrese fluente e credibile, dando ancora più verità al contesto.

            I Manetti dimostrano di aver studiato bene il cinema popolare italiano, citando in controluce L’allenatore nel pallone, ma anche i film sul calcio degli anni ’70 e ’80. Le scene sul campo e le ricostruzioni delle trasmissioni tv sportive — con tanto di concessioni e omaggi evidenti a Sky — sono girate con mestiere e ritmo.

            Alla fine si ride, si tifa e si esce dalla sala con quella sensazione rara di aver visto un film che non fa la morale, non cerca il colpo di genio pretenzioso, ma regala un paio d’ore di puro intrattenimento, proprio come sapeva fare una certa commedia all’italiana.

            Per una volta, insomma, il risultato è tutto da applaudire. In sala.

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              Cinema

              Gwyneth Paltrow senza filtri: “Io e Timothée Chalamet? Sesso a volontà sul set”

              L’attrice ironizza sulle scene di sesso con Chalamet nel nuovo film di Josh Safdie: “Facciamo tanto sesso, davvero tanto. Vengo da un’epoca in cui ci si spogliava e partiva la telecamera. Ho pensato: io ho 109 anni e lui 14…”

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                Gwyneth Paltrow torna a far parlare di sé e lo fa con la solita ironia pungente. L’attrice e imprenditrice ha deciso di rimettersi in gioco sul grande schermo con “Marty Supreme”, il nuovo film di Josh Safdie, accanto a Timothée Chalamet, il sex symbol più cerebrale di Hollywood. La storia ruota attorno a un mondo insolito, quello del ping pong negli Anni ’50, tra scommesse clandestine e passioni travolgenti. E proprio la passione è il tema su cui Gwyneth non ha risparmiato battute.

                “Quella scena diventata virale è solo un antipasto”, ha dichiarato l’attrice a Vanity Fair. “Voglio dire, facciamo molto sesso in questo film. Ce n’è tanto, davvero tanto”, ha ammesso senza mezzi termini. E ancora: “Lui è un sex symbol più cerebrale. È semplicemente una persona educata, cresciuta bene. Un uomo, stavo per dire ragazzo, che prende molto sul serio il proprio lavoro ed è un partner divertente”.

                Paltrow ha poi raccontato di un aneddoto sul set che ha fatto sorridere tutti: “Ora esiste una figura chiamata coordinatore di intimità, di cui ignoravo persino l’esistenza”. Quando la professionista le ha chiesto se fosse a suo agio con una scena, Gwyneth ha risposto spiazzandola: “Tesoro, io vengo da un’epoca in cui ci si spogliava, ci s’infilava nel letto e partiva la telecamera”.

                Alla fine l’intesa con Chalamet è stata tale che la Paltrow ha potuto congedare la coordinatrice: “Siamo a nostro agio, puoi fare pure un passo indietro. Non so come sia per chi inizia oggi, ma se qualcuno mi dicesse ‘Okay, ora lui metterà la mano qui’ come artista mi sentirei molto limitata”.

                La battuta più tagliente? “Ho pensato: ‘Va bene, fantastico. Io ho 109 anni e tu ne hai 14!’”. Insomma, tra ironia e scene hot, il ritorno di Gwyneth Paltrow al cinema è tutt’altro che noioso.

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