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La tanto attesa fumata bianca in versione TikTok
Sul popolare social spopola il video di un giornalista di Repubblica che, emozionato, annuncia la fumata bianca: è stato eletto Papa Leone XIV. In pochi secondi, la notizia rimbalza da San Pietro agli smartphone di mezzo mondo, con milioni di visualizzazioni e reaction in tempo reale. È il segno evidente che la nomina papale è sempre più social.
Questa elezione segna non solo un nuovo pontefice, ma anche una nuova era digital per la Chiesa di Roma. Dai balconi ai feed, dalle omelie alle live, il linguaggio cambia. Il Vaticano sembra voler dialogare con una generazione abituata agli hashtag e alle stories, senza però rinunciare alla propria solennità. Papa Leone XIV eredita non solo la tiara simbolica, ma anche la sfida di rendere attuale un messaggio antico. E la fumata bianca, oggi, non si leva solo dai comignoli, ma anche dai pixel. Il futuro della fede è anche una questione di connessione: spirituale… e Wi-Fi!
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Prevost benedice un fedele: sarà un futuro miracolato?

Essere benedetti da un futuro Papa è un po’ come ricevere una notifica divina su WhatsApp: breve, intensa e con zero possibilità di risposta. Quando ti dicono “sei stato benedetto da quello che poi è diventato Leone XIV”, non è che ti svegli con l’aureola o che il caffè non ti finisce mai. No, la realtà è più semplice: sei entrato per un secondo nel radar del Vaticano, hai fatto ciao con la mano e ne sei uscito con un +1 al karma.
Ma cosa significa davvero essere benedetti da un persona così importante? In teoria un’esperienza del genere dovrebbe avvicinarti a Dio in corsia preferenziale. In pratica, ti avvicina ai like su Instagram. “Ecco me col futuro Papa”: 3000 cuori in 10 minuti. Miracolo social. È il potere del branding divino.
La benedizione papale è anche il massimo del multitasking celeste. Il Papa solitamente ne distribuisce a migliaia: ai fedeli, agli sposi, ai neonati, ai cani con cappottino fuori da San Pietro. C’è persino la benedizione apostolica su pergamena, da ordinare online. Sì, Amazon ti manda la benedizione, mica solo il frullatore. Essere benedetti in questa modalità è come avere l’approvazione del CEO del Cielo. Non ti cambia la vita, ma fa curriculum. E vuoi mettere la soddisfazione di dire: “Oh, io ho la benedizione di Prevost. Tu… manco quella di tua suocera”.
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Il nuovo papa firma la Bibbia a una bambina nella sua prima uscita pubblica
Pochi minuti dopo l’elezione, Papa Leone XIV incontra alcuni fedeli e firma una Bibbia a una ragazzina: un gesto spontaneo che svela l’umanità e la semplicità del nuovo Pontefice.

Un gesto piccolo, ma già simbolico. Pochi minuti dopo l’annuncio ufficiale dell’Habemus Papam, il neo-eletto Leone XIV ha lasciato la Cappella Sistina per raggiungere il Palazzo del Sant’Uffizio, dove alcuni pellegrini e fedeli lo attendevano con emozione. Tra loro, una bambina si è fatta avanti con coraggio, stringendo tra le mani una Bibbia consumata dall’uso. “Santo Padre, può benedirla? E… può firmarla?”, ha chiesto con un filo di voce. Il Papa ha sorriso, si è chinato su di lei, e con semplicità ha risposto: “Devo fare alcune prove della firma, è la prima volta che firmo come Papa!”.
È nato così un momento di dolcezza e spontaneità che ha sciolto la tensione del momento solenne. I presenti hanno riso, qualcuno ha applaudito, e Leone XIV ha preso la penna e ha firmato, lentamente, sulla prima pagina della Bibbia della bambina. Un gesto umano, diretto, che già rivela il tratto distintivo del nuovo pontefice: vicino alla gente, capace di mescolare l’ironia alla profondità del ruolo che ora gli appartiene.
Il nome scelto, Leone, richiama forza e tradizione. Ma questo primo autografo racconta altro: la volontà di restare se stesso, Robert Francis Prevost, anche sotto il peso della tiara. Un Papa che non teme di dire “non ho mai fatto questo prima”, e che proprio per questo riesce ad avvicinarsi a chi guarda Roma con rispetto, ma anche con attesa. Per molti, quel gesto resterà la prima vera immagine del pontificato: una mano che si abbassa, una firma incerta, e un sorriso che unisce.
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Lucio Corsi fa il botto: “Volevo essere un duro” è la canzone più ascoltata dell’Eurovision 2025 su Spotify
“Volevo essere un duro” di Lucio Corsi domina la Top 10 dei brani in gara all’Eurovision Song Contest 2025. Con oltre 21 milioni di ascolti, il cantautore toscano rappresenta non solo la musica italiana, ma un successo globale che travolge la competizione ancor prima della finale. Un trionfo di stile, energia e autenticità.

Lucio Corsi non ha ancora calcato il palco della finale dell’Eurovision 2025, ma una cosa è già certa: il suo brano, “Volevo essere un duro”, ha conquistato le cuffie di mezza Europa. Con oltre 21 milioni di ascolti su Spotify – per la precisione 21.152.521 – la canzone italiana è saldamente al primo posto nella classifica dei pezzi più ascoltati tra quelli in gara. Un risultato che trasforma l’artista maremmano da outsider poetico a fenomeno internazionale.
Un trionfo musicale, ma anche narrativo. “Volevo essere un duro” è molto più di una hit: è una confessione disarmante, una ballata travestita da rock, un inno generazionale in bilico tra malinconia e ironia. La voce dolce e ruvida di Corsi, i suoi testi carichi di immagini evocative, la produzione pulita ma mai fredda: tutto contribuisce a creare un brano che buca lo schermo e attraversa i confini.
Alle sue spalle, distanziati di milioni di stream, inseguono la Spagna con “Esa Diva” (5.694.114 ascolti) e la Finlandia con “Ich komme” (5.272.152). Ma nessuno riesce ad avvicinare il colosso italiano. A completare la Top 10, l’Estonia con “Espresso macchiato”, la Grecia con “Asteromata”, poi Polonia, Norvegia, Malta, Belgio e Albania.
Il successo di Corsi, però, va oltre le cifre. È un segnale: la musica italiana può parlare al mondo senza rinunciare alla propria voce, alla propria lingua, alla propria unicità. In un’epoca in cui l’omologazione spesso vince, un artista dalla forte identità come Lucio Corsi riesce a emergere proprio perché diverso, libero, sincero.
In attesa della serata finale, il brano italiano è già diventato una bandiera. E se l’Eurovision si giocasse a colpi di cuffie e stream, il vincitore sarebbe già sul podio.
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