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Sport

Dan Peterson, mito del basket in Italia, per un pelo non diventò l’allenatore del Milan

Uomo e allenatore di grande talento ed intuizione, ha recentemente raccontato ai microfoni del podcast BSMT alcuni retroscena sulla sua lunga carriera.

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    Come dimenticare il suo motto televisivo “Per me… numero 1”, quando faceva la pubblicità per una nota marca di tè. Dan Peterson, 85 anni e non sentirli o, meglio… gestirli con intelligenza. Lo stesso impegno che si deve utilizzare con la propria squadra, ogni volta che si scende in campo. Coach Peterson è senza dubbio il personaggio che ha portato un pezzo d’America qui da noi, nelle nostre case, riuscendo a farci innamorare dell’Nba con le sue indimenticabili telecronache. Ma non solo… ha raccontato diversi aspetti della way of life americana: l’insediamento di Ronald Reagan alla Casa Bianca, la cerimonia dell’Oscar, il wrestling su Italia 1, toccando più di 4 milioni di telespettatori.

    Berlusconi l’avrebbe voluto in panchina a San Siro

    Coach Dan, mitologico allenatore di basket, ha raccontato al podcast BSMT di Gianluca Gazzoli alcuni retroscena sulla sua carriera: uno, imperdibile, riguarda Silvio Berlusconi e la possibilità di diventare addirittura allenatore di calcio coi rossoneri. Così racconta: “Ero al teatro Manzoni per condurre l’Oscar dello Sport. Prima di andare in onda Adriano Galliani mi disse: ‘Berlusconi vorrebbe parlarti della possibilità di allenare il Milan il prossimo anno’. Io gli ho risposi che non volevo sabotare la mia squadra di basket, l’Olimpia Milano, e di aspettare la fine della stagione. Nel frattempo presero Sacchi, il migliore di tutti. Ogni volta che lo vedo gli dico: ‘Che fortuna che hai avuto'”.

    Il suo stile informale e divertente

    Riferendosi al suo stile unico nel condurre le telecronache, lui cita un grande nome: “Indro Montanelli disse: “Dovete scrivere per il lattaio dell’Ohio”. Io nelle telecronache ho cercato di applicare questo modello. Il motto “Mamma butta la pasta”, l’ho mutuato da Bob Elson che diceva “Mamma, metti il caffè sul fuoco”. Non volevo dare lezioni di basket ma coinvolgere le persone e portarle a seguire la pallacanestro”

    Nato per fare l’allenatore

    Una vocazione, la sua, nata quando venne tagliato dalla squadra al liceo. “Ma non avrei potuto mai fare quello che ho fatto in Italia senza i due anni in Cile, dal ’71-‘73. Circola anche una sorta di leggenda metropolitana che lo vorrebbe spia della Cia in Cile durante il famoso colpo di Stato, anche se la storia ha dimostrato il contrario, visto che Peterson lasciò Santiago pochi giorni prima del golpe di Pinochet.

    Prima a Bologna, poi a Milano

    Durante il podcast ripercorre gli anni alla Virtus Bologna, poi le stagioni d’oro a Milano e quella epica rimonta contro l’Aris Salonicco: “Al PalaTrussardi vincemmo di 34 punti. Dopo la sconfitta in Grecia, non dissi nulla per una settimana per non trasmettere stress ai miei. Prima della partita, mi limitai a dire: “Voglio vincere anche di un solo punto. Se avete intenzione di rimontare lo svantaggio, non dovete aver fretta. Basta recuperare un punto a minuto. Io ci credevo l’1%. Alla fine Bob McAdoo si arrabbiò con me quando parlai di miracolo: “Secondo lui eravamo tutti convinti. Ma io non lo ero..”. Sul ritiro a 51 anni: “E’ stato un errore. Ero molto esaurito. Forse se avessi fatto un mese di vacanza…”.

    Su alcune regole non è d’accordo

    “Vogliono mettere il tiro da quattro? Io abolirei il tiro da tre. E poi si gioca troppo: farei non 82 partite ma 60. E cambierei anche la durata delle partite: non 48 minuti ma 40”.

    I suoi miti personali

    Quando gli viene chiesto chi sia il più grande allenatore del mondo, lui risponde senza nessun dubbio: “Jurgen Klopp. Se allena una squadra di basket Usa, la porta in finale Nba”. Sul giocatore è altrettanto sicuro: Michael Jordan. Infine un ricordo per Kobe Bryant: “Un atleta americano formato in Italia dove ha imparato i fondamentali. Voleva essere il più grande a tutti i costi. Si allenava tre volte al giorno, alle volte, si alzava alle quattro del mattino. Per essere forte nell’ultimo quarto di gioco”.

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      Calcio

      Morata e Alice Campello, nuove voci di crisi: il calciatore smentisce tutto e rassicura “giurando praticamente sui figli”

      Alvaro Morata interviene sulle indiscrezioni riguardo a una presunta nuova crisi con la moglie Alice Campello. La giornalista Alexia Rivas racconta di aver parlato direttamente con il calciatore, che avrebbe negato qualsiasi infedeltà, assicurando che non c’è “nessun terzo coinvolto”. Una smentita netta, definita da Rivas come “un giuramento fatto praticamente sui suoi figli”.

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        La coppia Morata-Campello è tornata al centro del gossip internazionale, complice l’ennesimo giro di voci su una crisi che non trova conferme dirette. A riaccendere il caso è stata la giornalista spagnola Alexia Rivas, che ha raccontato di aver parlato personalmente con Alvaro Morata per fare chiarezza. E le parole del calciatore non lasciano spazio a interpretazioni: per lui non c’è nessuno scandalo da proteggere.

        La smentita arriva dalla Spagna
        Rivas ha spiegato che Morata le avrebbe garantito che non esiste alcun terzo incomodo. Niente tradimenti, nessuna infedeltà, nessun segreto inconfessabile. Solo malintesi amplificati dal ritmo vorticoso dei social e dal fascino che la loro storia d’amore esercita da anni sul pubblico. La frase che ha colpito di più è però un’altra: il calciatore avrebbe giurato “praticamente sui figli” la totale infondatezza dei rumors.

        Alice Campello nell’occhio del ciclone
        Ogni volta che si parla di loro, il nome di Alice Campello finisce inevitabilmente al centro dell’attenzione. Influencer amatissima, madre dei loro quattro bambini, icona fashion su entrambe le sponde del Mediterraneo: è facile capire perché il pubblico segua ogni aggiornamento sulla coppia con un misto di curiosità e apprensione. Ma anche questa volta, almeno per ora, tutto sembra ridursi a un polverone social.

        Una coppia abituata ai riflettori
        Morata e Campello non sono nuovi a voci di crisi, spesso poi rientrate nel giro di poche ore. Fa parte del gioco quando si è una delle coppie più esposte del calcio europeo. Ma la smentita così netta, così personale, aggiunge un tassello importante: il calciatore vuole chiudere la questione prima che si trasformi nell’ennesimo caso mediatico incontrollabile.

        Il pubblico resta in attesa
        Nonostante la smentita, il chiacchiericcio non si placa. I fan continuano a scandagliare ogni dettaglio, ogni gesto sui social, ogni like mancato o post cancellato. È il destino delle coppie celebri: anche quando dicono “va tutto bene”, la rete vuole sempre un capitolo in più. Per ora, l’unica verità ufficiale resta quella raccontata da Morata: nessuna crisi, nessun tradimento, nessun terzo coinvolto.

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          Sport

          Snack in montagna: le mandorle, il carburante ideale per le giornate sugli sci

          Ricche di proteine, fibre, grassi buoni e micronutrienti, le mandorle aiutano a combattere stanchezza e affaticamento, supportano il recupero muscolare e proteggono la pelle dai raggi UV. Ecco perché non dovrebbero mancare nello zaino di ogni sciatore.

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          Snack in montagna: le mandorle, il carburante ideale per le giornate sugli sci

            Un tempo, lo zaino da sci conteneva panini, merende e la classica barretta di cioccolato, divisa con gli amici in seggiovia o in cabinovia per un pieno di energia prima di ripartire sulle piste. Oggi quella scena è in gran parte un ricordo: le pause al caldo nei rifugi e l’avvento di snack pratici, compatti e funzionali hanno trasformato il modo di alimentarsi in montagna.

            Gli sciatori moderni, dallo snowboarder all’escursionista sulla neve, puntano su alimenti facili da trasportare, capaci di fornire energia a rilascio prolungato, vitamine, sali minerali, proteine e grassi insaturi, senza appesantire. Tra questi, le mandorle si confermano il miglior alleato per affrontare lunghe giornate sugli sci.

            Una manciata di mandorle, circa 30 grammi o 23 pezzi, apporta circa 175 calorie, 6 grammi di proteine vegetali, 4 grammi di fibre, 13 grammi di grassi insaturi, meno di 1 grammo di grassi saturi e 15 nutrienti essenziali. «Un carburante eccellente e duraturo», spiegano dall’Almond Board of California, che promuove la qualità delle mandorle naturali coltivate da generazioni nello stato americano.

            Il magnesio, alleato contro stanchezza e crampi

            Il magnesio contenuto nelle mandorle è fondamentale per ridurre stanchezza e affaticamento muscolare. Studi clinici confermano che il consumo regolare di mandorle può favorire il recupero dopo esercizio fisico, ridurre i danni muscolari e migliorare le prestazioni atletiche. Alcune ricerche hanno inoltre evidenziato come le mandorle possano diminuire la sensazione di dolore post-allenamento, rendendole ideali per chi affronta giornate intense sugli sci.

            Protezione della pelle ad alta quota

            Non solo energia: le mandorle aiutano anche a proteggere la pelle dagli effetti dei raggi UV, che nelle località di montagna sono intensificati dal riflesso sulla neve. Uno studio pubblicato sul Journal of Cosmetic Dermatology ha dimostrato che chi consuma mandorle quotidianamente sviluppa una maggiore resistenza ai raggi UVB, i principali responsabili dei danni cutanei legati al sole, rispetto a chi non le assume.

            Snack pratico e versatile

            Oltre ai benefici nutrizionali e protettivi, le mandorle sono pratiche e facili da trasportare: basta una piccola bustina nello zaino per avere energia pronta all’uso in qualsiasi momento. In alternativa, possono essere abbinate a frutta secca, semi o piccole barrette proteiche per uno spuntino bilanciato e completo, ideale per gli sport invernali.

            In sintesi, dimenticate panini schiacciati e cioccolato sciolto: le mandorle sono il vero compagno di pista, capaci di sostenere corpo e mente, proteggere la pelle e offrire energia pulita durante ogni discesa. Un piccolo gesto semplice che fa una grande differenza per chi ama la montagna e lo sport.

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              Sport

              Pagaiando d’inverno: la passione per il kayak tra adrenalina e sicurezza

              Quando il termometro scende, il richiamo dell’acqua non si spegne: sempre più appassionati scelgono il kayak anche in pieno inverno. Ma la bellezza silenziosa della stagione fredda richiede prudenza e preparazione.

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              Pagaiando d’inverno

                Il kayak non conosce stagioni. Per molti appassionati, l’inverno è addirittura il periodo più suggestivo per solcare fiumi e laghi: la natura rallenta, gli specchi d’acqua diventano silenziosi e le rotte più affollate d’estate si trasformano in scenari quasi intimi. Tuttavia, remare in condizioni di freddo intenso richiede competenze specifiche e un’attenzione molto più alta rispetto ai mesi miti.

                Il fascino (e i rischi) delle acque fredde

                Secondo le principali associazioni di canoa europee, l’incremento di praticanti invernali è costante negli ultimi anni, anche grazie alla diffusione di attrezzature tecniche più avanzate. Ma insieme alla crescita cresce anche la necessità di informazione. L’acqua fredda rappresenta il rischio più sottovalutato: bastano pochi minuti in acqua a temperature inferiori ai 10°C per compromettere i movimenti, e un’esposizione prolungata può portare all’ipotermia.

                Il vento, la neve e i cambiamenti repentini delle condizioni meteo completano un quadro che rende lo sport affascinante ma potenzialmente pericoloso.

                Equipaggiamento: la prima forma di prevenzione

                Allenamento e tecnica non bastano. In inverno, il vestiario è ciò che fa davvero la differenza. Gli istruttori specializzati raccomandano:

                • Muta stagna (drysuit): lo strato più importante, perché evita il contatto diretto con l’acqua.
                • Strati termici traspiranti: preferibilmente in lana merino o materiali tecnici che isolano e asciugano rapidamente.
                • Guanti e copricapo neoprene: per proteggere estremità e testa, le prime parti del corpo a cedere al freddo.
                • Gilet salvagente omologato: indispensabile in ogni stagione.
                • Calzari ad alta tenuta: per prevenire perdita di sensibilità ai piedi.

                Molti esperti, inoltre, consigliano di portare con sé una sacca stagna con ricambio asciutto, una torcia frontale, un telo termico e un telefono protetto da custodia impermeabile.

                Conoscere i limiti e leggere l’ambiente

                Remare d’inverno significa anche imparare a interpretare il paesaggio. I fiumi possono essere più rapidi, le condizioni di ghiaccio possono mutare velocemente e la visibilità può calare all’improvviso. Per questo è buona norma:

                • evitare uscite in solitaria;
                • comunicare sempre il proprio itinerario a qualcuno;
                • studiare le previsioni meteo-marine con attenzione;
                • avere un piano di emergenza.

                Anche la forma fisica gioca un ruolo cruciale: il freddo aumenta il dispendio energetico e la pagaiata diventa più impegnativa, soprattutto con vento contrario.

                Il ruolo della formazione

                Le scuole federali e le associazioni sportive organizzano corsi specifici per la navigazione in acque fredde, compresi test controllati di auto-salvataggio. Imparare a risalire rapidamente sul kayak o a gestire un ribaltamento è essenziale per ridurre i tempi di esposizione all’acqua.

                Kayak d’inverno: libertà, natura e consapevolezza

                Nonostante le precauzioni necessarie, la comunità dei kayaker continua a considerare l’inverno una stagione privilegiata. La luce limpida, il suono ovattato dell’acqua, la sensazione di isolamento dal mondo offrono un’esperienza unica, impossibile da replicare nei mesi estivi.

                Pagaiando tra brina e riflessi argentei, il kayak si conferma uno sport di libertà, ma anche di responsabilità: conoscere l’ambiente, rispettare i propri limiti e adottare l’equipaggiamento giusto permette di vivere l’avventura senza rinunciare alla sicurezza.

                In fondo, l’inverno non è un ostacolo: è un altro volto della stessa passione.

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