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Televisione

Grande Fratello o Grande… Far West? Il Codacons tuona scrivendo a Pier Silvio

Uno dei programmi più iconici della televisione italiana, è al centro di un’accesa polemica. Il Codacons, insieme all’Associazione Utenti Servizi Radiotelevisivi (Assourt), ha scritto una lettera aperta a Pier Silvio Berlusconi, chiedendo una revisione del programma. Accuse di comportamenti discutibili e mancanza di rispetto per la dignità umana mettono in discussione l’orientamento editoriale di Mediaset. Ma sarà davvero possibile un cambiamento sostanziale, o “il trash” è ormai diventato il nostro pane quotidiano?

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    Il reality show che da anni fa parlare di sé, è finito nel mirino del Codacons e dell’Associazione Utenti Servizi Radiotelevisivi (Assourt). Le critiche che giungono da queste associazioni riguardano la natura del programma, accusato di andare oltre i limiti della decenza e di non rispettare i principi di dignità umana. Una “lettera aperta” indirizzata a Pier Silvio Berlusconi, presidente di Mediaset, punta il dito contro le dinamiche all’interno del programma che, secondo le associazioni, sarebbero inaccettabili per un servizio televisivo che si rispetti.

    Niente di nuovo

    Le accuse, tuttavia, non sono nuove. Il Grande Fratello ha sempre avuto il suo seguito di fan appassionati, ma anche una schiera di detrattori che non mancano mai di far sentire la loro voce. Ora, però, a sollevare il caso sono le associazioni di consumatori, preoccupate per la qualità culturale del programma e per i messaggi che esso potrebbe trasmettere al pubblico, specialmente ai più giovani.

    I punti sollevati dal Codacons

    Nel documento che il Codacons ha inviato a Berlusconi, si sottolinea come la trasmissione abbia suscitato numerose critiche, con particolare attenzione agli episodi che riguardano comportamenti inappropriati da parte dei partecipanti. In un mondo in cui la televisione dovrebbe essere un mezzo educativo e di intrattenimento, il Grande Fratello sembrerebbe andare in direzione opposta. Secondo le associazioni, le dinamiche di conflitto e le interazioni tra i concorrenti vanno oltre i limiti di una sana competizione, diventando “al limite del rispetto della dignità umana”.

    Limiti oltrepassati

    L’esistenza di queste problematiche non è passata inosservata sui social media e sui principali organi di stampa, dove commenti e articoli critici si sono susseguiti con crescente frequenza. Ma cosa c’è dietro a questa ondata di indignazione? La trasmissione, che negli anni ha fatto della provocazione il suo marchio di fabbrica, potrebbe aver superato una linea sottile tra intrattenimento e diseducazione.

    La coerenza tra parole e fatti, questione irrisolta

    Un altro punto centrale della lettera riguarda la coerenza tra le dichiarazioni di Pier Silvio Berlusconi e la realtà dei fatti. In più di un’occasione, Berlusconi ha affermato che Mediaset mira a superare definitivamente il concetto di “trash” in televisione, puntando su contenuti più etici e di qualità. Eppure, il Grande Fratello sembra essere tutt’altro che in linea con questa dichiarazione.

    Ma dov’è la qualità?

    Secondo il Codacons, il contrasto tra le parole e le scelte editoriali di Mediaset solleva forti dubbi. Se l’intento è quello di offrire una televisione di qualità, come è possibile che un programma come il Grande Fratello continui a essere parte integrante del palinsesto? È proprio questa incongruenza a minare la credibilità di un’emittente che dovrebbe porsi come modello per il resto del panorama televisivo italiano.

    Impatto sulle nuove generazioni

    Non meno importante, l’allarme lanciato dal Codacons riguarda l’impatto che il Grande Fratello potrebbe avere sui più giovani. Una parte significativa del pubblico che segue il programma è infatti composta da minori, facilmente influenzabili da comportamenti e messaggi trasmessi durante le puntate. In un’epoca in cui il ruolo educativo dei media è sempre più discusso, il Codacons chiede una riflessione profonda su quale tipo di contenuti debbano essere trasmessi, soprattutto in fasce orarie in cui i minori sono davanti alla televisione. La responsabilità educativa della televisione è un tema cruciale, e il rischio di trasmettere messaggi diseducativi, che possano influenzare negativamente lo sviluppo dei giovani, è un aspetto che non può essere ignorato.

    Misure sanzionatorie contro il programma

    Infine, il Codacons non si limita a una semplice denuncia. L’associazione propone anche misure concrete per correggere la rotta del programma. Se i comportamenti e le dinamiche che ledono la dignità umana dovessero continuare, il Codacons chiede che Mediaset prenda in considerazione l’adozione di misure sanzionatorie nei confronti degli autori di il Grande Fratello. Si tratterebbe di una strategia per garantire maggiore responsabilità da parte degli autori e un miglior rispetto verso il pubblico, in particolare quello più giovane e impressionabile.

    Urge un radicale cambiamento: ci sarà?!?

    In sostanza, il Codacons invoca un cambiamento radicale, in modo che il programma possa finalmente riflettere i valori di etica e qualità tanto promossi da Pier Silvio Berlusconi. La sfida è quella di passare da un televisione che svilisce il dibattito pubblico e degrada la qualità dell’intrattenimento a una che rispetti la dignità di tutti gli spettatori.

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      Televisione

      Can Yaman presenta il suo Sandokan: «Un viaggio emotivo, mi ha reso un attore migliore»

      Can Yaman ha infiammato il red carpet dell’Italian Global Series Festival a Rimini. Mano nella mano con la nuova fidanzata Sara Bluma, ha svelato i retroscena della serie evento Sandokan, prodotta da Lux Vide con Rai Fiction: «Questo ruolo mi ha cambiato dentro».

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        È un Can Yaman inedito, più maturo, sereno e visibilmente innamorato. L’attore turco ha catalizzato l’attenzione dei media e dei fan presentandosi sul red carpet con la nuova fidanzata, la deejay campana Sara Bluma, con cui ha ufficializzato la relazione. Ma l’occasione era soprattutto professionale: presentare in anteprima Sandokan, la serie evento targata Lux Vide e Rai Fiction, che lo vede protagonista assoluto nel ruolo iconico della Tigre della Malesia.

        «Questo personaggio mi ha cambiato dentro, mi ha reso un attore migliore», ha detto Yaman, visibilmente emozionato. Le riprese si sono appena concluse dopo quattro mesi intensissimi: «È stato come girare quattro film di fila». E in effetti il progetto è ambizioso: cast internazionale, location spettacolari, effetti visivi da kolossal. Con lui sul set anche Alessandro Preziosi, Ed Westwick, John Hannah e la giovane Alanah Bloor. Una squadra che ha lavorato giorno e notte per restituire al pubblico italiano – e non solo – un Sandokan più contemporaneo e profondo.

        L’attore ha raccontato di essersi trasferito in Italia proprio per questo ruolo, un progetto che ha inseguito per anni: «Avevo paura che il Covid avesse fermato tutto, sono stati mesi difficili. Quando abbiamo iniziato davvero a girare, mi sono sentito l’uomo più felice del mondo». Il suo Sandokan sarà diverso: meno pirata, più eroe romantico e spirituale, con un arco narrativo che esplora anche il suo passato e la nascita del suo mito.

        Intanto, sul fronte privato, l’annuncio della relazione con Sara Bluma ha fatto rumore. La coppia si è mostrata affiatata, con look firmati Dolce&Gabbana perfettamente coordinati. Alcune fan hanno storto il naso, ma Can ha risposto su Instagram con parole semplici: «Non bado alle critiche, tengo a Sara». E poi ha preferito concentrarsi sul lavoro: Sandokan uscirà su Rai 1 e si pensa già alla seconda stagione per il 2026. Una terza sarebbe già in cantiere.

        Una Tigre della Malesia più intensa, più umana, forse anche più vicina al pubblico moderno. E un Can Yaman nuovo, che sembra davvero pronto a conquistare il cuore degli italiani. Di nuovo.

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          Televisione

          Barbara D’Urso rivendica le sue rughe: «Non mi sono mai rifatta, le luci sì ma il volto è tutto mio»

          A 68 anni, pronta a scendere in pista a Ballando con le Stelle, Barbara D’Urso racconta la sua scelta di non ricorrere alla chirurgia estetica e lancia una stoccata: «Le mie luci? In tv le hanno copiate tutti».

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            Barbara D’Urso non ha dubbi e, a modo suo, rilancia con orgoglio l’immagine di donna che non teme il passare del tempo. Invitata sul palco dell’evento “Il tempo delle donne” del Corriere della Sera, la conduttrice ha voluto chiarire una volta per tutte le voci sui presunti ritocchi estetici che da anni l’accompagnano. «Non mi sono mai rifatta – ha dichiarato –. Labbra, seno, naso: è tutto mio. Non faccio neanche il botulino, nemmeno le punturine. Perfino le unghie sono le mie».

            Parole che hanno subito acceso il dibattito, perché D’Urso ha costruito gran parte della sua carriera anche sull’immagine, ma rivendica di non aver mai ceduto al bisturi. «Ho 68 anni ed è naturale che io abbia le rughe – ha aggiunto –. Le porto con orgoglio, soprattutto quando sono struccata. Ho fatto una scelta precisa: niente interventi. Io sono così».

            Da qui l’aneddoto sulle famose “luci di Barbara D’Urso”, diventate un marchio di fabbrica. «Ho chiesto che mi aiutassero con le luci, perché la luce giusta può valorizzarti anche quando hai qualche difetto. Così sono nate le mie luci. Negli anni molte colleghe le hanno imitate, triplicandole persino. Ma l’etichetta resta: le luci di Barbara D’Urso».

            Un’affermazione che suona come una frecciatina al mondo televisivo di oggi, dove i ritocchi – estetici e digitali – sono spesso la norma. D’Urso, invece, rivendica di essere rimasta fedele a se stessa, pronta a portare sul palco anche i segni dell’età.

            E mentre si prepara a debuttare come concorrente di Ballando con le Stelle, la conduttrice dimostra di non voler rallentare. La televisione resta la sua casa, ma non intende rinunciare alla coerenza con cui ha scelto di vivere la propria immagine. «Meglio le rughe che non mi nascondo – ha concluso – che la paura di mostrarmi per quello che sono».

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              Televisione

              Tommaso Labate, il cosentino che debutta su Rete4: «Non vivo per gli ascolti, Realpolitik non sarà l’ennesima telerissa»

              «Non penso che tutti i politici facciano schifo. Serve serietà al posto delle urla», dice Labate, che ricorda gli anni al liceo classico di Locri e rivendica la sua cifra personale: «In ogni contesto ho sempre una riconoscibilità mia».

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                Cosenza può rivendicare un altro volto che si prepara a conquistare la ribalta nazionale. Tommaso Labate, 46 anni, giornalista e volto noto dei talk televisivi, il 17 settembre debutterà da solo alla guida di Realpolitik, nuovo appuntamento del prime time di Rete4. Un passaggio importante per il cronista calabrese, che dopo anni di analisi e presenza nei programmi di approfondimento firma ora un format cucito su misura.

                «Non lo chiamerei nemmeno talk», spiega Labate. «La mia cifra stilistica è andare oltre la logica delle tifoserie. In tv siamo abituati a vedere da una parte chi considera Trump, o Meloni, o Schlein, il prossimo Nobel per la pace, e dall’altra chi li paragona a Hitler. Io invece vorrei che la visione passasse dagli spalti alla partita vera e propria, per capire davvero cosa accade in campo».

                Il tono non sarà quello delle risse urlate a cui la politica televisiva ha abituato il pubblico. «Non sono un ammiratore dell’antipolitica. Non penso che tutti i politici facciano schifo. Serve serietà e rispetto, al posto delle telerisse. Anche perché un tempo, quando a litigare erano Vittorio Sgarbi o Filippo Facci con Paolo Liguori e Roberto D’Agostino, c’era una forza spettacolare e sublime. Oggi, spesso, sullo schermo finiscono seconde file dei partiti che non hanno lo stesso peso né lo stesso carisma».

                Per lui sarà un esordio solitario alla conduzione, in uno spazio importante. E non nasconde l’emozione: «Se c’è una sola cosa di cui posso vantarmi è avere in ogni contesto una mia riconoscibilità personale. Quella che avevo anche da ragazzo, quando frequentavo il liceo classico di Locri. È lì che ho iniziato a formarmi, ed è una parte della mia identità che porto sempre con me».

                Calabrese di Cosenza, Labate non dimentica le sue radici: «Il senso del programma è restituire a ciascun evento la voce che merita, con il giusto tono, senza ossessioni di ritmo. Voglio coinvolgere non solo i protagonisti della scena politica ma anche osservatori e analisti acuti, magari volti che non si vedono spesso o che ripeschiamo da panchine in cui si erano auto-confinati».

                Resta la domanda sugli ascolti, il macigno di ogni trasmissione televisiva. Labate si schermisce: «In una tv commerciale è un pensiero di tutti. Ma non sono un televisionaro di quelli che pensano che il mondo si fermi in virtù dello share. Gli ascolti contano, certo, ma se cominci a vivere solo per quelli hai già perso la partita».

                Per il giornalista cosentino, Realpolitik sarà un banco di prova e insieme una dichiarazione di intenti: niente tifo da stadio, niente urla, niente caccia al titolo a effetto. Ma una politica spiegata con serietà, con la sua voce riconoscibile e con il bagaglio di chi, dalla Calabria, ha costruito passo dopo passo una carriera nazionale.

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