Calcio
Quei rifugiati che vincono la Coppa Italia… di Promozione

Se una squadra dei rifugiati vince la Coppa Italia di Promozione senza neanche un italiano in rosa, qualche domanda ce la dovremmo fare. Altro che Ius Soli…
La squadra salentina Rinascita Refugees di Carmiano che ha battuto la Virtus Palese è composta da atleti provenienti da dieci nazioni africane diverse. Tutti richiedenti asilo. La squadra è nata per “abbattere le barriere ed educare i giovani con la disciplina dello sport“.
La Puglia su tutti
Grazie alla Puglia, quindi, la Coppa Italia Promozione oltre a un valore calcistico assume anche significati diversi. Come opportunità, speranza e uguaglianza. Per la cronaca dopo aver vinto il match di andata 2 a 0, nella partita di ritorno Rinascita Refugees ha battuto la Virtus Palese 5 a 1, aggiudicandosi la competizione.
Il leccese Antonio Conte padrino del trofeo
Arrivati in Italia in cerca di futuro, questi ragazzi hanno trovato nel Salento solidarietà e vicinanza. Tanto che il leccese Antonio Conte, entusiasta della squadra, ha voluto essere portare il suo sostegno e i suoi consigli di tecnico internazionale.
Una magia partita alcuni anni fa
I Refugees hanno vinto con una squadra che non ha nessun italiano in rosa. Una vittoria che assume quindi un significato simbolico molto forte. Un esempio di come lo sport nazionale da spazio a rifugiati e richiedenti asilo che in poco tempo passano della Terza Categoria alla Promozione.
I supporter? Amici, parenti e connazionali di mezza Africa
Allenati dal mister senegalese Hassane Niang Baye, che oltre ad allenare fa il mediatore culturale. I Refugees ora sono impegnati nel proprio campionato nel quale per ora detengono il quinto posto. La squadra è stata sostenuta dai progetti Sai – Sistema di Accoglienza e Integrazione – gestiti dalla cooperativa Rinascita di Lecce. Per ora giocano a Leverano grazie all’intervento dell’Amministrazione comunale che gli ha concesso il campo sportivo. I loro supporters sono familiari ed amici che li seguono da Gambia, Mali, Costa d’Avorio, Egitto, Marocco, Senegal, Camerun. Con loro restano in contatto grazie ad Internet. “Questi ragazzi giocano per le loro famiglie, per i parenti rimasti a casa, per il proprio futuro”, sottolinea il Mister. “Tutta l’Africa li guarda”.
Buona la prima…
Un altro record, importante per la Puglia, è che la squadra ha conquistato il titolo, alla sua prima partecipazione nel campionato di Promozione.
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Calcio
Guardiola a Palermo con la maglietta di Falcone e Borsellino: «Le loro idee corrono sulle nostre gambe»
In Sicilia per l’amichevole contro il Palermo di Inzaghi, Pep Guardiola si presenta con una t-shirt dedicata a Falcone e Borsellino. L’immagine diventa virale.

Non è arrivato in punta di piedi, ma con un gesto che a Palermo non passa inosservato. Pep Guardiola, allenatore del Manchester City, ha dedicato la sua mattinata al santuario di Santa Rosalia, patrona del capoluogo siciliano, indossando una maglietta che raffigurava i volti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sotto, la frase: «Le loro idee corrono sulle nostre gambe».
Un omaggio chiaro, diretto, senza fronzoli, che ha immediatamente catturato l’attenzione di chi lo ha visto salire fino al Monte Pellegrino. Le immagini, condivise dalla pagina ufficiale del santuario, hanno fatto rapidamente il giro dei social, accompagnate da centinaia di commenti di apprezzamento.
L’allenatore catalano, da sempre sensibile ai temi civili e sociali, non è nuovo a prese di posizione simboliche. Stavolta, però, il contesto è speciale: Guardiola si trova a Palermo per guidare i campioni d’Inghilterra in un’amichevole di lusso contro la squadra di Filippo Inzaghi. Un match estivo, certo, ma con in palio l’“Anglo-Palermitan Trophy” e soprattutto l’occasione di portare in città un pezzo di calcio mondiale.
Il City, atteso in serata allo stadio Renzo Barbera, si è concesso qualche ora di relax prima della partita. Per Guardiola, la scelta è caduta sulla visita a un luogo che unisce fede, storia e memoria collettiva. Il santuario, incastonato sulla roccia, è meta di pellegrinaggi e simbolo di resistenza morale: il posto ideale per rendere omaggio a due figure che hanno segnato la lotta alla mafia.
Un dettaglio, la t-shirt, che diventa messaggio politico e culturale. Non un vezzo turistico, ma un segnale che il calcio, quando vuole, sa ricordare che fuori dal campo esistono battaglie che contano più di un trofeo.
Calcio
Villa Totti, il Consiglio di Stato rimanda tutto al Tar: la depandance del “Pupone” torna in bilico
Francesco Totti sperava di aver chiuso il contenzioso sul ripostiglio accanto alla piscina della sua villa romana, ma il Consiglio di Stato ha rimandato la causa al Tar. Tutto nasce dalla richiesta di sanatoria presentata dall’ex capitano giallorosso nel 2016 e bocciata dall’architetto municipale. In primo grado il Tar gli aveva dato ragione, ma l’assenza di Roma Capitale al processo ha spinto i giudici di secondo grado a far ripartire la partita legale, rimettendo in discussione la legittimità del manufatto.

La depandance di Francesco Totti, 63 metri quadri di ripostiglio affacciato sulla piscina della villa all’Axa, torna sotto processo. Il Consiglio di Stato ha rimandato al Tar il braccio di ferro tra l’ex numero 10 della Roma e il Campidoglio, azzerando di fatto il vantaggio che il “Pupone” si era conquistato in primo grado.
La vicenda parte nel 2016, quando Totti presenta domanda di sanatoria per regolarizzare il manufatto. In allegato deposita i titoli edilizi che, a suo dire, dimostrerebbero la legittimità del deposito. Ma l’architetto municipale incaricato della verifica, «in qualità di ausiliario di polizia giudiziaria», boccia la richiesta senza esitazioni: «Il titolo presentato non è idoneo».
Il contenzioso approda al Tar nel 2023 e, sorprendentemente, il tribunale amministrativo regionale si schiera con Totti. Per i giudici, i documenti depositati dall’ex capitano bastano a legittimare il manufatto, soprattutto perché Roma Capitale non si costituisce in giudizio. Un’assenza pesante, che il Tar interpreta come un punto a favore del calciatore.
Ma è proprio quell’assenza a rovesciare la partita in appello. Il Consiglio di Stato, infatti, ha stabilito che l’amministrazione capitolina non si è costituita perché non era stata informata correttamente dell’avvio del processo. Di conseguenza, la sentenza di primo grado viene annullata e la palla torna al Tar, dove il Comune potrà finalmente esporre le proprie ragioni.
Secondo l’interpretazione di Roma Capitale, il problema non è solo l’istruttoria iniziale, ma la mancata dimostrazione della “legittimità delle preesistenze edilizie e dell’intero immobile”. In altre parole, per il Campidoglio il deposito non doveva esistere.
Ora si riparte da zero. Totti dovrà tornare davanti al Tar e il rischio, almeno teorico, è che quel ripostiglio con vista piscina finisca abbattuto. Nel frattempo, la battaglia legale prosegue come una partita ai supplementari, e per il Pupone la vittoria è ancora tutta da conquistare.
Calcio
Cristian Totti dice addio al calcio a soli 19 anni: «Essere figlio di Francesco è stato un peso insostenibile»
Dopo una breve carriera tra Roma, Frosinone, Spagna e Olbia, Cristian Totti ha detto basta: non reggeva più il confronto con papà Francesco. Ma resta nel calcio, lavorando nell’accademia di famiglia.

La sua ultima apparizione è stata con l’Olbia, in Serie D. Sei partite, una sola ammonizione e pochi minuti per lasciare il segno. Eppure, gli occhi erano sempre tutti su di lui. Cristian Totti, 19 anni, figlio del mitico numero 10 della Roma, ha deciso di dire basta con il calcio giocato. Un addio silenzioso, sussurrato alla stampa locale e confermato senza giri di parole: «Sì, smetto. Ho preso questa scelta».
Una scelta sofferta, ma lucida. Cristian non ce la faceva più a convivere con l’etichetta di “figlio di”. Ogni gesto, ogni tocco, ogni mancata convocazione diventavano materia di paragoni, giudizi, aspettative. Cresciuto tra i vivai di Roma e Frosinone, con una parentesi anche in Spagna nel settore giovanile del Rayo Vallecano, non è mai riuscito a scrollarsi di dosso il fantasma del padre.
Nel 2024 era approdato all’Olbia, dopo una breve firma con l’Avezzano. A portarlo in Sardegna era stato Marco Amelia, ex portiere della Nazionale e suo allenatore ai tempi del Frosinone. «Cristian aveva qualità, visione, intelligenza tattica», ha spiegato Amelia. Ma il contesto – a detta del tecnico – era difficile. Amelia è stato esonerato dopo poche settimane, e Totti jr ha rescisso il contratto a dicembre.
Ora Cristian cambia campo ma non abbandona il pallone. Lavorerà nell’accademia fondata da suo padre, oggi gestita dallo zio Riccardo. Si occuperà di scouting e formazione, cercando giovani talenti che magari, come lui, amano il calcio senza dover portare il peso di un’eredità impossibile.
Nel frattempo, resta l’amaro per una carriera mai davvero cominciata. E il paradosso di un cognome che doveva aprire porte e invece, spesso, le ha chiuse.
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