Calcio
San Siro svenduto? La giunta dà il via libera alla cessione a Inter e Milan, ma la battaglia in consiglio può far saltare il banco
Il progetto prevede l’abbattimento quasi totale dello stadio e la nascita di un nuovo impianto con annesso quartiere commerciale. Ma tra accuse di svendita, timori ambientali e numeri ballerini in aula, l’operazione rischia di trasformarsi in una partita tutta politica.

Il destino di San Siro si gioca come una finale dai toni amari. La giunta comunale di Milano ha approvato la delibera per la vendita dello stadio e delle aree circostanti a Inter e Milan: 197 milioni di euro, una cifra ritenuta da molti inferiore al reale valore di mercato. Alla fine la decisione è arrivata, ma il voto non è stato unanime: l’assessora all’Ambiente Elena Grandi si è smarcata, allineandosi alla posizione di Europa Verde che parla senza mezzi termini di “svendita di un bene pubblico”.
Il progetto prevede l’abbattimento di gran parte del Meazza, lasciando in piedi solo pochi elementi simbolici, e la costruzione di un nuovo impianto sul lato di via Tesio. Attorno, un comparto con negozi, ristoranti e hotel che trasformerà l’area in un polo commerciale da miliardi. Per i due club l’operazione è la chiave per garantirsi stadi moderni e competitivi sul piano europeo. Per i critici, invece, è il sacrificio sull’altare della speculazione.
Il prezzo pattuito è uno dei nodi più contestati. La stima dell’Agenzia delle Entrate è stata definita “sorprendentemente bassa” rispetto ai valori immobiliari di Milano. Eppure è rimasta quella, nonostante i rilievi di tecnici e opposizioni. Inoltre, i club avranno uno sconto di 22 milioni a titolo di compartecipazione comunale per tunnel Patroclo e bonifiche. Una cifra che per gli ambientalisti equivale a un regalo.
Gli oneri non mancano. Inter e Milan dovranno garantire 80mila metri quadrati di verde, di cui 50mila “profondo”, e investire fino a 15 milioni in compensazioni ambientali per ottenere la neutralità carbonica, obbligatoriamente a Milano e senza ricorrere a crediti internazionali. Ma i comitati cittadini restano scettici: “Parlano di verde e sostenibilità, ma intanto abbattono un pezzo di storia e cementificano un’area enorme”, accusano.
La tabella di marcia è serrata: entro il 2026 il progetto di fattibilità, entro il 2027 l’avvio dei lavori per il nuovo stadio, entro il 2030 la sua conclusione. Solo allora il Meazza potrà essere demolito quasi completamente. Entro il 2035, invece, il comparto accessorio dovrà essere ultimato. Una tempistica che lega il destino dei club alla politica cittadina, con il rischio di ritardi e ricorsi.
La partita più insidiosa, però, si gioca ora in consiglio comunale. La maggioranza non è compatta. Almeno cinque consiglieri di centrosinistra sono da sempre contrari, e altri hanno espresso forti perplessità. Il numero legale in prima convocazione – 25 presenti – non è affatto garantito. E molto dipenderà dalle mosse del centrodestra: se voterà contro compatto, o se sceglierà la tattica dell’astensione per far passare tutto in seconda convocazione.
A complicare il quadro, la clausola di “earn out”: se i club rivenderanno le aree accessorie entro cinque anni, dovranno riconoscere al Comune una quota della plusvalenza, dal 50 al 15% a seconda del momento. Una misura che prova a blindare l’operazione ma che, secondo le opposizioni, “conferma che si tratta di un affare immobiliare mascherato da progetto sportivo”.
Sul fronte politico, la giunta Sala difende la scelta come necessaria: “Il Meazza non rispetta oltre metà dei requisiti Uefa per ospitare gli Europei del 2032”, ha ricordato l’assessora allo Sport Martina Riva. Ma le proteste non si placano. Europa Verde parla di “scempio urbanistico”, i comitati denunciano una “regalia scandalosa” e la minoranza annuncia battaglia in aula.
Il tempio del calcio mondiale rischia dunque di diventare il terreno di uno scontro feroce, dove affari, politica e identità cittadina si intrecciano. San Siro non è solo uno stadio: è memoria collettiva, simbolo di Milano e cassa di risonanza internazionale. Ora finisce nelle mani dei club, ma la partita decisiva – tra franchi tiratori, ambientalisti e opposizioni – deve ancora essere giocata.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Calcio
Francesco Totti celebra tre anni con Noemi Bocchi tra lusso sfrenato e regali da capogiro e una Birkin Hermès da collezione
Totti e Noemi Bocchi hanno festeggiato il loro terzo anniversario tra sfarzo e romanticismo. Intanto, mentre il divorzio con Ilary Blasi è alle battute finali, la coppia mostra sui social tutta la propria complicità.

Tre anni d’amore e una festa che sembra uscita da un film. Francesco Totti e Noemi Bocchi hanno celebrato il loro terzo anniversario di coppia con una sorpresa che ha lasciato senza fiato la stessa Noemi, che non ha resistito alla tentazione di condividere il momento con i suoi follower. L’ex capitano della Roma, oggi lontano dai riflettori del campo ma sempre al centro del gossip, ha organizzato per la compagna una ricorrenza da mille e una notte.
Per l’occasione Totti ha scelto un hotel esclusivo, affittando una suite di lusso trasformata in un piccolo paradiso privato. Rose, palloncini e dettagli romantici hanno fatto da cornice a una serata che ha suggellato un amore solido, nato tra mille chiacchiere e che resiste nonostante i riflettori e le polemiche. Ma il vero colpo di scena è arrivato con il regalo: una Birkin di Hermès, la borsa più ambita dalle fashion addicted e tra le più costose al mondo.
Il prezzo? Da capogiro. A seconda del modello, una Birkin può valere dai 30 ai 200mila euro. Un dono che non solo dimostra l’affetto di Totti per Noemi, ma anche la volontà di celebrare un legame importante senza badare a cifre o critiche. Nelle sue Stories Instagram, Noemi ha mostrato il regalo con un sorriso eloquente, lasciando intendere che la sorpresa è stata più che gradita.
Il gesto arriva mentre le cronache continuano a seguire il divorzio di Totti da Ilary Blasi. La separazione, ufficializzata tre anni fa con un comunicato che scosse l’Italia intera, non è ancora completamente archiviata. Le battaglie in tribunale proseguono, ma le vite dei due ex sembrano ormai ben definite. Se Totti si gode la sua nuova storia con Noemi, Ilary ha trovato accanto a sé l’imprenditore tedesco Bastian Muller, conosciuto per caso in aeroporto e oggi presenza fissa al suo fianco.
Insomma, quella che un tempo era la coppia d’oro del calcio e dello spettacolo italiano si è divisa senza possibilità di ritorno. E mentre Ilary racconta nel suo documentario su Netflix le ferite della fine del matrimonio, Francesco sceglie il lusso e il romanticismo per raccontare la sua nuova vita accanto a Noemi Bocchi.
Calcio
La Triestina rinasce grazie a Dogecoin: la memecoin nata per scherzo diventa azionista di maggioranza e salva il club
Dopo la fuga del fondo LBK Capital e i 25 milioni bruciati, la squadra di Serie C trova nuova linfa in un’operazione senza precedenti: «Oltre il calcio, vogliamo generare cultura e passione».

Un club storico italiano, la Triestina, si affida a una moneta virtuale nata per scherzo. Da oggi il nuovo azionista di maggioranza della società che milita in Serie C è infatti House of Doge, il braccio operativo della Doge Foundation. Un’operazione che, come sottolineato nella nota ufficiale della Us Triestina Calcio 1918, rappresenta «la prima integrazione diretta nella struttura di un club europeo di un veicolo di commercializzazione legato alle criptovalute».
La mossa arriva dopo mesi di difficoltà. L’uscita di scena del gruppo americano LBK Capital LLC, guidato da Ben Rosenzweig, ha lasciato il club sull’orlo del baratro. In un anno e mezzo gli investitori statunitensi hanno “bruciato” 25 milioni di euro, tra stipendi non pagati, penalizzazioni e rischi di prefallimento. Ora la speranza è affidata a un’entità nata nell’universo digitale ma con ambizioni concrete: «Il nostro investimento nella Triestina va ben oltre il calcio – ha spiegato Marco Margiotta, Ceo di House of Doge –. Si tratta di connettere la comunità globale di Dogecoin con uno dei club più storici d’Europa e dimostrare che gli asset digitali possono generare valore, cultura e passione nel mondo reale».
Dogecoin, lanciata nel 2013 dagli ingegneri Billy Markus e Jackson Palmer, è una valuta open-source e decentralizzata. Nata come una memecoin, senza reali fondamenta tecnologiche, deve gran parte della sua popolarità a Elon Musk. Il patron di Tesla e SpaceX, dal 2020 in poi, ha spesso twittato a favore della moneta, spingendone in alto il valore ma mostrando al tempo stesso la sua estrema volatilità. Nel 2021, dopo averla definita una truffa, bastò un suo commento per farla precipitare del 30% in poche ore.
Nonostante le oscillazioni, Dogecoin continua ad avere una comunità globale numerosa e molto attiva. Ora la scommessa è portarla dentro un club calcistico di lunga tradizione come la Triestina, fondata nel 1918 e con un passato importante in Serie A. Un progetto che, almeno sulla carta, vuole unire tecnologia, finanza e sport.
Non mancano i precedenti nel mondo del calcio, ma spesso con esiti controversi. Basti ricordare la quota del 10,1% della Juventus in mano a Tether, la principale stablecoin, o il flop di DigitalBits, che non ha mai onorato i 85 milioni promessi a Roma e Inter per la sponsorizzazione. In questo scenario, l’operazione Dogecoin-Triestina resta un unicum che incuriosisce osservatori e tifosi.
Intanto, in attesa del nuovo consiglio di amministrazione e della nomina del presidente, incombono le scadenze fiscali: martedì dovranno essere versati Inps e Irpef per circa 1,5 milioni di euro. La partita, insomma, non è solo in campo ma anche nei conti, e sarà il tempo a dire se la moneta del cane giapponese diventerà davvero la chiave della rinascita alabardata.
Calcio
“Fui indagato ingiustamente, quell’episodio mi ha segnato”: Ciccio Cozza tra la Reggina, le ombre del passato e il futuro da allenatore
Dalle pagine di sport a quelle di cronaca, fino alla fine del matrimonio con Manila Nazzaro: Cozza oggi guarda avanti, accanto alla nuova compagna e al figlio, senza rinnegare nulla ma con la ferita di quelle vicende.

Francesco “Ciccio” Cozza, 51 anni, a Reggio Calabria resta una leggenda. Durante l’evento “Operazione Nostalgia”, al Granillo, è stato accolto come un figlio tornato a casa. “Il Ciccio bambino sognava di giocare in Serie A e di diventare capitano della Reggina. Ho avuto la fortuna di realizzare entrambi i desideri. Mi sono divertito, quei sogni che avevo li ho realizzati”, racconta.
Ma se il campo gli ha regalato la gloria, la vita extra sportiva gli ha imposto prove dure. In un’intervista alla Gazzetta dello Sport, Cozza ha parlato a cuore aperto dell’inchiesta giudiziaria che anni fa lo vide indagato per associazione a delinquere aggravata dal favoreggiamento alla ’ndrangheta. Un’accusa pesante, che lo segnò profondamente.
“Quell’episodio mi ha fatto male – spiega – perché chi non ti conosce ti inquadra subito in una certa maniera. Purtroppo è stata una vicenda che mi ha segnato nel mondo dello sport: essere indagato, nonostante nelle carte non ci fosse mai nulla su di me, ti lascia un marchio. E non solo su di me, ma anche sulla mia famiglia. Sono esperienze che fanno soffrire”.
Una ferita che, a distanza di anni, resta. Ma Cozza preferisce considerarla un capitolo chiuso. “Fa parte del passato – dice – e mi auguro che non succeda mai più nulla di simile. Perché sono cose che ti tolgono il sonno, che ti fanno male dentro e intorno. Però vado avanti, oggi sono felice e sereno”.
La cronaca lo ha travolto anche sul fronte privato. La fine del matrimonio con Manila Nazzaro fece molto rumore, tra accuse reciproche e dichiarazioni avvelenate. “Con la mia ex moglie non ho più un rapporto – chiarisce – anche perché in passato ha detto cose assurde. Erano cose fuori luogo. C’erano tante bugie in quei racconti, ma ora è tutto chiuso. Lei si è fatta la sua vita e io la mia. L’importante era far crescere bene e tutelare i figli”.
Una chiusura netta, anche se non priva di amarezze. “Ci siamo chiariti tramite gli avvocati – prosegue Cozza –. Non è stato semplice, ma adesso non se ne parla più. Io oggi sono un uomo felicissimo: ho una compagna, Celestina, che amo, e abbiamo un figlio insieme. Siamo innamorati e la mia vita è piena”.
Alla Gazzetta Cozza ha voluto anche ribadire il legame con la città che lo ha consacrato: “Reggio per me è tutto. Lo spiego in due parole: Cozza è la Reggina e la Reggina è Cozza. Sono arrivato a dodici anni, poi il Milan mi prese a quindici, ma il cuore è rimasto sempre qui”.
Sul futuro non ha dubbi: vuole allenare, magari lontano dall’Italia. “Vorrei trovare una squadra all’estero – spiega –. Per conoscere altri campionati, altre realtà. Il calcio italiano mi ha dato tanto e io ho dato tanto. Però da anni mi sembra che tutto si sia un po’ fermato: è più difficile scoprire talenti e portarli a grandi livelli. Lo abbiamo visto anche con le difficoltà della Nazionale. Ora confidiamo in Gattuso”.
Intanto, l’ex regista amaranto si dedica alla crescita dei giovani. “Il mio obiettivo è divertirmi e far divertire i ragazzi che alleno. Il calcio è stato la mia vita e ora voglio restituire qualcosa. Non rinnego nulla di ciò che ho vissuto, nemmeno i momenti più duri. Ma oggi voglio guardare avanti”.
Un passato da idolo, un presente segnato da resilienza e voglia di riscatto, un futuro che parla ancora di calcio. Cozza non smette di crederci: “Sono un uomo che ha sofferto, ma che non ha mai smesso di lottare”.
-
Gossip2 anni fa
Elisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Sex and La City1 anno fa
Dick Rating: che voto mi dai se te lo posto?
-
Cronaca Nera1 anno fa
Bossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Speciale Grande Fratello1 anno fa
Helena Prestes, chi è la concorrente vip del Grande Fratello? Età, carriera, vita privata e curiosità
-
Speciale Olimpiadi 20241 anno fa
Fact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Speciale Grande Fratello1 anno fa
Shaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset
-
Gossip1 anno fa
La De Filippi beccata con lui: la strana coppia a cavallo si rilassa in vacanza
-
Gossip1 anno fa
È crisi tra Stefano Rosso e Francesca Chillemi? Colpa di Can?