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Televisione

Guillermo Mariotto nella bufera: interrogazione parlamentare e accuse di spettacolarizzazione

Dopo un gesto ritenuto molesto durante una registrazione, Mariotto è stato riamesso al programma nonostante l’indignazione pubblica e l’interrogazione della senatrice Campione. Cosa rischia il giudice e quali iniziative potrebbe prendere il governo.

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    Guillermo Mariotto, storico giudice di Ballando con le Stelle, si trova al centro di un ciclone mediatico e istituzionale. Una vicenda iniziata il 30 novembre scorso, durante una registrazione del programma Rai, quando Mariotto avrebbe compiuto un gesto ritenuto molesto nei confronti di un ballerino. L’episodio, ripreso da una breve sequenza video trasmessa da Striscia la notizia, ha scatenato reazioni a catena, culminando in un’interrogazione parlamentare.

    L’interrogazione parlamentare
    La senatrice Susanna Campione, con il sostegno dei colleghi Giovanni Satta e Roberto Menia, ha presentato un’interrogazione al Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, chiedendo spiegazioni sull’accaduto e sulle azioni che il governo intende intraprendere. Secondo il testo dell’interrogazione, il comportamento di Mariotto violerebbe le normative previste dal contratto di servizio Rai, e la sua riammissione al programma sarebbe un messaggio dannoso, che banalizza la gravità delle molestie sul luogo di lavoro.

    Mariotto e il caso Memo Remigi
    Gli interroganti richiamano un precedente del 2022, quando il cantante Memo Remigi fu immediatamente estromesso dal programma Domani è un altro giorno per un gesto simile nei confronti della cantante Jessica Morlacchi. In quel caso, la Rai adottò una linea di tolleranza zero, sollevando interrogativi sulla gestione differenziata delle due situazioni.

    Secondo l’interrogazione, il trattamento riservato a Mariotto rappresenterebbe un pericoloso precedente. La sua riammissione e partecipazione alla finale del programma, prevista per il 14 dicembre, suggerirebbe una disparità di trattamento basata sulla figura del molestatore, con un impatto negativo sul messaggio culturale trasmesso al pubblico.

    Spettacolarizzazione per gli ascolti?
    Un ulteriore elemento al centro della polemica è la presunta spettacolarizzazione della vicenda. Gli interroganti accusano il programma di aver cavalcato il clamore per mantenere alta l’attenzione degli spettatori, minimizzando la gravità dell’accaduto. “Con la difesa del signor Mariotto e la sua riammissione, passa il concetto che le molestie possono essere derubricate a goliardia se utili agli ascolti”, si legge nell’interrogazione.

    Cosa rischia Mariotto?
    Sul piano personale, Mariotto potrebbe dover affrontare sanzioni disciplinari da parte della Rai, qualora l’episodio fosse confermato come una violazione contrattuale. Sul fronte istituzionale, invece, il caso sta alimentando un dibattito più ampio sulle molestie nei luoghi di lavoro, in un contesto in cui il Senato sta già esaminando nuove norme per garantire il rispetto della dignità e della libertà della persona.

    La risposta del Ministro Urso
    Resta da capire quali saranno le azioni del Ministro Urso. L’interrogazione chiede un intervento diretto per garantire l’applicazione uniforme delle norme e per evitare che vicende come questa possano essere banalizzate o strumentalizzate a fini televisivi. Nel frattempo, il dibattito continua a dividere il pubblico e a mettere in discussione il ruolo della Rai come servizio pubblico.

    Un’altra pagina controversa si aggiunge alla storia di Ballando con le Stelle, ma stavolta non è la pista da ballo a tenere banco, bensì il confine, sempre più labile, tra spettacolo e responsabilità.

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      Televisione

      Can Yaman presenta il suo Sandokan: «Un viaggio emotivo, mi ha reso un attore migliore»

      Can Yaman ha infiammato il red carpet dell’Italian Global Series Festival a Rimini. Mano nella mano con la nuova fidanzata Sara Bluma, ha svelato i retroscena della serie evento Sandokan, prodotta da Lux Vide con Rai Fiction: «Questo ruolo mi ha cambiato dentro».

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        È un Can Yaman inedito, più maturo, sereno e visibilmente innamorato. L’attore turco ha catalizzato l’attenzione dei media e dei fan presentandosi sul red carpet con la nuova fidanzata, la deejay campana Sara Bluma, con cui ha ufficializzato la relazione. Ma l’occasione era soprattutto professionale: presentare in anteprima Sandokan, la serie evento targata Lux Vide e Rai Fiction, che lo vede protagonista assoluto nel ruolo iconico della Tigre della Malesia.

        «Questo personaggio mi ha cambiato dentro, mi ha reso un attore migliore», ha detto Yaman, visibilmente emozionato. Le riprese si sono appena concluse dopo quattro mesi intensissimi: «È stato come girare quattro film di fila». E in effetti il progetto è ambizioso: cast internazionale, location spettacolari, effetti visivi da kolossal. Con lui sul set anche Alessandro Preziosi, Ed Westwick, John Hannah e la giovane Alanah Bloor. Una squadra che ha lavorato giorno e notte per restituire al pubblico italiano – e non solo – un Sandokan più contemporaneo e profondo.

        L’attore ha raccontato di essersi trasferito in Italia proprio per questo ruolo, un progetto che ha inseguito per anni: «Avevo paura che il Covid avesse fermato tutto, sono stati mesi difficili. Quando abbiamo iniziato davvero a girare, mi sono sentito l’uomo più felice del mondo». Il suo Sandokan sarà diverso: meno pirata, più eroe romantico e spirituale, con un arco narrativo che esplora anche il suo passato e la nascita del suo mito.

        Intanto, sul fronte privato, l’annuncio della relazione con Sara Bluma ha fatto rumore. La coppia si è mostrata affiatata, con look firmati Dolce&Gabbana perfettamente coordinati. Alcune fan hanno storto il naso, ma Can ha risposto su Instagram con parole semplici: «Non bado alle critiche, tengo a Sara». E poi ha preferito concentrarsi sul lavoro: Sandokan uscirà su Rai 1 e si pensa già alla seconda stagione per il 2026. Una terza sarebbe già in cantiere.

        Una Tigre della Malesia più intensa, più umana, forse anche più vicina al pubblico moderno. E un Can Yaman nuovo, che sembra davvero pronto a conquistare il cuore degli italiani. Di nuovo.

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          Televisione

          Barbara D’Urso rivendica le sue rughe: «Non mi sono mai rifatta, le luci sì ma il volto è tutto mio»

          A 68 anni, pronta a scendere in pista a Ballando con le Stelle, Barbara D’Urso racconta la sua scelta di non ricorrere alla chirurgia estetica e lancia una stoccata: «Le mie luci? In tv le hanno copiate tutti».

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            Barbara D’Urso non ha dubbi e, a modo suo, rilancia con orgoglio l’immagine di donna che non teme il passare del tempo. Invitata sul palco dell’evento “Il tempo delle donne” del Corriere della Sera, la conduttrice ha voluto chiarire una volta per tutte le voci sui presunti ritocchi estetici che da anni l’accompagnano. «Non mi sono mai rifatta – ha dichiarato –. Labbra, seno, naso: è tutto mio. Non faccio neanche il botulino, nemmeno le punturine. Perfino le unghie sono le mie».

            Parole che hanno subito acceso il dibattito, perché D’Urso ha costruito gran parte della sua carriera anche sull’immagine, ma rivendica di non aver mai ceduto al bisturi. «Ho 68 anni ed è naturale che io abbia le rughe – ha aggiunto –. Le porto con orgoglio, soprattutto quando sono struccata. Ho fatto una scelta precisa: niente interventi. Io sono così».

            Da qui l’aneddoto sulle famose “luci di Barbara D’Urso”, diventate un marchio di fabbrica. «Ho chiesto che mi aiutassero con le luci, perché la luce giusta può valorizzarti anche quando hai qualche difetto. Così sono nate le mie luci. Negli anni molte colleghe le hanno imitate, triplicandole persino. Ma l’etichetta resta: le luci di Barbara D’Urso».

            Un’affermazione che suona come una frecciatina al mondo televisivo di oggi, dove i ritocchi – estetici e digitali – sono spesso la norma. D’Urso, invece, rivendica di essere rimasta fedele a se stessa, pronta a portare sul palco anche i segni dell’età.

            E mentre si prepara a debuttare come concorrente di Ballando con le Stelle, la conduttrice dimostra di non voler rallentare. La televisione resta la sua casa, ma non intende rinunciare alla coerenza con cui ha scelto di vivere la propria immagine. «Meglio le rughe che non mi nascondo – ha concluso – che la paura di mostrarmi per quello che sono».

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              Tommaso Labate, il cosentino che debutta su Rete4: «Non vivo per gli ascolti, Realpolitik non sarà l’ennesima telerissa»

              «Non penso che tutti i politici facciano schifo. Serve serietà al posto delle urla», dice Labate, che ricorda gli anni al liceo classico di Locri e rivendica la sua cifra personale: «In ogni contesto ho sempre una riconoscibilità mia».

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                Cosenza può rivendicare un altro volto che si prepara a conquistare la ribalta nazionale. Tommaso Labate, 46 anni, giornalista e volto noto dei talk televisivi, il 17 settembre debutterà da solo alla guida di Realpolitik, nuovo appuntamento del prime time di Rete4. Un passaggio importante per il cronista calabrese, che dopo anni di analisi e presenza nei programmi di approfondimento firma ora un format cucito su misura.

                «Non lo chiamerei nemmeno talk», spiega Labate. «La mia cifra stilistica è andare oltre la logica delle tifoserie. In tv siamo abituati a vedere da una parte chi considera Trump, o Meloni, o Schlein, il prossimo Nobel per la pace, e dall’altra chi li paragona a Hitler. Io invece vorrei che la visione passasse dagli spalti alla partita vera e propria, per capire davvero cosa accade in campo».

                Il tono non sarà quello delle risse urlate a cui la politica televisiva ha abituato il pubblico. «Non sono un ammiratore dell’antipolitica. Non penso che tutti i politici facciano schifo. Serve serietà e rispetto, al posto delle telerisse. Anche perché un tempo, quando a litigare erano Vittorio Sgarbi o Filippo Facci con Paolo Liguori e Roberto D’Agostino, c’era una forza spettacolare e sublime. Oggi, spesso, sullo schermo finiscono seconde file dei partiti che non hanno lo stesso peso né lo stesso carisma».

                Per lui sarà un esordio solitario alla conduzione, in uno spazio importante. E non nasconde l’emozione: «Se c’è una sola cosa di cui posso vantarmi è avere in ogni contesto una mia riconoscibilità personale. Quella che avevo anche da ragazzo, quando frequentavo il liceo classico di Locri. È lì che ho iniziato a formarmi, ed è una parte della mia identità che porto sempre con me».

                Calabrese di Cosenza, Labate non dimentica le sue radici: «Il senso del programma è restituire a ciascun evento la voce che merita, con il giusto tono, senza ossessioni di ritmo. Voglio coinvolgere non solo i protagonisti della scena politica ma anche osservatori e analisti acuti, magari volti che non si vedono spesso o che ripeschiamo da panchine in cui si erano auto-confinati».

                Resta la domanda sugli ascolti, il macigno di ogni trasmissione televisiva. Labate si schermisce: «In una tv commerciale è un pensiero di tutti. Ma non sono un televisionaro di quelli che pensano che il mondo si fermi in virtù dello share. Gli ascolti contano, certo, ma se cominci a vivere solo per quelli hai già perso la partita».

                Per il giornalista cosentino, Realpolitik sarà un banco di prova e insieme una dichiarazione di intenti: niente tifo da stadio, niente urla, niente caccia al titolo a effetto. Ma una politica spiegata con serietà, con la sua voce riconoscibile e con il bagaglio di chi, dalla Calabria, ha costruito passo dopo passo una carriera nazionale.

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