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Sport

Mondiali di freccette: un Natale all’insegna dello sport e dello spettacolo

Un mix di tradizione britannica e competizione globale trasforma questo torneo in un evento imperdibile, capace di catturare milioni di spettatori e appassionati da tutto il mondo.

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    Per molti il Natale è sinonimo di relax, ma per gli appassionati di sport è anche un’occasione speciale: il periodo in cui il Campionato del Mondo di Freccette PDC illumina la scena. Dal 15 dicembre al 3 gennaio, l’Alexandra Palace di Londra – noto ai fan come “Ally Pally” – ospita uno degli eventi sportivi più seguiti dell’anno, un mix di precisione, tensione e puro spettacolo.

    Un evento leggendario

    Organizzato dalla Professional Darts Corporation (PDC), il torneo rappresenta il culmine della stagione per i migliori giocatori di freccette al mondo. Competono non solo per l’ambito trofeo, ma anche per un montepremi da capogiro, che attrae sponsor importanti e un pubblico sempre più internazionale. Se in Gran Bretagna e Olanda le freccette sono una religione, l’evento sta conquistando anche il Nord Europa e altre parti del mondo, grazie a un mix di tradizione e innovazione.

    A fare da cornice, l’iconico Alexandra Palace, un edificio in stile vittoriano immerso nel verde del parco omonimo. Dal 2008 è la casa del PDC World Darts Championship, accogliendo ogni anno migliaia di spettatori, spesso in costumi stravaganti, che riempiono le tribune con cori e un tifo appassionato. I biglietti? Spesso esauriti mesi prima, a dimostrazione dell’incredibile fascino di questo torneo.

    Il format: spettacolo e adrenalina

    Il torneo è strutturato per garantire spettacolo sin dal primo turno. Le partite iniziali si giocano al meglio dei 5 set: i giocatori devono vincerne 3 per passare al turno successivo. Ogni set, a sua volta, è composto da leg – round in cui i concorrenti partono da 501 punti e devono azzerarli con il minor numero possibile di lanci. La precisione, la strategia e la capacità di mantenere la calma sotto pressione sono le chiavi del successo.

    Con ogni turno che alza l’asticella della difficoltà, il pubblico assiste a giocate spettacolari, errori inaspettati e momenti di altissima tensione, fino al gran finale che assegnerà il titolo al campione del mondo.

    Un fenomeno globale

    Il Campionato del Mondo di Freccette non è solo una competizione, ma un vero e proprio show. Grazie alla copertura televisiva internazionale, milioni di spettatori possono seguire ogni freccetta lanciata, ogni colpo perfetto sul triplo 20 e ogni doppio decisivo che chiude un leg. Con un’atmosfera che mescola sport e intrattenimento, l’evento è un esempio di come le freccette siano ormai un fenomeno globale.

    Se sei alla ricerca di un’esperienza natalizia diversa e coinvolgente, non perderti il PDC World Darts Championship. Tra precisione millimetrica e tifo sfrenato, sarà un Natale all’insegna dello sport e del divertimento.

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      Calcio

      “Sognando Beckham 2” è realtà: il calcio femminile torna sul grande schermo

      La regista è pronta a riportare in campo Jess e Jules, protagoniste di una rivoluzione sportiva e culturale. Atteso nel 2027, il film potrebbe celebrare i 25 anni dell’originale. E David e Victoria Beckham potrebbero tornare… con un cameo.

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      Sognando Beckham 2

        Il tempismo non poteva essere più simbolico: mentre il calcio femminile vive una nuova era d’oro, con gli stadi europei pieni e il trionfo delle Leonesse agli Europei 2025, Gurinder Chadha conferma che Sognando Beckham avrà un seguito. Il film, uscito nel 2002 e diventato un manifesto dell’emancipazione sportiva e culturale delle donne, tornerà presto sul grande schermo con un nuovo capitolo.

        “Abbiamo contribuito a cambiare le regole del gioco. Ora è il momento giusto per scoprire cosa è successo ai nostri personaggi”, ha dichiarato la regista anglo-indiana alla BBC. Chadha, che di recente ha presentato alcuni progetti al Festival di Cannes, ha spiegato che l’idea del sequel è nata appena un mese fa. “Non volevo fare un secondo film solo per nostalgia. Poi ho trovato una storia davvero potente. E ora sono ispirata come non mai”.

        La sceneggiatura è ancora in fase di sviluppo, ma l’intento è chiaro: raccontare l’evoluzione del calcio femminile e, insieme, affrontare ancora una volta i pregiudizi che resistono. “Sì, molte cose sono cambiate. Ma c’è ancora chi pensa che le donne non dovrebbero giocare a calcio. Questo sequel serve a ricordare che il gioco non è mai davvero finito”, ha detto la regista a Deadline.

        Il primo film, con Parminder Nagra e una giovanissima Keira Knightley, raccontava l’amicizia tra due ragazze inglesi con il sogno di diventare calciatrici professioniste. Bend It Like Beckham (titolo originale) incassò circa 60 milioni di sterline con un budget ridottissimo e diventò un caso mondiale, lanciando anche la carriera di Knightley.

        Per il sequel, Chadha sta lavorando per riportare in scena i volti noti. “Keira e Parminder sanno del progetto, ma vorranno leggere la sceneggiatura prima di dire sì. E io voglio assicurarmi che ogni personaggio abbia una storia degna, con scene vere, non solo apparizioni”.

        Tra i nuovi nomi coinvolti c’è Emma Hayes, ex allenatrice del Chelsea Women e attuale CT degli Stati Uniti, che collaborerà alla struttura della narrazione. “La sua conoscenza del calcio ad alti livelli è preziosissima”, ha sottolineato Chadha.

        E a proposito di volti noti, difficile immaginare Sognando Beckham 2 senza almeno un’apparizione di David Beckham. Nel primo film, l’ex capitano della nazionale inglese appariva brevemente in una scena all’aeroporto, vera e propria icona per le protagoniste. Stavolta potrebbe esserci anche la moglie Victoria, ormai lanciatissima anche come personaggio televisivo, premiata di recente con un Emmy grazie alla docuserie Netflix sulla famiglia Beckham. Secondo fonti vicine alla produzione, un loro cameo sarebbe molto probabile.

        L’obiettivo è far uscire il film nel 2027, in coincidenza con il 25° anniversario dell’originale e con la Coppa del Mondo femminile FIFA, che si svolgerà in Brasile tra giugno e luglio dello stesso anno. “Nel 2002 abbiamo detto alle ragazze che potevano avere tutto. È un messaggio che vale ancora oggi”, ha concluso la regista. “E forse, oggi più che mai, va ribadito con forza”.

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          Sport

          Adolescenti e sport: quando la pressione di genitori e allenatori spegne la passione

          Un ragazzo su due lascia l’attività sportiva tra i 13 e i 15 anni, schiacciato da competizione, ansia da prestazione e aspettative eccessive

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            Una partita di calcio tra giovanissimi, un padre che aggredisce il portiere tredicenne della squadra avversaria: il caso di cronaca recente ha riacceso i riflettori sul delicato rapporto tra sport e adolescenza. Dietro la retorica dello sport come palestra di vita, infatti, si nasconde una realtà meno edificante fatta di pressioni, ansie e abbandoni precoci.

            Non è un episodio isolato. Molti ragazzi, arrivati ai 14-15 anni, smettono di praticare sport: secondo i dati del CONI, nella fascia 14-17 anni la quota di tesserati è appena il 16,6% del totale, mentre studi del Bambino Gesù di Roma confermano che circa il 50% dei giovani tra i 13 e i 15 anni abbandona l’attività sportiva. Le cause? Non solo impegni scolastici o nuovi interessi, ma soprattutto la pressione emotiva generata da genitori e allenatori troppo esigenti.

            Il fenomeno del drop out sportivo

            La FIGC, con i suoi oltre 1,5 milioni di tesserati, è uno specchio di questa dinamica. «Sulla carta il calcio giovanile dovrebbe avere finalità formative e ricreative – spiega Vito Di Gioia, responsabile del settore giovanile – ma la competizione tra società porta a selezionare i ragazzi in età troppo precoce. Il risultato è che molti vivono l’esperienza sportiva come un contesto ad alto carico emotivo». Per questo la federazione ha introdotto un codice di condotta e un sito dedicato alle segnalazioni di abusi e poor practice, come lasciare in panchina i più piccoli nonostante il regolamento preveda il gioco a rotazione fino agli under 13.

            Quando il corpo dice stop

            Le conseguenze non sono solo psicologiche. Attacchi di panico, iperventilazione, persino svenimenti possono essere la manifestazione fisica di un disagio emotivo. «Spesso i ragazzi preferiscono “sentirsi male” piuttosto che deludere genitori o allenatori», racconta la pediatra Annamaria Sapuppo, che segue molti giovani nuotatori.

            Il ruolo dei genitori

            Gli adulti sono spesso protagonisti involontari del malessere. Trombe, urla e proteste sugli spalti alimentano l’ansia dei figli, che finiscono per associare la prestazione sportiva al giudizio familiare. «La Generazione Z è più fragile emotivamente perché costantemente esposta al confronto sui social» osserva Flavio Nascimbene, psicologo dello sport. «Se però si crea un’alleanza positiva tra famiglia e allenatore, lo sport diventa un’occasione educativa: insegna a gestire lo stress, accettare la sconfitta, riconoscere i propri limiti».

            Segnali da non ignorare

            Quando il divertimento si trasforma in peso, compaiono i campanelli d’allarme: calo dell’entusiasmo, scuse per evitare allenamenti, blocchi durante le gare, insonnia o perdita di appetito. «In questi casi bisogna fermarsi, parlarne con l’allenatore e, se serve, chiedere supporto psicologico», avverte Giulia Cafiero, medico dello sport al Bambino Gesù.

            Un cambio di prospettiva

            La soluzione? Rovesciare la logica dei trofei. «Nella scelta di un club le famiglie dovrebbero guardare meno alle classifiche e più alla qualità del rapporto tra allenatori e ragazzi» conclude Nascimbene. Lo sport non dovrebbe essere un trampolino verso il professionismo a tutti i costi, ma un’esperienza formativa, capace di insegnare resilienza, spirito di squadra e soprattutto il piacere del movimento.

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              Calcio

              Gasperini furioso con la Roma: mercato bloccato, promesse tradite e attacco rimasto al palo dopo i flop Sancho e Fabio Silva

              La Roma ha chiuso il mercato senza i rinforzi richiesti dal suo allenatore. Restano i paletti del fair play finanziario e le rassicurazioni non mantenute: Sancho ha scelto l’Aston Villa, Fabio Silva non è arrivato, e Bailey si è infortunato al debutto. Ora entrare nelle prime quattro diventa un’impresa.

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                Il Gasp arrabbiato è diventato rassegnato. «Martedì tireremo le somme», aveva detto Gian Piero Gasperini dopo la vittoria di Pisa, quasi a prepararsi a un finale che sapeva già scritto. Quelle somme raccontano una Roma che, nonostante otto nuovi volti, non ha cambiato volto in attacco. L’unico acquisto di peso, Leon Bailey, si è infortunato al primo allenamento.

                Gasperini era stato chiaro fin dal ritiro inglese: «La differenza tra completarsi e rinforzarsi esiste ed è netta. È l’attacco a determinare la forza di una squadra. Quanto saremo competitivi dipenderà da ciò che riusciremo a fare davanti». A distanza di un mese, il quadro è rimasto identico: la Roma che lo scorso anno segnò 28 gol in meno dell’Atalanta è ancora la stessa.

                L’allenatore ha aspettato a lungo Fabio Silva, convinto dalle sue parole e promesso alla Roma. Alla fine il portoghese non è arrivato. Stesso epilogo per la telenovela Sancho, che dopo settimane di tira e molla ha scelto l’Aston Villa, lasciando i giallorossi a mani vuote.

                I Friedkin avevano ammesso che i paletti del fair play finanziario avrebbero reso complessa la prima parte del mercato. Ma l’8 agosto, a Liverpool, Ryan Friedkin aveva rassicurato Gasperini garantendogli colpi all’altezza. Quelle promesse sono rimaste lettera morta.

                I nuovi arrivi, da Ghilardi a Ziolkowski, sono investimenti per il futuro più che soluzioni immediate. Vasquez sarà il vice Svilar, Ferguson è un prospetto interessante ma non ancora pronto a caricarsi l’attacco. Solo Wesley, reduce da una stagione piena in Brasile, appare in grado di incidere da subito, ma con il rischio di pagare la stanchezza accumulata.

                Il tecnico, che ha cercato di convincere personalmente diversi obiettivi, oggi si trova con un reparto offensivo identico a quello che aveva criticato. La sua amarezza si intreccia con le prime tensioni interne: il rapporto con il ds Massara, dopo le delusioni estive, esce incrinato. Gasperini però resta saldo nello spogliatoio, sostenuto da un gruppo che lo stima e da una tifoseria che pretende risultati. Le prime quattro, però, così restano lontane.

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