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Sport

Hamilton e la crisi Ferrari: “Parla a monosillabi e non si adatta”

Alla vigilia del Gran Premio dell’Arabia Saudita, cresce il malumore in casa Ferrari. L’ex ingegnere di pista di Schumacher punta il dito su Hamilton: “Non comunica, si lamenta e accampa scuse”. Sul banco degli imputati anche il rapporto debole con il suo ingegnere Riccardo Adami.

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    In casa Ferrari cresce la tensione, e il nome al centro delle polemiche è quello di Lewis Hamilton. Alla vigilia del Gran Premio dell’Arabia Saudita, quinto appuntamento del Mondiale di Formula 1, a tenere banco non sono le prestazioni in pista ma le difficoltà di adattamento del sette volte campione del mondo alla scuderia di Maranello.

    A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato Luca Baldisserri, ex ingegnere di pista di Michael Schumacher e volto storico della Ferrari tra il 1989 e il 2015. Intervenuto ai microfoni di ‘FormulaCritica.it’, il tecnico bolognese ha espresso dubbi pesanti sulle reali cause dei problemi di Hamilton, a partire dal tanto discusso sistema frenante Brembo, diverso dagli impianti Carbon Industrie a cui l’inglese era abituato.

    “Io a certe cose non ci credo – afferma Baldisserri senza giri di parole –. Quelle sul freno motore sono scuse. Hamilton ha capito che la macchina è quella che è, e ha visto che il suo compagno riesce a portarla più al limite di lui. È inevitabile che si cerchi un capro espiatorio, ed ecco saltare fuori le giustificazioni sulla frenata”.

    Secondo Baldisserri, il problema sarebbe più profondo e riguarderebbe il metodo con cui Hamilton si è integrato – o meglio, non si è integrato – nel team di Maranello. “Quando un pilota del suo calibro cambia scuderia – spiega – il nuovo team dovrebbe analizzare a fondo il suo stile di guida e il concetto di vettura a cui era abituato. Quando Michael arrivò in Ferrari nel 1996, lo interrogammo su tutto. Qui, invece, sembra che nulla di tutto ciò sia stato fatto. Se dopo quattro gare Hamilton ancora dice di non riuscire ad adattarsi, viene da chiedersi: cosa hanno fatto fino ad adesso?”

    Non meno preoccupante, per l’ex ferrarista, è la qualità della comunicazione tra Hamilton e il suo ingegnere di pista Riccardo Adami. “La simbiosi tra pilota e ingegnere è fondamentale. Al momento, quella tra Hamilton e Adami semplicemente non esiste. È un grosso problema, perché Adami deve lavorare praticamente al buio”.

    Baldisserri porta un paragone pesante: “Toto Wolff ha recentemente ammesso che la comunicazione tra Kimi Antonelli e ‘Bono’ è anni luce avanti rispetto a quella che c’era tra Hamilton e lo stesso ‘Bono’. Hamilton parla a monosillabi o fa domande invece di spiegare. Kimi è un fiume in piena, racconta tutto quello che sente dalla macchina. Questo fa una differenza enorme per un ingegnere di pista”.

    Il risultato? Confusione, incomprensioni via team radio e difficoltà nel correggere i problemi in pista. “Avere un pilota che comunica poco e male – conclude Baldisserri – complica tutto. E se il rapporto di fiducia si incrina, non c’è scampo: nella Formula 1 moderna l’ingegnere di pista è anche un mental coach. È il solo tramite tra il pilota e il lavoro di migliaia di tecnici. Se la comunicazione salta, salta tutto”.

    Il futuro? Per Baldisserri la strada è obbligata: sarà Hamilton a dover fare uno sforzo per costruire quel rapporto con Adami. Perché, in caso contrario, non sarà il campione a saltare, ma il suo ingegnere.

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      Calcio

      Francesco Totti celebra tre anni con Noemi Bocchi tra lusso sfrenato e regali da capogiro e una Birkin Hermès da collezione

      Totti e Noemi Bocchi hanno festeggiato il loro terzo anniversario tra sfarzo e romanticismo. Intanto, mentre il divorzio con Ilary Blasi è alle battute finali, la coppia mostra sui social tutta la propria complicità.

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        Tre anni d’amore e una festa che sembra uscita da un film. Francesco Totti e Noemi Bocchi hanno celebrato il loro terzo anniversario di coppia con una sorpresa che ha lasciato senza fiato la stessa Noemi, che non ha resistito alla tentazione di condividere il momento con i suoi follower. L’ex capitano della Roma, oggi lontano dai riflettori del campo ma sempre al centro del gossip, ha organizzato per la compagna una ricorrenza da mille e una notte.

        Per l’occasione Totti ha scelto un hotel esclusivo, affittando una suite di lusso trasformata in un piccolo paradiso privato. Rose, palloncini e dettagli romantici hanno fatto da cornice a una serata che ha suggellato un amore solido, nato tra mille chiacchiere e che resiste nonostante i riflettori e le polemiche. Ma il vero colpo di scena è arrivato con il regalo: una Birkin di Hermès, la borsa più ambita dalle fashion addicted e tra le più costose al mondo.

        Il prezzo? Da capogiro. A seconda del modello, una Birkin può valere dai 30 ai 200mila euro. Un dono che non solo dimostra l’affetto di Totti per Noemi, ma anche la volontà di celebrare un legame importante senza badare a cifre o critiche. Nelle sue Stories Instagram, Noemi ha mostrato il regalo con un sorriso eloquente, lasciando intendere che la sorpresa è stata più che gradita.

        Il gesto arriva mentre le cronache continuano a seguire il divorzio di Totti da Ilary Blasi. La separazione, ufficializzata tre anni fa con un comunicato che scosse l’Italia intera, non è ancora completamente archiviata. Le battaglie in tribunale proseguono, ma le vite dei due ex sembrano ormai ben definite. Se Totti si gode la sua nuova storia con Noemi, Ilary ha trovato accanto a sé l’imprenditore tedesco Bastian Muller, conosciuto per caso in aeroporto e oggi presenza fissa al suo fianco.

        Insomma, quella che un tempo era la coppia d’oro del calcio e dello spettacolo italiano si è divisa senza possibilità di ritorno. E mentre Ilary racconta nel suo documentario su Netflix le ferite della fine del matrimonio, Francesco sceglie il lusso e il romanticismo per raccontare la sua nuova vita accanto a Noemi Bocchi.

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          Calcio

          La Triestina rinasce grazie a Dogecoin: la memecoin nata per scherzo diventa azionista di maggioranza e salva il club

          Dopo la fuga del fondo LBK Capital e i 25 milioni bruciati, la squadra di Serie C trova nuova linfa in un’operazione senza precedenti: «Oltre il calcio, vogliamo generare cultura e passione».

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            Un club storico italiano, la Triestina, si affida a una moneta virtuale nata per scherzo. Da oggi il nuovo azionista di maggioranza della società che milita in Serie C è infatti House of Doge, il braccio operativo della Doge Foundation. Un’operazione che, come sottolineato nella nota ufficiale della Us Triestina Calcio 1918, rappresenta «la prima integrazione diretta nella struttura di un club europeo di un veicolo di commercializzazione legato alle criptovalute».

            La mossa arriva dopo mesi di difficoltà. L’uscita di scena del gruppo americano LBK Capital LLC, guidato da Ben Rosenzweig, ha lasciato il club sull’orlo del baratro. In un anno e mezzo gli investitori statunitensi hanno “bruciato” 25 milioni di euro, tra stipendi non pagati, penalizzazioni e rischi di prefallimento. Ora la speranza è affidata a un’entità nata nell’universo digitale ma con ambizioni concrete: «Il nostro investimento nella Triestina va ben oltre il calcio – ha spiegato Marco Margiotta, Ceo di House of Doge –. Si tratta di connettere la comunità globale di Dogecoin con uno dei club più storici d’Europa e dimostrare che gli asset digitali possono generare valore, cultura e passione nel mondo reale».

            Dogecoin, lanciata nel 2013 dagli ingegneri Billy Markus e Jackson Palmer, è una valuta open-source e decentralizzata. Nata come una memecoin, senza reali fondamenta tecnologiche, deve gran parte della sua popolarità a Elon Musk. Il patron di Tesla e SpaceX, dal 2020 in poi, ha spesso twittato a favore della moneta, spingendone in alto il valore ma mostrando al tempo stesso la sua estrema volatilità. Nel 2021, dopo averla definita una truffa, bastò un suo commento per farla precipitare del 30% in poche ore.

            Nonostante le oscillazioni, Dogecoin continua ad avere una comunità globale numerosa e molto attiva. Ora la scommessa è portarla dentro un club calcistico di lunga tradizione come la Triestina, fondata nel 1918 e con un passato importante in Serie A. Un progetto che, almeno sulla carta, vuole unire tecnologia, finanza e sport.

            Non mancano i precedenti nel mondo del calcio, ma spesso con esiti controversi. Basti ricordare la quota del 10,1% della Juventus in mano a Tether, la principale stablecoin, o il flop di DigitalBits, che non ha mai onorato i 85 milioni promessi a Roma e Inter per la sponsorizzazione. In questo scenario, l’operazione Dogecoin-Triestina resta un unicum che incuriosisce osservatori e tifosi.

            Intanto, in attesa del nuovo consiglio di amministrazione e della nomina del presidente, incombono le scadenze fiscali: martedì dovranno essere versati Inps e Irpef per circa 1,5 milioni di euro. La partita, insomma, non è solo in campo ma anche nei conti, e sarà il tempo a dire se la moneta del cane giapponese diventerà davvero la chiave della rinascita alabardata.

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              Calcio

              “Fui indagato ingiustamente, quell’episodio mi ha segnato”: Ciccio Cozza tra la Reggina, le ombre del passato e il futuro da allenatore

              Dalle pagine di sport a quelle di cronaca, fino alla fine del matrimonio con Manila Nazzaro: Cozza oggi guarda avanti, accanto alla nuova compagna e al figlio, senza rinnegare nulla ma con la ferita di quelle vicende.

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                Francesco “Ciccio” Cozza, 51 anni, a Reggio Calabria resta una leggenda. Durante l’evento “Operazione Nostalgia”, al Granillo, è stato accolto come un figlio tornato a casa. “Il Ciccio bambino sognava di giocare in Serie A e di diventare capitano della Reggina. Ho avuto la fortuna di realizzare entrambi i desideri. Mi sono divertito, quei sogni che avevo li ho realizzati”, racconta.

                Ma se il campo gli ha regalato la gloria, la vita extra sportiva gli ha imposto prove dure. In un’intervista alla Gazzetta dello Sport, Cozza ha parlato a cuore aperto dell’inchiesta giudiziaria che anni fa lo vide indagato per associazione a delinquere aggravata dal favoreggiamento alla ’ndrangheta. Un’accusa pesante, che lo segnò profondamente.

                “Quell’episodio mi ha fatto male – spiega – perché chi non ti conosce ti inquadra subito in una certa maniera. Purtroppo è stata una vicenda che mi ha segnato nel mondo dello sport: essere indagato, nonostante nelle carte non ci fosse mai nulla su di me, ti lascia un marchio. E non solo su di me, ma anche sulla mia famiglia. Sono esperienze che fanno soffrire”.

                Una ferita che, a distanza di anni, resta. Ma Cozza preferisce considerarla un capitolo chiuso. “Fa parte del passato – dice – e mi auguro che non succeda mai più nulla di simile. Perché sono cose che ti tolgono il sonno, che ti fanno male dentro e intorno. Però vado avanti, oggi sono felice e sereno”.

                La cronaca lo ha travolto anche sul fronte privato. La fine del matrimonio con Manila Nazzaro fece molto rumore, tra accuse reciproche e dichiarazioni avvelenate. “Con la mia ex moglie non ho più un rapporto – chiarisce – anche perché in passato ha detto cose assurde. Erano cose fuori luogo. C’erano tante bugie in quei racconti, ma ora è tutto chiuso. Lei si è fatta la sua vita e io la mia. L’importante era far crescere bene e tutelare i figli”.

                Una chiusura netta, anche se non priva di amarezze. “Ci siamo chiariti tramite gli avvocati – prosegue Cozza –. Non è stato semplice, ma adesso non se ne parla più. Io oggi sono un uomo felicissimo: ho una compagna, Celestina, che amo, e abbiamo un figlio insieme. Siamo innamorati e la mia vita è piena”.

                Alla Gazzetta Cozza ha voluto anche ribadire il legame con la città che lo ha consacrato: “Reggio per me è tutto. Lo spiego in due parole: Cozza è la Reggina e la Reggina è Cozza. Sono arrivato a dodici anni, poi il Milan mi prese a quindici, ma il cuore è rimasto sempre qui”.

                Sul futuro non ha dubbi: vuole allenare, magari lontano dall’Italia. “Vorrei trovare una squadra all’estero – spiega –. Per conoscere altri campionati, altre realtà. Il calcio italiano mi ha dato tanto e io ho dato tanto. Però da anni mi sembra che tutto si sia un po’ fermato: è più difficile scoprire talenti e portarli a grandi livelli. Lo abbiamo visto anche con le difficoltà della Nazionale. Ora confidiamo in Gattuso”.

                Intanto, l’ex regista amaranto si dedica alla crescita dei giovani. “Il mio obiettivo è divertirmi e far divertire i ragazzi che alleno. Il calcio è stato la mia vita e ora voglio restituire qualcosa. Non rinnego nulla di ciò che ho vissuto, nemmeno i momenti più duri. Ma oggi voglio guardare avanti”.

                Un passato da idolo, un presente segnato da resilienza e voglia di riscatto, un futuro che parla ancora di calcio. Cozza non smette di crederci: “Sono un uomo che ha sofferto, ma che non ha mai smesso di lottare”.

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