Spettacolo
Torna il serial killer Dexter… in versione prequel
Paramount+ e Showtime annunciano Dexter: Original Sin, la nuova serie drammatica originale in 10 episodi che racconta la storia del serial killer preferito dagli americani in addestramento. Si tratta dell’ultimo tassello per i fan, che finalmente potranno capire esattamente come tutto ha avuto inizio nei dettagli.
Il cast
James Martinez (Love Victor), Christina Milian (Falling Inn Love), Alex Shimizu (The Blacklist) e Reno Wilson (Mike & Molly) si uniscono ai membri del cast già annunciati: Christian Slater, vincitore del Golden Globe, nel ruolo di Harry Morgan, Patrick Gibson nel ruolo di Dexter Morgan e Molly Brown nel ruolo di Debra Morgan. La produzione è appena iniziata a Miami, con il ritorno del candidato agli Emmy® Clyde Phillips come showrunner e produttore esecutivo.
Personaggi già noti ai fan della serie, con volti diversi
I quattro attori interpretano i membri del Dipartimento di Polizia di Miami. Martinez presta il volto ad Angel Batista, un detective emergente della Omicidi che guida con il cuore; Milian vestirà i panni di Maria LaGuerta, la prima donna detective della Omicidi di Miami Metro; Shimizu sarà Vince Masuka, un analista forense che condivide avidamente la sua esperienza e che non vede l’ora di “imporsi” sul suo nuovo tirocinante, Dexter Morgan; Wilson infine interpreta Bobby Watt, partner e confidente di lunga data di Harry.
Tutto verrà spiegato con precisione
Ambientato a Miami nel 1991, Dexter: Original Sin mostreà al pubblico Dexter (Gibson) nel suo passaggio da studente a serial killer vendicatore. Quando i suoi impulsi sanguinari non possono più essere ignorati, Dexter dovrà imparare a canalizzare la sua oscurità interiore. Con la guida del padre Harry (Slater), adotterà un codice che lo aiuteà a trovare e uccidere le persone che meritano di essere eliminate dalla società. Con un solo scopo: non finire nel mirino delle forze dell’ordine. Una sfida particolare quindi per il giovane Dexter che inizierà uno stage di medicina legale presso il Dipartimento di Polizia di Miami.
Ci sono anche i social dedicati
Per ulteriori informazioni su questa nuova serie, ci sono i canali ufficiali Instagram, TikTok, Facebook, YouTube e X, con l’immancabile hasthag dedicato: #DexterOriginalSin.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Televisione
Alessandro Usai, cognato del ministro Giuli, firma anche lo spazio di Cerno a “Domenica In”: il suo nome ora passa da Rete 4 a Rai1
Il quotidiano Domani aveva evidenziato il trasferimento dell’autore Alessandro Usai — cognato del ministro della Cultura Alessandro Giuli — da Rete 4 a “Porta a Porta”. Ma non è l’unico impegno: Usai figura anche tra gli autori di “Domenica In”, dove cura lo spazio informativo guidato dal giornalista meloniano Tommaso Cerno. Un ruolo che accende discussioni sui nuovi equilibri editoriali della Rai.
Il nome di Alessandro Usai torna al centro del dibattito televisivo. Negli ultimi giorni, Domani aveva riportato la notizia del suo arrivo a Porta a Porta — una mossa che aveva già fatto discutere, complice un dettaglio personale subito evidenziato: Usai è il cognato del ministro della Cultura Alessandro Giuli, avendo sposato la sorella Antonella. Un legame familiare che, nel clima attuale attorno ai vertici Rai, ha generato immediatamente curiosità e qualche inevitabile domanda.
Ma non finisce qui. Perché ora emerge che Usai figura anche tra gli autori di Domenica In, lo storico contenitore pomeridiano di Rai1. Un ruolo tutt’altro che marginale: è lui a occuparsi dello spazio informativo gestito da Tommaso Cerno, presenza meloniana del programma e voce politica sempre molto esposta. Un dettaglio che aggiunge nuovi elementi al quadro degli equilibri interni della prima rete.
Da Rete 4 agli studi Rai: la traiettoria di Usai
Se lo spostamento verso Porta a Porta aveva già attirato l’attenzione per la sua rapidità, la conferma del suo coinvolgimento anche a Domenica In ridisegna ancora di più il peso autoriale di Usai all’interno del servizio pubblico. Non un ruolo isolato, quindi, ma un doppio impegno che lo posiziona in due programmi centrali nell’informazione e nell’approfondimento televisivo del weekend e della seconda serata.
Il suo nome compare inoltre legato al marchio Bru-neo, la società che gestisce parte delle produzioni e degli asset creativi in cui Usai è attivo da tempo. Una rete di collaborazioni che lo ha reso figura nota negli ambienti televisivi e che oggi lo vede intrecciarsi con programmi di primo piano della Rai.
Lo spazio di Cerno al centro dell’attenzione
Il segmento di Domenica In curato da Usai è proprio quello affidato a Tommaso Cerno, giornalista vicino all’area di governo, che nel programma porta approfondimenti politici, ospiti istituzionali e discussioni di attualità. La presenza di Usai dietro le quinte aggiunge un tassello ulteriore al dibattito sul nuovo corso editoriale della Rai e sulla crescente presenza di figure riconducibili all’area di maggioranza nei programmi di punta.
Una scelta che fa parlare
La combinazione tra legami familiari di alto profilo, ruoli autoriali strategici e cambiamenti nel palinsesto non poteva passare inosservata. E mentre il suo nome circola sempre più spesso tra gli addetti ai lavori, il caso Usai diventa l’ennesimo esempio di come la televisione pubblica sia ormai un terreno in cui il confine tra politica, informazione e produzione si fa ogni giorno più sottile.
Televisione
“The Beast in Me”, la nuova scommessa di Netflix che punta al thriller psicologico
Senza rivelare nulla della trama, “The Beast in Me” si presenta come un thriller che mescola introspezione, tensione narrativa e personaggi ambigui. Un prodotto che mira a conquistare chi cerca una storia più matura e meno rassicurante delle solite.
Netflix ci prova con qualcosa di diverso
Nel mare di serie che ogni mese affollano la piattaforma, “The Beast in Me” tenta una strada meno battuta: quella del thriller psicologico puro, dove non sono gli effetti speciali o i colpi di scena gratuiti a reggere l’impianto narrativo, ma un crescendo di inquietudine costruito su relazioni difficili, scelte morali e segreti che consumano i protagonisti dall’interno.
Senza fare spoiler, si può dire che la serie gioca su un’enigmaticità costante, spingendo lo spettatore a mettere in discussione ciò che vede e ciò che crede di sapere. Un ritmo che non punta solo alla spettacolarità, ma a far sentire il peso emotivo di ogni gesto.
Una fotografia che accompagna la tensione
Uno degli elementi più curati è sicuramente l’impianto visivo: colori desaturati, interni che sembrano parlare da soli, riprese ravvicinate che lasciano poco spazio all’immaginazione. La regia preferisce sussurrare anziché urlare, creando un clima cupo che accompagna il tema centrale della serie: il lato oscuro che ciascuno cerca di nascondere.
Niente estetica patinata o finta trasgressione — qui si punta su un realismo sporco, quasi claustrofobico, che accompagna la discesa dei personaggi nei propri conflitti.
Interpretazioni solide senza bisogno di iperboli
Pur senza fare nomi o anticipare svolte narrative, il cast offre un lavoro credibile. Nessun compiacimento, nessuna performance costruita per diventare virale: l’attenzione è tutta sulla complessità dei personaggi.
È una serie che non cerca di piacere a tutti i costi, ma di lasciare qualcosa allo spettatore che resta fino alla fine.
Temi attuali senza moralismi
La storia, al netto del mistero che la sostiene, tocca temi molto contemporanei: la fragilità emotiva, il giudizio sociale, la tendenza a creare mostri reali o immaginari per dare un nome alle proprie paure.
La serie evita sermoni e prese di posizione ridondanti, preferendo mostrare piuttosto che spiegare.
Anche questo contribuisce a rendere più credibile un racconto che, pur muovendosi su terreni di fantasia, ha radici ben piantate nella realtà.
Non è una serie perfetta, ma ha un’identità
“The Beast in Me” non è pensata per chi vuole una visione facile o leggera. Alcuni passaggi sono lenti, intenzionalmente rallentati per accentuare un senso di sospensione che potrebbe non conquistare tutti.
Ma è proprio qui che la serie trova la sua personalità: non cede alla tentazione del ritmo frenetico né al fan service, scegliendo invece una narrazione più adulta e controllata.
Vale la pena guardarla?
Se ami i thriller che creano tensione senza bisogno di morti plateali, se apprezzi le storie dove ogni personaggio ha un’ombra che non vuole mostrare, allora sì: “The Beast in Me” potrebbe meritare il tuo tempo.
Non è una serie da binge watching compulsivo, ma un prodotto che chiede attenzione e restituisce atmosfere dense, qualche brivido psicologico e un senso di inquietudine che rimane anche dopo i titoli di coda.
Musica
Jalisse fuori da Sanremo per la 29esima volta: la «maledizione» continua e il duo ironizza sui social tra palloncini e spaghetti aglio e olio
Alessandra Drusian e Fabio Ricci non superano la selezione per la 29esima volta consecutiva. La reazione? Un video ironico in cui gonfiano palloncini con il numero “29” stampato sopra e commentano la lista del Tg1 con autoironia. “La saga continua!”, scherza Alessandra, mentre Fabio propone gli spaghetti aglio e olio per consolarsi.
È ormai un rito: Carlo Conti annuncia i Big e l’Italia intera controlla automaticamente se i Jalisse ce l’hanno fatta. La risposta, anche per il 2026, è un’altra volta “no”. Per la ventinovesima volta consecutiva, Alessandra Drusian e Fabio Ricci restano fuori dal Festival che nel 1997 li incoronò con Fiumi di Parole. Un’assenza diventata talmente ricorrente da sembrare una tradizione parallela della kermesse.
La lista dei 30 nomi letta in diretta al Tg1 scorre veloce, ricca di debutti, grandi ritorni e sorprese. Ma dei Jalisse neanche l’ombra. E loro, invece di prendersela, scelgono ancora una volta la strada dell’ironia.
Il video della (ennesima) esclusione
Seduti sul divano, con il Tg in sottofondo, i due aspettano l’elenco di Conti come fosse un esame. Alessandra, forse per scaricare la tensione, soffia dentro palloncini colorati. Fabio segue la diretta con occhi concentrati, sperando forse in un miracolo dell’ultimo secondo.
Quando l’elenco arriva al termine e la conferma dell’assenza è evidente, i Jalisse alzano due palloncini già gonfiati con il numero “29”: un gesto che vale più di mille parole. «E la saga continua!», esclama Alessandra, trasformando l’ennesima delusione in una gag da social. Loro, almeno, il senso dell’umorismo non l’hanno perso.
L’ironia che salva tutto
Fabio prova a sdrammatizzare: «Annamose a fa’ due spaghetti aglio e olio», ormai signature phrase delle loro esclusioni dal Festival. Ma neanche il comfort food lo salva: Alessandra lo blocca subito, ricordandogli che «ho i panni da stendere, Fa’». Il ritorno alla quotidianità, tra palloncini e bucato, è il finale perfetto.
Un siparietto che conferma quello che i fan amano di loro: una tenacia infinita e una leggerezza rara.
Verso il “cifra tonda”?
Alessandra scherza: «Dai che arriviamo cifra tonda il prossimo anno». E chissà: dopo 29 no consecutivi, il trentesimo potrebbe diventare un evento più commentato della lista dei Big stessa.
La “maledizione Jalisse” continua. Ma almeno loro l’hanno trasformata in una saga pop tutta da seguire.
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