Connect with us

Televisione

Barbara d’Urso esclusa da “Ballando” (e non è per soldi): Milly sogna Chanel e punta sulle nuove dive

La Rai punta tutto sul glamour e sull’effetto cognome con l’arrivo (quasi certo) di Chanel Totti nel cast di “Ballando con le Stelle”. A farne le spese sarebbe Barbara d’Urso, data per sicura e poi tagliata fuori. Milly Carlucci tace, ma il messaggio è chiaro: nel sabato sera di Rai1 non c’è spazio per le regine decadute del trash.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Il sabato sera di Rai1 promette fuochi d’artificio, e non solo sulla pista da ballo. “Ballando con le Stelle”, lo storico show condotto da Milly Carlucci, si avvicina all’edizione numero venti e la macchina si è rimessa in moto con un mix di casting da capogiro, retroscena velenosi e colpi di scena che faranno parlare. Il primo nome che fa rumore? Chanel Totti. Sì, proprio lei: la figlia (appena diciassettenne) di Francesco Totti e Ilary Blasi sarebbe a un passo dal debutto televisivo ufficiale, e quale vetrina migliore se non il palco più glamour del palinsesto Rai?

    Se l’operazione andrà in porto, sarà un colpo da manuale. La Rai si garantisce un’esposizione mediatica da prima pagina, Milly si porta a casa l’effetto novità, e Chanel – che finora aveva solo flirtato con i riflettori dei social – fa il salto di categoria. I beninformati giurano che le trattative siano praticamente chiuse.

    Ma mentre c’è chi entra, c’è anche chi resta fuori. E fa rumore. Barbara d’Urso, nome che da settimane aleggiava come “super colpaccio” per Ballando, è ufficialmente out. E no, non c’entrerebbero i soldi. A quanto pare, il vero problema sarebbe stato il naufragio di “Surprise”, il progetto alla Carrà che avrebbe dovuto segnare il ritorno della d’Urso in Rai. Naufragato quello, anche l’intesa con Ballando si sarebbe dissolta nel silenzio generale. Nessun commento da Barbara. E anche da Milly, bocche cucite. Ma il messaggio è forte e chiaro: per il grande ritorno, serve un’altra stagione.

    Intanto, tra i papabili ballerini spuntano nomi forti: Francesca Fialdini, Andrea Delogu, Pierluigi Pardo, Anna Safroncik, Martina Colombari, Eleonora Pedron, Nancy Brilli, Marcella Bella, Flavio Insinna, Fabio Fognini, Piero Marrazzo… Il cast si preannuncia esplosivo. E siamo solo all’inizio.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Televisione

      Heston Blumenthal, genio e fragilità: “Sono bipolare, ma la diagnosi mi ha salvato la vita”

      Dalle allucinazioni al ricovero coatto, dalla stabilità ritrovata alla paura dell’ansia: Heston Blumenthal si confessa e riflette sul prezzo della genialità, tra medicina, creatività e il bisogno di equilibrio.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

      Heston Blumenthal

        Heston Blumenthal, 58 anni, uno degli chef più innovativi e influenti del mondo, ha deciso di raccontarsi senza filtri. In un’intervista al Corriere della Sera, il fondatore del ristorante tre stelle Michelin The Fat Duck ha parlato per la prima volta apertamente del suo disturbo bipolare, una diagnosi che, come racconta, “ha cambiato tutto”.

        “Non ho un disturbo bipolare: sono bipolare. È parte del mio Dna. Mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere per 57 anni prima di scoprirlo.”

        La svolta è arrivata nel gennaio 2024, quando la moglie, Melanie Ceysson, è stata costretta a farlo ricoverare con un trattamento sanitario obbligatorio. “Avevo allucinazioni e pensieri suicidi. Lei mi ha salvato la vita.” Dopo due mesi trascorsi in ospedale, Blumenthal ha iniziato un percorso di terapia e cura farmacologica che, pur stabilizzando il suo umore, gli ha cambiato il rapporto con se stesso e con il lavoro.

        “Se prima vivevo di picchi di euforia e crolli devastanti, ora sono più stabile, ma mi sento meno brillante. Parlo più lentamente, mi manca un po’ quella follia che mi dava energia. Tuttavia, oggi riesco a raccontare chi sono con una chiarezza che il vecchio Heston non avrebbe mai avuto.”

        Lo chef, famoso per la sua cucina sperimentale e scientifica, ha confidato di aver preso peso a causa delle cure e di aver iniziato ad assumere Mounjaro, un farmaco antiobesità oggi diffuso anche tra pazienti non diabetici. “Non è solo una questione estetica”, ha spiegato, “ma di salute e benessere psicologico”.

        Blumenthal ripercorre poi le origini della sua passione: un viaggio in Francia, a 15 anni, con i genitori e la sorella. “È stato come cadere nella tana del Bianconiglio: in quell’istante ho capito che volevo cucinare.” Da autodidatta, trascorse anni a studiare libri di gastronomia e a sperimentare senza sosta. “Credo di aver provato più di sessanta versioni di gelato alla vaniglia. Da quella mania è nato, nel 1997, il mio piatto simbolo: il gelato al granchio.”

        Negli anni Blumenthal ha costruito un impero gastronomico e una reputazione da visionario, ma non senza ombre. Dopo periodi di stress estremo e perfezionismo maniacale, ha rivisto anche il modo di rapportarsi con la sua brigata:

        “Una volta sola ho urlato contro un ragazzo. Poi ho capito che il problema ero io: l’avevo messo in una posizione sbagliata, senza dargli le giuste basi. Da allora non ho più alzato la voce con nessuno.”

        Oggi vive con la moglie in Francia, in una casa immersa nella natura. Nonostante la calma ritrovata, confessa di convivere ancora con l’ansia:

        “Sono più sereno, ma continuo ad avere pensieri oscuri, anche se non concreti. Prima agivo d’impulso, ora ho paura che le cose possano andare storte. È un’ansia costante, ma è anche il segno che sono vivo.”

        Il percorso di Blumenthal è quello di un uomo che, dopo aver reinventato la cucina moderna, ha dovuto reinventare se stesso. Oggi il genio di The Fat Duck sembra aver trovato una nuova forma di creatività, più silenziosa ma più profonda: quella che nasce dalla consapevolezza della propria fragilità.

          Continua a leggere

          Televisione

          Beppe Convertini lancia il gossip a Ballando con le Stelle: “Andrea Delogu e Nikita Perotti si amano, si vede!”

          Il commento di Convertini accende i riflettori sulla sintonia tra la conduttrice e il suo maestro di ballo Nikita Perotti. Un’intesa che per molti va ben oltre la pista. La reazione di Delogu su X? Una sola emoji, ma più eloquente di mille parole.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Un colpo di scena in pieno stile Ballando con le Stelle. A scatenarlo, stavolta, è Beppe Convertini, che nel corso della puntata ha pronunciato una frase destinata a far discutere: «Guardate che sono una bella coppia loro due. Si vede proprio che si amano, ragazzi, è evidente! Ma poi anche quando ballano… il loro ballo è sublime, si nota la passione».

            Il riferimento è chiarissimo: Andrea Delogu e il suo maestro Nikita Perotti, una delle coppie più affiatate di questa edizione, protagonisti di esibizioni sempre intense e cariche di energia. La battuta di Convertini, però, ha fatto il giro dello studio come una scintilla, accendendo immediatamente il gossip.

            Il pubblico ha reagito con un misto di risate e applausi, mentre la Delogu ha sfoderato il suo sorriso ironico, lo stesso con cui da settimane risponde alle allusioni sulla sua presunta intesa con Nikita. Ma stavolta la conduttrice ha preferito spostare il campo di battaglia sui social: su X (Twitter) ha pubblicato un’unica emoji — una faccina che alza gli occhi al cielo —, sufficiente per dire tutto senza aggiungere una parola.

            Una risposta che ha immediatamente fatto impazzire i follower, divisi tra chi prende sul serio le parole di Convertini e chi le archivia come una semplice provocazione da salotto televisivo. Eppure, la complicità tra Andrea e Nikita è sotto gli occhi di tutti: sguardi intensi, risate fuori copione, mani che si cercano anche dopo la musica.

            In molti giurano che tra i due ci sia solo un’amicizia profonda, nata tra prove e coreografie, ma il gossip corre più veloce dei passi di tango. E se Convertini ha voluto scherzare, di certo ha colto nel segno: il suo commento ha regalato a Ballando con le Stelle un nuovo tormentone e alla coppia Delogu–Perotti un’attenzione ancora maggiore.

            Che sia solo sintonia artistica o qualcosa di più, poco importa: la loro danza, fatta di ritmo, emozione e complicità, continua a far parlare il pubblico. Anche quando il ballo è finito.

              Continua a leggere

              Televisione

              Il Mostro di Firenze arriva su Netflix: la serie di Stefano Sollima che divide tra fascino e disorientamento

              Dopo il passaggio a Venezia, Il Mostro approda su Netflix e spiazza: Sollima e Fasoli ricostruiscono gli albori dell’inchiesta in un’Italia contadina e patriarcale, dove il male si annida nella paura e nei silenzi. Nessun colpevole certo, solo un Paese che continua a interrogarsi.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Non è un true crime come gli altri. Con Il Mostro, Stefano Sollima riscrive le regole del genere portando su Netflix un racconto che non vuole scioccare, ma scavare. Quattro episodi lenti, tesi, immersi in un’Italia rurale e superstiziosa, dove la violenza non è spettacolo ma abitudine. Insieme a Leonardo Fasoli, già partner di Gomorra e Suburra, Sollima affronta la “pista sarda”, la prima e più controversa ipotesi investigativa del caso del Mostro di Firenze.

                Siamo nel 1968, tra le campagne toscane. Una coppia viene uccisa con una Beretta calibro 22: è il primo tassello di una lunga scia di sangue che durerà quasi vent’anni. La serie ricostruisce l’ambiente che circondò gli indagati di allora — Stefano e Giovanni Mele, Francesco e Salvatore Vinci — uomini segnati da povertà, religiosità primitiva e misoginia. Non ci sono detective eroi né serial killer cinematografici, ma un Paese impaurito che cerca un colpevole per non guardarsi dentro.

                Sollima rinuncia ai colpi di scena e sceglie una messa in scena asciutta, quasi documentaria. La macchina da presa osserva, non giudica. I delitti avvengono fuori campo, mentre la tensione cresce nei silenzi, nei volti segnati, nei dialoghi sospesi. La Toscana contadina diventa un microcosmo di sospetto e superstizione: un luogo dove il patriarcato è norma e la violenza domestica, più che reato, consuetudine.

                Il rigore storico è garantito dal consulente Francesco Cappelletti: fascicoli giudiziari, dialetti, costumi e perfino le divise d’epoca vengono riprodotti con precisione maniacale. Ma la fedeltà ai fatti è solo il punto di partenza. Sollima costruisce un racconto che è anche una riflessione sulla natura del male e sulla fragilità delle verità processuali. Ogni episodio offre un nuovo punto di vista, e ogni certezza si dissolve.

                «Il mostro potrebbe essere chiunque», ha dichiarato il regista. E in effetti la serie non cerca un colpevole, ma un senso. Il finale lascia aperta la porta a una seconda stagione: un’inquadratura fugace mostra Pietro Pacciani, preludio alla fase più nota del caso.

                L’operazione divide. I critici esaltano la fotografia livida e la scrittura densa; parte del pubblico fatica ad accettare il ritmo ipnotico e l’assenza di emozioni forti. Ma Il Mostro non vuole intrattenere: vuole inquietare. E ci riesce, trasformando un fatto di cronaca in una parabola sul bisogno collettivo di trovare un colpevole — anche quando il vero mostro, forse, è lo sguardo con cui continuiamo a cercarlo.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù