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Italia

Passaporto: i ritardi ci costano caro

A oltre un anno di distanza dai primi allarmi nulla sembra essere cambiato nelle attese per rinnovare o richiedere un nuovo passaporto.

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    A oltre un anno di distanza dai primi allarmi nulla sembra essere cambiato nelle attese per rinnovare o richiedere un nuovo passaporto.

    L’allarme è stato lanciato dalle sei associazioni che rappresentano le principali imprese del turismo organizzato. Dopo aver scritto al Ministro degli Interni chiedendo un impegno a sveltire le pratiche, gli imprenditori del comparto continuano a perdere fatturato a causa della burocrazia. Si stima che nel biennio 2022-2023 agenzie di viaggio e tour operator hanno perso almeno 300 milioni di ricavi, circa 167mila viaggi. Il motivo? I clienti non sono riusciti ad avere in tempo utile il passaporto. La stima è stata realizzata da Astoi Confindustria Viaggi, FTO Federazione Turismo Organizzato – Confcommercio, Fiavet – Confcommercio, Aidit Confindustria, Assoviaggi Confersercenti e Maavi Conflavoro Pmi.

    Le vacanze di Pasqua sono alle porte che fare?

    Dubbi anche sull’efficacia del sistema “Polis” di Poste Italiane che deve erogare passaporto e carta digitale elettronica nei piccoli comuni con meno di 15mila abitanti. E la carta d’identità? Non basta. O meglio Si può usare per la vacanza sul Mar Rosso ma la filiera del turismo organizzato evidenzia che “per l’emissione delle carte di identità elettroniche si verificano problemi analoghi. Il tempo passa, ci si stanca di segnalare e chiedere soluzioni. Assuefarsi alla mediocrità vuol dire che l’Italia sta perdendo e noi italiani non dobbiamo permetterlohttps://www.astoi.com/, si legge in un comunicato di Astoi.

    Il presidente di questa associazione affiliata a Confindustria, Pier Ezhaya, ha più volte ricordato che il mondo dei viaggi ha bisogno di velocità e fluidità. “Non possiamo essere frenati da intoppi burocratici che ci costringono a subire danni ingenti direttamente causati dallo Stato”. Sulla stessa lunghezza d’onda è Franco Gattinoni, presidente Fto, Federazione turismo organizzato affiliato alla Confcommercio di Milano. Gattinoni ricorda come ottenere un passaporto nuovo sia ormai da considerarsi una chimera per colpa della complessità e delle tempistiche per fissare un semplice appuntamento. Anche il presidente di Aidit Confindustria, l’associazione delle agenzie di viaggio che aderiscono a Federturismo, Domenico Pellegrino, calca la mano. Sottolinea come un’era in cui si parla di digitalizzazione e IA è paradossale impiegare due anni per risolvere un problema che in tutti gli altri Paesi europei non esiste.

    Ma quanti mesi ci vogliono?

    Dipende dalle zone e dalla congestione delle questure. Milano, Roma, Venezia ma anche Genova, Firenze e Catania sono i fanalini di coda. Servono dai 6 agli 8 mesi. E anche di più. Un escamotage utilizzato per accorciare i tempi è acquistare i biglietti aerei. Con un biglietto aereo in mano munito di una data precisa di partenza ci si reca nella Questura di riferimento ch si impegna a fornire il passaporto nei tempi utili per riuscire a salire su quell’aereo. Un’alternativa alla Questura è quella degli uffici postali abilitati grazie a un accordo fra Poste Italiane e Ministero dell’Interno. Ma anche in questi casi le code si stanno allungando. Il vantaggio delle Poste è che quanto il passaporto sarà pronto, può essere consegnato a domicilio con Posta Assicurata. Oppure può essere ritirato presso l’ufficio postale in cui hai presentato la domanda.

    Come richiedere il Passaporto e quanto costa

    Bisogna scaricare il format da compilare da un link della Polizia di Stato https://www.poliziadistato.it/articolo/il-rilascio. Si dovranno pagare 42,50 euro tramite bollettino postale. Inoltre bisogna munirsi di un contrassegno amministrativo da 73,50 euro da un tabaccaio.

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      Italia

      Stop ai voli brevi se c’è il treno veloce come alternativa. Una bella suggestione

      L’idea di sostituire i voli brevi con i treni ad alta velocità in Italia, sebbene interessante per ridurre le emissioni, appare applicabile solo a una piccola porzione di rotte, soprattutto a causa delle peculiarità geografiche del Paese e delle limitazioni della rete ferroviaria esistente.

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        L’idea di ridurre i voli brevi a favore dei treni ad alta velocità per diminuire le emissioni nocive è stata già adottata in Francia. Ed è in discussione anche in Italia. Uno studio dell’Itsm (Iccsai transport and sustainable mobility center) dell’Università di Bergamo ha evidenziato che l’applicazione di questa misura in Italia sarebbe limitata a poche rotte a causa di specifiche caratteristiche geografiche e infrastrutturali del Paese. Ma comunque male non fa. E’ una bella suggestione…

        Le 12 rotte sostituibili

        Lo studio ha individuato solo 12 rotte, il 2,8% di tutti i collegamenti nazionali, in cui il treno potrebbe essere una valida alternativa all’aereo, con un tempo di viaggio non superiore del 20% rispetto al volo. Le 12 rotte individuate finora.

        Roma Fiumicino – Milano Linate
        Roma Fiumicino – Milano Malpensa
        Milano Malpensa – Napoli
        Roma Fiumicino – Genova
        Bergamo – Napoli
        Roma Fiumicino – Napoli
        Milano Linate – Napoli
        Bologna – Roma Fiumicino
        Roma Fiumicino – Firenze
        Roma Fiumicino – Pisa
        Bergamo – Pescara
        Bergamo – Roma Fiumicino.

        L’impatto ambientale

        Nel 2019, su queste rotte sono stati operati circa 45.000 voli, responsabili dell’1,45% delle emissioni di CO2 del trasporto aereo nazionale. Tuttavia, la soppressione di tali voli potrebbe non portare a una riduzione significativa delle emissioni, poiché parte dei passeggeri potrebbe optare per l’uso di automobili, annullando il beneficio ecologico previsto.

        Le sfide geografiche

        L’Italia presenta delle sfide particolari, come la presenza di isole maggiori. Per le quali l’aereo rimane è l’unica alternativa efficace. Inoltre, l’orografia complessa e la presenza di zone sismiche o idrogeologiche rendono la costruzione di nuove linee ferroviarie difficoltosa e costosa. Più del 50% delle rotte aeree interne riguarda le isole, e quindi non può essere sostituito da treni ad alta velocità.

        Estensione della rete ferroviaria

        Sebbene l’estensione della rete ferroviaria possa sembrare una soluzione, questa risulta economicamente e ambientalmente sostenibile solo con un elevato volume di traffico. La realizzazione di nuove infrastrutture sarebbe vantaggiosa solo se la domanda riuscisse a coprire i costi, altrimenti l’intero progetto potrebbe diventare insostenibile.

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          Italia

          Torna l’ora solare: nel 2025 il cambio d’orario arriva prima

          Nessuna nuova legge o cambiamento di regole: è il calendario a farci anticipare il ritorno all’ora solare, che porterà giornate più corte e qualche effetto sul nostro equilibrio biologico.

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            Nel 2025 torneremo all’ora solare con un giorno d’anticipo rispetto all’anno scorso. Niente decisioni politiche o nuove direttive europee: si tratta semplicemente di un effetto del calendario. L’ultima domenica di ottobre, infatti, cadrà il 26 ottobre e non il 27, come nel 2024. Un piccolo dettaglio che però segnerà l’arrivo anticipato delle giornate più brevi e delle sere che calano presto, con conseguenze sulla nostra routine quotidiana.

            Il passaggio ufficiale avverrà nella notte tra sabato 25 e domenica 26 ottobre 2025, quando alle 3 del mattino dovremo riportare le lancette dell’orologio indietro di un’ora. Dormiremo dunque sessanta minuti in più, ma le ore di luce pomeridiane diminuiranno sensibilmente.

            Meno sole e più sonnolenza: gli effetti del cambio d’orario

            Il ritorno all’ora solare comporta diversi adattamenti, sia pratici sia fisici. Il sole tramonterà prima, riducendo il tempo a disposizione per le attività all’aperto e anticipando l’illuminazione artificiale nelle case e nelle città. È un passaggio che, per molti, coincide con un calo dell’energia e un aumento della stanchezza.

            Secondo gli esperti, il nostro orologio biologico impiega alcuni giorni per abituarsi ai nuovi ritmi. I disturbi più comuni legati al cambio d’ora sono insonnia temporanea, difficoltà di concentrazione, sonnolenza e sbalzi d’umore. In soggetti particolarmente sensibili, come anziani e bambini, questo mini jet lag può risultare più marcato.

            Il corpo, infatti, si regola sui cicli di luce e buio: quando il tramonto arriva prima, la produzione di melatonina — l’ormone che regola il sonno — tende ad aumentare, generando una sensazione di fatica e rallentamento. Anche per questo, nelle prime settimane, molti segnalano maggiore irritabilità o calo dell’umore.

            Una tradizione che resiste

            Il sistema dell’ora legale e ora solare è ancora in vigore in tutta l’Unione Europea, nonostante da anni si discuta di un’eventuale abolizione. Bruxelles aveva avviato un processo per permettere agli Stati membri di scegliere un’ora fissa, ma la riforma è rimasta sospesa, complice la mancanza di un accordo tra i Paesi.

            Per ora, dunque, continueremo ad alternare i due orari: l’obiettivo dell’ora legale resta quello di risparmiare energia sfruttando meglio la luce naturale durante i mesi primaverili ed estivi, mentre in autunno si torna all’ora solare per riallinearsi al ritmo astronomico naturale.

            Quando tornerà l’ora legale

            Dopo cinque mesi di giornate più corte, dovremo attendere la primavera per rimettere avanti le lancette. L’ora legale tornerà nella notte tra sabato 28 e domenica 29 marzo 2026, quando alle 2 dovremo spostare gli orologi un’ora avanti.

            Nel frattempo, ci aspetta un inverno scandito da tramonti anticipati ma anche da mattine più luminose: un piccolo conforto per chi ama iniziare la giornata con la luce del sole.

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              Italia

              Targa polacca per risparmiare sull’RC. Conviene? Un escamotage a rischio

              Boom di targhe polacche su motorini e auto: servono ad aggirare le assicurazioni. Una scelta molto rischiosa.

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              targhe polacche

                Sono sempre di più i veicoli che circolano con targa polacca: un trucco per abbattere i costi dell’assicurazione, ma che può avere conseguenze inaspettate.

                Il fenomeno dell’utilizzo delle targhe polacche per motorini e auto in Italia è diventato sempre più diffuso. In particolare in città come Napoli e in genere al Sud Italia. Delle 53 mila targhe straniere in Italia ben 35 mila, infatti, sono solo a Napoli. Una tendenza che è alimentata dai costi elevati delle assicurazioni. Del resto Napoli, dopo Prato è la città dove l’assicurazione Rc auto è la più costosa. Un esempio? L’Rc di un motorino nel capoluogo campano annualmente può superare i 1.500 euro annui di spesa. Con l’utilizzo di una targa straniera il costo si può ridurre fino a un quinto.

                Come si fa in pratica

                Il trucco consiste nel registrare il proprio veicolo come esportato in Polonia attraverso una procedura che coinvolge la radiazione del veicolo in Italia e la successiva immatricolazione in Polonia. Una volta ottenuta la nuova immatricolazione, il proprietario stipula un contratto di noleggio con una società intestataria polacca, consentendo di pagare tariffe assicurative significativamente inferiori rispetto a quelle italiane. Un giochino semplice semplice. Si pagano circa 600-800 euro il primo anno che diventano 300-350 euro per gli anni successivi. La pratica è consentita dalle normative italiane, come Giuseppe Guarino, Segretario Nazionale Studi di Unasca (Unione Nazionale Autoscuole e Studi di Consulenza Automobilistica). “Le agenzie di pratiche auto applicano le norme che consentono queste procedure“.

                Risparmio ma con quali rischi?

                Questa pratica comporta serie conseguenze. In caso di incidente, la nuova compagnia assicurativa polacca potrebbe non pagare o farlo con ritardi significativi. Inoltre, il proprietario perde il controllo diretto del veicolo, non potendo più venderlo o disporne liberamente. Se la società intestataria del veicolo fallisse, tutti i veicoli registrati con essa verrebbero confiscati, causando ulteriori complicazioni per gli ex proprietari. Insomma è necessario valutare molto bene se conviene risparmiare ma rischiare complicazioni anche penali oltre che amministrative.

                Italia tra i paesi più cari

                Questa pratica evidenzia un problema più ampio: i costi elevati delle assicurazioni in Italia. L’IVASS ha rilevato che gli italiani pagano il 27% in più rispetto alla media europea per assicurare i propri veicoli, con un aumento dei prezzi superiore all’inflazione negli ultimi anni. Questo fenomeno potrebbe essere un catalizzatore per l’aumento degli evasori assicurativi, con milioni di veicoli che circolano senza l’assicurazione obbligatoria. Nel nostro Paese, infatti, per assicurare un veicolo si paga il 27% in più rispetto alla media degli altri Paesi europei e nell’ultimo anno i prezzi sono saliti del 7,5%, un valore maggiore dell’inflazione.

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