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Televisione

Serie italiane su Netflix: una tragedia annunciata (con rare, bollenti eccezioni)

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Serie italiane su Netflix: una tragedia annunciata (con rare, bollenti eccezioni)

    A salvare la faccia della serialità italiana ci pensa Inganno, miniserie prodotta da Cattleya e diretta da Pappi Corsicato, che si piazza al 18esimo posto assoluto tra i contenuti più visti al mondo con 27,2 milioni di visualizzazioni. Un successo che, a quanto pare, deve molto alle scene hot della Guerritore, elemento che ha acceso la curiosità degli utenti. Ma dopo questa fiammata passionale, arriva il vuoto cosmico.

    Il resto è silenzio: dove sono finite le serie italiane?

    Per trovare un’altra produzione italiana nella classifica globale bisogna scendere fino al 224esimo posto, occupato da Il caso Yara, documentario sull’omicidio di Yara Gambirasio, con 8 milioni di visualizzazioni. Subito dopo, al 228esimo posto, compare la seconda stagione de La legge di Lidia Poët, con 7,9 milioni di views.

    La classifica si fa poi impietosa:

    230° posto: Adorazione (7,8 milioni)

    423° posto: La legge di Lidia Poët stagione 1 (4,7 milioni)

    1258° posto: Tutto chiede salvezza stagione 2 (1,9 milioni)

    1449° posto: Tutto chiede salvezza stagione 1 (1,6 milioni)

    1539° posto: Per Elisa – Il caso Claps (1,5 milioni)

    1648° posto: La vita che volevi (1,4 milioni)

    1739° posto: Supersex su Rocco Siffredi (1,3 milioni)

    Una classifica da brividi (e non in senso positivo), che conferma la difficoltà delle produzioni italiane a emergere nel mare magnum di Netflix.

    Qual è il Problema delle Produzioni Italiane?

    I motivi di questo disastro sono molteplici: storie poco universali: le serie italiane spesso raccontano vicende locali, poco appetibili per un pubblico internazionale. Produzione e budget limitati: rispetto ai colossi americani o sudcoreani, l’Italia investe meno e si vede. Le trame risultano prevedibili, i personaggi stereotipati e la regia poco coraggiosa. Infine, le serie italiane non vengono promosse con la stessa intensità di altre produzioni Netflix.

    L’eccezione conferma la regola: serve più “Inganno”?

    La classifica dimostra che, quando c’è un prodotto accattivante e audace, il pubblico risponde. Inganno ha catturato l’attenzione grazie a un mix di erotismo, mistero e un’icona del cinema italiano. La soluzione non è certamente puntare solo sul piccante, servono però trame più coraggiose, scritture più fresche e un’attenzione maggiore alle tendenze globali.

    Italia… sveglia!

    Il risultato è chiaro: l’audiovisivo italiano deve cambiare marcia. Netflix offre una vetrina incredibile, ma senza un cambio di rotta, il rischio è quello di restare confinati ai margini della classifica. E magari sperare che un’altra scena hot possa, almeno per un attimo, riportare l’Italia in alto.

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      Televisione

      Roberta Beta, l’antipatica del primo Grande Fratello: «Avevo già 35 anni, pensavo di vincere e aprire un’agenzia»

      A 24 anni dal debutto del Grande Fratello, Roberta Beta ricorda la casa, i conflitti, Pietro Taricone e gli errori che l’hanno allontanata dalle luci della ribalta. «Tornerei solo per un milione di euro».

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        Roberta Beta è stata la concorrente più discussa della prima edizione del Grande Fratello, quella che nel 2000 cambiò la televisione italiana. Allora aveva 35 anni, un passato da modella e un lavoro in un’agenzia di pubbliche relazioni a Milano. Entrò nella casa convinta di avere la maturità giusta per trionfare. «Pensavo di vincere, intascarmi 250 milioni di lire e reinvestirli per mettermi in proprio», racconta oggi al Corriere della Sera. Invece, fu eliminata per seconda, travolta dal televoto che la contrappose a Pietro Taricone, il vero protagonista di quell’edizione.

        La Beta ricorda ancora l’atmosfera surreale di quella casa: «L’odore era un misto di moquette e plastica surriscaldata di luci e cavi. Le galline in giardino, la piscinetta». Ma soprattutto l’impatto con i coinquilini: «Io ero dieci anni più grande, venivo da Milano, un ambiente cosmopolita. Loro erano poco più che ragazzi di provincia. Non sapevamo che dirci». La distanza si fece sentire presto, e i concorrenti si coalizzarono contro di lei: «Si accordarono per mandarmi al televoto con Taricone. Uomo contro donna, nord contro sud. Vinse lui».

        A distanza di anni, non ha rimpianti né rancore: «Io e Pietro eravamo le personalità più forti di quell’edizione, per distacco. Abbiamo ancora una chat di gruppo, c’è pure Marco Liorni, manca solo Daria Bignardi. Salvo Veneziano mi ha confessato: “Non so come hai fatto a sopportarci”. Lo ha capito adesso, a 50 anni».

        Il successo mediatico arrivò immediato e travolgente, ma Roberta non lo sfruttò come altri. «Non se la sentiva di andare a inaugurare supermercati», ammette. La maternità le impose uno stop decisivo: nel 2002 nacque suo figlio e molte opportunità sfumarono. Tra queste, una parte in Centovetrine, l’agenzia di Lele Mora e persino un’offerta di Maria De Filippi: «Mi voleva opinionista a Uomini e donne. Occasioni enormi gettate al vento».

        Oggi, guardandosi indietro, Beta parla di un’avventura unica e irripetibile, un esperimento che nessun reality successivo ha saputo eguagliare. E lancia una provocazione: «Al Grande Fratello tornerei solo per un milione di euro». Una battuta che sintetizza bene il suo percorso: consapevole di ciò che ha perso, ma anche di quello che ha scelto di non inseguire.

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          Televisione

          Loretta Goggi svela la verità sul suo addio a Tale e Quale Show: «Ero in imbarazzo, il mio ruolo era diventato stucchevole»

          In un’intervista al Corriere della Sera, Loretta Goggi confessa di non riconoscersi più in quel ruolo: «Facevo la maestrina della penna rossa». E rivela il legame con Carlo Conti e il ricordo del marito Gianni Brezza.

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            Loretta Goggi resta una delle figure più amate e versatili del mondo dello spettacolo. Attrice, cantante, conduttrice, voce radiofonica: ha attraversato con talento generazioni diverse, conquistando un pubblico trasversale. Negli ultimi anni era tornata al centro della scena grazie a Tale e Quale Show, dove ha ricoperto il ruolo di giudice sin dal debutto. La sua decisione di abbandonare il programma due anni fa aveva lasciato tutti sorpresi. All’epoca si parlò di un bisogno di ridurre gli impegni professionali per dedicarsi di più alla vita privata. Oggi, però, la verità appare più complessa.

            Intervistata dal Corriere della Sera, Goggi ha raccontato le reali motivazioni del suo addio, legate soprattutto a una difficoltà personale: «Negli ultimi anni ero in imbarazzo, il mio ruolo era diventato stucchevole, mi sono ritrovata a fare la maestrina della penna rossa e ho pensato che non fosse più il mio posto». Una frase che fotografa bene il senso di disagio vissuto da un’artista che non ama ripetersi né sentirsi fuori luogo.

            Non solo. La showgirl ha ammesso di provare un certo distacco rispetto al modo di fare tv oggi: «Guardo la prima mezza puntata di ogni programma in partenza per capire di che si tratta aspettando qualcosa che non succede. Dopo il Medioevo uno pensa: ci sarà il Rinascimento? Invece pare di no». Un giudizio netto che spiega meglio la scelta di scendere «dal treno in corsa» per recuperare serenità e libertà.

            «Ogni volta che ho avuto sentore che qualcosa non andasse, non ho lasciato passare neanche un secondo: sono scesa al volo dal treno per riprendermi ciò che mi mancava. E questo è uno di quei momenti», ha spiegato. A 74 anni, Goggi sente il bisogno di rallentare e ritrovare se stessa.

            Nonostante l’addio al talent, il legame con Carlo Conti resta intatto. «Gli devo molto», ha ribadito. «Mi invitò a I Migliori Anni quando stavo molto male per la morte di Gianni. Poi mi convinse a Tale e Quale Show. Per me è un amico. Gianni si era raccomandato a lui, gli disse: “Stai vicino alla mia Goggi”». Parole che rivelano non solo la gratitudine verso il conduttore, ma anche il filo invisibile che unisce la sua carriera al ricordo del grande amore della sua vita.

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              Can Yaman presenta il suo Sandokan: «Un viaggio emotivo, mi ha reso un attore migliore»

              Can Yaman ha infiammato il red carpet dell’Italian Global Series Festival a Rimini. Mano nella mano con la nuova fidanzata Sara Bluma, ha svelato i retroscena della serie evento Sandokan, prodotta da Lux Vide con Rai Fiction: «Questo ruolo mi ha cambiato dentro».

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                È un Can Yaman inedito, più maturo, sereno e visibilmente innamorato. L’attore turco ha catalizzato l’attenzione dei media e dei fan presentandosi sul red carpet con la nuova fidanzata, la deejay campana Sara Bluma, con cui ha ufficializzato la relazione. Ma l’occasione era soprattutto professionale: presentare in anteprima Sandokan, la serie evento targata Lux Vide e Rai Fiction, che lo vede protagonista assoluto nel ruolo iconico della Tigre della Malesia.

                «Questo personaggio mi ha cambiato dentro, mi ha reso un attore migliore», ha detto Yaman, visibilmente emozionato. Le riprese si sono appena concluse dopo quattro mesi intensissimi: «È stato come girare quattro film di fila». E in effetti il progetto è ambizioso: cast internazionale, location spettacolari, effetti visivi da kolossal. Con lui sul set anche Alessandro Preziosi, Ed Westwick, John Hannah e la giovane Alanah Bloor. Una squadra che ha lavorato giorno e notte per restituire al pubblico italiano – e non solo – un Sandokan più contemporaneo e profondo.

                L’attore ha raccontato di essersi trasferito in Italia proprio per questo ruolo, un progetto che ha inseguito per anni: «Avevo paura che il Covid avesse fermato tutto, sono stati mesi difficili. Quando abbiamo iniziato davvero a girare, mi sono sentito l’uomo più felice del mondo». Il suo Sandokan sarà diverso: meno pirata, più eroe romantico e spirituale, con un arco narrativo che esplora anche il suo passato e la nascita del suo mito.

                Intanto, sul fronte privato, l’annuncio della relazione con Sara Bluma ha fatto rumore. La coppia si è mostrata affiatata, con look firmati Dolce&Gabbana perfettamente coordinati. Alcune fan hanno storto il naso, ma Can ha risposto su Instagram con parole semplici: «Non bado alle critiche, tengo a Sara». E poi ha preferito concentrarsi sul lavoro: Sandokan uscirà su Rai 1 e si pensa già alla seconda stagione per il 2026. Una terza sarebbe già in cantiere.

                Una Tigre della Malesia più intensa, più umana, forse anche più vicina al pubblico moderno. E un Can Yaman nuovo, che sembra davvero pronto a conquistare il cuore degli italiani. Di nuovo.

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