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Blue Moon riapre il caso Kercher, con Amanda Knox alla produzione: Perugia protesta , la sindaca chiede scusa

Un ritorno che molti vivono come un affronto: Amanda Knox dirige e produce la serie sul delitto di Perugia. I cittadini e la famiglia di Meredith insorgono contro la spettacolarizzazione del crimine e chiedono rispetto per la memoria della giovane vittima.

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    “Voglio chiederti scusa, Perugia mia”: con queste parole la sindaca Vittoria Ferdinandi ha tentato di placare l’incendio di polemiche che si è acceso nella città da quando sono iniziate le riprese della serie Blue Moon. Il progetto, una produzione internazionale targata Hulu, ripercorre il delitto di Meredith Kercher, ma questa volta visto dagli occhi di Amanda Knox, che non solo ne è protagonista, ma vi partecipa anche come produttrice esecutiva. Una scelta che per molti ha il sapore di un’invasione, di un ritorno beffardo nel cuore ferito di una città che non ha mai dimenticato quel delitto. Knox non è certo un volto neutrale per Perugia, eppure eccola di nuovo lì, in veste di “autrice” di un film che rivisita la storia proclamando a gran voce la sua innocenza, come se il capitolo su quel terribile delitto fosse chiuso per tutti e la verità univoca.

    “Anche io ho fatto parte di quel dolore,” scrive Ferdinandi nella sua lettera aperta ai concittadini, rievocando una Perugia “piena di vita e di meraviglia” e i suoi giorni da studentessa, gli stessi in cui Meredith viveva i suoi, strappati poi da un crimine brutale. E ora la sindaca si trova, parole sue, a dover bilanciare “un’idea forse troppo audace di promozione turistica” con la sensibilità di chi non ha mai dimenticato. Come se fosse possibile fare promozione turistica sul sangue di una povera ragazza, Meredith Kercher, sgozzata la notte di Halloween.

    Amanda Knox, arrestata a vent’anni insieme al fidanzato Raffaele Sollecito, condannata in primo grado e infine assolta dalla Cassazione, rientra così a Perugia non come semplice spettatrice della propria vicenda, ma come produttrice di un film che è quasi un manifesto di innocenza postuma. È un ritorno che lascia dietro di sé uno strascico di domande irrisolte e uno sguardo sospettoso dell’opinione pubblica. Perché l’Italia, con tutto il caos del suo sistema giudiziario e un processo che per anni ha tenuto banco tra annullamenti e ricorsi, l’ha assolta, certo, ma senza riabilitarla. Condannata dopo 6 anni di carcere e processi, ha sempre negato tutto, a differenza dell’unico riconosciuto colpevole, quel Rudy Guede, condannato a 16 anni per omicidio in concorso con altri. Altri che, secondo gli inquirenti, avevano il volto angelico della Knox e del suo fidanzato italiano. Un’innocenza a metà, quindi, costruita più su quello che l’accusa non era riuscita a provare che su prove di non colpevolezza vere e proprie. Un’Amanda, insomma, giudizialmente “scagionata”, ma mai davvero innocente agli occhi degli italiani.

    Per molti, oggi, vederla rientrare a Perugia pronta a raccontare il delitto “dalla sua parte”, è una beffa difficile da mandar giù. Una serie che, nei toni e nelle anticipazioni, lascia trasparire un’immagine dell’Italia non certo edificante, in cui la giustizia appare traballante, confusa e inefficace. Perché allora, ci si domanda, accogliere una troupe a Perugia e benedire un progetto che sembra voler riaprire ferite mai chiuse?

    Ma gli abitanti di Perugia non si sono fatti intimidire: hanno fatto sentire la propria voce appendendo striscioni inequivocabili come “Rispetto per Meredith”, e anche i familiari della vittima, seppur con discrezione, hanno manifestato il loro disagio. Il legale della famiglia si è detto “incapace di capire il senso di questa serie”, mentre Patrick Lumumba, l’uomo inizialmente accusato dalla stessa Knox e poi scagionato, ha espresso il suo sconcerto: “Amanda, sebbene condannata per calunnia, non ha mai risarcito il danno che le sue dichiarazioni hanno causato alla mia vita”.

    Di fronte a una situazione sempre più tesa, la sindaca ha provato a giustificarsi, sostenendo che bloccare la produzione sarebbe stato impossibile e che, ospitando le riprese, si poteva almeno mantenere un “elemento di maggiore garanzia e controllo” sulla narrazione. “La città verrà raccontata per quello che è, un luogo pieno di vita… lo abbiamo chiesto e ottenuto da contratto.” Ma alla fine della lettera, la Ferdinandi cede e ammette: “Chiedo scusa a chi si è sentito tradito da questa scelta… ma per tutelare l’immagine della città ho perso di vista le persone, il dolore vivo nella loro carne.” Un’ammissione che suona tanto come una sentenza.

    Questa vicenda ha evocato inevitabilmente quanto accaduto recentemente ad Avetrana, la cittadina pugliese teatro del delitto di Sarah Scazzi, che ha lottato contro una fiction pronta a portare di nuovo sotto i riflettori la tragedia. La battaglia del sindaco Antonio Iazzi, però, è stata ben diversa: non tanto contro la produzione, quanto contro l’utilizzo del nome stesso di Avetrana come titolo della serie. Il sindaco ha denunciato l’impatto che questo titolo avrebbe avuto, trasformando la città in un marchio tragico, in un simbolo di cronaca nera. Una battaglia che ha portato in tribunale, chiedendo e ottenendo la rettifica del titolo. Il giudice del Tribunale di Taranto, Antonio Attanasio, ha imposto alla produzione Walt Disney Italia e Groenlandia srl di modificare il nome della miniserie, che ora va in onda come Qui non è Hollywood. Una vittoria per Avetrana, una lezione che sembra aver protetto l’identità della città.

    La sindaca Ferdinandi, con la sua lettera, prova a fare un passo indietro e a chiudere la polemica, ma la questione resta viva e attuale: dove finisce la memoria e inizia la “narrazione commerciale” del crimine? A Perugia, Blue Moon è percepito come un’operazione di “cannibalismo mediatico”, per usare le stesse parole della sindaca. È come se il “circo” mediatico non si fosse mai davvero allontanato dalla città, trasformando un crimine atroce in un nuovo spettacolo per il grande pubblico.

    La differenza tra Perugia e Avetrana, quindi, non è solo questione di scelta, ma di strategia. Avetrana ha protetto il proprio nome e la propria dignità; Perugia ha deciso di aprire le porte sperando di controllare la narrazione. Un compromesso che si è rivelato più fragile di quanto immaginato, in una città che oggi si ritrova di nuovo sotto i riflettori per la sua vicenda più dolorosa, sospesa tra il rispetto per Meredith e un progetto che sembra voler scavare, ancora una volta, nelle sue ferite.

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      Televisione

      Belve apre ai non famosi: Francesca Fagnani lancia il casting per la gente comune

      L’annuncio è arrivato nel finale della prima puntata della nuova stagione: “Cerchiamo persone autentiche, con storie vere, curiose o coraggiose”. Candidarsi è semplice: basta scrivere alla redazione e raccontare la propria esperienza.

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        Francesca Fagnani cambia le regole del gioco. Belve, il talk cult di Rai 2, apre ufficialmente ai non famosi. Dopo aver portato nello studio nomi di primo piano — da Maria De Filippi a Belen Rodriguez, passando per politici e imprenditori — la conduttrice ha annunciato una rivoluzione: anche la gente comune potrà diventare protagonista delle interviste più temute (e desiderate) della tv italiana.

        L’annuncio è arrivato durante la prima puntata della nuova stagione, andata in onda il 28 ottobre 2025, e ha subito catturato l’attenzione del pubblico. «Vogliamo ascoltare storie vere, persone autentiche, capaci di emozionare e sorprendere con la loro esperienza di vita», ha spiegato Fagnani, sottolineando come Belve voglia ora allargare il suo sguardo oltre la celebrità.

        Non più solo vip e personaggi noti, ma uomini e donne comuni, pronti a raccontarsi con sincerità e coraggio davanti alle sue domande dirette, spesso spiazzanti. Un cambio di prospettiva che trasforma il programma in una sorta di specchio del Paese reale, dove a essere messo a nudo non è solo il personaggio, ma l’essere umano.

        Per partecipare al casting basta inviare una mail all’indirizzo belveprovini@rai.it, scrivendo i propri dati e una breve descrizione della propria storia personale. La redazione valuterà ogni candidatura e contatterà i prescelti per un primo colloquio conoscitivo.

        Chi verrà scelto potrà vivere l’esperienza più iconica del programma: sedersi sul celebre sgabello davanti a Francesca Fagnani e rispondere alle sue domande “senza rete”. Niente copioni, niente filtri, solo verità e presenza scenica.

        Un esperimento televisivo che punta a restituire spazio alle storie comuni, quelle che spesso restano fuori dai riflettori ma che raccontano meglio di qualsiasi reality cosa significa essere “belve” nella vita di tutti i giorni.

        E, conoscendo Francesca Fagnani, c’è da scommettere che anche i nuovi protagonisti — famosi o meno — non avranno scampo davanti al suo sguardo affilato e curioso.

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          Grande Fratello Vip: Signorini prepara il ritorno con Maria De Filippi. Cast stellare e debutto nel 2026

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            A Mediaset si prepara la rivoluzione dei reality. Mentre Il Grande Fratello condotto da Simona Ventura stenta a conquistare il pubblico, l’attenzione si sposta già sul ritorno della versione Vip, che segnerà il grande rientro in prima serata di Alfonso Signorini.

            Il giornalista e conduttore, volto storico del format, è stato incaricato di celebrare i 25 anni di vita del reality show più longevo della televisione italiana. E per farlo, pare abbia deciso di puntare su un cast d’eccezione. Non sarà solo nella scelta: secondo Affari Italiani, Maria De Filippi lo affiancherà dietro le quinte, contribuendo alla selezione dei concorrenti. Una collaborazione inedita ma perfettamente logica, considerando il fiuto televisivo della regina di Canale 5.

            La coppia Signorini–De Filippi starebbe lavorando da settimane a una lista di nomi forti, capaci di restituire al format quello smalto che il pubblico dice di rimpiangere. La formazione del cast sarebbe ormai alle battute finali: i nuovi inquilini della Casa più spiata d’Italia verranno presto presentati a Mediaset ed Endemol.

            Sul fronte palinsesto, l’azienda starebbe valutando un cambio strategico. L’idea è far partire il Grande Fratello Vip nel marzo 2026, dopo il Festival di Sanremo, lasciando spazio a gennaio e febbraio a L’Isola dei Famosi, guidata da Veronica Gentili. Un modo per evitare l’effetto saturazione e distinguere nettamente le due produzioni.

            Il progetto si preannuncia come una grande operazione celebrativa. Signorini, forte del successo delle passate edizioni, vuole riportare in auge il fascino originario del reality, puntando su volti riconoscibili ma anche su storie nuove, capaci di emozionare.

            Intanto, la versione Nip di Simona Ventura prosegue tra ascolti altalenanti e dinamiche poco convincenti. La finale, secondo le ultime indiscrezioni, è fissata per il 15 dicembre 2025. Dopo quella data, toccherà a Signorini riconquistare il pubblico — e, stando alle premesse, lo farà in grande stile.

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              Loredana Cannata: “Vivo di crudismo e rispetto. Il benessere non è solo ciò che mangiamo”

              Nella puntata del 5 novembre 2025 del programma di Caterina Balivo, Loredana Cannata parla di alimentazione, salute e rispetto per gli animali: “Le mie analisi sono perfette. Ho scelto questa strada per etica, non per moda.”

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              Loredana Cannata

                Nello studio luminoso di La Volta Buona, il talk di Rai 1 condotto da Caterina Balivo, si parla di alimentazione e benessere. Ospite della puntata di mercoledì 5 novembre 2025 è Loredana Cannata, attrice, attivista e da anni portavoce di uno stile di vita radicalmente diverso dal comune. Davanti alle telecamere, racconta senza esitazioni la sua scelta di vivere da “vegana crudista”, una filosofia alimentare che esclude non solo ogni prodotto di origine animale, ma anche la cottura dei cibi.

                “Seguo questo regime da molto tempo – spiega –. Mi fa stare bene, fisicamente e mentalmente. Credo che il nostro corpo non abbia bisogno di alimenti trasformati per funzionare al meglio.” L’attrice sottolinea come la sua scelta sia prima di tutto etica: “Per me il benessere di miliardi di creature vale più di un sapore.”

                Dall’Isola dei Famosi alla consapevolezza

                Cannata ricorda anche l’esperienza a L’Isola dei Famosi, il reality di Canale 5 che l’ha messa di fronte ai propri limiti fisici e psicologici. “È stata un’esperienza estrema, difficile ma formativa. Lì si arriva al digiuno vero, e capisci quanto poco serva per sopravvivere,” racconta. “Dopo quell’esperienza ho riscoperto il valore del cibo, del corpo e della mente. Sto tornando gradualmente al crudismo, ma con maggiore consapevolezza.”

                Durante l’intervista, Balivo le chiede come reagisca alle critiche spesso rivolte a chi segue regimi alimentari alternativi. Loredana risponde con ironia e fermezza: “I miei genitori speravano che le analisi del sangue dimostrassero che la mia alimentazione fosse sbagliata, ma sono perfette. Ho fatto tutti i controlli medici necessari, e i valori sono ottimi.”

                Oltre la dieta, una filosofia di vita

                Per Loredana Cannata il crudismo non è solo una dieta, ma un modo di vivere che unisce salute, rispetto per gli animali e sostenibilità ambientale. Da anni impegnata in cause animaliste e ambientali, l’attrice vede nella propria scelta alimentare una forma concreta di coerenza: “Non si tratta solo di cosa metti nel piatto, ma di come ti poni verso il mondo. Ogni pasto può essere un atto di gentilezza o di violenza, e io ho scelto la prima via.”

                L’intervista si conclude con un messaggio positivo, quasi una riflessione filosofica: “Non bisogna giudicare chi fa scelte diverse, ma trovare il proprio equilibrio. Io l’ho trovato così: ascoltando il mio corpo, rispettando la vita e imparando a fare a meno del superfluo.”

                Tra benessere e autenticità

                A La Volta Buona, Cannata appare serena e lucida. Non impone modelli, ma condivide esperienze. Il suo racconto alterna introspezione e ironia, mostrando come la ricerca del benessere passi anche attraverso la libertà di scegliere. “Essere crudista non è una rinuncia,” conclude, “è un modo per sentirmi più viva.”

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