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Televisione

Benigni, lezione di Europa in prima serata Rai: «Il nazionalismo è guerra. L’Ue è il sogno più grande»

Lo showman toscano conquista la platea di Rai 1: «L’Europa ci ha regalato pace. I nazionalismi nutrono l’odio. Patrioti sì, ma senza paura dello straniero»

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    Roberto Benigni incanta, commuove e fa riflettere. “Il Sogno”, andato in onda su Rai 1, ha raccolto 4.396.000 spettatori e il 28.1% di share, portando sugli schermi di prima serata un viaggio potente e appassionato attraverso la storia e il significato più profondo dell’Europa. Un trionfo televisivo e culturale che ha rappresentato una boccata d’ossigeno per una stagione Rai che finora non aveva brillato.

    Sul palco, un Benigni travolgente che, per due ore e mezza, ha costruito un monologo denso e vibrante, guidando il pubblico a riscoprire il senso autentico del sogno europeo.

    Ed è proprio quando pronuncia «Ventotene» che il pubblico si libera in un applauso spontaneo. Proprio nel giorno in cui Giorgia Meloni ha lanciato una controversa rilettura del Manifesto di Ventotene, Benigni risponde con la grazia della poesia e la forza della storia: «Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni pensarono al nostro futuro con un progetto che era un documento politico». Poi ricorda il ruolo di Ursula Hirshmann e Ada Rossi: «Grazie a due donne, questo manifesto è stato custodito e trasmesso perché noi potessimo costruire un futuro migliore».

    Benigni gioca con l’ironia ma colpisce nel segno: «Fortuna che vivo in un Paese che dà libertà di parola, altrimenti altro che Ventotene, già con questo spettacolo mi manderebbero a Sant’Elena».

    Il comico toscano parla di pace: «Vi chiedete a che è servita l’Europa? Qual è il risultato? Ebbene, il risultato è stupefacente: il mio babbo ha conosciuto la guerra, mio nonno, il mio bisnonno l’avevano conosciuta. Io no. La mia generazione è la prima che in Europa non ha vissuto guerre».

    Per Benigni l’Europa non è solo un’istituzione politica: «È la più grande costruzione istituzionale, politica, sociale, economica degli ultimi cinquemila anni realizzata dall’essere umano sul pianeta terra». E aggiunge: «È un progetto, un ideale, una speranza, una sfida, un sogno».

    Poi l’affondo contro le pulsioni nazionaliste: «Il nazionalismo è guerra, ne è la causa, il carburante. L’Unione europea è nata per combatterlo, perché si tratta di una fede integralista, di un’ossessione che mette la Nazione al di sopra di tutto, perfino sopra Dio».

    Il monito arriva chiaro: «Attenzione, il nazionalismo spesso si maschera da patriottismo. Ma è un inganno. Io amo l’Italia più della mia mamma – pausa e applausi – ma il patriottismo è un’altra cosa. Un patriota era Garibaldi, e anche lui sognava l’Europa».

    Parole pesanti sull’odio e sulla paura: «I nazionalismi si nutrono di paura. Vogliono che abbiamo paura dello straniero, del diverso. E badate, la paura è all’origine di tutte le stupidaggini umane e soprattutto delle stupidaggini politiche. Walter Benjamin diceva che felicità è vivere senza timori».

    Come aveva fatto con la Costituzione e la Bibbia, Benigni tesse un monologo politico e culturale profondo: «La più grande invenzione del Novecento sono le organizzazioni sovranazionali».

    E ancora: «L’Unione europea è un colpo di scena della storia, una rivoluzione silenziosa che può trasformare il mondo se prima 6, poi 12 e infine quasi 30 Paesi si uniscono e condividono regole democratiche».

    Non mancano le stoccate ironiche: «Von der Leyen nel bunker del riarmo» e «Meloni che giura sulla sua Tesla di non stare con Elon Musk», ma il cuore resta la chiamata agli “Stati Uniti d’Europa”: «Ma se ci uniamo poi scompariamo, sento dire. È l’opposto! Con la federazione si uniscono i popoli senza violenze, in modo pacifico, democratico».

    Infine, il colpo da maestro: «A Ventotene Ernesto Rossi riceve da Einaudi questi libri sul federalismo. Intanto in Europa è scoppiata la guerra, il mondo sembra impazzito, ma leggendo, meditando, Spinelli e Colorni scoprono che c’è una speranza per l’Europa; federarsi». E chiude con una nota poetica: «Sapete come si è sparso in tutt’Europa quel manifesto? Dentro un pollo arrosto. Alla faccia dei social».

    Roberto Benigni ha firmato un racconto necessario, controcorrente e potente. Applausi a scena aperta e, per una volta, la Rai può davvero dirsi orgogliosa.

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      Televisione

      Luca Argentero: vent’anni di cinema, l’impegno sociale e la sfida “alcol free” con Sodamore

      Dal successo di Doc al lancio del brand che rivoluziona il bere consapevole. “L’empatia è la mia arma segreta: l’unica che può salvarci davvero”.

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        Vent’anni davanti alla macchina da presa, un personaggio – Andrea Fanti in Doc – che è entrato nell’immaginario collettivo, un impegno costante nel sociale e ora la voglia di mettersi in gioco come imprenditore. Luca Argentero non si ferma. Cerca nuove strade, sfide che abbiano senso. Così è nata Sodamore, prima una bibita, poi un brand, un’esperienza che va oltre il bere: convivialità diversa, “alcol free”, senza rinunciare al gusto.

        «Cercavo una bibita fresca, analcolica, senza zuccheri artificiali, made in Italy, ma sugli scaffali non c’era», racconta. «Così con un amico, oggi mio socio, ci siamo detti: perché non proviamo a farla noi? All’inizio lo avevamo preso come un gioco, ma poi abbiamo capito che era una cosa seria».

        Dalla soda alla birra il passo è stato breve. «La birra era nei nostri piani da subito. La soda è stata solo il punto di partenza. L’obiettivo è costruire una gamma completa: vino, amaro, magari un gin. Tutto rigorosamente alcohol free. Non si tratta di rinunciare, ma di distinguersi senza sentirsi diversi. È anche una sfida culturale, perché in Italia il bere ha un valore identitario».

        Radici piemontesi, un casale in Umbria e un’idea precisa di cucina. «Mio nonno portava mio padre nell’orto, mio padre portava me e ora io ci porto i miei figli. Non compro una bottiglia di olio industriale da vent’anni. È una questione educativa, un modo di intendere la vita: ciò che mangi racconta chi sei».

        Il discorso torna sempre lì: empatia e consapevolezza. «È sorprendente che ci siano bambini convinti che il mais cresca nelle scatolette. La consapevolezza parte dall’educazione. Per me è naturale pensare che la terra ti dia i suoi frutti, ed è quello che cerco di insegnare ai miei figli».

        Argentero viaggia molto, ma resta fedele a questa filosofia. «Paradossalmente, nei luoghi più remoti del mondo è ancora più facile trovare verdure, carne, ingredienti essenziali. Il cibo industriale è quasi sempre una cattiva abitudine».

        Sul futuro di Sodamore ammette: «Siamo quattro ragazzi che nella vita fanno anche altro. Portare i nostri prodotti fuori dall’Italia sarebbe bellissimo, ma servono tempo e risorse. Intanto siamo negli store italiani dell’Antico Vinaio, e vederci lì è già una soddisfazione enorme».

        E in cucina? «So cucinare praticamente tutto, tranne i dolci. Non mi piacciono, quindi non li preparo. Mi diverto con le verdure: una semplice ratatouille può essere un piatto gratificante».

        Quest’anno festeggia vent’anni di carriera. «Andrea Fanti in Doc è il personaggio a cui sono più legato. È come se avessi dato utilità al mio mestiere. Ed è raro». La chiave? «L’empatia. Doc funziona perché parla di questo, ed è il tema del nostro tempo. L’unica cosa che può salvarci».

        Lo stesso spirito che ha dato vita alla Onlus 1 Caffè. «È stata la prima realtà sociale digitale per sostenere le piccole associazioni no profit italiane. Dal 2011 abbiamo aiutato più di 900 realtà, garantendo la trasparenza dei fondi. È qualcosa di cui vado molto fiero».

        Cinema, sociale, impresa: un mosaico che ha un filo comune. La voglia di costruire, di mettere insieme passione e responsabilità. Argentero oggi è tutto questo: attore, padre, imprenditore, testimone di un’idea semplice e radicale. Che la vera forza, alla fine, sia proprio l’empatia

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          Televisione

          La pace è finita: Rai e Mediaset ai ferri corti, “Ok, il prezzo è giusto!” pronto a sbarcare su Rai1. E Pier Silvio Berlusconi si ritrova accerchiato

          L’azienda pubblica tratta in fase avanzata per riportare in vita lo storico game del Biscione in access prime time. Dopo la D’Urso, Belen e Mammucari, un altro simbolo Mediaset rischia di cambiare casacca.

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            Il patto di non belligeranza tra i due colossi della tv italiana è definitivamente saltato. Per anni un equilibrio tacito aveva regolato la competizione: colpi bassi sì, ma senza mai colpire il cuore identitario del rivale. Oggi non più. La notizia che la Rai starebbe trattando in fase avanzata per riportare sugli schermi “Ok, il prezzo è giusto!”, storico game show di Mediaset, ha il sapore di una dichiarazione di guerra. Secondo indiscrezioni, il programma potrebbe approdare su Rai1 già nella tarda primavera 2026, in access prime time, o al più tardi durante l’estate al posto di Techetechetè.

            Per Pier Silvio Berlusconi sarebbe uno smacco diretto, l’ennesimo dopo l’arrivo a Viale Mazzini di Barbara D’Urso e Belen Rodriguez a Ballando con le stelle, di Teo Mammucari a Domenica In e lo spin-off di Chi ha incastrato Peter Pan? in versione The Jackal su Rai2. Una serie di colpi che hanno minato la pax televisiva e reso la nuova stagione uno scontro senza esclusione di colpi.

            L’innesco è arrivato da Gerry Scotti e dalla sua Ruota della fortuna, tornata con ascolti sorprendenti. Galvanizzato, Pier Silvio ha elogiato lo show e punzecchiato Affari Tuoi, il format di Rai1 guidato da Stefano De Martino. Un affondo che non è passato inosservato.

            La replica di Viale Mazzini è stata affidata a Williams Di Liberatore, direttore Intrattenimento Prime Time: «Grazie ad Affari tuoi e a Stefano De Martino, la Rai ha recuperato sei punti di share in appena due giorni, confermando la solidità del nostro intrattenimento e il legame con il pubblico». Ma non si è fermato lì. Con un attacco diretto al Biscione, ha aggiunto: «La Rai ha un’offerta ampia, completa e unica. Se i parametri del confronto sono la qualità editoriale, la valorizzazione della lingua e della cultura, possiamo sostenere con orgoglio che per la Rai sono territori consolidati, mentre per altri continuano a essere scarsamente esplorati».

            Non più schermaglie, ma guerra aperta. Ogni programmazione viene letta come provocazione, ogni casting come un’arma di conquista. Se davvero “Ok, il prezzo è giusto!” dovesse tornare su Rai1, il colpo avrebbe un valore simbolico enorme: sottrarre un format che ha fatto la storia di Mediaset e trasformarlo in un trofeo di Viale Mazzini.

            Il pubblico, intanto, assiste a un risiko televisivo che somiglia sempre più a una guerra di simboli e di share. Ogni punto vale milioni, ogni spot diventa terreno di battaglia. La stagione 2025/2026 non sarà solo televisione: sarà una guerra fredda – ormai caldissima – combattuta a colpi di palinsesti, con Pier Silvio Berlusconi e Williams Di Liberatore nei ruoli di generali rivali.

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              Televisione

              X Factor 2025 senza Manuel Agnelli: il “ritiro da vincente” spiegato da Jake La Furia

              Alla conferenza stampa di presentazione del talent, il rapper dei Club Dogo ha chiarito le ragioni dell’assenza dello storico giudice. Nessun litigio o tensione interna: Agnelli lascia dopo sei edizioni e una vittoria, proprio come Mourinho dopo il triplete.

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              Manuel Agnelli

                La nuova edizione di X Factor sta per partire e, come già anticipato nei mesi scorsi, non ci sarà Manuel Agnelli in giuria. La sua assenza, tuttavia, è stata al centro della conferenza stampa ufficiale di presentazione del programma, tenutasi a Milano, dove Jake La Furia ha voluto sgomberare il campo da equivoci e gossip.

                «Non è stato un addio doloroso», ha spiegato il rapper. «L’anno scorso ha vinto con Mimì, spiazzando tutti, visto che Achille Lauro ne aveva addirittura tre in finale. Ha fatto come Mourinho dopo il triplete con l’Inter: ha scelto di lasciare da vincente».

                L’ironia per sdrammatizzare

                Con il suo solito tono diretto e scherzoso, Jake ha aggiunto: «Manuel ha vinto al SuperEnalotto e ora vive ai Caraibi», battuta che ha strappato una risata ai presenti, sdrammatizzando un’uscita che molti fan avevano accolto con dispiacere. Dietro l’addio, però, c’è una scelta consapevole: prendersi una pausa, senza alimentare polemiche o tensioni.

                Perché se l’assenza di Agnelli era l’“elefante nella stanza”, i vertici del programma hanno preferito affrontarla con leggerezza, confermando che non esistono frizioni con altri giurati. Dopo sei edizioni e una vittoria significativa, il leader degli Afterhours ha deciso di fermarsi, ma la sua è più una pausa che un addio definitivo.

                La staffetta con Francesco Gabbani

                A raccogliere il testimone sarà Francesco Gabbani, che con autoironia ha raccontato il passaggio di consegne: «Manuel mi ha chiesto un anno sabbatico e io mi sono reso disponibile. Io però sogno ancora di tornare a zappare la terra!». Una battuta che ha contribuito a confermare l’atmosfera serena nella nuova squadra di giudici.

                Accanto a lui restano Fedez, Ambra Angiolini e Achille Lauro, quest’ultimo protagonista di voci insistenti su un presunto attrito con Agnelli. Indiscrezioni che la conferenza ha definitivamente smentito. «Manuel è un artista che vive di emozioni e di scelte personali, non c’è stato alcun litigio», ha ribadito Jake La Furia.

                Nessun addio definitivo

                Agnelli, d’altra parte, non ha mai escluso un ritorno in futuro. Lo stesso Jake ha scherzato: «Magari l’anno prossimo Gabbani tornerà davvero a zappare e tornerà Manuel». L’impressione è che la porta resti aperta, in un talent che da sempre gioca anche sulla rotazione dei suoi giudici.

                Per ora, X Factor 2025 riparte con una giuria rinnovata ma compatta, pronta a dare spazio a nuove voci e nuove storie. Manuel Agnelli esce di scena da campione, lasciando un segno profondo nel talent che, dal suo debutto, ha contribuito a lanciare artisti e a rinnovare il panorama musicale italiano.

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