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Televisione

Sanremo va in gara, stop agli appelli della Rai: il Consiglio di Stato boccia l’affidamento diretto

Con la sentenza pubblicata oggi, la tv pubblica non può più contare sull’affidamento automatico delle edizioni 2026-2028. Unica offerta sul tavolo, ma ora si apre una negoziazione obbligata con l’amministrazione comunale. Sanremo sarà anche Sanremo, ma le regole valgono per tutti.

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    Sanremo non è più il regno esclusivo della Rai. Con un colpo di scena che scuote la storia del Festival, il Consiglio di Stato ha detto no all’affidamento diretto della kermesse alla tv pubblica, confermando la sentenza del Tar della Liguria e aprendo ufficialmente la strada a una gara pubblica. È un verdetto che potrebbe cambiare radicalmente il volto della manifestazione più seguita del Paese.

    La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno, ma la battaglia legale andava avanti da mesi. La Rai e lo stesso Comune di Sanremo avevano fatto ricorso contro la decisione del Tar, che aveva dichiarato illegittimo l’accordo senza gara tra Palazzo Bellevue e Viale Mazzini. Oggi la sentenza è definitiva: niente più affidamenti diretti, d’ora in poi si fa la gara.

    Cosa succede adesso? In teoria la situazione sembra paradossale: la Rai, con la sua proposta tecnica ed economica, è l’unica ad aver presentato un’offerta entro la scadenza del 19 maggio. Ma questo non significa che tutto sia deciso. Il Comune ha ora la possibilità di trattare con la tv pubblica in un vero e proprio negoziato, dove nulla è più scontato.

    Gli occhi di tutti sono puntati su Carlo Conti, nuovo direttore artistico e conduttore delle prossime due edizioni, e sulla squadra di dirigenti che lavora dietro le quinte. Ma stavolta, oltre ai riflettori e ai brani in gara, sul palco di Sanremo salirà anche la politica: la rinegoziazione dell’accordo con la Rai rischia di trasformarsi in un braccio di ferro tra esigenze artistiche e interessi economici.

    La sentenza segna uno spartiacque. Il Festival, che finora era sempre stato considerato “cosa nostra” dalla Rai, ora diventa un affare pubblico. E non solo per la tv: ci sono i diritti, i marchi e tutto quel mondo parallelo di eventi, sponsor e retroscena che fanno di Sanremo un vero e proprio business.

    Il Comune di Sanremo, forte di questa decisione, potrà ora chiedere condizioni più vantaggiose: più soldi, più trasparenza, più garanzie per la città. E la Rai, dal canto suo, dovrà fare i conti con la concorrenza potenziale di altri operatori che potrebbero farsi avanti in futuro. Perché se oggi la tv pubblica è sola, domani chissà.

    Intanto la macchina organizzativa non si ferma. Carlo Conti e il suo staff sono già al lavoro per l’edizione 2025, che non è in discussione. Il Festival, almeno per il prossimo anno, resta alla Rai. Ma il futuro è un’incognita: dal 2026 in poi, la “gara per la musica” non sarà più solo una metafora.

    La politica, dal canto suo, osserva con attenzione. La Rai resta un patrimonio pubblico, ma la sentenza ricorda a tutti che anche il Festival più amato dagli italiani deve rispettare le regole della concorrenza. E se l’idea di un Sanremo “multicanale” sembra ancora fantascienza, la certezza è che la gestione della rassegna canora più seguita del Paese non potrà più essere una questione riservata a pochi.

    Mentre la Rai si prepara a trattare e il Comune di Sanremo studia le carte, il pubblico resta a guardare. I fiori dell’Ariston continueranno a sbocciare, ma dietro la scenografia scintillante si apre una partita tutta da giocare. E questa volta, a differenza delle canzoni, non si tratterà solo di note e melodie, ma di milioni di euro e di potere.

    Sanremo, la città dei sogni, si risveglia così: con un verdetto che riscrive le regole e una gara che promette scintille. Perché, come diceva il vecchio slogan, Sanremo è sempre Sanremo. Ma adesso sarà anche – e soprattutto – una gara vera.

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      Televisione

      Striscia la notizia cambia pelle: Berlusconi prepara il restyling del tg satirico più famoso d’Italia

      Pier Silvio Berlusconi annuncia una rivoluzione “soft” per Striscia la notizia, il tg satirico in onda su Canale 5 dal 1988. Nessun taglio netto, ma un’operazione di aggiornamento pensata per adattarsi ai gusti del pubblico di oggi. Dallo studio alla grafica, dai ritmi al cast: tutto sarà rivisto, ma senza intaccare l’impronta inconfondibile di Antonio Ricci.

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        Dopo trentacinque anni di satira, inchieste, veline e tapiri d’oro, Striscia la notizia è pronta a cambiare volto. O quasi. La notizia è arrivata direttamente da Pier Silvio Berlusconi, che in conferenza stampa ha parlato di “evoluzione” e “rinnovamento” in totale sintonia con Antonio Ricci, padre e mente creativa del programma. Nessuna rottura con il passato, ma una trasformazione ragionata per traghettare Striscia nella contemporaneità.

        Le novità? Per ora si sa solo che il ritorno in tv è previsto per novembre, e che la trasmissione subirà un restyling profondo. Si parla di nuova sigla, scenografie riviste, ritmi più serrati e — forse — anche di nuovi volti capaci di intercettare le giovani generazioni. Il tutto senza sacrificare lo stile inconfondibile che ha reso Striscia un’icona della televisione italiana.

        Berlusconi, consapevole del peso simbolico del programma, ha scelto la via della prudenza: prima di mettere mano al format, Mediaset testerà il gradimento del pubblico attraverso il ritorno estivo di due show storici come La ruota della fortuna con Gerry Scotti e Sarabanda con Enrico Papi. Se il pubblico risponderà positivamente ai classici “rimodernati”, il nuovo corso di Striscia sarà pronto a decollare.

        L’obiettivo è chiaro: rendere il programma più vicino alle abitudini di consumo del pubblico attuale, che si divide tra tv tradizionale e contenuti digitali. Ma senza rinunciare a quell’irriverenza che ha sempre contraddistinto Striscia, e che resta il cuore del progetto.

        Il banco di prova sarà il ritorno in onda, previsto per il prossimo autunno. Solo allora si capirà se il restyling avrà centrato l’obiettivo: aggiornare senza snaturare. Perché Striscia, nonostante tutto, vuole restare se stessa. Solo un po’ più al passo coi tempi.

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          Televisione

          La caccia al fantasma: su Rai1 la serie-evento sulla cattura di Messina Denaro

          Inseguimenti alla Mad Max, pizzini dimenticati e pareti da sfondare: “L’invisibile”, firmata Michele Soavi, racconta la fine della latitanza del boss più sfuggente di sempre

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            Matteo Messina Denaro non era solo un latitante. Era un’idea, un’ombra, un’assenza che faceva rumore. Oggi quella storia diventa una fiction Rai, ma senza fiction: “L’invisibile” è un racconto civile mascherato da thriller, un’operazione chirurgica sul mito del male. Regia di Michele Soavi, produzione di Pietro Valsecchi. Due puntate. Nessun margine d’errore.

            La scena chiave? Un furgone lanciato nella polvere, l’elicottero dei carabinieri in quota, Messina Denaro che sfugge. «Mi ricorda Duel di Spielberg», dice Soavi. «Non è realismo, è una terra che porta le cicatrici». Il boss, interpretato da Ninni Bruschetta, è un’ombra in penombra. Si muove appena, si sfuma. Come nella realtà. Perché nessuno lo vedeva, ma tutti lo cercavano.

            Il cuore della serie è l’operazione che ha portato all’arresto, il 16 gennaio 2023: trenta anni dopo Riina, a pochi metri dalla Direzione Antimafia, Messina Denaro viene preso in una clinica sotto falso nome. A guidare la squadra, il colonnello Arcidiacono – Lino Guanciale – che racconta l’adrenalina contenuta delle intercettazioni radio: «Basta una parola fuori posto e salta tutto». Paolo Briguglia è il procuratore Paolo Guido. Levante interpreta la moglie del colonnello.

            I Ros sono protagonisti silenziosi. Li conosciamo per nomi in codice: Leo Gassmann maneggia antenne, Noemi Brando pilota elicotteri, Giacomo Stallone controlla droni, Massimo De Lorenzo ragiona a freddo. Ma la partita si gioca anche tra le mura dei covi: pizzini lasciati sbadatamente, pareti con doppifondi, tre milioni nascosti a casa della sorella Rosalia, interpretata da Simona Malato. E poi Maria Mesi (Roberta Procida), Andrea Bonafede, il prestanome. I dettagli sono tutti veri. O quasi.

            «Ho riscritto tutto, non mi convinceva nulla», racconta Valsecchi. «Ho chiamato Soavi, e l’intesa è stata immediata. Questo non è solo un film, è un gesto di responsabilità». Perché sì, il male si racconta anche così: scavando tra i pizzini, cercando la luce sotto la polvere. E il bene? Non fa rumore. Ma arriva. Sempre.

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              Pier Silvio lancia Silvia Toffanin in prima serata: più che amore, un casting casalingo

              Altro che volti nuovi: per rilanciare Canale 5, Berlusconi junior pesca nel salotto di casa. Toffanin sarà protagonista con due show in prime time, tra Fascino e Verissimo serale. Un’operazione firmata De Filippi, che cancella il profilo basso della conduttrice e la trasforma nella regina soft della nuova tv commerciale. Più Gruber che D’Urso, ma con le chiavi di casa.

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                Pier Silvio Berlusconi ha fatto la sua scelta. Per il rilancio di Canale 5, niente nomi nuovi, nessuna scommessa ardita, nessuna sorpresa. Il volto di punta sarà quello che conosce meglio: Silvia Toffanin, compagna di vita e regina incontrastata del salotto piagnone del weekend. Se la tv commerciale è l’arte del riciclo, a Cologno Monzese hanno deciso di riciclare in casa.

                Dopo anni a raccontare le lacrime dei vip del pomeriggio, Toffanin sarà promossa in prima serata. Non con uno, ma con ben due programmi: il ritorno di This is me prodotto da Fascino, e una versione serale di Verissimo, tre o quattro puntate primaverili con interviste “importanti”. Niente politica – si affrettano a dire – ma qualche leader ci scapperà. Magari anche Giorgia Meloni, che ha già fatto tappa da Silvia, senza troppi contraddittori.

                Dietro l’operazione, dicono, ci sarebbe Maria De Filippi. Ma viene da chiedersi: è davvero Silvia a voler diventare la nuova signora del Biscione, o è Pier Silvio che ha deciso di incoronarla, una volta per tutte? Dopotutto, lo storytelling della compagna schiva, poco incline alla notorietà, è già stato silenziosamente accantonato. Ora il progetto è chiaro: trasformarla in una diva dal profilo rassicurante, magari con un pizzico di autorevolezza à la Gruber e quel tocco morbido che tanto piace agli inserzionisti.

                Con le altre conduttrici in pausa (Blasi, Leotta, Hunziker, Panicucci, D’Urso), la strada è libera. Ma anche un po’ deserta. E se il pubblico non dovesse affezionarsi alla “nuova Silvia”, pazienza: a Pier Silvio basta sapere che il volto di Canale 5 non lo tradirà mai. Perché dorme accanto a lui.

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